18
Minseok riuscì ad afferrarlo prima che toccasse il pavimento. Tutti si misero a urlare contemporaneamente. Baekhyun temette di svenire vedendo l'aspetto sofferente di Jongdae.
«Sgombrate il tavolo», gridò. «Lo metteremo qui.»
Nayeon e Junmin sparecchiarono passando sul tavolo rapide bracciate. Piatti e cibo volarono sul pavimento. Kyungsoo tolse la tovaglia.
«Qualcuno trovi un medico», urlò Nyeon
«È Lui il nostro medico», ribatté Chanyeol.
«Che cosa l'ha fatto svenire?»
«Credo che siamo stati noi», disse Junmin. «L'abbiamo mandato in collera. È stato troppo per lui.»
Minseok era l'unico a non sembrare molto preoccupato. Lo vedeva pallido, ma non pensava fosse davvero grave.
Aveva notato la sua agitazione quando gli uomini avevano cominciato a litigare. Odiava le dispute, lui lo sapeva, e per questo concluse che lo svenimento doveva essere solo un astuto stratagemma per distrarre l'attenzione dei soldati.
Certo, aveva un po' esagerato, e glielo avrebbe detto una volta soli.
«È tutta colpa nostra, che l'abbiamo costretto a lanciare le zuppiere per avere un po' d'attenzione», disse Minhyun. «Vuole che usiamo le buone maniere. Non riesco a immaginarne il motivo, ma credo che dovremmo collaborare un po' di più.»
«Sì», intervenne Junmin. «Non possiamo farlo continuamente svenire. La prossima volta Kim potrebbe non essere così vicino per sorreggerlo in tempo.»
«Indietro, uomini», ordinò Kyungsoo. «Dategli un po' di spazio per respirare.»
«Respira, vero?»
«Sì, Jongin, respira», rispose il ragazzo. «La preoccupazione per il tuo signore è lodevole.»
«Oggi è il nostro signore», osservò Junmin. «Porta il nostro colore.»
«È sabato», intervenne Jongin. «Ha messo quello sbagliato.»
«Sembra che non riesca mai a indovinarlo, vero?» chiese Chanyeol.
«Perché esitate Minseok? Coricatelo sul tavolo», disse Baekhyun. «Uomini, fate largo al signore.»
Subito i soldati si scostarono indietro. Non appena Minseok ebbe coricato il marito sul tavolo, si fecero nuovamente avanti. Almeno venti volti erano sospesi sopra di lui, tutti preoccupati.
Minseok aveva voglia di sorridere. I soldati erano diversi, ovviamente, ma tutti uniti nella preoccupazione. Jongdae non era né un Kim né un Park. Se gli uomini potevano dargli la loro fedeltà, allora potevano anche imparare dannatamente bene ad andare d'accordo.
«Perché non apre gli occhi?» chiese Nyeon.
«A quanto pare non è ancora uscito dallo svenimento», replicò Baekhyun.
<<Non dovremmo fare qualcosa?» chiese Chanyeol, guardando accigliato il signore. Evidentemente si aspettava che Minseok risolvesse subito il problema del marito.
Lui scosse la testa. «Si risveglierà tra un paio di minuti.»
«Non avremmo dovuto irritarlo», disse Minhyun.
«Ma perché ora, mi chiedo», esclamò Junmin. «Non sembrava badare a quello che facevamo fino a questa sera.»
«Sua madre arriverà in visita.»
L'annuncio era del signore. Si udì un collettivo e prolungato «Ah!» per quella rivelazione.
«Nessuna meraviglia che ci voglia un po' educati», disse Minhyun con un cenno del capo.
«Povero ragazzo», mormorò Jongin. «Avrà temuto che potessimo metterlo in imbarazzo di fronte a sua madre.»
«Adesso tutto ha senso», commentò Chanyeol.
«Allora faremo meglio a usare le buone maniere», suggerì Junmin. Sospirò. «In fondo ha ucciso Lui il Cucciolo.»
«E altri tre con lui», ricordò Jongin al soldato.
Minseok stava per chiedersi per quanto Jongdae avrebbe trascinato il suo finto svenimento quando Lui aprì gli occhi.
Quasi gli sfuggì un grido, ma si trattenne in tempo, limitandosi a sussultare. Fissò i soldati che lo guardavano mentre cercava di riprendersi.
Gli occorse qualche istante per capire che era coricato sulla tavola da pranzo. Non riusciva a capire come ci fosse arrivato.
«Perché sono sul tavolo?»
«Era più vicino del vostro letto», rispose Chanyeol.
«Siete svenuto», aggiunse Jongin nel caso non l'avesse capito.
«Perché non ci avete detto che vostra madre sarebbe venuta in visita?» volle sapere Nayeon.
Jongdae cercò di sedersi prima di rispondere. Baekhyun gli posò una mano sulla spalla per trattenerlo. «Fareste meglio a restare dove siete. Vostro marito sarà lieto di portarvi a letto. Vi sentite meglio ora?»
