Capitolo 44: Non sta tremando per il freddo
Attenzione: il capitolo tratta una tematica delicata.
Lo vidi sul materasso illuminarsi. Potevo prenderlo, oppure... Lucas seguì i miei occhi.
Sgusciai lontano da lui e corsi verso la porta, lasciando il cellulare sul letto.
Cercai di essere più veloce possibile, ma ad un passo dall'afferrare la maniglia di quella maledetta porta... lo sentii arpionarmi i capelli. Strinse e tirò a sé, facendomi perdere l'equilibrio. Il calice di vetro che avevo in mano venne scaraventato addosso all'armadio ed il liquido rosso macchiò gran parte del pavimento.
Con un altro strattone caddi miseramente a terra a pancia in giù.
Non lasciò la presa sui capelli, anzi fu più salda appena caddi a terra, tenendomi i capelli proprio della nuca. Mi ritrovai a sentire fitte al collo, a causa della posizione che la testa era costretta a tenere. Strinsi le palpebre, tremando, mentre le lacrime iniziarono a uscire irrimediabilmente.
L'adrenalina pompava dentro di me, ma non potevo fare niente.
Annaspai. - Lucas, mi fai male... - piagnucolai.
Non rispose.
Grugnì.
Si mosse sopra di me. Vidi con la coda dell'occhio le sue scarpe fare capolino nella mia visuale. Quando fu sopra di me, si avvicinò a me. Lo sentii respirare contro la mia nuca in modo affannato. L'altra mano mi toccò il retro della coscia, proprio dove il vestito si era alzato.
- Lucas... - piansi. - No, no, no...
Alzò il vestito e sentii d'un tratto il suo peso sopra di me. Smisi di respirare. Non capivo bene la sua posizione, ma potevo vedere le sue scarpe ed i suoi polpacci con la coda dell'occhio.
Cercò di abbassare le mutandine.
E... non sentii più niente.
Ero diventata pietra.
- No. No. No. No.
Non potevo fare altro. D'un tratto, mi ritrovai imprigionata nella mia stessa testa.
Non vedevo via d'uscita.
- No.
Una strattonata di capelli, probabilmente per farmi stare zitta.
- No.
Guardai la porta, un punto fisso...
- No.
Alzò il vestito fino alla schiena.
- No.
Poi lo sentii.
Qualcosa accanto alla mia mano.
Vetri.
C'erano resti del calice proprio accanto a noi. Mi misi alla ricerca di un pezzo abbastanza grande, nonostante il respiro affannato e la testa leggera di chi non è in grado di pensare lucidamente al cento percento. Sicuramente se non fossi stata sotto shock, o in uno strano stato di apatia, non ci avrei messo così tanto a trovarlo.
Afferrai tanti pezzi, mentre lui cercava di slacciarsi velocemente i pantaloni, ma doveva essere leggermente brillo, perché alcuni movimenti erano più goffi del solito.
Con la mano insanguinata, riuscii ad individuare un pezzo abbastanza grande. Lo presi con forza e lo conficcai velocemente al polpaccio, facendo fare un movimento innaturale al mio stesso braccio. Ma non sentivo più niente, l'adrenalina stava anestetizzando tutto.
Lo sentii urlare e si allontanò di scatto. Il pezzo era ancora incastonato dentro la sua pelle. Feci alcuni passi indietro e mi alzai. Corsi lontano, afferrai la borsa, lasciando il cellulare sul letto, aprii di scatto la porta e piombai fuori.
Mi sembrò una realtà completamente diversa, un mondo completamente diverso da quello in cui ero appena scappata.
Ragazzi continuarono a baciarsi, facendo a malapena caso a me, che sbandavo da una parete all'altra del corridoio. Avevo il respiro corto e la vista offuscata dalle lacrime.
Scesi le scale rapidamente, cadendo quasi addosso alle persone, che si scansarono rapidamente per non farsi male.
Non feci caso a nessuno. Dovevo andarmene.
Uscii velocemente da quella casa e mi diressi quasi correndo verso la mia macchina, parcheggiata a pochi metri dall'entrata. Mi guardai indietro, piangendo, alla ricerca di Lucas.
Entrai e la mente sembrò lasciarmi per qualche secondo di troppo. Quando riaprii gli occhi, misi in moto la macchina e partii.
Inchiodai.
Davanti a me c'era Ben.
