Tre tizi loschi e una bella ragazza in un vicolo
GIURO CHE NON È UN HENTAI
continuiamo che è meglio
"La vita che vorrei è quella che sto già vivendo.
E non voglio morire mai."
Così ho chiuso il capitolo precendente.
Ho pensato quella frase, degna di qualche filosofo sapiente, appena uscita da scuola, mentre mi avviavo alla fermata del bus.
La mia vita avrebbe avuto una svolta a dir poco radicale da lì a cinque minuti.
Appena svoltato l'angolo tre tizi vestiti di nero, grossi e muscolosi, mi si sono quasi gettati addosso. Uno mi ha tappato la bocca, il secondo mi ha bloccato le gambe e l'ultimo mi ha preso le mani.
Sono stata legata e imbavagliata in meno di dieci secondi e sbattuta dentro un furgoncino grigio.
Uno dei tre è salito dietro con me, gli altri due sono montati davanti e hanno dato gas.
Ricordo di non aver provato paura... ma più confusione... O smarrimento.
Il panico è venuto quando mi sono resa conto di esser stata rapita, quando lo stupore è svanito.
Ho iniziato a dimenarmi terrorizzata, cercando di urlare nonostante lo scotch sulla bocca.
Ho sbarrato gli occhi dalla paura quando quello dietro con me ha mostrato il karambit knife che teneva in cintura e ha intimato "Zitta." con una voce talmente roca e grave che mi sembrava quella del classico criminale incallito, ma se ci ripenso bene non era una voce molto... umana.
Nemmeno se qualcuno avesse fumato un milione di sigarette avrebbe potuto avere una voce così, sarebbe morto prima.
Lì sul momento avevo altre priorità, come liberarmi e fuggire senza farmi uccidere.
Diedi qualche strattone alle corde ma niente, erano legate bene.
Il tizio si accorse comunque dei miei tentativi e mi mise il coltello alla gola.
"Ferma o ti apro un secondo sorriso, troietta."
La mia paura era al colmo, ma stando ferma e zitta sembrò che il tipo si quietasse.
Iniziai a piangere in silenzio.
Dopo circa un quarto d'ora di viaggio, mentre mi domandavo, tra una lacrima e l'altra, perché mi avessero rapito o se avrei mai più rivisto la mia famiglia, gli amici e il mio gatto, il furgoncino tirò una brusca inchiodata che mi fece rotolare per tutta la superficie.
I tizi davanti scesero e aprirono il portellone dietro.
Quello col karambit mi sussurrò
"Adesso noi ti leviamo lo scotch. Se urli, sei morta." e prese il coltello tirando fuori la lama, come a dimostrare che non mi stava prendendo in giro.
Quando mi liberarono la bocca riuscii a dominarmi e a resistere alla tentazione di urlare.
"Chi siete? Perché mi avete rapito?!"
Il primo prese l'iniziativa e con una voce roca quanto quella del tizio armato, chiarì subito la situazione.
"Le domande le facciamo NOI, signorinella. E non fare la finta tonta, sappiamo che ce l'hai tu."
Rimasi un attimo interdetta.
"Cos'avrei io?"
Quello col coltello reagì male, puntandomelo alla gola "Non servirà mentire, stronzetta! Parla o-"
"Aspetta prima di ucciderla, maledetto te! Guarda, la stavi già per sgozzare!" lo interruppe il primo e aveva ragione: una sottile linea di sangue sgorgava da dove quello armato aveva appoggiato il coltello.
"Cretino! Dammi qua!" continuò quello, e requisì la lama.
L'altro, controvoglia, si sottomise alla decisione di quello che sembrava essere il capo del trio.
"Quanto a te" riprese "Farai meglio a parlare, oppure gli restituisco il suo knife e lo lascio sfogare sulla tua faccia."
Deglutii a vuoto.
"Cosa... cosa volete sapere...?" chiesi con un filo di voce.
"Lo sai, cocca. Vogliamo sapere dov'è."
"Dov'è cosa?"
"LA PERLA DELL'OLIMPO, SANTO IDDIO!" sbraitò il capo "E ORA CI DIRAI DOVE LA TIENI, OPPURE FARAI MEGLIO A RACCOMANDARTI A QUALUNQUE DIO TU CREDA PERCHÉ-"
Non finì la frase.
Un cerchio di un bagliore d'un azzurro accecante, apparso in fondo alla strada, lo interruppe.
Il terzo si allarmò "È lui?"
In risposta, dal portale uscì una macchina nera, simile ad una Plymouth degli anni 60/70.
Appena la macchina attraversò il cerchio, quello si richiuse, ma la pseudo-Plymouth non fermò la sua corsa, puntando dritto contro di noi.
"È LUI!" saltò in piedi il terzo.
"Sta calmo" ordinò il capo "Noi abbiamo un ostaggio."
Capii immediatamente: l'ostaggio di cui parlava ero io.