«Sì, grazie», rispose . «Davvero sono svenuto? Non mi era mai successo prima. Non riesco a capire perché...»
Junmin decise di dargli una spiegazione prima che fosse Lui a chiederla. «Sono stati i nostri modi a turbarvi»
«Davvero?»
Il soldato annuì. «Dovrebbe restare a letto una settimana», disse Jongin.
«Non posso andare a letto», protestò Jongdae.
Nessuno gli prestò attenzione. «Io dico che dovrebbe restarci per due settimane», intervenne Chanyeol. «È l'unico modo per esser certi che riprenderà le forze. È debole, se ricordate bene.»
Tutti annuirono. Jongdae si sentì offeso. «Non sono debole», ribatté quasi gridando. «Baekhyun, lasciami. Non posso andare a letto. Tocca a me restare con Yixing»
«Sarà un piacere per me rimanere a farle compagnia», si offrì Baekhyun
«Allora ti ringrazio, e accetto volentieri il tuo aiuto.»
Baekhyun sorrise. Era chiaramente soddisfatto.
Jongdae rivolse l'attenzione al marito. Deliberatamente aveva evitato di guardarlo, poiché lo immaginava in collera e pronto ad aggredirlo col suo 'te l'avevo detto che sei debole'. Si fece coraggio e lo guardò. Minseok era facile da individuare, torreggiante sui soldati raccolti intorno a lui. Era sulla sinistra, alle spalle di Chanyeol.
Sorrideva, e Lui ne fu sbalordito. Era certo di vederlo adirato, o perlomeno in ansia. Avrebbe dovuto sentirsi sollevato per tanta evidente allegria, ma non ci riuscì. In fondo era svenuto, e Minseok si era sempre mostrato attento alla sua salute. Eppure adesso sembrava... felice. Trovava divertente il suo svenimento?
Lo guardò imbronciato, e lui gli fece l'occhiolino, confondendolo ancora di più.
«Quando arriverà vostra madre?» s'informò Jongin.
Lui rispose al soldato Kim senza smettere di fissare il marito. «Tra due o tre mesi», disse. Sorrise poi a Baekhyun e lui gli tolse gentilmente la mano dalla spalla perché potesse alzarsi a sedere.
Chanyeol provò a sollevarlo tra le braccia. Jongin lo aiutava all'altro lato del tavolo. Jongdae d'improvviso si sentì tirare da ogni parte.
Infine intervenne Minseok. Scostò Chanyeol di lato e prese in braccio suo marito.
«Appoggia la testa contro la mia spalla»ordinò.
Jonhdae non fu pronto a obbedirgli, e lui lo convinse spingendole la testa contro di sé.
Lo portò fuori dalla sala, e poi si avviò per le scale. Lui continuava a protestare.
«Adesso sto bene. Posso camminare. Marito, mettimi giù.»
«Voglio portarti in braccio», rispose lui. «È il meno che posso fare dopo tutto quel che hai affrontato per convincere i miei uomini.»
«Il meno che puoi fare?»
«Sì», rispose lui.
Non capiva di cosa stesse parlando. E il suo sorriso lo confondeva ancora di più
«Sembrerebbe che il mio svenimento ti abbia divertito.»
Minseok aprì la porta della camera da letto ed entrò. «Sì, a dire il vero mi sono divertito», ammise.
Lui spalancò gli occhi. «Ma di solito ti preoccupi per me, e mi tormenti tutto il giorno perché devo riposare. Mi chiedo la ragione di questo improvviso cambiamento.»
«Io non ti tormento. Sono le vecchie che tormentano, non i guerrieri.»
«Tu mi tormentavi», ribatté Lui lentamente. Non poteva negare di sentirsi infastidito. L'atteggiamento insensibile di Minseok lo irritava. Un marito doveva preoccuparsi un po' se il compagno sveniva, no?
«Il tuo trucco ha funzionato», disse lui. «Gli uomini hanno dimenticato la discussione. Per questo hai finto di svenire, vero?»
Lo gettò letteralmente sul letto. Jongdae rimbalzò due volte prima di fermarsi.
Ora aveva voglia di ridere. Certo era molto sollevato. Minseok dunque non era un bruto insensibile. Davvero era sicuro che avesse finto di svenire.
Jongdae non voleva mentire a suo marito, ma non voleva neppure spiegargli come stessero veramente le cose. Se avesse capito che non si era trattato di una finzione, probabilmente l'avrebbe costretto a letto fino alla primavera successiva.
Non gli disse né sì né no. Se per lui quel silenzio era una conferma, allora che fosse così.
A ogni modo ora non gli prestava più attenzione. Si stava sfilando gli stivali.
«Non vorrai vantarti per la tua astuzia?» gli chiese.
Gettò gli stivali per terra e cominciò a slacciarsi la cintura. Nel frattempo non smetteva di fissarlo.
«Sono i vecchi a vantarsi, mio signore.» Teneva gli occhi fissi sulla cintura di lui. «Non i mariti dei guerrieri.»