Mi stava guardando confuso. Si avvicinò velocemente al mio finestrino e mi fece segno di abbassare. Scossi la testa, piangendo, mentre il sangue continuava a sporcare il volante. Cercai di accelerare di nuovo, ma Ben fu più veloce ed aprì lo sportello.
Trasalii.
- D - mi chiamò, con la fronte aggrottata. - Sei ubriaca? Perché... perché stai piangendo?
- Lasciami andare, Ben, per favore - singhiozzai. - Devo andare via.
- Ti accompagno io, D. Non sei in grado di guidare - mi disse, affatto contento. - Avevi detto che non avresti bevuto.
- Lasciami andare! - urlai, in preda al panico.
Ben sobbalzò. - Spostati. Guido io.
Appena si mise al volante, fece caso al sangue. Si guardò le mani, d'un tratto rosse, e girò il viso ormai sbiancato verso di me. - D... Deitra, questo sangue è tuo?
Continuai a piangere. - Parti. Ti prego, parti.
Non se lo fece ripetere un'altra volta. Sgommò via da quella maledetta villa.
***
Mi tamponò la ferita con un fazzoletto di carta e mi aiutò a salire le scale, viste le mie gambe tremolanti. Teneva strette le mie spalle con le mani, senza nemmeno far toccare i nostri corpi e di questo gliene fui grata.
Quando arrivammo al suo piano, cercò le chiavi dentro le tasche, mormorando qualcosa.
- Ben.
Ci girammo entrambi verso la voce femminile.
C'era Katy, con la porta semichiusa. Ci guardò velocemente ed uscì, socchiudendo la porta per non farsi sentire... probabilmente da Ryan. - Che diavolo stai facendo? Justin ha già fatto abbastanza, non credi?
- Non è com-
Ben venne interrotto. La porta dietro Katy si spalancò e fece capolino Ryan. I suoi occhi scrutarono attentamente prima Ben e poi me.
Feci un passo indietro, andando a sbattere contro il corpo di Ben.
Ryan, che si trovava a torso nudo ed aveva addosso soltanto i pantaloni, incrociò le braccia. Non disse una parola, ma gli occhi erano pronti ad incenerire Ben.
Non ero in grado di affrontare una situazione del genere.
- Ryan, non è come sembra - disse Ben, agitato. - Stavo soltanto-
- Ha già utilizzato la carta dell'amico - sputò Ryan, freddamente. - Diciamo che mi sto abituando a vederla insieme ai miei amici. Quindi non ti preoccupare.
La nausea iniziò a chiudermi la gola.
- No! - esclamò subito Ben. - Non l'ho invitata per questo. Stava tornando a casa da sola-
- Non lo voglio sapere - lo interruppe Ryan.
Sentii il mondo vorticare vertiginosamente. Mi aggrappai a Ben, gemendo lievemente. Ryan aggrottò la fronte ed irrigidì ogni muscolo del suo corpo, sempre più arrabbiato.
- D... - mi sussurrò Ben, sorreggendomi.
- Non mi sento bene - boccheggiai.
- Che diavolo ha? - sputò Ryan, acido.
- Non lo so - rispose subito Ben, osservandomi.
Katy trasalì leggermente ed i nostri sguardi si incrociarono. Fu la seconda volta che la vidi preoccupata per me. E fu la prima volta che mi resi conto di averla davanti in biancheria intima nera.
Portai una mano sullo stomaco, bianca in faccia.
- Ryan... Ryan, la sua mano - cercò di dire Katy.
- Che cosa ha fatto? Perché hai deciso di portarla a casa tua? - chiese titubante Ryan, cercando di analizzare ogni reazione del corpo di Ben. Non si fidava più nemmeno di lui.
- Non lo so! Stavo fuori e l'ho vista-
Un bruciore di stomaco, un movimento e mi ritrovai piegata in due, intenta a rigettare l'intera cena.
Ben sobbalzò, stupefatto.
Katy e Ryan corsero da me. Ryan mi portò i capelli lontani dal viso e lo sentii ringhiare qualcosa, poi urlò a Katy - Vai a prendere qualcosa!
Katy corse in casa.
- Che cazzo le hai dato?! - tuonò Ryan, furioso, girando il viso verso il suo amico. - Che cosa ha preso?!
