Capitolo 57: In classifica

Entrai nel ristorante leggermente a disagio. Non mi ero cambiata abbigliamento, dal lavoro avevo deciso di raggiungere direttamente Ryan. Ed avevo fatto bene, perché tutte le persone sedute ai tavoli sembravano avere tra la trentina e la quarantina. Le donne vestivano quasi tutte abiti eleganti e tacchi vertiginosi, mentre gli uomini indossavano i loro completi con tanto di cravatta.

– Buonasera – mi salutò una ragazza che non avrà avuto più di cinque anni più di me dai capelli biondi. – Ha prenotato?

– Emh... Sono qua con Ryan-

– Ah, prego prego – mi fermò lei, facendomi segno di passare. – La sta aspettando.

Aggrottai la fronte, confusa. C'era solo lui ad avere quel nome? – Grazie – mi limitai a dire.

Non fu poi così difficile intravedere Ryan, che si trovava seduto ad un tavolo rotondo, vicino all'enorme vetrata che affacciava alla città illuminata. Poteva sembrare quasi romantico, se non avessimo litigato la mattina stessa.

Aveva il viso rivolto verso il cellulare. I capelli biondi erano curati come sempre, il viso contratto dal nervoso. Al contrario mio, non indossava gli stessi abiti da lavoro. Aveva una camicia blu scuro leggermente sbottonata ed un completo grigio. Due ragazze al tavolo accanto al nostro continuavano a lanciargli occhiate lascive, tuttavia Ryan sembrava troppo concentrato sul cellulare per accorgersene.

Come al solito.

Forse era uno dei pochi uomini di bell'aspetto che non era interessato a quell'aspetto che la vita aveva da offrirgli: ragazze che si accorgevano quasi subito della sua presenza, pronte anche solamente a passare una notte insieme a lui.

E lui... lui aveva scelto me.

Non mi sarei mai abituata a tutto questo.

Non che mi reputassi una brutta ragazza. Negli ultimi due mesi avevo ripreso sicuramente peso, dato che dopo quello che era successo mi ero ritrovata ad essere sottopeso. Pertanto, non sembravo più uno spaventapasseri.

Col tempo, avevo capito che con il giusto portamento potevo anche io attirare l'attenzione degli uomini, eppure... Sospirai. Dannazione, volevo l'attenzione solo di uno.

Alzò lo sguardo su di me, appena allontanai la sedia dal tavolo, senza fare troppo rumore. Rivolse lo schermo del cellulare sul tavolo e mi guardò con attenzione. – Sei arrivata prima del previsto – disse semplicemente.

– Non c'era troppo traffico – borbottai. Mi misi seduta e lanciai un'occhiata alle ragazze al tavolo accanto al nostro, le quali ci stavano ancora osservando.

– Bene – disse con voce piatta, seguendo il mio sguardo. Aggrottò per un attimo la fronte, quando le ragazze raddrizzarono la schiena. Per un attimo la gelosia fu come un pugno allo stomaco. – Ho ordinato il tuo vino rosso preferito.

Strinsi le labbra ed annuii. – Grazie.

Sospirò e mi versò il vino. Il suo cellulare vibrò e gli diede un'occhiata veloce.

– C'è qualcosa che non va? – chiesi.

– No, no – replicò. – Ho solo... alcuni problemi con Jonson. Abbiamo idee diverse su un cliente.

– Baker.

Annuì. – Sì.

Non aggiunse altro, pertanto portai il calice alla bocca e cercai di non tracannare il vino. Ryan mi osservò per un attimo. – Che c'è? – chiesi, con il tono un po' troppo scorbutico. – Perché mi hai portato qua?

– Deitra...

Le ragazze al tavolo accanto al nostro ridacchiarono, coprendosi le labbra. Lanciai un'occhiataccia al tavolo. Delle ciocche di capelli mi sfuggirono dall'acconciatura semplice.

