Capitolo 1. Un messaggio

Il cortile era molto fresco e già invaso dal crepuscolo per quanto la luce del tramonto splendesse ancora alta nel cielo. Una delle due finestre, quella a destra, era semiaperta, e seduta accanto ad essa a respirar l'aria con l'infinita tristezza di una prigioniera senza speranza, vi era Abigail.

Abigail era una ragazza di quattordici anni, e stava vivendo nel pieno della sua adolescenza. Una folta e indomata chioma di capelli neri le scendeva fino alla nuca, in pieno contrasto con la sua carnagione pallida. I suoi occhi scuri parevano dello stesso colore dell'ematite.

Aveva lunghe dita affusolate e le unghie erano corte e robuste, perché di quando di quando aveva ancora l'abitudine di mangiarle. Soprattutto nei periodi di forte stress, come in questo caso.

Si stava torturando l'unghia del pollice, mentre con l'altra mano stava ricopiando l'esercizio di matematica dalla lavagna, dove la Signorina Blacksprout, l'insegnante, stava svolgendo un impegnativo logaritmo. Abigail seguiva distrattamente la lezione, perché qualcosa aveva catturato la sua attenzione dall'esterno.

Nel cortile della scuola si poteva intravedere l'ombra di un uomo.

Era alto, longilineo e si presentava sempre abbigliato con un lungo cappotto nero e un basco. I lineamenti del suo viso erano vagamente latini, ma non era questo a renderlo particolare alla vista della ragazza.

La sua pelle era grigia come il fumo nero che usciva da una ciminiera, mentre dagli occhi e dalla bocca fuoriusciva una calda luce dorata. Non era la prima volta che lo vedeva. Tutto era iniziato circa dall'inizio di Ottobre, ovvero solo due settimane fa. Era solito posizionarsi fuori dalla finestra della sua classe, e fissarla dall'angolo del cortile all'ombra di un variopinto acero canadese.

La prima volta Abigail aveva segnalato immediatamente la presenza di un intruso nel cortile, alzando la mano e coinvolgendo tutta la classe a guardare fuori, ma... con suo grande rammarico la faccenda si concluse con una nota sul registro a suo nome per aver distratto i compagni e interrotto la lezione di storia.

Nessuno di loro vide l'uomo che Abigail continuava a vedere. E da allora non ne parlò più con nessuno. Scelse di tacere sulla faccenda, nonostante la stessa scena continuasse a ripetersi puntualmente ogni pomeriggio.

Finalmente si udì il suono acuto e squillante della campanella riecheggiare nel corridoio. La giornata era finita. Era ora di tornare a casa.

Abigail chiuse il quaderno e iniziò a metter via le sue cose, mentre i suoi compagni di classe stavano uscendo dall'aula elettrizzati che fosse già venerdì. Molti di loro si erano organizzati per trascorrere una piacevole serata in compagnia davanti a qualche bel film, mentre altri (i ragazzi indubbiamente) si sarebbero incontrati a raccolta nelle sale giochi per provare l'ultimo videogioco uscito.

Avevano tutto il week-end davanti... e una sfilza interminabile di compiti e di verifiche all'orizzonte. Abigail era una delle poche a preoccuparsi dei voti del primo trimestre, mentre molti suoi compagni se ne infischiavano altamente perché avevano fatto del motto – prima il piacere e poi il dovere – il proprio codice di comportamento. E sebbene ciò non fosse approvato dalla maggior parte del corpo insegnante che era in continua lotta per stimolare gli studenti ad aprire i libri fin da subito, sembrava che solo Abigail e pochi altri seguissero questo spassionato consiglio.

Abigail uscì dall'edificio. L'aria umida della sera le sferzava il viso. Cominciò a tirar su col naso e a stringersi nel cappotto di lana. – Brrrr! Si gela! – disse Emily, la sua compagna di banco che aveva fatto con lei lo stesso tragitto.

– Allora? Che intenzioni hai per Samhain? – le domandò un secondo dopo aver iniziato a fare il solito tratto di strada insieme verso la rastrelliera delle biciclette. Era così che Emily chiamava Halloween, la notte delle streghe o qualunque fosse il suo nome in origine.

– Ordinaria amministrazione. Accompagnerò il figlio del vicino a fare 'dolcetto o scherzetto' e rincaserò per le dieci. – rispose Abigal guardando le nuvolette di vapore che uscivano dalla sua bocca ogni volta che espirava aria calda.

– Perché non ti unisci a noi? Abbiamo intenzione di seguire la fantasmagorica maratona dell'orrore del Dottor Kreek sul canale 111! – lo disse con un tono elettrizzato. – Grazie, ma ho paura che non riuscirò ad esserci prima delle dieci.