Come gli piaceva. Adorava il suo modo di ritorcergli contro le sue stesse parole. Jongdae stava diventando impertinente. Un comportamento che dimostrava come avesse superato il timore di lui.
Comunque arrossiva ancora facilmente. Adesso stava arrossendo. Evidentemente aveva indovinato le sue intenzioni. Decise di dirgliele lui stesso, proprio per aumentargli l'imbarazzo. Allora sarebbe stato in preda all'agitazione e come gli piaceva quel suo tratto così delicato.
Rimase in piedi accanto al letto e gli spiegò esplicitamente, fin nei dettagli, che cosa aveva in mente di fargli. Le scene che illustrò con le sue espressioni erotiche gli mandarono il viso in fiamme, e il modo in cui voleva fare l'amore con lui meritava quasi un nuovo svenimento.
L'espressione seria e incredibilmente eccitante sul volto di lui gli disse che non stava scherzando. Eppure non riusciva a crederci.
«Davvero si può fare l'amore in quel modo?»
Aveva il respiro affannoso, e non poteva farci nulla. Il cuore gli batteva furiosamente, e lottava contro la propria eccitazione mentre cercava di capire se una cosa del genere fosse possibile. I pensieri che volutamente Minseok gli aveva messo in mente lo spaventavano e lo eccitavano nello stesso tempo.
Minseok lo fece alzare e cominciò a spogliarlo.
«Stai scherzando, vero, marito?»
Minseok rise. «No.»
«Allora due compagni davvero...»
«Noi lo faremo», rispose lui, la voce un rauco sussurro.
Jongdae rabbrividì. «A dire il vero non ho mai sentito una cosa...»
«Farò in modo che ti piaccia» gli promise lui.
«A te piacerà...»
«Oh, sì.»
«Cosa dovrò...»
Suo marito aveva difficoltà a concludere le domande. Evidentemente era un po' scosso. E lo era anche lui, se ne rese conto. Certo si sentiva molto eccitato. I suoi movimenti erano terribilmente goffi mentre maneggiava i sottili nastrini che gli stringevano addosso gli abiti.
Sospirò di soddisfazione quando finalmente si sbarazzò degli ultimi indumenti e l'attirò bruscamente a sé. Lo sollevò per poter premere la sua parte irrigidita contro quella del marito.
Jongdae istintivamente gli si strinse contro, facendolo gemere di piacere.
Insieme si lasciarono cadere sul letto. Minseok gli rotolò sopra. Sollevandosi sui gomiti si abbassò a catturargli la bocca in un bacio così lungo da stordirlo. Le loro lingue duellavano e si accarezzavano, e quando ebbe finito lui scese a baciargli dolcemente il collo, sentendolo vibrare.
Jongdae non aveva finito di tempestarlo con le sue domande. Probabilmente era ansioso, e per questo gli servivano spiegazioni complete.
«Minseok, davvero vuoi usare la bocca per baciarmi... laggiù?»
«Oh, sì» sussurrò contro l'orecchio. Il respiro di Minseok, così dolce e caldo contro la sua pelle sensibile, lo faceva tremare di desiderio.
«Allora io dovrò... capisci... baciarti... laggiù.»
Lui si irrigidì. Jongdae cominciò a preoccuparsi. Un istante dopo Minseok alzava la testa per guardarlo negli occhi.
«Tu non dovrai fare niente» disse.
«Ma vuoi che lo faccia?»
«Sì.»
Aveva risposto lentamente e com'era stato sensuale. Gli parve di avergli già procurato piacere. Allungò una mano per accarezzarlo sulla guancia. Lui si abbandonò contro il suo palmo.
Gli piaceva il suo tocco. E ne aveva bisogno, Jongdae lo capì, almeno... almeno quanto lui aveva bisogno di sentirsi accarezzato da lui in quel momento.
Sospirò e cinse il collo di suo marito con le braccia. Cercò di farlo chinare per un lungo bacio, ma lui resistette.
«Jongdae, non sei costretto...»
Lui gli sorrise. «Farò in modo che ti piaccia», gli sussurrò.
Minseok abbassò la testa sulla sua spalla, gli mordicchiò l'orecchio e gli disse: «So che mi piacerà, quello che non so è se tu...»
Ora era lui che non riusciva a concludere le domande. Ed era tutta colpa di suo marito. Jongdae si allungò ad accarezzargli piano la parte risvegliata. Minseok era troppo occupato a rabbrividire per pensare lucidamente.
Aveva temuto che non gli piacesse. Jongdae cominciò timidamente, ma superò l'imbarazzo molto in fretta, mostrandosi sinceramente entusiasta.
Lo faceva impazzire. Si sentì fermare il cuore quando Jongdae lo prese in bocca. Ora era selvaggio, completamente disinibito, e lo massaggiava con la bocca, con la lingua. Quanto gli faceva desiderare di far impazzire così anche lui.
