Occulta (parte seconda)
Mentre il folletto girava tra i ragazzi chiedendo con voce acuta e nasale "nome e cognome", i quattro continuarono a parlare (non prima che Silvia si fosse allontanata da Matteo il più possibile) della scuola, dei dormitori e tanto altro ancora.
- Di cosa è fatta la tua bacchetta?- chiese Azzurra a Matteo.
- Olmo, ventisei centimetri, scaglia di drago- proclamò orgoglioso, mostrando una bacchetta leggermente ricurva.
- E la tua invece?- chiese Azzurra rivolta a Silvia.
- Quindici centimetri, corda di cuore di drago, sequoia. - disse Silvia mostrandoci una bacchetta dritta come un fuso, che emise delle scintille rossastre non appena la sua poprietaria la agitò.
- Io invece ciliegio, tredici centimetri, crine di unicorno- disse Azzurra, e gonfiando il petto disse:- Andresini dice che l' unicorno era appena giovane quando gli strappò il crine dalla coda. -
Mancava solo Lorenzo. Tra tutte le bacchette la sua era la più lunga e la più misteriosa.
La sua anima di Dissennatore (e la sua storia) risvegliò la parte 'Sherlockholmica' di Matteo, che si mise a rimuginare e a fantasticare su quali incredibili poteri essa potesse dimostrare, dal risvegliare i morti dalla tomba ("Matteo, lo sai che non esiste nessun incantesimo del genere") all' uccidere solamente agitandola.
- In tal caso, tutti ti temeranno, e allora noi saremo la Mano Nera, o qualcosa del genere...- ridacchiò Silvia, decisa a tutti i costi a tenere lontano la mente di tutti da quello che era accaduto pochi minuti prima.
Ovviamente un commento del genere liberò la (presunta) simpatia di Lorenzo, che la guardò malizioso e disse, in un sussurro udibilissimo:
- A proposito di mani...-
Ma, molto evidentemente, Lorenzo aveva ancora molte cose a da imparare sul comportamento da adottare quando Silvia era in giro, e non a caso in tre secondi si ritrovò piegato in due con una fitta MOLTO dolorosa allo stomaco, gemendo.
Riferimenti a fatti e persone puramente casuali (e invece no :D)
- Questa te la sei cercata - osservò Azzurra tendendogli la mano.
- Stai bene?- chiese Marchi
- No, grazie - sbuffò Lorenzo, ancora dolorante.
- SU, FORZA! - esclamò il folletto, facendoli sobbalzare - Dobbiamo arrivare ad Occulta prima delle nove! -
Infatti Lorenzo non si era accorto, tra barchette volanti e frecciatine riguardanti le mani, che erano già le sette e mezza, e si sorprese di quanto potesse essere sfuggevole il tempo.
- Bene, ora mettetevi in fila dietro di me. - disse il folletto non appena ebbe ottenuto l' attenzione di tutti.
I quattro si misero subito dietro l' esserino basso e rugoso.
L' esserino in questione si portò due dita alla bocca ed emise un fischio lungo ed assordante, che fece gemere alcuni tra i tanti in fila dietro il folletto.
Per un po' non accadde niente, e molti stavano cominciando ad innervosirsi.
Poi, d'un tratto, cento e più puntini neri, bianchi e grigi solcarono il cielo, puntini che si ingrandirono, e uno gridò:
- Sono aquile!-
- Ma no!- gridò Matteo - sono Ippogrifi!-
E infatti, pochi secondi dopo molti Ippogrifi erano atterrati lì vicino, maestosi ed inquietanti.
Il folletto intimò:
- Adesso dovete fare un passo avanti e, sempre mantenendo un contratto visivo, inchinarvi. Se l'Ippogrifo ricambia, potete salire sul suo dorso. Vi porterà ad Occulta. Chiaro?-
Lorenzo stava per rispondere che no, non aveva capito, e se per piacere poteva rispiegarglierlo;
ma non ne ebbe il tempo, perchè molti si erano avvicinati, e uno era già montato in groppa di un Ippogrifo nero come la pece, che si alzò subito in volo verso la direzione da cui era venuto assieme ai suoi confratelli.
Silvia e Matteo avevano già trovato due Ippogrifi, e si stavano inchinando.
- Be', non resta che trovarne uno anche noi - osservò Azzurra, che si avvicinò ad un magnifico pennuto a forma di cavallo e lo guardò dritto negli occhi, inchinandosi.
L' Ippogrifo era però contrario, perchè scosse la testa innervosito ed emise un lamento basso di disapprovazione.
Azzurra si ritrasse spaventata, e ne cercò un
altro.