– Tranquilla, ti possiamo aspettare.

– Grazie, allora ci sarò.

Emily salutò Abigail con un cenno, prima di sgusciare sul marciapiede dal lato opposto della strada. Abitava vicino alla scuola in un complesso di villette a schiera. Doveva essere davvero un bel quartiere – così aveva pensato Abigail, quando un giorno le aveva descritto la sua abitazione.

Si erano conosciute all'inizio dell'anno, ed erano diventante subito buone amiche. Anche se la loro amicizia era ancora fresca di vernice, tutto sommato Abigail era convinta che sarebbe divenuta presto quell'amica delle superiori con cui ne avrebbe passate tante, nella buona e nella cattiva sorte. L'anno non era iniziato affatto male, anche se quello che le stava capitando ultimamente le stava rubando i momenti migliori della sua adolescenza. Oltre a doversi preoccupare del compito di matematica del prossimo martedì, aveva costantemente alle costole quel raccapricciante uomo-ombra. E difatti eccolo lì.

Se ne stava accanto alla rastrelliera della biciclette. Questa volta aveva qualcosa di diverso.

In mano reggeva una bambola che pareva un pupazzo da ventriloquo. Abigail indugiò in mezzo al marciapiede, osservando la scena con una certa curiosità mista a sgomento. L'uomo-ombra fece muovere la bambola manovrandola con dei fili dorati e questa, con uno scatto improvviso che la fece quasi sobbalzare dallo spavento, aprì la bocca e ne uscì un piccolo pezzo di carta arrotolato e stretto da un nastro nero. La bambola sollevò il braccio e con le sue lunghe dita minute e affusolate, con degli scatti, estrasse dalla sua bocca il biglietto. Saltò giù dalle braccia dell'uomo e con passi leggeri e aggraziati da ballerina, facendo ondeggiare la stoffa leggera della sua gonna a ombrellino di quel suo vestito riccamente adornato di perline in tinta cremisi, si avvicinò fino a pochi passi da lei, per depositare a terra il rotolo e tornarsene così come era venuta dal suo padrone.

Abigail rimase scioccata dalla scena e da quella raccapricciante bambola che si era mossa da sola. Quando aveva alzato lo sguardo non vi era traccia né nell'uno né dell'altro, ma a testimoniare che quella scena non era stata frutto della sua fantasia era rimasto quello che doveva essere palesemente un messaggio per lei.

Si soffermò a osservare quel piccolo rotolo di carta avvolto da quel grazioso nastro nero, e tentennò non sapendo se raccoglierlo o lasciarlo lì. Magari poteva esserci una maledizione e se lo avesse toccato ne sarebbe rimasta colpita, e anche se era un po' cresciuta per credere nella magia, il suo codice era ancora fedele a quanto ricordava dai libri di Harry Potter. Così, assicurandosi che nessuno la guardasse, si accovacciò e aprendo la sua tracolla spinse con il suo diario il messaggio dentro la borsa, per poi richiuderla rapidamente e avviarsi verso casa.

●○●○●○  

Passarono ore prima che Abigail si decidesse ad aprire quel messaggio. Si era ripetuta diverse volte di non avere fretta, di aspettare con calma il mattino dopo. Era più prudente aprirlo alla luce del sole, quando i suoi genitori sarebbero stati in casa, ma la curiosità aveva iniziato a sopraffare il buon senso e a torturarla continuamente. Nella sua mente si continuava a ripetere la scena che aveva visto appena uscita da scuola. In parte ne era rimasta affascinata e dall'altra era rimasta sconvolta da quella bambola-ballerina che si muoveva da sola e dal suo Burattinaio.

– Burattinaio... –   si ripeté con fare pensoso quella parola. 

Suonava così bene accostata a quell'uomo-ombra che l'aveva pedinata in quegli ultimi giorni. Qualcosa di lontano, forse un ricordo o una pallida sensazione, riaffiorò dai profondi recessi della sua mente. Qualcosa aveva risvegliato in lei quella curiosità innocente e infantile che hanno i bambini. Quella brama di sapere che strugge l'animo e porta a commettere scelte avventate. Non poteva più resistere alla tentazione.

Aprì con cautela la borsa e afferrando il messaggio con un paio di pinzette per le sopracciglia lo posò sulla scrivania. Poi, srotolò il nastro nero che avvolgeva il messaggio con la massima prudenza e adottando tutti gli accorgimenti possibili per non sfiorare nulla.

Quando spiegò la carta ecco che iniziarono a intravedersi le prima lettere.

Il messaggio conteneva solo poche righe...


Céline 

31/10/88


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