Fortunatamente, il guidatore si accorse di me e frenò bruscamente, piazzando l'auto di traverso nella via, chiudendo al furgone l'unica sua via di fuga. Eravamo in un vicolo cieco.
Dall'auto scese un uomo nero. E non intendo vestito di nero tipo Man In Black oppure un tizio di colore. Intendo proprio nero. La pelle era nera come l'inchiostro, nera come il carbone. Il nero più nero che riuscite ad immaginare. Una tonalità di pelle del genere non è umana, neanche lontanamente.
Avvolto da un giacchetta nera lasciata svolazzare aperta sul petto tonico e da un paio di pantaloni scuri, diresse le sue (più o meno) eleganti scarpe bianche verso di noi, girandosi. Era nero anche in viso, con i capelli grigio chiaro e occhiali da sole dalla montatura scura piuttosto swag.
Sembrava un po' un cugino di Happy Chaos.
'O è un cosplayer piuttosto bravo di qualcuno che non conosco o questo tizio non è umano' riuscii a pensare.
In vita portava un cinturone con una pistola che pendeva dal fianco destro.
Su quello sinistro era agganciato
un distintivo da poliziotto.
"Beccati, cari miei" esordì, levandosi gli occhiali da sole e scoprendo fiammeggianti occhi giallo-arancio.
Osservandolo meglio riuscii a vedere alcune... crepe?... sulle guance e sotto gli occhi, come cicatrici. Quella sull'occhio destro partiva dalla fronte e andava giù, in verticale. Anche queste increspature erano giallo-arancio, e sembravano vive, parevano quasi pulsare.
Aveva una roba del genere anche sul lato destro del collo, che andava fino a metà pettorale.
Ammetto che se fossi stata etero l'avrei trovato piuttosto attraente.
"Vaffanculo" rispose il capo dei miei rapitori. Per un attimo avevo dimenticato di essere in pericolo.
L'espressione del poliziotto si increspò "Lasciate andare la ragazza. Non c'entra niente."
"Non c'entra niente" scimmiottò il capo con una vocina acuta, resa grottesca dalla sua naturale (almeno credo) voce roca "UN BEL PAIO DI CAZZI NELLA TUA GOLA. È LEI CHE HA LA PERLA DELL'OLIMPO."
L'altro inclinò la testa, poggiando la mano destra sul rispettivo fianco.
"È vero?" chiese.
Capii che stava chiedendo a me.
"N-no! Non so di cosa stiate parlando!" quasi urlai, con la voce stridula.
"Brutta stronza, sappiamo che ce l'hai tu!" il terzo mi mise le mani sul collo e, scuotendo, iniziò a stringere.
"HEY!" il poliziotto, come un fulmine, estrasse la pistola all'istante, puntandola alla testa del mio aggressore "LASCIALA SUBITO!"
Quello allentò la presa, ma sfidò il suo avversario "Altrimenti? Che fai?"
N-non ho ben capito cos'è successo poi.
Ricordo solo un improvviso rumore assordante e il mio urlo terrorizzato quando mi sono trovata addosso quello che mi stringeva il collo (che aveva lasciato la presa), ma con un buco in fronte che pompava sangue sempre più lentamente.
E se già questo dovrebbe essere un trauma, aspettate un secondo: il sangue era azzurro.
E gorgogliando il morto si trasformò lentamente: il viso diventò piatto, completamente di un colorito bianco, piuttosto malato, e gli occhi si sciolsero andandosi a ricostituire sulle guance, gocciolando. Il naso si incassò nel centro del volto e la bocca risalì fino alla fronte. Le orecchie scesero di qualche centimetro e si allungarono.
In più, la lingua (verdognola) uscì dalle labbra scure e fece gocciolare la sua saliva sulla mia faccia.
QUESTO è un trauma, altroché.
Gridai, ma nessuno mi prestò attenzione.
Il capo stava scuotendo il cadavere urlando "Noooooo! Jiiigg! Jiiiiiiiigg! Fratello rispondimi! Rispondimiii!"
Poi, con le lacrime agli occhi, ordinò "Massacralo, Ogre."
Spero vivamente che sia un soprannome.
Aspetta, il capo ha detto che QUEL MOSTRO ERA SUO FRATELLO?!
Il secondo dei miei rapitori, che era sempre stato zitto e a cuccia, si levò la giacca di dosso, scoprendo un torace simile a quello di Goldberg in Death Race 2.
Basso e tozzo, l'uomo ruggì in modo animalesco, scoprendo la bocca costellata di zanne, roteando gli occhi sanguigni e agitando le dita. Intuii che una presa mi avrebbe potuto spezzare in due la spina dorsale.
Il poliziotto, che era stato fermo con la pistola puntata sull'essere ringhiante, fece la cosa più stupida che poteva fare.
Rinfoderò la pistola dicendo solo "Ok."
Sentii le braccia che mi cadevano. STA FACENDO UN COSPLAY DI SAITAMA FATTO MALE O È SOLO SCEMO?!