– Puoi cercare di avere una conversazione matura? – chiese.

Sgranai gli occhi, arrabbiata. – Ma certo, papino – sussurrai. – Dimmi tutto.

– Stamattina mi sono fatto prendere dalla gelosia – annunciò. – So che la situazione che si è andata a creare con Justin, quella notte, ti ha creato molto disagio. Ci sono poche situazioni che mi portano a chiudere la mente, D, e quella era senz'altro una di quelle.

– L'hai definito ragazzino con il pene sensibile – ringhiai a bassa voce.

Raddrizzò la schiena, sulla difensiva. – Puoi pensare quello che vuoi, Deitra – replicò, la voce distaccata. – Ma prima di togliertelo di dosso ho osservato attentamente la situazione. – Si mise una mano tra i capelli, arrabbiato. – Ho visto tutto. Il modo in cui lo stringevi a te, le tue braccia sulle sue spalle... Il modo che avevi di sorridergli e mormorargli cose...

– Tu non stringevi Katy? – chiesi, quasi con cattiveria. – Non le mormoravi cose?

– Capisco-

– No – ringhiai. – Non capisci. – Rimase in silenzio, fulminandomi con gli occhi. – Per mesi sono dovuta stare zitta e guardarti mentre stavi insieme a Katy. Mesi! E forse sì, forse le mie piccole vendette le ho avute, ma non ho mai fatto scenate. Non ti ho mai cacciato.

Scosse la testa. – La mia situazione con Katy era diversa.

– Perché te la scopavi e basta?

Le ragazze al tavolo accanto si azzittarono, interessate.

Ryan fece per parlare, quando un cameriere ci portò le prime portate. Avevano un aspetto invitante, tuttavia non avevo fame. Ero troppo arrabbiata.

– Sì – replicò. – Non c'è mai stato altro.

– Era sempre con te.

Sospirò. – Che cosa vuoi che ti dica?

Appoggiai la schiena, guardandolo con sufficienza. – Ammettilo. Era sempre con te.

– Ci passavo molto tempo, questo è vero.

– Tutto quel tempo – ringhiai, – sempre e solo per il sesso?

Strinse i denti, arrabbiato. – Sì.

– È tanto tempo – ringhiai.

Posò le posate sul piatto, con eleganza. – Vuoi sentirti dire quante volte al giorno me la facevo? – sputò, arrabbiato.

La gelosia tornò a pompare veleno dentro le mie vene. – Voglio che ti rendi conto della situazione – risposi, furiosa. – Che per una volta in cui mi hai trovato con lui, hai creato tutto quel casino-

– Non era la prima volta – mi fermò, la voce gli tremò per la rabbia. – Possiamo cominciare con te sul divano che ti strozzavi perché Justin era appena entrato a casa di Ben.

Sorrisi con cattiveria. – Eppure là, non ti sei mosso. Non ti sei mosso nemmeno quando Justin è entrato dentro il bagno per farmi-

– So molto bene quello che è successo dentro quel bagno – ringhiò lui, avvicinando il busto al tavolo. – Justin me ne ha parlato, è entrato molto nei dettagli, visto che tra me e te non ci poteva ancora essere-

– Non ti sei mosso – lo interruppi. – Justin, un ragazzo appena conosciuto, è entrato in bagno con me. L'avrai sicuramente sentito. Eppure sei stato fermo, su quel divano, a bere la tua birra.

– L'ho sentito.

– E non hai fatto niente.

– Perché ancora non ti amavo! – esclamò, stringendo la mano in pugno. Le sue orecchie divennero ancora una volta rosse. – Il solo pensiero di lui, che ti faceva esattamente quello che ti avevo fatto io poco prima, mi faceva venire voglia di rimettere. Ma che cosa potevo fare?

– Non mi avresti mai interrotto – ripetei le sue parole di molto tempo prima.