Lorenzo decise che restare lì impalato era ridicolo, e provò a farsi amico lo stesso che aveva rifiutato la ragazza dagli occhi verdi, che si era messo sdraiato e osservava il movimento frenetico dei ragazzi con aria annoiata.
Lo guardò negli occhi e, lentamente si inchinò.
Per qualche secondo sembrò che l'Ippogrifo ci stesse pensando su, anzi sembrava quasi sorpreso. Poi si sollevò, maestoso, e si inchinò profondamente.
Sbalordito, Lorenzo si avvicinò all'animale, e quello si piegò docilmente, permettendogli di salirgli in groppa. Non appena si fu sistemato sul dorso dell' Ippogrifo, successe la cosa più bella, emozionante, strabiliante che gli fosse mai accaduta in undici anni: volò.
Non appena l'Ippogrifo fu certo che la persona seduta su di lui non potesse cadere, spalancò le enormi ali e si alzò in volo.
Anni dopo, Lorenzo ammise che mai nulla fu più emozionante di volare, e ancora oggi, pur essendo nei guai fino al collo, ogni tanto si concede qualche minuto di volteggio in aria.
L'Ippogrifo è un amante della velocità, lo è sempre stato e sempre lo sarà, e infatti cominciò a battere le ali così forte da trovarsi a volare controvento.
Lorenzo sentiva l'adrenalina scorrergli nel sangue, il cuore un tutt'uno con il battito delle ali dell' Ippogrifo, col vento nei capelli, aggrappato forte alle sue piume, volavano ad altezze e velocità inaudite, ma a nessuno dei due importava, a loro importava solo andare, e andavano, incuranti di tutto e di tutti. Mai era stato così eccitato, ed urlò di gioia quando l'animale accellerò, facendo capriole e giravolte in aria.
Ma ci fu qualcosa di più spettacolare di fronte al quale il cuore di Lorenzo divenne una batteria: Occulta. Era un enorme castello fluttuante contornato da una bolla protettrice azzurra,e con un secolare albero di sambuco, piazzato in mezzo allo splendido giardino.
Avvicinandosi di più vide un fiume luccicante ornato da tantissimi fiori di svariati colori.
L'Ippogrifo si abbassò ed entrò in un piccolo squarcio nella bolla. Non appena fu dentro, Lorenzo vide avvicinarsi un uomo dai lineamenti orientali, che lo fece smontare. Indossava una casacca rossa, con maniche molto ampie e contornate da rune dorate, che evidentemente erano protettive.
- Aspetta vicino agli altri- gli disse l'uomo senza guardarlo, indicando il gruppetto di ragazzi e ragazze radunati in disparte, impegnati in chiacchiere concitate ed entusiaste: evidentemente nessuno di loro aveva mai volato, come d'altronde anche Lorenzo.
Solo uno era perfettamente a suo agio. Era un ragazzo basso, con capelli corvini e gli occhi infossati in due profonde occhiaie. Era avvolto in uno spesso mantello nero, che lo faceva sembrare un grosso corvo.
Lo riconobbe subito: era il ragazzo che aveva montato l'Ippogrifo nero. Gli fece pena. Più che altro perchè era solo, ma sembrava che ci stesse bene nella solitudine. Come se ci fosse abituato.
Decise di avvicinarsi. Non vedeva nè Azzurra, nè Silvia, nè Matteo, quindi non avrebbe dovuto spiegare loro nulla.
Non appena gli fu davanti, Lorenzo lo salutò:
- Ciao!-
Lui lo squadrò, diffidente.
- Ciao- mugugnó.
- C... come ti chiami?- gli chiese Lorenzo, giá pentendosi di averli avvicinato.
- Ti interessa?- ribattè scocciato
- Sì. - rispose secco Lorenzo. Quel ragazzo cominciava a irritarlo.
- Giulio. Saccenti Giulio. - rispose irritato - e ora se non ti dispiace sei invitato a toglierti dai piedi. -
Se c'era una cosa che Lorenzo non tollerava, era che un ragazzino qualunque gli desse ordini com quel tono. E difatti rispose:
- Io sono Lorenzo-
- Tanto piacere. Ora levati, che ti faccio a fettine. -
- Madonna che paura. Non potresti nemmeno se volessi, Corvo, in quanto ancora non ti hanno insegnato a usare quel bastoncino striminzito che chiami bacchetta. - fu il commento irritato del ragazzo.
- Mi spieghi cosa vuoi?-
- Volevo solo fare amicizia, ma si vede che non conosci nemmeno la gentilezza. - fu la secca risposta.
- Lorenzo!- esclamò una voce alle sue spalle.
Matteo era appena giunto alle sue spalle, seguito a ruota da Azzurra e Silvia.