"Ma" aggiunse subito "Non duellerò da solo contro voi due."
Fischiò e l'auto si accese.
"Pronta, Sally?"
Quella avanzò, mettendosi a fianco del suo guidatore.
Quindi questo tizio ha un'auto posseduta di nome Sally?
La mia domanda mentale cadde nel vuoto: Ogre si scagliò ruggendo contro l'agente, che con un passettino a sinistra uscì dalla traiettoria del pugno, poi usò il lato esterno del palmo destro per deviare l'attacco e infine una possente ginocchiata al diaframma spensero l'entusiasmo dell'altro, ma solo temporaneamente.
Ogre alzò la testa ringhiando solo per beccarsi il tacco delle scarpe del poliziotto nei denti, che nel frattempo si era rimesso gli occhiali da sole e fischiettava allegramente, in pieno stile "Un normale lunedì per un poliziotto figo come me".
L'orco (ci assomigliava veramente tanto) reagì immediatamente sputando sangue (rosso, almeno lui). Il successivo pugno sfiorò la guancia sinistra dell'avversario, ma solo perché questo l'aveva schivato in tempo, o l'avrebbe preso in pieno naso.
Ogre scaricò due pugni bassi.
Il poliziotto, che nell'evitare il primo attacco aveva un po' flesso le ginocchia, deviò il primo dei due colpi successivi, sferrando contemporaneamente un calcio sull'interno del ginocchio di Ogre più vicino, e bloccò il pugno destro con una presa, per poi spazzare con la gamba contraria ed elargire una una spallata sul fianco del nemico, scagliandolo contro il muro.
Il poliziotto, con una mezza giravolta, arretrò e distese il volto in un largo sorriso.
"Tutto qua?" provocò.
Ogre, che non aveva voglia di fare la bella statuina, si staccò dal muro (dove aveva lasciato l'impronta della sua brutta faccia) ringhiando basso, e voltando la testa verso di noi quando il suo boss lo chiamò.
"Prendi!" aggiunse, passandogli al volo il karambit knife di quello che doveva chiamarsi Jigg.
Ogre fece scattare la lama fuori e partì alla carica. Sembrava di vedere il toro da una tonnellata caricare Ambush in Real Steel.
Solo che "Ambush" compì un salto e una capriola in avanti in volo, per distendere le gambe in un dropkick a mezz'aria, colpo che andò a segno, ricacciando il "toro" da dov'era venuto.
Rialzatosi in fretta da terra, una rapidissima gomitata sul mento stese di nuovo Ogre.
Il poliziotto fece un passo indietro, lasciandogli lo spazio per rimettersi in piedi. Ogre, il volto una maschera di sangue rosso ma leggermente azzurro, scattò, col karambit stretto nella mano sinistra, ma l'agente lo bloccò con un colpo al polso, gli schiacciò il piede bloccandolo, girandogli il braccio con la mano destra gli strappò un gemito e il coltello dal pugno, un rapido passaggio di mano e infine diede un colpo secco e fluido con la mano sinistra armata, dal basso verso l'alto.
Uno schizzo furioso di sangue azzurro partì a razzo in tutte le direzioni, mentre Ogre si stringeva il polso tranciato a metà.
L'avversario non perse tempo: usò la schiena del ferito come capriola, e gli elargì un calcio in culo che lo sbilanciò in avanti.
Al celere fischio del suo guidatore, Sally aprì il cofano e frenò la corsa di Ogre, che sbatté le ginocchia sul parafango e crollò in avanti verso terra, finendo con la testa dritta sulla linea di chiusura del cofano, che non tardò a calare come la scure di un boia.
Il corpo decapitato di Ogre si accasciò senza vita, tra flutti di sangue azzurro, mentre Sally riapriva il cofano e sputava fuori la testa.
Sia capo che corpo si trasformarono lentamente, subendo le stesse metaformosi del "povero" Jigg.
Il capo, spaesato, incapace di realizzare che la sua banda fosse stata appena massacrata da un Apollo di Percy Jackson versione poliziotto cane sciolto, mormorò qualcosa, poi tentò la fuga. Prima ancora che riuscisse a scavalcare il muro dietro di noi, l'agente lo raggiunse usando il cofano della sua auto (facendolo scattare come un trampolino) e piombandogli addosso.
In quattro e quattr'otto venne ammanettato al volante del suo furgone.
A meno che non facesse come Jackie Chan nel primo Rush Hour, era finita.
Il poliziotto mi liberò presto dal peso del cadavere che ancora mi stava addosso, dalle corde e dal bavaglio.
Mi fiondai sul suo petto singhiozzando, desiderosa di un riparo sicuro e sconvolta da ogni aspetto di tutto questo: l'ironia graffiante, la decapitazione, i coltelli, la paura, i cadaveri, l'auto posseduta... Poi chiusi gli occhi e persi i sensi.
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