Capitolo 50: Difficoltà


Il giorno dopo, fui svegliata dal tocco leggero.

Per un breve secondo, venni portata indietro. Poi il suo profumo investì le mie narici e quella stretta al cervello si allentò immediatamente.

Ero rivolta sul fianco sinistro. Il suo corpo caldo si avvicinò ancora di più al mio, dietro di me.

Erano state le sue dita a svegliarmi. Le sentii tracciare una linea invisibile dalla mia spalla, fino al mio fianco nudo. Il cuore cambiò immediatamente ritmo.

Il suo respiro caldo batté sulla nuca, ma non attaccò il suo corpo al mio. – Mmh – disse, rauco, notando il mio respiro leggermente più affannato, mentre le dita affusolate tracciavano dei cerchi lenti, poco sotto il fianco, per poi salire lungo la coscia. – Sei sveglia, finalmente.

– Buongiorno – riuscii semplicemente a dire, la voce malferma. Appena sentii le dita soffermarsi sull'interno della coscia, mi limitai a stendere leggermente una gamba già tremante.

Ridacchiò, posando le labbra sulla mia spalla. – Andiamo a fare colazione? – mi chiese.

I denti marchiarono la mia pelle, mordendo leggermente. Inarcai la schiena, gemendo lievemente, muovendo i fianchi in direzione dei movimenti circolari delle sue dita ancora all'interno della coscia. – Adesso? – chiesi, il respiro affannato e la voce ridotta ad un sussurro roco.

– Stavi pensando ad altro? – mi prese in giro. Le dita si mossero pigramente verso il bassò.

– Mi hai svegliata – cercai di dire.

– Sono le dieci – rise.

Il fatto di non poterlo sentire mi stava dando dei brividi freddi lungo la schiena. – Oh... – mi limitai a dire, sentendo le dita salire nuovamente. Mi mossi verso la sua mano e sentii il suo sorriso formarsi sulla mia spalla. Lo cercai ancora, muovendo le natiche verso di lui, ma con scarsi risultati. Piagnucolai, sentendo la sua mano di nuovo sul fianco. – Dove vai? – gli chiesi.

– A fare colazione – rispose, prima di baciarmi l'incavo della spalla.

Si mise seduto all'orlo del letto, dandomi le spalle. Cercò i boxer.

Mi girai sulla schiena, girando il viso verso di lui. La schiena muscolosa guizzò, mentre era intento ad infilarsi i boxer. – Adesso? – ripetei, posando una mano sulla pancia, con il cuore ancora in gola.

Girò il viso oltre la spalla ed osservò il lenzuolo coprirmi la pancia, mentre il seno era completamente esposto. Mi esaminò a lungo il viso rosso, le labbra ancora gonfie ed i capelli ridotti ad una massa disordinata su tutto il cuscino. – Stai cercando di convincermi a stare ancora a letto? – mi chiese, con gli occhi pieni di una luce che forse non gli avevo mai visto: era una felicità nuova, addirittura pigra. Il mezzo sorriso che aveva in viso tradiva la sua messa in scena. Lo trovai maledettamente affascinante.

– Oh, emh... – dissi, in imbarazzo, sentendo ancora il tocco della sua mano che era stata su di me fino poco tempo prima.

Ridacchiò. – La colazione è importante – mi prese in giro, alzandosi dal letto. – Vieni, piccola D.

Sbuffai e lo osservai muoversi elegantemente verso la porta, con solo addosso i boxer neri. Quando capii che non sarebbe tornato a letto, mi obbligai ad alzarmi. Mi infilai una canottiera e degli slip.

Ryan stava cercando qualcosa in frigorifero. Trovò il mio succo e riempì il bicchiere che aveva già preso. Preparò velocemente anche il caffè e delle fette biscottate con un po' di marmellata sopra.

Mi misi seduta su una sedia, afferrando un ginocchio, intenta ad osservarlo mentre mi portava tutto al tavolo. Gli sorrisi dolcemente. Mi diede un leggero bacio sui capelli e si mise seduto davanti a me.

– Dormito bene? – mi chiese, sorseggiando il caffè.

Annuii. – E tu?

