15


Le sue mani tremavano, e tutto quello a cui Jongdae riusciva a pensare era il modo di prendere accuratamente la mira per uccidere i bastardi colpevoli di quell'orrendo crimine.

Anche Minseok tremava per la collera. La sua mano si spostò sull'elsa della spada.

Jeon ora sembrava compiaciuto. Minseok decise di uccidere lui per primo.

«Sei tu che hai dato l'ordine di percuotere a morte questo ragazzo?»

Non aveva pronunciato la domanda, l'aveva urlata.

Il signore dei Jeon reagì accigliandosi. «Non è morto. Respira ancora.»

«Sei tu il responsabile?» chiese ancora Minseok.

«Sì», gridò il signore in risposta. «Certo che lo sono.»

A Minseok parve una vanteria, e cominciò a estrarre la spada. Jeon notò il gesto e d'improvviso capì in che situazione si trovava. Subito si affrettò a spiegare per quale ragione quel ragazzo era stata picchiato.

«Yixing mi era stato affidato dal padre», gridò. «Era promesso a mio figlio maggiore, Woonsik.» S'interruppe per indicare con un cenno del capo il soldato accanto al suo cavallo. «Intendevo unire le nostre due famiglie e creare una potenza da rispettare, ma quel cane si è fatto macchiare tre mesi fa, Kim, e da uno dei tuoi uomini. Non serve negare l'evidenza, perché un abito con i tuoi colori è stato notato da tre dei miei. Yixing ha passato tutta una notte con lui. Dapprima ha mentito dicendo di essere rimasto con i cugini. Sono stato così stupido da credergli. Quando però ha scoperto di essere in attesa, ha avuto la sfacciataggine di vantarsi dei suoi peccati. Non è andata così, Woonsik?»

«Sì, è così», rispose suo figlio. «Non lo voglio più», gridò. «Un Kim l'ha rovinato, un Kim può tenerselo»

Dopo quella dichiarazione abbassò gli occhi sul ragazzo. Sputò sul terreno accanto a lui, quindi avanzò verso il poveretto incosciente con le mani sui fianchi e una smorfia crudele sul viso.

Spinse indietro il piede con lo stivale, quindi accennò a sferrargli un vigoroso calcio.

Fu una freccia a fermarlo. Woonsik arretrò vacillando con un grido di dolore. La freccia si era infilata nella sua coscia. Si portò le mani sulla gamba, sempre gridando, mentre si girava a vedere chi l'avesse colpito.

Jongdae era in piedi sul gradino più alto della scala. Teneva gli occhi fissi sul soldato. Preparò un'altra freccia nell'arco sempre tenendolo sotto tiro.

Aspettava solo un pretesto per ucciderlo.

Tutti adesso guardavano Jongdae. Anche Minseok si era mosso per intervenire quando Woonsik aveva accennato a colpire il ragazzo. La freccia, però, era partita prima che lui potesse agire. Si voltò, vide l'espressione decisa sul volto di suo marito e subito si avvicinò alla scala.

Nessuno degli altri si mosse. I Kim erano chiaramente sbalorditi da quanto avevano visto. I Park erano altrettanto sorpresi e impressionati.

Il soldato ferito si avvicinò nuovamente al ragazzo. Jongdae pensò che volesse riprovare a colpirlo.

Non glielo avrebbe permesso.

«Prova ancora a dargli un calcio e, ti infilerò una freccia in quel cuore nero.»

La furia che animava la sua voce si riversò sul gruppo dei soldati. Woonsik indietreggiò prontamente.

«È pazzo», disse Woonsik sottovoce.

Gli uomini di Minseok udirono le sue parole. Tre soldati Kim si fecero avanti. Jongin li fermò con un gesto della mano.

«Sarà il nostro signore a decidere che cosa fare», disse.

Chanyeol, al suo fianco, non poté trattenersi. «Non è pazzo», gridò. «Ma mi premurerò di far sapere al nostro signore che cosa pensate di suo marito.»

«Mio figlio non voleva offendere», protestò Jeon. «Diceva solo il vero. Guardatelo negli occhi. E davvero impazzito. E per cosa, vi chiedo? C'è solo....una puttana per terra.»