- Non le ho dato niente! - urlò Ben, alzando le mani in segno di resa. - Quando l'ho trovata, stava correndo al piano di sotto, ma-
Le gambe mi cedettero e Ryan mi afferrò i fianchi. I nostri petti si scontrarono ed il panico attanagliò di nuovo il mio stomaco. Mi prese delicatamente il mento, affinché lo guardassi negli occhi. Mi guardò, gli occhi pieni di preoccupazione, per capire se fossi fatta o ubriaca.- Entriamo dentro! Sta tremando! - esclamò Ben.
- Non sta tremando per il freddo - sputò Katy, uscendo di casa con del disinfettante. - Sta tremando per lo shock.
Sentii Ryan trasalire contro il mio corpo.
Mi ritrovai a rigettare ancora... addosso al suo petto.
Non si allontanò minimamente. Sembrava totalmente confuso. Mi carezzò la testa, appena smisi, e mi afferrò per le spalle, incitandomi ad entrare dentro casa. - Vieni con noi - ordinò a Ben, furioso.
Katy chiuse la porta alle nostre spalle.
Mi ritrovai sul divano, con accanto proprio la ragazza, che si era messa una vestaglia leggera. - Va tutto bene, Deitra - cercò di rassicurarmi lei. - Sei a casa di Ryan. Va tutto bene... Cerca di aprire la mano.
Abbassai lo sguardo sulla mano ferita. Era completamente serrata in un pugno, che lei stava cercando di aprire da non so quanto tempo. Continuai a tremare.
- Apri, Deitra - ci riprovò, con gli occhi pieni di delicatezza ed empatia. - Non succede niente. Ti devo medicare...
Feci come mi era stato detto.
Di Ryan e Ben non c'era più neanche l'ombra, ma li sentii parlare in un'altra stanza.
- Non sembra esserci un corpo estraneo - mormorò, osservando la mia ferita. - Come te la sei fatta?
Trasalii sentendo il disinfettante pizzicare tremendamente.
Ryan e Ben uscirono dalla camera di Ryan velocemente. Quest'ultimo si stava asciugando il petto, che probabilmente si era pulito dal mio vomito.
Mi sembrava di registrare le informazioni in modo caotico e... troppo velocemente.
- Falle qualcosa di caldo, Ryan - gli ordinò Katy, continuando a medicarmi. - Ha tagli un po' ovunque.
Ryan smise di respirare, catturato dalla ferita che avevo sulla mano. Qualcosa dentro di lui sembrò spezzarsi lievemente e non riuscì a trattenere una smorfia di sofferenza.
- Qualcosa di caldo, Ryan! - ripeté Katy, per cercare di svegliarlo.
- Chiama Dan - mormorò Ryan a Ben.
***
Decisi di rimanere sotto il getto d'acqua calda per quella che mi sembrò un'eternità. Ero confusa e assolutamente apatica. Avevo ancora dei leggeri tremolii, ma niente più di questo. La ferita alla mano era stata medicata da Katy, che poi mi aveva avvolto la mano con della garza.
Se n'era andata poco prima che mi rinchiudessi dentro il bagno.
C'era qualcosa di strano nei ricordi. Arrivavano ad ondate confuse e caotiche, per poi sparire d'un tratto.
Bussarono lievemente alla porta del bagno. Girai il viso verso di essa, con addosso l'accappatoio di Ryan. Non risposi, ma avevo sentito le voci alterate di mio fratello e Callie quando stavo sotto la doccia, quindi immaginai potesse essere uno dei due.
- D - mi chiamò Callie. - Mi apri?
Non avevo chiuso la porta a chiave.
Mi avvicinai lentamente e spalancai la porta. Callie era bianca in faccia e stava cercando di trattenersi dallo sbottare a piangere. Mi osservò a lungo in viso, così tanto che dovetti abbassare lo sguardo sui miei piedi nudi.
Cercò di deglutire per buttare indietro le lacrime ed il groppo. - Vogliamo andare alla polizia? - mi sussurrò, senza avvicinarsi. - Ci andiamo solo io e te.
- No.
Trasalì sentendo la mia risposta secca. - T-ti hanno... violentata, D? - chiese cautamente.
Un brivido gelido sembrò lacerare perfino la mia anima. Tenni il labbro inferiore tra i denti, così tanto da ferirmi. - No.
Sospirò. - Ok... ma... - cercò le parole, ma uscì un singhiozzo. - Scusami... - singhiozzò. - Ma vederti così...