– Bene – rispose. – Stanotte ti sei mossa un po', hai fatto qualche incubo?

Rimasi in silenzio per un po'. – Niente di spaventoso – mormorai, portando l'attenzione verso la colazione.

Mi analizzò a lungo, affatto convinto. – Sai di potermi raccontare tutto quello che vuoi? – mi chiese.

Sospirai. – Lascia stare, Ryan.

Un'ombra passò sul suo viso: era la delusione. Annuì e guardò un punto dietro di me. – Ho mandato un messaggio a mia madre. Le ho proposto di pranzare insieme, solo io e lei – annunciò.

Sobbalzai leggermente. – Non... Non vuoi che ti accompagni? – gli proposi. – Posso farlo.

Scosse la testa. – Voglio farlo da solo.

Annuii. Potevo capirlo e conoscevo abbastanza bene Ryan da rendermi conto della sua forza e della sua determinazione. Mi schiarii la voce, a disagio. – Ieri mi ha parlato... delle ragioni che l'hanno spinta a scappare in quel modo – gli confessai.

– Ma non mi dire – disse, seccamente. – Chissà perché, ma non ne avevo dubbi.

– Perché lo dici? – gli chiesi, guardandolo attentamente.

Mi sorrise ma vi trovai solamente amarezza. – Perché ci ha visti arrivare insieme e quando me ne sono andato mi hai raggiunto subito – borbottò. – Il nostro legame era piuttosto ovvio. E perché non utilizzare anche questo per arrivare a me?

Mi venne la nausea. Non mi piaceva, esattamente come il padre, tuttavia... avevo visto un dolore vivo dentro i suoi occhi blu. Non la giustificavo, perché quello che provavo verso suo figlio mi spingeva a proteggerlo da lei... ma il suo racconto mi aveva comunque fatto un certo effetto. Le avevo creduto. Mi ero immaginata una bambina sotto l'aura magnetica di un uomo come il padre di Ryan.

– Non è una pessima persona – disse Ryan, dopo aver analizzato il mio sguardo perso. – Ma per una volta mi voglio comportare da figlio.

Annuii. – Tengo il telefono a portata di mano, per qualsiasi cosa – mormorai. – Non ho niente da fare oggi.

Mi sorrise debolmente, ma non rispose. Li vedevo l'ansia mascherata ed il tormento che viaggiava dietro quei suoi occhi. Nonostante gli anni di terapia, determinati dolori si possono affrontare diversamente ma gli artigli rimarranno sempre incastonati dentro.

Finii velocemente la colazione, appena capii che quell'ombra dentro di lui non sarebbe svanita. Mi alzai dalla sedia ed il rumore delle gambe contro il pavimento fece tornare Ryan alla realtà. Mi guardò, con una leggera diffidenza, mentre mi avvicinavo a lui.

Appena capì le mie intenzioni, si allontanò abbastanza dal tavolo affinché potessi mettermi a cavalcioni su di lui.

Ridacchiò, stringendomi pigramente i glutei. – Addirittura, D? – mi beffeggiò. – Che fine ha fatto la mia ragazza che a malapena si faceva guardare?

Arrossii violentemente. – Emh... Ha preso confidenza, immagino – risposi, leggermente imbarazzata.

Mi sorrise maliziosamente. – Mi piace terribilmente questa confidenza – disse, facendo roteare i fianchi verso di me.

Annaspai, stringendo d'istinto le gambe contro di lui. – Sì? – chiesi.

Terribilmente – ripeté, infilando le mani sotto il leggero strato della canottiera. Abbassò lo sguardo verso il mio seno e mi spinse contro di lui. Inarcai la schiena e questo sembrò bastargli per portare le sue labbra sulla pelle scoperta nell'incavo del collo.

Mi dondolai timidamente, sentendo il rumore del cuore sovrastare quasi anche i nostri respiri accelerati. Lo sentii sospirare, senza staccare la bocca dal mio collo. Mordicchiò e succhiò. – Oh... – mormorai, posando una mano sui suoi addominali. Ebbero un leggero spasmo.

Ridacchiò. – Tu e le tue maledette mani delicate – commentò, prima di portare le mani sui miei fianchi, per farmi muovere su di lui.