Minseok ora prestava attenzione soltanto a suo marito. Gli si avvicinò senza toccarlo, e si fermò al suo fianco.

Jongdae ignorò il marito. Si voltò lentamente per vedere anche Jeon.

Fu un piacere scoprire che la sua brutta faccia era diventata bianca. Le labbra erano strette per la preoccupazione.

«Chi di voi ha picchiato questo ragazzo?»

Il signore non gli rispose. Girò la testa a destra e poi a sinistra, come per cercare una via di fuga.

«Non puoi ucciderlo.»

Minseok gli aveva parlato in un sussurro che solo lui poteva udire. Jongdae apparentemente non reagì al suo ordine.

Lo ripeté. Lui scosse la testa. Si rivolse al marito tenendo lo sguardo fisso su Jeon.

«Pensi che meritasse questo trattamento?»

«Sai di non dovermi fare simili domande», rispose lui lentamente. «Dammi arco e frecce.»

«No.»

«Jongdae...»

«Guarda cos'hanno fatto!» gridò.

La sofferenza nella sua voce gli strinse il cuore. Suo marito stava per perdere il controllo. Non poteva lasciare che accadesse.

«Non mostrare la tua disperazione» ordinò. «Sarebbe già una vittoria per loro.»

«Hai ragione», mormorò. Le sue mani cominciarono a tremare, e gemette sottovoce.

«Più a lungo restiamo qui, più quel poveretto rimarrà senza cure. Dammi le armi.»

Jongdae non si arrendeva. «Non posso permettere che gli facciano altro male. Non posso. Non vedi? Devo aiutarlo. Io speravo perché qualcuno mi aiutasse. Nessuno lo faceva. Ma io posso aiutarlo. Devo...»

«Non lascerò che gli facciano del male», promise Minseok.

Jongdae scosse ancora la testa. Minseok decise di tentare un approccio diverso. Sembrava fosse passata un'ora da quando l'aveva raggiunto sulla scala, ma sapeva che erano trascorsi solo pochi minuti. Il tempo non contava per lui. Non gli importava quanto ci avrebbe messo Jondgae per ritrovare il controllo. Quei bastardi dei Jeon dovevano aspettare. Ovviamente avrebbe potuto strappargli le armi, ma non voleva farlo. Doveva essere Lui a dargliele.

«Allora va bene» disse. «Ordinerò ai miei uomini di ucciderli tutti. Ti va bene così?»

«Sì.»

Minseok non riuscì a nascondere la propria sorpresa. Sospirò, poi si voltò per dare l'ordine. Non era tipo da scherzare. Se Jongdae voleva che uccidesse quei cani, era pronto ad accontentarlo. Diamine, stava solo aspettando la scusa buona. Compiacere a suo marito era un motivo più che valido.

«Chanyeol», ordinò.

«Sì, Minseok?»

«No!» esclamò Jongdae.

Minseok si girò a guardarlo. «No?»

Aveva gli occhi colmi di lacrime. «Non possiamo ucciderli.»

«Sì, che possiamo.»

Lui scosse la testa. «Non saremmo migliori di loro se permettessimo all'ira di guidare le nostre azioni. Lasciali andare. Mi rivoltano lo stomaco.»

La sua voce aveva ritrovato forza. Minseok annuì soddisfatto. «Dammi prima arco e frecce.»

Lui gli passò lentamente le armi. Ciò che accadde subito dopo lo sorprese tanto che non ebbe il tempo di reagire. Minseok gli strappò l'arco di mano, si girò, prese la mira e scagliò una freccia con incredibile forza e precisione.

Seguì un grido di dolore. La freccia si era conficcata nella spalla di Woonsik, lo stesso Jeon ferito da lui. Il figlio del signore aveva sguainato la spada e stava per lanciarla quando Minseok aveva colto il suo movimento. né Chanyeol né Jongin avevano avuto il tempo di avvertirlo.

Jeon s'infuriò per il comportamento del figlio. Minseok era più furibondo di lui. Sospinse Jongdae dietro la sua schiena, gettò a terra l'arco e sguainò la spada.

«Lasciate le mie terre, Jeon, o vi uccido subito.»