Non poté sopportare a lungo quell'estasi. Raggiunse l'orgasmo prima di lui, ma una volta ripresosi dagli spasmi che gli agitavano il corpo, e di nuovo in grado di pensare, concentrò tutta l'attenzione sul modo di far piacere a suo marito.
I gemiti di Jongdae presto si trasformarono in urli. L'intensità dell'orgasmo gli fece quasi dimenticare di prendere fiato. Gli chiese di metter fine a quel meraviglioso tormento mentre aggrappato a lui si contraddiceva cercando di più.
Il sapore di Jongdae in pochi minuti lo fece tornare rigido e pulsante. Provò il disperato bisogno di stargli dentro. Si scostò, lo immobilizzò sul letto e si mise in ginocchio davanti alle sue cosce. Con le mani lo sollevò sotto la schiena infilandosi nello stesso istante dentro di lui, profondamente.
Era così dannatamente stretto, così incredibilmente dolce e arrendevole, e lui capì che non ne avrebbe mai avuto abbastanza.
Il letto cigolava per i loro energici movimenti. Avevano il respiro affannoso, e quando infine Jongdae provò un nuovo orgasmo il suo grido gli risuonò nelle orecchie.
Si sentì completamente soddisfatto. Si abbandonò sul corpo del marito con un sordo gemito.
Udiva il suo stesso cuore martellargli nel petto. Era orgogliosamente compiaciuto, appagato. Gli aveva fatto perdere ogni coscienza di sé.
E Jongdae aveva fatto lo stesso con lui. Questa considerazione lo accigliò. Si rese conto che gli era diventato impossibile tenersi a distanza dal marito. Non poteva semplicemente far l'amore con lui e tornare ai suoi doveri, scacciandolo dalla mente. Era diventato più di un semplice ragazzo con cui accoppiarsi nelle buie ore della notte. Era suo marito e, dannazione, era anche più di questo.
Era l'amore della sua vita.
«Dannazione», mormorò.
Subito dopo alzò la testa per guardarlo. Dormiva profondamente. Si sentì sollevato, perché non avrebbe dovuto spiegargli l'espressione smarrita che certo aveva sul volto o l'esclamazione che gli era appena sfuggita.
Era difficile separarsi da lui. Restò a fissarlo a lungo. Era così bello. Eppure non era il suo aspetto la ragione per cui aveva perso la testa e si era innamorato di lui. No, era stato il suo carattere a fargli abbandonare ogni difesa. La bellezza era destinata a offuscarsi con gli anni, ma quella nel cuore di Jongdae e nella sua anima sembrava aumentare ogni giorno di più.
L'aveva messo in trappola, accecato, e ora era troppo tardi per tentare di proteggersi da lui.
Gli restava solo una via da percorrere. Doveva fare in modo che Jongdae lo amasse. Non intendeva certo rendersi così vulnerabile senza ottenere da lui la stessa disponibilità ad arrendersi.
Si sentì meglio. Il suo piano aveva senso. Non sapeva come l'avrebbe spinto a innamorarsi di lui, ma era un uomo intelligente. Un sistema l'avrebbe trovato.
Si chinò, lo baciò sulla fronte e uscì dal letto. Prendendo il suo abito pensò che l'amore doveva averlo sfinito. La possibilità lo fece sorridere finché non si sorprese a sbadigliare. L'amore doveva aver sfinito anche lui.
Mentre si vestiva continuò a guardarlo, e quando ebbe finito si curò di rimboccargli le coperte. Dannazione, doveva baciarlo ancora una volta prima di uscire. Quel suo vergognoso comportamento tornava a spaventarlo. L'amore era una faccenda complicata, decise. Forse, col tempo, avrebbe imparato ad affrontarlo. Stava per richiudersi violentemente la porta alle spalle, ma si trattenne in tempo e l'accostò con delicatezza.
Dannazione, diventava anche premuroso. Dovette scuotere la testa esasperato. Si chiese quali altre sorprese gli sarebbero capitate ora che aveva riconosciuto a se stesso che davvero lui amava suo marito. Il futuro lo preoccupava. Se si fosse trasformato in un marito rimbecillito giurò che avrebbe ucciso qualcuno.
Sì. L'amore era proprio una faccenda complicata.
Jongdae dormì tutta la notte. Minseok aveva già lasciato la stanza al suo risveglio. Fu lieto di quel momento di intimità. Si sentiva così male da fare fatica a prendere fiato senza avere conati di vomito. Per due volte tentò di lasciare il letto, ma ogni volta la stanza cominciava a roteare e il suo stomaco sobbalzava protestando per il movimento. Fece alcuni profondi respiri nel tentativo di calmare la nausea. Non servì a molto. Raggiunse il lavabo e si passò un asciugamano umido sulla fronte, ma neppure questo gli fu d'aiuto. Infine si arrese all'inevitabile e si ritrovò in ginocchio davanti ad una bacinella, abbandonato al vomito fin quasi a svenire.