Gemetti quando riuscì a far urtare il punto più delicato con la sua erezione.

La sua risposta fu un movimento più forte.

Annaspai. – Ryan... – lo chiamai. – La camera.

– Non tornerà – mi tranquillizzò.

– Non puoi sape-

Posò la bocca sul capezzolo turgido ancora coperto dalla canottiera, succhiando avidamente. Mugolai. – Sei scorretto – mormorai.

Ridacchiò, ancora con la bocca sul mio seno. – Ti sei messa a cavalcioni su di me in questo stato, e quello scorretto sarei io? – mi chiese.

– Volevo soltanto... – la voce mi morì in gola, quando mi spinse con più forza contro di lui riprendendo in bocca il capezzolo. Rabbrividii contro di lui, mentre un groviglio di brividi iniziava a crearsi dentro di me. – Ryan...

– Che cosa volevi? – mi chiese, con il respiro leggermene affannato.

– Riportarti da me – risposi, stringendo d'istinto le gambe attorno ai suoi fianchi appena succhiò avidamente.

– Dovresti riportarmi da te più spesso – rise.

Mi tolse velocemente la canottiera per poi tuffare nuovamente il viso sul mio petto. Si concentrò sull'altro seno, torturando con la mano l'altro.

Mi ritrovai a strusciarmi sulla sua erezione con più convinzione e questo sembrò fargli perdere il controllo, perché mugolò contro di me. – Si, così, D... – sussurrò.

Non riuscivo più a respirare. Portai le mani sulle sue spalle e mi mossi ancora su di lui. – Ryan...

– Adoro quando mi chiami con questa voce – gemette lui.

Sospirai, scuotendo la testa, immersa in quei brividi viscerali, la sensazione di appartenere alla sua pelle... – Non... non riesco a respirare – ammisi.

Non rispose, ma mi strinse più forte a lui, capendo la mia necessità. Una mano finì sulla mia nuca e portò le mie labbra verso di lui, baciandomi affondo. Si mosse velocemente, abbassandosi i boxer e portando un braccio sui miei fianchi per alzarmi leggermente affinché potesse toglierli completamente.

Abbassai lo sguardo pieno di desiderio sulla sua erezione e questo lo fece fremere terribilmente. Mi spostò l'orlo degli slip e mi guardò in viso, come a chiedermi il permesso.

La mia risposta fu un movimento di bacino, per accoglierlo.

I suoi occhi incrociarono i miei, mentre afferrava la sua lunghezza per avvicinarla alla mia cavità. Mi alzai leggermente e, sentendolo, mi abbassai, accogliendolo.

Buttò la testa indietro, sospirando. Notai il pomo d'Adamo muoversi velocemente e mi ritrovai a baciare la pelle lucida del collo, mordendo e leccando.

Lo sentii tremare contro di me. Cercò di aiutarmi nei movimenti con le mani sui fianchi e muovendosi leggermente contro di me.

Mi sfregai contro di lui e sembrò bastarmi quel contatto a portarmi all'apice del piacere.

Ryan aprì gli occhi, come per immortalare quel momento, e quando i nostri sguardi si incrociarono lo sentii pulsare violentemente. Annaspò, in cerca di aria, mentre continuavamo a muoverci. – Più... più veloce – sussurrò, con gli occhi semichiusi. – Per... Oh, ti prego, D.

Lo ascoltai, sentendo nuovamente il desiderio impossessarsi del mio corpo. Lo vidi portare una mano sui miei capelli, fece per stringerli ringhiando debolmente, ma dovette cambiare idea. Strinsi la presa sulle sue spalle, finendo per creare delle mezzelune là dove le unghie entrarono dentro la sua pelle.

– Baciami. Cazzo, baciami – mi ordinò, afferrandomi la schiena per portarmi più vicino a lui. Ci divorammo, muovendoci all'unisono, mentre il petto iniziava a creare una leggera patina di sudore.

Mi strinsi a lui, sfregando il seno sul suo petto, e lo vidi sobbalzare leggermente. Buttò nuovamente la testa indietro e mormorò il mio nome. Con una mano sul fianco, mi spinse ad accelerare ancora il ritmo e cercai di stare al suo passo.