– Anche quando ti ho trovata dentro la macchina, sopra di lui... Più e più volte mi hai messo a dura prova, Deitra – ringhiò, senza smettere di stringere le mani in pugni. – Non te ne ho mai fatto una colpa, perché era giusto che fossi libera di stare con chiunque.

– Ma non quella sera.

Scosse la testa, annaspando leggermente. – Ti avevo detto che ti amavo, tre giorni prima. Che cazzo, D... tre giorni prima ti ero venuto in bocca. E giorni dopo, tu stavi là con lui. Un giorno prima te lo sei fatto.

– Ti devo ricordare quello che hai fatto tu due giorni prima, al campus? – chiesi, la voce affilata come un coltello. Aggrottò la fronte, confuso. – Ti stavi per fare Katy tra i due palazzi del campus!

– Che cosa...? – chiese inizialmente, non ricordandosi. Si portò una mano davanti al viso, frustrato. – Non sapevo fossi là, ovviamente.

– Ma l'hai fatto.

– Avevamo finalmente la possibilità di stare insieme – ringhiò. – Ero arrabbiato e frustrato. Lo vedevo, che mi amavi anche tu. Lo sentivo, l'ho sempre sentito. Eppure, continuavi a spingermi via, per quello che avevo fatto con Daniel e Louisa.

– Quindi perché non farsi nuovamente Katy? – lo presi in giro io, con voce tagliente.

– Ci siamo solo baciati – ringhiò. – Ho smesso di portarmela a letto molto prima. Se vuoi i dettagli, ho smesso di farci sesso dopo che ti sei presentata a casa mia, per dirmi che ti avevo rovinato la vita.

Esattamente quando io avevo iniziato a fare sesso con Justin.

– Non voglio mai più sentirti dire cose del genere su Justin e su quello che c'è stato tra me e lui – annunciai. – Mai più, Ryan. Ed io farò lo stesso con Katy.

Ricominciò a mangiare, senza aggiungere altro, facendomi capire che non poteva prometterlo.

Ridacchiai, nervosa. – Non rispondi – ringhiai. – Qual'è il tuo problema con lui? Con tutta questa storia?

Rimase in silenzio per molto tempo, senza mangiare. Guardò un punto sul tavolo, come perso nella sua testa. – Se qualcuno mi chiedesse i miei tre dolori più forti in tutti questi anni, quello di vederti con lui sarebbe in classifica – annunciò.

Repressi un brivido. Il primo dolore era sempre stata la mamma. – Perché? Mi sentivi tua?

Scosse la testa, mi guardò come se fosse stato sconfitto. – Non è solo questo. È stato come rivederti insieme a me, ma con un altro. Il modo in cui scherzavi con lui, il modo in cui lo stringevi a te ed il modo in cui il suo infilarsi tra le tue gambe non ti creava fastidio, come se fosse diventata un'abitudine, come se lui avesse il diritto di prendere tutto quello che avevi da offrire. Non ero più io.

– Ti sentivi sostituito.

Ridacchiò, senza alcuna gioia. Si allontanò dal tavolo, posando la schiena sulla sedia. – Non è solo questo. Gli hai sorriso come se fosse importante per te. Quando io stavo là e cercavo in tutti i modi di non guardarti, di non parlarti e di non toccarti... Tu stavi là, con luii, e lo stringevi e gli sorridevi come se fosse importante per te. Gli hai sorriso in quel modo, D. Gli hai sorriso nel tuo modo. Il tuo sorriso dolce, ma anche malizioso. Non te l'avevo visto nemmeno con Aiden.

È stato come bruciare il mio cuore dentro il mio petto. Non respiravo, rivedevo solamente l'immagine di te che lo stringevi, che lo facevi... entrare. Senza la tua barriera. Un dolore del genere non l'avevo mai provato, e non sapevo nemmeno potesse esistere una sensazione tale di malessere.