Non la guardai. Avevo intenzione di andare alla polizia, era una decisione che avevo preso appena l'apatia aveva preso il sopravvento sul mio corpo. Ma ci sarei andata la mattina, non quella sera stessa. Avevo analizzato i fatti nel modo più lucido possibile e non avrebbero trovato niente sul mio corpo, nemmeno senza la doccia. Perché mi aveva toccata, ma non era riuscito a spogliarsi.
- No, no, tu adesso andrai stanza per stanza - urlò Ryan, che sicuramente stava al telefono con qualcuno. - Vai là e... - si fermò per ascoltare. - Non me ne frega un cazzo! Cerca il cellulare di Deitra, subito!
Sospirai.
Mi resi conto troppo tardi delle parole di Callie. La guardai, confusa, e si rese conto che non avevo sentito una parola. Ridusse le labbra in una linea dura. - Ho preso alcuni cambi per stanotte - mi sussurrò. - Te li porto?
- Devi trovare qualcuno - continuò Ryan, completamente privo di ogni buon senso. - Qualcuno deve averla vista. Possibile che non ti sia reso conto di niente? Non le hai staccato gli occhi di dosso per tutta la serata, hai provato a proporle di rimanere per la notte e-
Callie mi fece vedere alcuni pigiami che aveva preso per me.
- Solo perché le sto lontano, non significa che non mi accorgo delle persone che le ronzano intorno - ringhiò ancora Ryan. - Trovami qualcosa, o giuro su Dio che ti metto nei guai.
- Fatelo calmare - mormorai, indossando un pigiama largo. - Sto bene.
- Impossibile - borbottò Callie. - Sembra completamente fuori di testa.
- Qualcuno gli dica che non sono stata toccata - cercai di dire.
La porta della camera di Ryan si aprì ed uscii velocemente, furioso. Trasalii e questo fece scattare Calliope, la quale disse: - Datevi tutti una calmata!
Sentii i pianti sommessi di Daniel.
Il cuore sembrò sul punto di cedere. Le lacrime appannarono ancora una volta la mia vista. La rabbia proruppe dentro di me. Spinsi via Callie e mi chiusi nuovamente dentro il bagno per cercare di riprendere fiato.
Quando riaprì la porta, Callie non si era mossa di un millimetro: mi stava ancora aspettando dietro la porta. Si asciugò velocemente le lacrime e mi sorrise dolcemente.
Uscii dal bagno e si fece da parte, facendomi notare la figura di Ryan: era appoggiato al muro, poco lontano dal bagno. Non alzò gli occhi. Aveva le braccia incrociate ed il viso contratto dalla paura, dalla rabbia e dalla confusione. Con enorme sforzo, lo vidi sollevare ed abbassare il petto, in respiri miti che non appartenevano al suo stato d'animo. Callie si allontanò, lasciandoci soli. Prese un respiro profondo ed analizzò: - Ben ha detto che ti ha visto scendere le scale, questo significa che stavi di sopra. - I muscoli della mascella guizzarono e lo vidi deglutire a vuoto. - Erano passati come minimo trenta minuti dall'ultima volta che ti avevo visto, al piano di sotto. Ho visto Aiden andarsene, poco prima di me. Il tuo amico Michael invece stava al piano terra, a giocare a biliardino... Callie stava insieme a Daniel. Chi andava al piano superiore era per scopare, o perché si stava sentendo male.
- Smettila - sussurrai, così piano da sentirsi a malapena, senza nemmeno guardarlo.
- Con chi stavi al piano superiore? - mi chiese di getto, d'un tratto nervoso. - Stavi all'interno di una stanza, perché nessuno ti ha vista sul corridoio, se non quando c'ero anche io. Quindi... ti giuro, non mi interessa nemmeno perché. Non mi interessa sapere il tuo scopo. Voglio sapere solo se è successo quello che penso sia successo.
Trattenni il respiro, ricordandomi del messaggio che gli stavo per inviare.
- Qualcuno ti ha fatto questo - ringhiò, avvicinandosi a me.
Mi irrigidii d'istinto e feci un passo indietro.
Ryan smise di respirare. Strinse le mani in pugni e lo vidi rabbrividire.
- Ryan? - lo chiamò Ben. - Respira.
Non diede segnali. Trattenne ancora l'aria dentro il suo petto, fissandomi.
- Rispondimi, Deitra - cercò di dire, la voce ridotta ad un sussurro soffocato. - Chi è stato a farti questo? È successo?