Aprì gli occhi, tremando. Allentò la presa sul mio fianco, irrigidendo le gambe. – D, spostati... Sto per venire... D...

Esattamente in quel momento però sentii la presa dentro di me esplodere. Gemetti rumorosamente, tremando vergognosamente. Sentii le mie pareti stringersi attorno a lui.

Sgranò gli occhi, senza smettere di guardarmi. Il mio orgasmo sembrò portarlo all'apice, senza più alcuna possibilità di controllarsi, mentre il mio corpo era ancora in preda ai tremori. Socchiuse le labbra e mi strinse malamente il collo. – Oh, D... – mi chiamò, liberandosi dentro di me, con il petto completamente squassato da respiri irregolari e tremanti.

Vederlo in quelle condizioni, così terribilmente bello, mi lasciò senza fiato.

Mi capì. Fece un sorrisino e portò una mano tra i nostri corpi. Uscì da me e mi guardò, leggermente preoccupato. – Non prendi la pillola, vero?

Scossi la testa, ancora scossa dal desiderio.

Sembrò pensarci un po' su.

Lui riuscì a regolarizzare il respiro prima di me, che invece ancora non riuscivo a muovermi. Mi accarezzò dolcemente la schiena, mentre posavo il viso contro il suo petto.

– Prenderò la pillola del giorno dopo – cercai di tranquillizzarlo.

Le dita giocarono con alcune ciocche dei miei capelli. Rimase in silenzio per così tanto tempo che mi preoccupai.

Mi scostai da lui, per guardarlo in faccia, eppure non mi sembrò di trovarci rabbia o preoccupazione. – Tutto bene? – gli chiesi.

Mi sorrise debolmente, appagato. – Ho atteso questo momento per così tanto tempo, che adesso non mi sembra vero – sussurrò, continuando a giocare con i miei capelli.

Il cuore ebbe un sussulto. – Ti amo – riuscii solamente a dire.

Sospirò, come se avesse aspettato quella dichiarazione da una vita. – Ti amo – ripeté, socchiudendo gli occhi. – Non pensavo potesse esistere veramente un amore del genere. Il modo in cui tutto dentro di me mi spinge ad amarti, guardarti e cercarti... mi terrorizza, eppure mi sento nato per questo. Mi sento come se tutto dentro di me girasse in base ai tuoi occhi, al modo in cui sorridi e ad ogni sussulto del tuo corpo.

Le mie dita si posarono sulle sue labbra, come a catturare quelle parole. La mia anima sembrò completamente sanata, solo al nostro leggero tocco, o grazie al modo in cui i suoi occhi trovarono immediatamente i miei.

***

Quando Ryan tornò dal pranzo, ci ritrovammo tutti a casa mia e di Callie. Quest'ultima e Daniel stavano scherzando, seduti sul divano, con accanto Ryan che invece li ascoltava con un mezzo sorriso.

Ben si aggiunse, prendendo una sedia per posarla accanto al divano ed iniziare a giocare una partita alla PlayStation con mio fratello.

Dal mio canto, dopo aver osservato a lungo il modo di fare di Ryan, avevo capito che non voleva parlarmi di quello che era accaduto, quindi mi ero fatta da parte.

Per questo, quando si misero a giocare alla PlayStation, mi limitai a prendere il libro che stavo leggendo in quel periodo e leggerlo, sulla sedia accanto al tavolo, per allontanarmi dalle urla il più possibile, ma senza allontanarmi troppo da Ryan.

Mi immersi nella lettura, portando le gambe attaccate al petto e posandoci sopra il libro.

Non volevo sembrare troppo apprensiva, per questo avevo deciso di non sedermi accanto a Ryan. Il suo essere più silenzioso del solito era la conferma del suo malumore. Non ne voleva parlare, voleva solamente svagarsi.

Quella mattina ci avevamo pensato insieme, senza staccare i nostri corpi sudati fino a quando non era arrivato il momento di prepararsi per il pranzo. In quel momento però probabilmente aveva bisogno dei suoi amici, non della sua amante.