Mentre vomitava pensò che di sicuro sarebbe morto, eppure dopo aver finito si sentì stranamente bene. Qualsiasi malattia avesse avuto doveva essere d'improvviso passata, o manifestarsi con sintomi davvero insoliti. Comunque, prima di aver scoperto che cosa l'affliggeva, intendeva stare riguardato.
Jongdae non era tipo da compiangersi, ma non poté evitare di preoccuparsi. Aveva pensato che lo svenimento della sera prima fosse stato causato dal suo stomaco vuoto e dall'odore nauseante della carne cotta; eppure quel mattino era stata di nuovo sul punto di svenire, mentre l'unico odore in camera era il profumo dell'aria pulita che entrava dalla finestra aperta.
Cercò di non pensare alla sua malattia. Quando si fu vestito, il suo volto aveva ripreso colore. Riordinò la stanza e passò a trovare Yixing.
Hyuna aprì la porta. Jongdae sorrise vedendo Yixing seduto sul letto. Aveva ancora il viso molto gonfio, e la parte sinistra era bluastra per i lividi, ma gli occhi erano brillanti, non opachi, e questo lasciava sperare che il colpo alla testa non avesse fatto danni irreparabili.
«Vi sentite meglio questa mattina, Yixing?»
«Molto meglio, grazie», rispose il giovane Zhang con un filo di voce.
«Non ha mangiato neppure un boccone del cibo che gli ho portato», intervenne Hyuna. «Dice che gli fa troppo male la gola. Ora vado in cucina a preparargli un tonico.»
Jongdae annuì. Teneva lo sguardo fisso su Yixing. «Dovete mangiare per riprendere le forze.»
Yixing scrollò le spalle. Jongdae richiuse la porta dietro Hyuna e si sedette sul bordo del letto.
«Voi volete riprendervi, vero?»
Yixing lo fissò un istante prima di rispondere. «Suppongo che dovrò farlo», mormorò. Cercò di cambiare argomento. «E stato gentile da parte vostra accogliermi Jongdae. Non vi ho ancora ringraziato degnamente. Vi sono molto grato.»
«Non mi dovete ringraziare», protestò Jongdae. «Perché sembrate tanto triste quando dite di dovervi riprendere?»
Zhang non rispose. Doveva essere molto nervoso, perché si rigirava il bordo del lenzuolo tra le mani fino ad annodarlo.
«Verrà qui mio padre?»
«Non lo so», rispose Jongdae. Allungò una mano e la posò su quella di Yixing. «Vi farà piacere vederlo, se verrà?»
«Certo, è naturale», si affrettò a rispondere Yixing.
Non sembrava molto sincero. Jongdae era deciso a ottenere qualche risposta, ma non intendeva tormentare il poveretto. Avrebbe usato la pazienza e la comprensione. Yixing avrebbe finito per dirgli che cosa l'angustiava tanto.
Decise di calmarlo. «Non dovete avere paura. Qui siete al sicuro. Nessuno vi farà del male. Dopo la nascita del bambino, quando avrete ripreso le forze, mio marito e io vi aiuteremo a decidere il da farsi. Potrete restare con noi quanto vorrete. Avete la mia parola.»
Gli occhi di Yixing si riempirono di lacrime. «Ora mi sento stanco. Vorrei riposare.»
Jongdae si alzò subito. Rimboccò gli coperte quindi toccò la fronte di Yixing per accertarsi che non avesse febbre. Infine controllò che nella brocca ci fosse ancora acqua a sufficienza.
Yixing sembrava profondamente addormentato quando lui lasciò la stanza. Hyuna tornò a prendere il suo posto.
Jongdae provò, ancora a parlare con il suo ospite quella mattina, ma non appena cominciava a fargli domande, Yixing diceva di essere debole e si addormentava.
Nel pomeriggio Baekhyun diede il cambio a Hyuna perché la cuoca potesse occuparsi della cena. Jongdae avrebbe voluto tentare ancora una volta di interrogare il ragazzo, ma venne fermato dall'arrivo in sala di suo marito col figlio accanto.
Jongdae aveva appena finito di togliere i punti a Jongin, e cercava di farsi ascoltare mentre gli spiegava quali precauzioni doveva avere. Quell'uomo sembrava un bambino impaziente, ansioso di tornare all'aperto.
«Non ti lascerò andare finché non mi avrai promesso di metterti l'unguento ogni mattina e sera per una settimana, Jongin.»
«Lo prometto», rispose il soldato. Balzò in piedi e attraversò di corsa la sala, lasciando sul tavolo il vasetto dell'unguento.
«Sono qui!»
Era stato Jun a gridare quell'annuncio allargando le braccia in un gesto così teatrale da strappare un sorriso a suo padre. Quel bambino di certo non aveva problemi di fiducia in se stesso. Ovviamente Minseok gli aveva assicurato diverse volte durante il viaggio di ritorno che Jongdae era ansioso di vederlo.
La reazione di suo marito fu per Minseok altrettanto divertente: sussultò, si afferrò l'abito e partì di corsa verso Jun.