Ricominciai a tremare, trattenendo le lacrime a stento.
- Che cazzo è successo?! - urlò Ryan, facendomi trasalire. Lo vidi perdere qualsiasi parte di lucidità. Si girò, dandomi le spalle, e posò le mani sui suoi capelli quasi a volerli strappare. - Che cazzo ci facevi là?! Chi è stato?! - tuonò ancora, cercando inutilmente i miei occhi. - Rispondimi! Guardami, cazzo! Chi è stato?!
Singhiozzai.
- Ok, basta così - si intromise Ben, cercando di allontanare Ryan da me. - La stai spaventando.
- No! No! - urlò Ryan, spostando le mani di Ben. - Devo sapere! Perché cazzo sei salita là?! Perché cazzo non hai cercato aiuto?!
- Stavo aspettando te! - sbottai, urlando così forte da provare dolore alla gola. Ryan divenne ancora più bianco in faccia. Strabuzzò gli occhi e socchiuse le labbra. Ben iniziò a borbottare maledizioni. - Ti stavo mandando un messaggio. Volevo che mi raggiungessi per parlare! - continuai, urlando.
Ryan fece un passo indietro, sul punto di perdere conoscenza. Si dovette aggrappare al muro e poi a Ben, senza staccare gli occhi dai miei. Iniziò a tremare.
- Stavo aspettando te - ripetei piangendo.
Daniel singhiozzò.
Ryan posò una mano sul petto. Ben cercò di scuoterlo, ma pochi secondi dopo vidi Ryan respirare affannosamente, tenendosi una mano sul petto, in preda ad un attacco di panico.
Si girò, dandomi le spalle, ed annaspò terribilmente. Si appoggiò ancora al muro, in cerca disperata di aria. Ben lo tranquillizzò, tuttavia Ryan lo spinse via e si chiuse in camera da letto.
***
Mi svegliai di soprassalto durante la notte e cercai immediatamente la finestra che dava alla scala del comprensorio, sicura di trovare gli occhi grigi indagatori di Lucas.
Non vi trovai niente se non il buio della notte e rabbrividii, spaventata dall'idea di quello che poteva nascondere il nero.
- Era solo un incubo.
Sobbalzai sentendo la voce di Ryan. Intravidi la luce del cellulare che teneva in mano. Stava seduto su una sedia, poco lontano dal tavolo da pranzo. Appena mi vide deglutire a vuoto, abbassò di nuovo lo sguardo sul cellulare, capendo il mio disagio.
- Non volevo spaventarti - sussurrò poi. - Scusami.
Rimasi in silenzio, portando nuovamente l'attenzione sulla finestra. Mi era sembrato tutto un incubo... eppure...
- Nessuno può entrare - aggiunse Ryan.
- Perché non vai a riposare? - gli chiesi d'un tratto.
Sorrise tristemente. - Non ti preoccupare del mio riposo - rispose a bassa voce. - Piuttosto, torna a dormire. Ne hai bisogno.
- Scusami... emh... se ti ho vomitato addosso - dissi, in imbarazzo.
- Non fa niente - si affrettò a dire, continuando a tenere lo sguardo sul cellulare. Aveva la schiena ricurva e la caviglia appoggiata sul ginocchio destro.
- Perché stai qua? - chiesi. - Non ce n'è bisogno.
- Io ne ho bisogno - rispose freddamente.
Sospirai. - Sto bene, Ryan.
Scosse la testa. - Non stai bene - ringhiò. - Ti sei appena svegliata da un incubo. Non stai bene.
- So... so di averti fatto capire altro - mormorai. - Ma non è colpa tua.
Rimase in silenzio. Non la pensava come me.
- Ryan...
- Ho perso il controllo - annunciò. - Prima, ti ho spaventata. Scusami.
Ripensai al brutto attacco di panico che lo aveva scosso fino alle ossa. - Eri spaventato - lo giustificai.
Vedere Ryan in quello stato era strano. Del muro che aveva messo poche ore prima non c'era più niente. Quella notte era semplicemente distrutto dagli avvenimenti.
- Sto bene - ripetei, cercando i suoi occhi inutilmente. - Sto bene. Si... si è fermato.
Annuì sospirando. - Lo so - disse con la voce tremante. - So che si è fermato dal penetrarti - aggiunse facendomi trasalire. - Ma so anche che si è fermato troppo tardi.
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