Cercai di dare un senso a tutte quelle parole. Il dolore che aveva descritto non era estraneo per me, l'avevo provato per mesi, quando lui stava con Katy. Eppure, mi resi conto, quel dolore doveva essere del tutto estraneo per lui, che di relazione importante ne aveva avuta solo una e non troppo dolorosa. – Capisco quello che hai provato, ma-

– Non chiedermi di prometterti qualcosa che non posso promettere – mi interruppe. – Cercherò di essere più clemente con questa storia, ma non te lo posso promettere. Esattamente come non posso in alcun modo prometterti indifferenza o clemenza nei confronti di Aiden.

– Non voglio più sentire nessun commento su Justin – rimasi della mia idea. – Se non puoi fare questo per me, mi dispiace ma te la dovrai vedere da solo.

– Che vorresti dire? – ringhiò lui.

– Che devi rispettare il mio passato e le persone che non hanno fatto del male a me – replicai. – Esattamente come io lo faccio per te.

Si pulì la bocca con il leggero tovagliolo in stoffa del ristorante. – Devo andare un attimo in bagno, scusami – annunciò. Era arrabbiato.

Sospirai ed annuii. Lo lasciai andare, senza seguire i suoi movimenti. Lasciò il cellulare sul tavolo, con lo schermo rivolto verso il vetro del tavolo. Cercai di riordinare l'acconciatura, senza però riuscirci. Notai che una ragazza al tavolo accanto si era alzata e le altre amiche stavano al cellulare, non più interessate al mio tavolo, ora che Ryan non c'era.

Strizzai gli occhi, quando una delle ragazze mi sembrò trattenere una risata.

D'istinto, mi alzai dalla sedia, e le ragazze posarono immediatamente gli occhi su di me. Una brutta sensazione mi prese lo stomaco. Mi avviai immediatamente al bagno. La gelosia galoppò dentro di me, facendomi sentire solamente il rumore del cuore.

Quando entrai nel bagno, che aveva alla sinistra un lavabo lungo in marmo nero ed a destra due porte (una per il bagno delle donne, ed una per il bagno degli uomini), sentii Ryan finire: – necessario.

Ryan alzò lo sguardo su di me, con le mani in tasca e la postura rigida. Davanti a lui c'era la ragazza del tavolo che si era alzata e mi dava le spalle.

Ridussi le labbra in una linea fina.

Ryan abbozzò un sorriso guardandomi. – Finalmente sei arrivata – disse con voce suadente, posando gli occhi blu sui miei pantaloni gessati a palazzo e sul body nero, soffermandosi sul seno.

La ragazza si girò verso di me e sgranò gli occhi riconoscendomi.

Inclinai il viso verso destra, confusa, eppure questo sembrò bastare alla ragazza, la quale si affrettò a lavarsi le mani. La osservai, respirando a malapena. Ryan si avvicinò a me. – Necessario è mettere in chiaro le cose – ringhiai. – Io e lui stiamo insieme. Non sarà una sveltina in bagno con te a fargli cambiare idea.

Ryan trattenne un sorriso, mordendosi il labbro. La ragazza si limitò ad asciugarsi le mani, per poi uscire.

– Ci stava provando con te, Ryan? – gli chiesi, stupefatta, girandomi verso di lui.

Scrollò le spalle. – È solo l'ennesima ragazzina viziata che pensa di poter avere tutto quello che vuole – si limitò a dire.

– Nel bagno?!

Ridacchiò. – Va tutto bene, D – cercò di rilassarmi. – Non ha fatto niente di eclatante.

Girai il viso verso la porta, furiosa. Aveva ragione Callie quando diceva che essere fidanzata con persone come loro era maledettamente faticoso.

Ryan posò l'indice ed il pollice sotto al mio mento, per riportare il viso davanti a lui. – Va tutto bene – ripeté. – Di certo non ero propenso ad accettare una sveltina in bagno da lei – ripeté le mie stesse parole con un sorriso malizioso.