Il bambino si gettò nelle sue braccia, e lui lo strinse forte. Con la testa gli arrivava solo ai fianchi. Era un bambino adorabile, e Jongdae era tanto felice di averlo a casa che gli si riempirono gli occhi di lacrime.
Minseok li lasciò e salì di sopra per provare ancora a parlare con Yixing. Era ben deciso a scoprire il nome del guerriero che l'aveva disonorato. Voleva anche annunciargli che suo padre sarebbe venuto a prenderlo l'indomani, purché lui si fosse abbastanza ristabilito da affrontare il viaggio.
Scese qualche minuto dopo. Yixing era ancora troppo debole per rispondergli. A dire il vero si era appisolato appena sapute le ragioni della sua visita.
Jun e Jongdae lo aspettavano ai piedi della scala.
«Qualcosa non va, marito?» gli chiese, notando la sua espressione cupa.
«Ogni volta che provo a parlare con quel Zhang, lui si addormenta. Quanto credi che ci vorrà perché trovi la forza di rispondere alle mie domande?»
«Non lo so, Minseok», rispose Jongdae. «Hai visto com'era ridotto il giorno in cui è arrivato. Gli servirà tempo per riprendersi. Sii paziente con lui. È un miracolo che sia vivo.»
«Lo penso anch'io. Jongdae, suo padre a prenderlo domani per riportarlo a casa.»
Quella notizia non gli piacque. Scosse la testa. «Yixing non è in grado di andare da nessuna parte. Il padre dovrà capire.»
Minseok non intendeva mettersi a discutere con suo marito. La gioia che gli aveva visto in volto quando Jun era corso ad abbracciarlo l'aveva riempito di soddisfazione. Non voleva rovinare tutto con discorsi seri. Sul futuro di Yixing ci sarebbe stato modo di discutere la sera.
«Perché non porti fuori Jun, marito? È una giornata troppo bella per restare al chiuso.»
Ora la sua attenzione era concentrata sul figlio. Jun teneva Jongdae per mano e lo fissava estasiato. D'improvviso Minseok capì quale disperato bisogno di affetto avesse il ragazzino. E capì con la stessa meraviglia quanto Jongdae avesse bisogno di Jun.
«Sì, è una giornata splendida», disse Jongdae. Un'espressione di tenerezza era scesa sullo sguardo di Minseok. Ora era molto vulnerabile. L'amore che provava per il figlio traspariva completamente.
Come si sentiva emotivamente fragile quel giorno. Jongdae comprese di essere pronto a scoppiare in lacrime, e voltò il viso perché suo marito non lo vedesse. Ovviamente non avrebbe capito. Era sterile, eppure si ritrovava con un figlio da amare. Sì, avrebbe amato Jun, perché gli era semplicemente impossibile indurire il suo cuore di fronte a un bambino tanto innocente.
«Andiamo a vedere i cavalli, papà?» chiese il piccolo, rivolgendosi a Jongdae.
Lui scoppiò a piangere. Sia Minseok sia suo figlio rimasero sbalorditi. «Jongdae, che cosa ti succede?» La preoccupazione trasformò la domanda di suo marito in un urlo.
«Non dobbiamo per forza vedere i cavalli», esclamò Jun temendo di avergli provocato lui quella disperazione.
Jongdae cercò di ritrovare il controllo. Si asciugò gli angoli degli occhi col bordo del'abito prima di tentare di dare una spiegazione.
«Non ho niente», disse rivolgendosi al marito. «Jun mi ha chiamato papà. Mi ha colto di sorpresa, capisci, e oggi mi sento molto fragile.»
«Papà mi ha detto di chiamarti papà», intervenne Jun, leggermente confuso sulla frase appena pronunciata. «Ha detto che ti avrebbe fatto piacere.»
Il volto del bambino era serio, la fronte corrugata. Doveva essere preoccupato. Jongdae si affrettò a tranquillizzarlo. «Tuo padre aveva ragione. Devi chiamarmi papà.»
«Allora perché piangi come un bambino?» chiese Jun.
Lui sorrise. «Perché mi hai fatto felice. Jun, è una giornata troppo bella per restare in casa. Andiamo a vedere i cavalli.»
Si voltò per uscire. Minseok l'afferrò per le spalle. «Prima mi devi ringraziare per aver portato a casa tuo figlio.»
Pensò che lui volesse qualche complimento. «Ti ringrazierò più tardi, mio signore, quando sarò pronto per farlo.»
Lo baciò. Udì Jun ridacchiare e scoppiò in una risata. Minseok sorrise guardando suo marito e suo figlio che uscivano insieme. Li seguì fuori, ma rimase sul primo gradino. Continuò a fissarli finché non scomparvero dietro la collina.
«Che cosa vi fa sorridere tanto, signore?» domandò Chanyeol.
«Guardavo la mia famiglia», rispose Minseok.
Il ragazzo annuì. «Avete una bella famiglia.»
La risata di Jongdae riecheggiò da lontano, interrompendo i suoi pensieri. Istintivamente sorrise. Dannazione, come gli piaceva quel suono gioioso.