- Oh, ma tu guarda quanto è piccolo il mondo, Ettore. -
- Non chiamarmi così, Cornacchia!-
- Solo se la smetti di esistere, pezzo di Troll andato a ma...-
Ma Giulio non riuscì a finire la frase, in quanto era stato raggiunto da un calcio dove non batte il sole.
Sfido chiunque a dubitare anche solo per un attimo l'identità dell'individuo che ha sferrato il calcio.
Pur essendo caduto a terra, Giulio riuscì a rialzarsi e a dire:
- Oh, vedo che i traditori del proprio sangue non sono mai soli, Gozzoli. E ovviamente c'è anche la sporca Mezzosangue. - disse guardando Azzurra, che strinse le labbra.
- Vuoi il bis, Testavuota?- chiese Silvia furente - oppure preferisci essere spedito fuori da questa scuola a calci nel...-
- Ragazzi!- disse una voce alle loro spalle. Si voltarono: era l'uomo orientale, che era accorso per separarli.
- Cosa vuoi, Cina?- lo sfidò Giulio.
Trattenero tutti il fiato. Era una sfida diretta ad un mago anziano, che senza dubbio avrebbe potuto realizzare i propositi di Silvia semplicemente sollevando un sopracciglio.
- Porta rispetto, ragazzo. Solo qualche anno fa ho combattuto contro quattro giganti tutti insieme con il solo aiuto di una bacchetta di prugnolo che non era neanche mia, e il prugnolo è un legno che non si lascia domare facilmente se non sei il suo proprietario. Comunque, adesso seguitemi: vi porto nel castello. -
E con passo deciso, si avviò verso l'enorme costruzione di pietra, subito seguito dalla mandria di ragazzi dietro di lui.
Girarono attorno al giardino, e subito Lorenzo, Matteo, Azzurra e (insospettabilmente) Silvia si dimenticarono facilmente della piccola lite appena avvenuta, strabiliati dalla magnificenza del giardino; era curato in ogni minimo dettaglio, ogni piccolo filo d'erba era a suo posto, e i fiori sembravano essere posti secondo un canone di colore sconosciuti, ma di certo efficace. Niente a che vedere con il giardino del nonno di Lorenzo: tutto disordinato, con l'erba alta fino al ginocchio, con i fiori appassiti.
Il fiumiciattolo non aveva una fonte: si avvolgeva attorno al castello, e l'acqua era argentata.
Dentro ci sguazzavano delle fate luccicanti, che ridevano scioccamente quando qualcuno faceva loro un complimento.
Distratti dalle meraviglie del Giardino del Castello, non si resero conto di essere arrivati davanti ad un portone gigantesco, fatto di legno e metallo, davanti al quale c'era una donna bassa e tozza, con un vecchio cappello da strega rattoppato.
Adesso io PRETENDO il rullo di tamburo. ADESSO.
Ecco. Ora va meglio.
- Buona sera, professoressa Magnolfi. - disse l'uomo orientale sfoggiando un gran sorriso.
La vecchia professoressa sorrise di rimando.
- Buonasera, professor Shoigemoru. Suppongo che questi siano i pargoli da accompagnare a scuola. -
- Brillante intuizione, devo dire. -
Poi si voltò verso i pargoli in questione, e disse:
- Ragazzi, seguite la professoressa Magnolfi. -
E detto questo, girò i tacchi e se ne andò, con la treccia bianca che gli saltellava dietro le spalle.
La vecchia signora voltò la schiena e si avviò verso l'interno del castello, subito seguita dai ragazzi.
Camminarono per un lungo corridoio, alla fine del quale c'era un altro portone, alto almeno tre metri, ma a differenza del portone d'ingresso, questo era fatto quasi unicamente d'oro.
La bassa professoressa, tirata fuori una bacchetta corta e grossa, la puntò contro il portone e disse:
- Alohomora-
Dalle due splendide porte si udì un movimento di ingranaggi, poi la porta si aprì, rivelando una grande sala rotonda, dove erano disposti vari tavoli da dieci posti ciascuno.
Non appena ebbero messo piede dentro la grande sala, un uomo alto e magro si alzò ed indicò loro un tavolo più grosso degli altri, che fu subito occupato dai neo-studenti, mentre la Magnolfi si sedeva vicino al preside.
- Quanto ci scommetti che saranno trovati a cercare di avere un figlio entro la fine dell'anno?- chiese Matteo a Lorenzo in un sussurro udibilissimo.
- Oh, chetati! Pervertito!- gli disse Silvia.
- Osservatore dei fatti, prego - ribattè Matteo sorridendo malizioso.
Silvia stava per dire qualcosa, ma fu interrotta dall'uomo, che si era alzato, e che ora chiedeva silenzio.