– Non c'è niente da ridere – borbottai, incrociando le bracci al petto. – Che cosa ti ha detto?

– Che le sembravo stressato.

Sgranai gli occhi, trattenendo il respiro. – E tu gli hai detto che non era necessario... cosa, esattamente?

Si mordicchiò il labbro per non ridere. – Penso tu possa arrivarci da sola.

Strinsi le mani in pugni. – Sei stressato, Ryan? – ringhiai.

– Assolutamente no, D – rise. – Non c'è ragione di...

Mi girai e girai la chiave per chiudere la porta. Quando mi rigirai, per osservarlo, con le guance leggermente rosee. – Hai detto "finalmente sei arrivata" – mormorai. – Volevi farle pensare che ci fossimo dati appuntamento qua per...?

– Deitra, stavo bluffando – mi riprese, il corpo di nuovo rigido.

Mi appoggiai al lavabo, esponendo il petto. – È veramente un peccato allora – replicai, guardandolo con occhi grandi.

Lo vidi stringere le mani in pugni, le vene bluastre in rilievo. – Non devi farlo per lei – ringhiò. – Non ne vale la pena. Non le avrei mai dato quello che voleva.

Mi avvicinai a lui, lentamente. Non si mosse, aveva il corpo rigido come quello di una statua. Posai una mano sul suo petto, sentii il suo cuore battere veloce dentro la cassa toracica, a tradire il suo portamento. Strinse i denti, quando alzai lo sguardo sul suo viso. Posai le labbra sulla vena che stava pulsando sul suo collo, prima dolcemente, per poi mordicchiare.

Trattenne il respiro, posando le mani sui miei fianchi.

Respirai sul punto che avevo appena succhiato. La stretta sui fianchi si fece più forte. Portai le labbra più su, sulla mascella, e la barba leggermente ispida mi fece rabbrividire.

– Per favore – mormorò, – stamattina è stata già abbastanza... dura.

– Non mi vuoi? – gli chiesi, con voce flebile.

Ringhiò. – Tesoro, ti voglio per gran parte delle mie giornate da quando ti ho baciato in camera mia.

Catturai le sue labbra, portandolo immediatamente ad aprirle, per approfondire il bacio. Lo sentii annaspare leggermente, per poi attirarmi a lui. Portai le braccia attorno al suo collo, mentre inarcavo la schiena, facendo scontrare i nostri petti.

Gli afferrai il colletto della camicia e lo trascinai verso il lavabo. Portai la mano verso il bottone dei suoi pantaloni e lo sentii gemere dentro la mia bocca. Mi aiutò a slacciare il bottone e si abbassò la lampo. D'istinto, infilai la mano dentro i suoi boxer e lo toccai. Mi afferrò il collo, spingendomi ad inarcarlo ancora di più verso il suo viso, mentre con l'altra mano si affrettava ad abbassarmi i pantaloni, che scalciai via poco dopo.

Aprì anche il body e mi afferrò la vita con un braccio, facendomi sedere sul lavabo di marmo. Mi morse il labbro, facendomi diventare il corpo come gelatina. Con la mano mi fece aprire le gambe in modo quasi sgarbato, come se proprio non riuscisse più ad aspettare.

Mi strinse a lui, entrando con una stoccata. Trattenni il respiro, sgranando gli occhi. Lo vidi aprire la bocca per liberare un gemito rumoroso. – Cazzo, sì... – mormorò. Tornò a baciarmi, muovendosi. Mi succhiò il labbro, portando una mano sul mio seno, stringendolo con forza.

– Ry! – esclamai, spingendomi contro di lui.

Si mosse con bisogno, stuzzicandomi i seni, baciando e mordendo la parte esposta del mio collo. – Non resisto, D – mormorò.

Allacciai le gambe attorno a lui, spingendolo contro di me. Lo sentii trasalire e dovette appoggiare le mani sul lavabo, annaspando.