O forse potevo reputarmi la sua fidanzata?

Ci pensai un attimo di troppo, arrossendo. Forse stavo per diventare finalmente la fidanzata di Ryan? Mi mordicchiai il labbro inferiore, in ansia.

Era una situazione in cui ancora facevo fatica a trovarmi. Prima di tutto perché ero cresciuta con l'idea di non essere nessuno per Ryan, poi per l'amicizia che aveva sempre legato Daniel e Ryan.

Ripensando al modo in cui mi aveva dichiarato di amarmi però, sembravo proprio la sua fidanzata.

Mi decisi a ricominciare a leggere, con ancora le guance lievemente rosse ed il battito accelerato del cuore, così pieno di amore per Ryan.

Dopo quella che mi sembrò un'eternità, mio fratello urlò, entusiasta, dopo aver vinto la partita. Si alzò, per poi baciare la mia coinquilina, e continuare ad esultare.

Alzai quindi lo sguardo dal libro per lanciare un'occhiata stranita a mio fratello, ma caddi terribilmente negli occhi blu di Ryan. Si era messo seduto di lato, appoggiando pigramente il braccio sullo schienale del divano, ed il viso era completamente girato verso di me.

Pensai di sorridergli, ma il corpo non sembrò rispondere. Il cuore scalpitò. Ryan mi guardò con intensità, mi sembrò affascinato e terribilmente catturato da me.

Da me.

Deglutii sonoramente, senza riuscire a staccare gli occhi da lui.

Si alzò, per venire verso di me. Si appoggiò al tavolo, allungando le gambe. Prese delicatamente il libro che tenevo in mano e ne osservò la copertina. Lesse velocemente la trama con un sorrisino. Quando alzò gli occhi nuovamente su di me, capì che non gli avevo mai tolto gli occhi di dosso.

– Tutto bene? – gli chiesi. – Posso... Posso avere il libro?

Non diede segno di avermi ascoltato. Tenne il libro in una mano e l'altra mi diede un buffetto sulla guancia destra. – Bella scelta di sedia.

Arrossii tremendamente ricordandomi che era la sedia su cui eravamo stati insieme quella mattina. Ridacchiò, notando la mia espressione. – Il libro? – cercai di cambiare argomento.

Si mise di nuovo dritto e camminò lentamente verso la mia camera, senza girarsi indietro.

Guardai prima i miei amici e mio fratello intenti a guardare la televisione e poi Ryan, che stava entrando in camera. Mi alzai e, senza fare troppo rumore, lo seguii.

Appena Ryan chiuse la porta, sentii mio fratello urlare: – Non provate a scopare con me presente!

Ben scoppiò a ridere.

Callie lo maledisse.

Ryan sembrò non sentirlo nemmeno. Posò il libro sulla mia scrivania bianca e mi guardò. Deglutii, sentendomi come una preda. – Com'è andata con tua mamma? – chiesi.

– Non ne voglio parlare adesso – rispose, avvicinandosi a me lentamente.

Ridacchiai. – Ryan...

– Hai una strana luce nello sguardo quando leggi – se ne uscì, senza smettere di venire verso di me. Mi immobilizzai, in mezzo alla camera. – Sei così immersa da sobbalzare quando qualcuno urla. Lo trovo... maledettamente affascinante. Non ti sei nemmeno accorta di me.

– È un bel libro – cercai di dire. Dovetti alzare il viso per riuscire a guardarlo, dato che ormai si trovava a pochi centimetri da me. – Però a te non piacciono i fantasy, giusto?

– Non esattamente – replicò, abbassando lo sguardo sulle mie labbra.

Annaspai leggermente. – Ci sono tutti, di là – sussurrai per non farmi sentire da loro.

– Non voglio scoparti, D – ridacchiò. – Ho solo... bisogno di due minuti, con te, con questo sguardo ancora preso dalla storia – aggiunse, senza staccare gli occhi dal mio viso, come a voler immortalare qualcosa che io invece proprio non riuscivo a cogliere.

Sospirai appena sentii la sua mano carezzarmi dolcemente il collo. Rabbrividii.

Sorrise. – Ti ho già detto che amo il modo in cui il tuo corpo risponde al mio? – chiese.