- Un saluto speciale a coloro che sono arrivati ora e a coloro che invece sono qui da tempo. Per i primi: io sono il Professor Ernesto Giari, nonchè preside di questa scuola. Spero che il viaggio sia andato bene, perché domani inizieranno le lezioni.
Ma prima... la Cerimonia del Posizionamento! Professor Shoicemoru... a lei gli onori, come al solito! - concluse il preside.
Shoicemoru ringraziò con un sorriso gentile e si alzò, andando davanti alla tavola. Dalle ampie maniche tirò fuori un libro nero, rosso, verde e bianco insieme, con sopra il simbolo di Occulta: una grande 'O' attraversata da un nastro che recitava 'Unicorno', 'Drago', 'Fenice' e 'Thestral', i nomi delle quattro case.
- Adesso chiamerò i vostri nomi e voi dovrete scriverli sul libro. Esso vi Posizionerà, e voi vi appunterete sul petto queste spille - disse Shoicemoru mostrando delle spille: alcune erano nere, altre bianche, talune verdi e talaltre rosse. Vicino ad esse c'era un calamaio e una penna.
- Cominciamo. - disse.
- Asburghi, Arianna! (Arylovebooks)
Una ragazzina mora e alta si avvicinò timidamente all'enorme libro, intinse la penna nel calamaio e scrisse il suo nome, per poi aspettare che accadesse qualcosa.
Per un po', questo qualcosa non accadde. Era tutto perfettamente immobile. Non erano neanche tre secondi, ma alla ragazza sembrarono ore.
Improvvisamente, dal libro fuoriuscì un enorme drago, un Nero delle Ebridi, che si sollevò in alto e fece sfuggire un grido di terrore alla ragazza e a tutti quelli del primo anno, mentre quelli del settimo sghignazzarono tra loro.
L'unica cosa che fece piacere a Lorenzo fu che il Corvo aveva urlato come una checca isterica.
Poi, l'enorme apparizione svanì con uno sbuffo e una nuvoletta di fumo.
Poi, il professor Shoicemoru sorrise alla ragazze e le diede una spilla verde.
Dopo il terrore della prima apparizione, nessuno si spaventò (tranne qualche rara eccezione), e dal libro uscirono fuori Thestral, Fenici, Unicorni e altri Draghi.
Quando il Posizionamento di uno finiva, egli sedeva eccitato al suo posto, mentre un altro si apprestava già a scrivere il proprio nome.
- Brunetti, Lorenzo - chiamò Shoicemoru.
L'interpellato sussultò: sussultò. Si era dimenticato che anche lui sarebbe dovuto essere Posizionato. Cercò con lo sguardo sua sorella, Elisa, che gli rivolse un sorriso d'incoraggiamento.
- Muoviti- gli disse Matteo tra i denti.
Lorenzo si alzò, e si avviò verso un sorridente Shoicemoru, che gli porse il calamaio e la penna. Con dita tremanti, Lorenzo scrisse il proprio nome...
Dal libro non uscì un animale, bensì due.
Un Thestral ed una Fenice. Se fosse volata una mosca, lo sbattere delle sue ali sarebbe rimbombato nell'enorme sala, tale era il silenzio.
I due animali si squadrarono per una manciata di secondi, poi iniziarono a lottare.
La fenice attaccava con becco, artigli, e il Thestral rispondeva con calci e morsi.
Alla fine, il Thestral inchiodò la Fenice al suolo e la imprigionò con le zampe, squarciandole il petto con un morso. La Fenice svanì in una nuvoletta di fumo.
Il Thestral guardò Lorenzo con rispetto, poi s'inchinò, e scomparve in una nuvola di fumo.
- Thestral! - dichiarò Shoicemoru, dandogli una spilla nera contraddistinta da una T.
Quando, completamente frastornato, tornò al suo posto, ovviamente Matteo e Silvia li riempirono di domande:
-Per gli innominabili mutandoni personalizzati con un ritrato di Nagini di Voldemort!- esclamò Matteo, mentre un Petardo Cinese svolazzava sopra le loro teste. - che enorme figata!-
DEO GRATIAS
Finalmente, dopo secoli, anni, MILLENNI, maledizioni cruciatus lanciati da una certa mezzosangue (che ora si alzerà in piedi proclamando: - SPORCA MEZZOSANGUE E FIERA DI ESSERLO!-) ho aggiornato.
INOLTRE
Una tizia pazza sclerata con una sanità mentale molto sexy mi ha detto che il suo libro superfantasicoso asdfghjkl è letta anche da gente americana!
HEY TRUMPY(?) DO YOU SHIP LUKANNA?
Eee nulla, bella ragazzi *pigia il tasto di un telecomando* *si accorge che è il telecomando per la distruzione della Terra*
FUCK
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