Jongdae non immaginava neppure che suo marito l'ascoltasse. Jun era tanto felice di trovarsi all'aperto da non poter camminare normalmente. Correva senza sosta, e Jongdae faticava a seguirlo.
Passarono insieme tutto il pomeriggio. Prima guardarono i cavalli, poi scesero nei campi a trovare Woojin. Il vecchio guerriero era appena tornato dalla collina e sembrava accigliato.
«Che cosa vi ha fatto arrabbiare, Woojin?» chiese Jongdae da lontano.
Jun vide l'espressione del soldato e subito corse al riparo dietro Jongdae.
«Tutto bene, Jun», gli sussurrò «A Woojin piace brontolare, ma è buono di cuore.»
«Come papà?»
Jongdae sorrise. «Sì», gli rispose, pensando a com'era intelligente il bambino.
Woojin attese che i due si fossero avvicinati per rispondere. «Sto per rinunciare al mio gioco», annunciò con un cenno teatrale del capo. «Non serve a nulla tirare le pietre a lunga distanza. La maggior parte di queste si frantuma per la violenza del colpo. Esplodono nell'aria. Così è tutto inutile, no? Chi è quello nascosto dietro di voi, che mi spia coi suoi occhioni?»
«Questo è Jun», rispose Jongdae. «Ricordate il figlio di Minseok?»
«Certo che me lo ricordo», rispose Woojin. «Ma sono di pessimo umore, Jongdae. Oggi non mi sento socievole. Andate e lasciatemi ai miei pensieri.»
Jongdae cercò di non ridere. «Non potete dedicarci qualche minuto per mostrare a Jun come tirare le pietre nei buchi del campo?»
«No, non vi posso dedicare qualche minuto», mormorò Woojin invitando comunque con la mano il ragazzino ad avvicinarsi. «Non è un gioco da bambini. Quanti anni hai, figliolo?»
Jun strinse più forte la mano di Jongdae. Non intendeva lasciare il suo fianco. Dovette accompagnarlo Lui vicino ad Woojin.
«Jun non sa quanti anni ha», spiegò Jongdae. «Credo abbia alle spalle quattro o cinque primavere.»
Woojin si strofinò il mento, pensieroso. «Apri la bocca, figliolo, e fammi dare un'occhiata ai denti. Ti posso dire quanti anni hai.»
Jongdae scoppiò a ridere. «Non è un cavallo», disse.
«Quando si tratta di denti, è la stessa cosa, almeno per i giovani.»
Jun piegò all'indietro la testa e aprì la bocca. Woojin annuì soddisfatto. «Ti prendi cura dei denti, vero?»
«Papà mi ha mostrato come strofinarli e asciugarli con una pezza di lana», rispose Jun. «Me lo dimentico solo qualche volta.»
Woojin strinse gli occhi nella luce del sole mentre cercava di guardare bene.
«Credo sia prossimo ai cinque anni. Non può essere più grande. I denti da latte sono ancora ben saldi», spiegò dopo aver provato a muovere i due incisivi di Jun. «Troppo a posto per sei e troppo grandi per tre. Sì, è vicino ai cinque. Sono pronto a scommetterci.»
Finalmente Jun poté chiudere la bocca. Si rivolse subito a Jongdae. «Ho cinque anni?»
«Quasi», rispose. «Dovremo scegliere un giorno per farti una festa di compleanno come si deve, Jun. Allora avrai ufficialmente cinque anni.»
Jun aveva superato il timore verso il guerriero e ora lo implorava di farlo giocare. Woojin passò quasi due ore col bambino. Jun non capiva il significato della parola concentrarsi e parlava senza sosta. Woojin era molto paziente con lui, pur lanciando di tanto in tanto qualche occhiata furiosa a Jongdae. Il bambino non riusciva mai a ricordare che doveva rimanere in silenzio mentre Woojin eseguiva il suo lancio.
Jongdae rimase seduto sul prato a guardarli. Ascoltò Woojin che raccontava storie del passato, e presto capì che Jun era affascinato dal guerriero, e desiderava stare in sua compagnia.
Il sole stava calando e Jun cominciava a sbadigliare quando infine Jongdae interruppe il divertimento. Si alzò, si sistemò le pieghe dell'abito e cominciò a ringraziare Woojin.
Non capì quel che successe subito dopo. Aprì gli occhi e vide Woojin e Jun chini sopra di lui. Jun stava piangendo. Woojin gli dava qualche leggera pacca sulla guancia e cercava nel contempo di calmare il bambino.
Non gli servì molto tempo per intuire l'accaduto.
«Oh, sono svenuto ancora, vero?»
«Ancora?» ripeté Woojin, con la fronte corrugata. Aiutò Jondgae ad alzarsi. Jun subito gli si sedette in grembo appoggiandosi al suo petto. Aveva bisogno di sentirsi rassicurato, Lui lo capì. Lo circondò col braccio e lo strinse.