I soldati Jeon non persero tempo a ubbidire. Minseok non permise a Jongdae di muoversi finché il cortile non fu sgombro.

«Chanyeol, manda dieci uomini a seguirli fino al confine», ordinò.

Quando suo marito si mosse, Jongdae lo superò e scese ai piedi della scala. Mentre correva si sciolse la cintura togliendosi il soprabito, e raggiunto il ragazzo subito lo coprì. Gli toccò il lato del collo, avvertì le pulsazioni e quasi pianse di sollievo.

Kyungsoo, che fino a quel momento era rimasto in disparte, si avvicinò a loro, gli posò una mano sulla spalla. «Faremmo meglio a portarlo dentro», sussurrò.

Jongin si chinò su un ginocchio e si allungò per sollevare il ragazzo. Jongdae urlò: «Non toccarlo!»

«Non può restare qui», replicò Jongin cercando di farlo ragionare. «Lasciate che lo porti dentro.»

«Lo porterà Minseok», decise Jongdae. Fece un profondo respiro cercando di calmarsi. «Non volevo alzare la voce con te, Jongin. Per favore, perdonami. Non devi comunque sollevarlo. Ti strapperai i punti.»

Jongin annuì. Era sorpreso e stupito per le scuse di Jondgae.

«È morto?» s'informò Chanyeol.

Jongdae scosse la testa. Minseok l'aiutò ad alzarsi, quindi si chinò a prendere tra le braccia il ragazzo.

«Stai attento», gli sussurrò Jongdae.

«Pensate che ce la farà?» chiese Chanyeol mentre seguiva il signore attraverso il cortile.

«Come diavolo faccio a saperlo?» replicò Minseok.

«Ce la farà», disse Jongdae, sperando di avere ragione.

Qualche istante dopo l'ospite era coricato a letto. Minseok rimase al fianco del marito mentre Lui si accertava che non ci fossero fratture.

«Sembrerebbe intatto», sussurrò Jongdae. «Sono i colpi alla testa che mi preoccupano. Guarda il gonfiore sulla tempia, Minseok. Non capisco se il danno è grave. Potrebbe anche non svegliarsi più.»

Jongdae si rese conto di piangere solo quando il marito gli ordinò di smettere. «Non gli servirai a nulla crollando. Ha bisogno del tuo aiuto, non delle tue lacrime.»

Ovviamente aveva ragione. Jongdae si asciugò le guance col dorso della mano. «Perché gli hanno tagliato i capelli così?»

«È un miracolo che respiri ancora», disse Minseok. «Fai quello che puoi, Jongdae»

«Cercherò di dargli conforto», annunciò, attraversò la stanza per prendere la brocca dell'acqua e la ciotola, quindi tornò al letto. Stava per posarle sul pavimento, ma Minseok si preoccupò di avvicinargli il cassettone. Si diresse alla porta mentre Jondgae correva a prendere le pezzuole di lino.

Minseok toccò la porta, ma si fermò d'improvviso. Si voltò a guardare il marito. Lui ora non gli badava. Era tornato al letto, si era seduto e stava bagnando una pezzuola nell'acqua appena versata.

«Rispondimi sinceramente» ordinò.

«A cosa?»

«Sei mai stato picchiato così?»

Jongdae non guardò il marito mentre gli rispondeva. «No.»

Lui non si era reso conto di trattenere il fiato. Lo liberò dopo aver ottenuto risposta.

Poi giunse la precisazione: «Raramente mi colpiva al volto o alla testa. Solo una volta è stato poco attento».

«E il resto del corpo?»

«I vestiti nascondevano i lividi», rispose.

Non aveva idea dell'effetto che gli facevano quelle rivelazioni. Minseok era sconvolto. Si stupì che avesse accettato di sposarsi ancora. Dannazioni, e lui gli aveva chiesto di fidarsi. Si sentì uno stupido. Al suo posto, lui certo non si sarebbe più fidato di nessuno.

«Non gli resteranno cicatrici», mormorò Jongdae. «Il sangue sul volto proviene quasi tutto dal naso. C'è da stupirsi che non glielo abbiano fratturato. È un ragazzo grazioso, vero Minseok?»

Minseok non rispose, troppo incerto su cosa dire.

«Minseok?»