– Deitra...

Lo allontanai di scatto. Fece alcuni passi indietro, il petto scosso da respiri corti ed irregolari, e gli occhi sbarrati. Per un attimo, ebbe paura di avermi spaventato.

Lo guardai fisso, tornando giù, per poi girarmi verso lo specchio. Quando i nostri occhi si incrociarono, lo vidi scuotere leggermente la testa. – Per favore... – lo pregai, con aria lasciva, posando le mani ai bordi del lavabo.

– Che cazzo, Deitra... – ringhiò, prima di tornare su di me in un secondo. Mi morse la spalla, tornando a toccarmi con una mano il seno. Si posizionò dietro di me, annaspando terribilmente. – Se diventa troppo...

Spinsi i glutei verso di lui, piegandomi maggiormente.

Gemette, per poi entrare lentamente dentro di me. Per un attimo si appoggiò sulla mia schiena, nascondendo il viso per attutire i gemiti. Il sentirlo così al limite mi fece tremare. Mi spinsi contro di lui con più convinzione. – Guardami... Guardami – mormorò, con il respiro affannato, mentre si muoveva più velocemente.

Alzai lo sguardo verso lo specchio ed i nostri occhi si incrociarono immediatamente. Aveva le gote rosse e gli occhi acciecati dal desiderio. Il solo vederlo così e sentirlo, attaccato a me, dietro di me, mentre pulsava dentro di me, mi portò al culmine.

Ansimai, spingendomi verso di lui, mentre la sua mano raggiugeva il mio punto più debole. Si mosse velocemente, dando le ultime scoccate così forti da portarmi a sbattere contro il marmo freddo. Buttò la testa indietro e socchiuse le labbra, liberandosi dentro di me.

Si allontanò velocemente, come se tenere quella posizione lo spaventasse. Mi girai verso di lui, con un sorrisino soddisfatto, mentre mi rivestivo. Mi guardò, con il petto scosso da respiri incontrollabili. – Deitra...

Gli diedi un bacio a stampo. – È stato bellissimo – gli mormorai a pochi millimetri dalla bocca.

Nonostante questo, mentre iniziava ad abbottonarsi i pantaloni, notai l'ombra del dubbio sul suo viso. Non mi guardava in faccia. Aveva la fronte aggrottata.

Trattenni una risata, perché non avevo mai incontrato un ragazzo così propenso a farsi problemi. Quindi mi avvicinai. Alzò gli occhi su di me e cercò di mascherare la preoccupazione. Posai una mano sulla patta dai suoi pantaloni, facendolo irrigidire. – Ripenserò a quello che è appena successo, quando non ci sarai – sussurrai, guardandolo negli occhi.

I muscoli della mascella guizzarono. I suoi occhi si abbassarono immediatamente sulle mie labbra, mentre lo sentivo indurirsi nuovamente tra le mie dita.

Gli sorrisi, soddisfatta. – Sei mio – aggiunsi, prima di mordicchiargli il lobo. Spinse i fianchi verso la mia mano, tornado a respirare in modo irregolare.

– Oggi vuoi farmi morire, piccola D – ringhiò. – Se non esci subito da qua, ti prendo un'altra volta. Questa volta, contro la porta.

Ridacchiai. – Potrebbe piacermi anche in questo modo.

Sibilò. – Deitra...

Bussarono alla porta.

Posò la fronte sulla mia testa, ringhiando. – Me la pagherai, tesoro.



Spazio Autrice:

Siamo quasi arrivati alla fine, mancano due capitoli e l'epilogo.

Mi scuso per eventuali errori, cerco di rileggere prima di pubblicare, ma sicuramente qualche errore mi sarà scappato.

Se vi va, fatemi sapere che cosa ne pensate. I consigli sono sempre ben accetti! 

Grazie!

Un bacio.

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