«Ora sto bene, Jun.»
«Siete già svenuto?» insistette Woojin.
Jongdae annuì. Quel movimento bastò a fargli girare la testa. «Ieri sera», rispose. «Minseok mi ha afferrato prima che cadessi. È successo d'improvviso, e non potevo aspettarmelo.»
«Certamente è successo d'improvviso», convenne Woojin. Si sedette per terra accanto a Lui continuando a sostenerlo con un braccio. «Eravate lì in piedi, e l'istante dopo vi ho visto steso sull'erba, come foste morto.»
Woojin cercava volutamente di usare un tono scherzoso per tranquillizzare il bambino. Nascondeva il più possibile la sua preoccupazione.
«Non capisco che cosa mi stia succedendo», mormorò.
«Fareste bene ad andare da Luhan» consigliò Woojin. «Conosce un sacco di rimedi per le malattie.»
«Voleva cucire il braccio di Jongin, dunque deve avere esperienza», osservò Jongdae. «Sì, andrò da Lui domani.»
«No», disse Woojin. «Ci andrete subito. Porterò io a casa Jun.»
Dall'espressione decisa di lui, Jongdae capì che sarebbe stato inutile protestare. «Va bene allora», rispose. Rivolse l'attenzione al figlio.
«Jun, non raccontarlo a tuo padre. Noi non vogliamo che si preoccupi, vero?»
«Vergognatevi di dire al bambino...»
«Woojin, ora sto pensando alla tranquillità di Minseok», lo interruppe Jongdae. «Non voglio che si preoccupi.»
Woojin annuì. Naturalmente era ben deciso a raccontare al suo signore l'accaduto; e se Jongdae si fosse adirato per questo, gli avrebbe risposto che a lui non aveva chiesto di mantenere il silenzio.
L'accompagnarono fino alla porta di Luhan. Lo lasciarono solo, ma soltanto dopo che Woojin ebbe bussato e udito la risposta del ragazzo.
« Jongdae ha qualcosa da chiedervi» gridò. «Vieni, figliolo. Per te è ora di cena.»
«Ho fatto qualcosa di male?» chiese Luhan.
Jongdae scosse la testa. Gli fece segno di seguirlo fino alla roccia poco distante dall'abitazione perché il marito non li potesse sentire.
«Per favore, sedetevi, Luhan» disse. « Una persona che conosco è malata e mi piacerebbe sentire i vostri suggerimenti su come curarlo»
Luhan parve subito sollevato. Si sedette con le mani in grembo, aspettando che Jongdae continuasse.
«Per due volte questa persona è svenuta senza ragione», disse l'altro con impeto. Era in piedi davanti al tagazzo, e rimase in attesa del suo commento.
Luhan si limitò ad annuire. Jongdae non sapeva come interpretare quel gesto.
«Morirà per qualche strana malattia?»
Si stava torcendo le mani e cercava di non mostrare a Luhan quanto era turbato.
«Potrebbe», rispose «Mi servono altri indizi per suggerirvi una cura. È anziana questa persona?»
«È giovane.»
«È sposata?»
«Sì.»
Luhan annuì. «Non avete altri sintomi di cui parlarmi?»
«Io... cioè questa persona al risveglio si sentiva molto male e ha addirittura vomitato. Il suo stomaco è stato in subbuglio per gran parte della mattinata. Eppure quando non ha quel malessere sta benissimo.»
«Devo farvi ancora qualche domanda personale prima di esprimere la mia opinione» disse Luhan in un sussurro.
«Risponderò, se conosco le risposte», replicò Jongdae.
«Questa persona si sente spesso debole?»
Jongdae annuì. «Si ultimamente sì»
Luhan cercava di non sorridere. «Per caso sapete se si sente dolente?»
Jongdae stava quasi per controllare prima di rispondere. Si trattenne in tempo. «Forse un pochino, ma non troppo.»
«È sposata da poco?»
L'altro trovò la domanda bizzarra. Annuì. «Pensate che la tensione del matrimonio gli porti questi sintomi? Io non credo, Luhan, perché questa persona era già stata sposata prima.»
«Ha avuto figli con il primo...»
Jongdae non lo lasciò finire. «È sterile», si affrettò a precisare.
«Forse lo era con quell'uomo», osservò Luhan.
Jongdae non riusciva a capire. Poi Luhan lo distolse dai suoi pensieri con una nuova domanda: «Vi capita... volevo dire, capita a questa persona di dormire più del solito?»
«Oh, sì», esclamò Jongdae. Era stupito per la precisione delle domande che ora Luhan gli stava rivolgendo. «Avete già sentito parlare di questa malattia, vero?»
«Sì, per essere sincero», rispose Luhan
«Morirà?»
«No. Non morirà.»
«Allora che cosa dovrebbe fare?»
Jongdae ormai era prossimo alle lacrime. Luhan si affrettò a rassicurarlo. Fece un bel sorriso rispondendogli.
«Dovrebbe dire al marito che aspetta un figlio da lui.»
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