– Mi sembra di sì – risposi io, con il cuore in gola.

Mosse le dita sulla pelle sensibile del collo e fui percorsa dall'ennesimo brivido. Il suo viso si illuminò di desiderio e divertimento.

– Ti piace vedermi in difficoltà? – cercai di dirgli, posando le mani sul suo avambraccio.

– Si, lo trovo particolarmente eccitante – replicò.

– Allora vedi che vuoi fare altro? – chiesi, abbassandogli la mano, anche se con un sorrisino sulle labbra.

– Non ne sarei in grado, fidati – rispose ridacchiando. – Tra ieri e stamattina mi hai sfiancato.

Ridacchiai. – Quindi nemmeno stanotte? – lo presi in giro, attaccando il corpo al mio. – Perché stavo pensando di venire a casa tua, dormire da te...

Posò le mani alla fine della schiena e mi premette contro di lui. Sospirammo, per non farci sentire. – Ci stavi pensando? – mi chiese. – Avevi in mente qualcosa in particolare?

– E tu? – stetti al gioco.

– Mm – mormorò, roco. – Giusto ad una parete ed un angolo perfetto della cucina.

Ridacchiai. – Il letto non ti piace? – lo presi in giro.

– Potremmo finire anche là, ora che mi ci fai pensare – giocò lui.

– Verrò da te – iniziai, – ad una condizione.

– Oltre che autoritaria, adesso anche minacciosa – rise. – Dimmi tutto, piccola D.

– Prima parleremo di tua mamma.

Si irrigidì immediatamente e fece un passo indietro. Mi lanciò un'occhiataccia, il suo sguardo diceva semplicemente: hai rovinato tutto. Però, quando capì che non avrei cambiato idea, annuì. – Va bene – grugnì.

Sorrisi, vittoriosa.

– Che cosa devo fare per farti entrare dentro il mio letto.

– Solo il letto? – cercai di smorzare la situazione.

– Spero di no, piccola D.

Tra una risata e l'altra tornammo in salone. Mi rimisi seduta, riprendendo la lettura, ma durò poco. Perché la situazione divenne più complessa.

Ryan era sempre stato bravo a nascondere le sue emozioni, era stato cresciuto in quel modo dopotutto. Quello che non avevo preso in considerazione era il modo che aveva di nascondersi.

Dopo più di un'ora, lo vidi versarsi per l'ennesima volta un liquido ambrato nel bicchiere. Il suo sguardo era già appannato dall'alcol ed il sorrisino che aveva perennemente era solo una conferma del suo stato alterato.

– Si è fatta una certa ora – annunciò Ben. – Direi di andare a festeggiare la vostra cazzo di libertà.

– Non era ieri la festa? – chiesi, alzandomi dalla sedia con finta innocenza. Mi avvicinai a Ryan, che stava ancora seduto sul divano, ancora rivolto verso il tavolo dove mi trovavo. Appena capì che stavo cambiando postazione, il suo corpo seguì il mio, sedendosi nuovamente in modo normale.

Senza staccare gli occhi da me, prese a sorseggiare il liquido ambrato.

– Bionda, ieri sera è stata soltanto l'inizio di una lunga serie di feste – ridacchiò Ben, alzandosi dal divano. Si stiracchiò ed ammiccò. – Andiamo?

– Non penso-

– Certo che veniamo – mi fermò Ryan.

Cercai di prendere il suo bicchiere, ma lo allontanò dalla mia presa, lanciandomi un'occhiataccia. Che ricambiai immediatamente.

– Guido io – annunciò Dan, dopo aver capito la situazione.

Callie mi osservò, leggermente preoccupata.

Sospirai. – Ryan, andiamo a casa? – provai ancora.

– Tu vai, io ti raggiungo più tardi – mi disse, porgendomi le chiavi di casa con un sorrisino alticcio.

Feci una smorfia, affatto convinta. – Non penso sia-

– Non farlo – mi avvertì Ryan, serio. – Io vado.

Lo guardai negli occhi, preoccupata. Quando non diede segno di minima resa, sospirai. – Va bene, allora andiamo. 

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