«Sì?»

«Sono contento di averti sposato.»

Era troppo imbarazzato per guardare il marito, perciò finse un grande interesse nel torcere la pezzuola per farne uscire ogni goccia d'acqua.

Lui sorrise. «So che lo sei, Jongdae.»

La sua arroganza gli sfuggiva davvero di mano. Però gli riscaldava il cuore. Jongdae scrollò la testa, quindi tornò al suo compito e ricominciò a pulire il volto di Yixing dal sangue, senza smettere di sussurrargli parole di conforto. Dubitava che Yixing lo sentisse, ma a lui faceva bene ripeterglli senza sosta che ora era al sicuro. Aggiunse la promessa che nessuno l'avrebbe mai più percosso.

Minseok aprì la porta e trovò il corridoio gremito di donne. Indossavano tutte il plaid dei Kim.

Hyuna era in testa al gruppo. «Vorremmo offrire il nostro aiuto per curare il ragazzo», annunciò.

Minseok annuì, richiuse la porta e scese al piano inferiore, dove Chanyeol e Jongin lo aspettavano.

Seguirono il loro signore nella sala grande.

Minseok guardò il giaciglio davanti al camino. «Dove diavolo è Dogo?»

«Sarà uscito», disse Chanyeol.

«È uscito questa mattina presto», precisò Jongin.

Minseok scosse la testa. Jongdae si sarebbe infuriato scoprendo che il cane era fuori. Era preoccupato per i punti.

Si costrinse a tornare a problemi più seri. «Jongin chiama a raccolta tutti i soldati Kim», ordinò. «Voglio che uno per uno mi giurino di non avere toccato Yixing.»

«E voi credete...»

Chanyeol lasciò cadere la domanda vedendo l'espressione del signore. «Nessuno dei miei guerrieri mi mentirebbe, Chanyeol», sbottò Minseok.

«Ma se uno ammettesse di aver trascorso la notte con quel ragazzo? Che cosa gli fareste?»

«Non ti riguarda. Voglio che tu vada dai Zhang a raccontargli che cosa è accaduto qui oggi.»

«Devo dirgli che suo figlio sta morendo, o è meglio una verità più morbida?»

«Digli esattamente quali sono state le accuse di Jeon», gli ordinò Minseok spazientito. «Dannazione, vorrei aver ucciso quel bastardo quando ne avevo l'opportunità.»

«Così vi sareste trovato in guerra, Minseok», gli fece notare Jongin.

«La guerra è già dichiarata», sbottò Minseok. «Pensi che dimenticherò facilmente il fatto che il figlio di Jeon ha tentato di uccidere mio marito?»

Ormai stava urlando. Il guerriero Kim scosse la testa. «No, signore», si affrettò a rispondere. «Non lo dimenticherete, e io sarò al vostro fianco.»

«E farai dannatamente bene a restarci», rispose lentamente Minseok.

Chanyeol fece un passo avanti. «Anche i Zhang potrebbero dichiararci guerra se crederanno che davvero un Kim abbia compromesso Yixing.»

«Nessuno dei miei uomini si comporterebbe in modo tanto vergognoso», ribatté Minseok.

Chanyeol annuì. Jongin non era convinto. «Jeon ha detto che è stato visto il vostro colore», ricordò al signore.

«Stava mentendo», ribatté Jongin.

«Ha detto che Yixing ha riconosciuto di aver trascorso la notte con un Kim», insistette Jongin.

«Allora mentiva anche lei», ribatté ancora Jongin.

Minseok voltò la schiena ai soldati. «Ho dato a tutti e due un compito. Preoccupatevi di portarlo a termine.»

I soldati lasciarono prontamente la sala. Minseok rimase a fissare il fuoco.

Aveva un problema spinoso fra le mani. Lui sapeva, senza ombra di dubbio, che nessuno dei suoi uomini poteva essere colpevole di aver fatto cadere in disgrazia Zhang Yixing.

Eppure era stato notato il colore dei Kim... tre mesi prima.

«Maledizione», mormorò Minseok fra sé. Se Jeon diceva il vero, la spiegazione poteva essere soltanto una, e solo uno l'uomo responsabile di quel dannato pasticcio.

Junmyeon.

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