Capitolo 39: Perdonare

Il giorno seguente, inizialmente confusa, mi ritrovai in un letto diverso dal mio. Il profumo di Ryan investi immediatamente le mie narici e mi resi conto della voce di mio fratello.

– Non hai un minimo di rispetto. Io stavo nell'altra stanza – ringhiò lui.
– Mi hai fatto una domanda ed ho risposto sinceramente – si limitò a dire Ryan, con voce fredda e distaccata. Non lo avevo mai sentito rivolgersi in quel modo a mio fratello ed il cuore sembrò spaccarsi per la milionesima volta in pochi mesi. – Ti ho detto che si, abbiamo fatto sesso. Ma non farmi la paternale, perché la tua domanda mi fa pensare che non ci siano stati rumori irrispettosi. Era semplicemente un tuo dubbio.
– E quindi?
– Quindi ti ho già detto che quello che succede tra me e D è staccato da quello che succede tra me e te o tra te e lei. Quando te ne renderai finalmente conto, sarai già a metà dell'opera.
– Sei proprio un bastardo – sputò mio fratello, furioso. – Sei un bastardo senza sentimenti. La gente ha ragione.
Ryan rimase in silenzio per qualche momento, probabilmente elaborando le parole dure di mio fratello. – Non cederò alle tue provocazioni – disse semplicemente.
– Smettetela, tutti e due – si intromise Callie, con voce autoritaria. – Andiamo a fare colazione.
– Ieri sera si è fatto prima Katy e poi mia sorella, e dovrei stare tranquillo?!
Decisi di alzarmi dal letto ed avanzare velocemente per interrompere quella discussione inutile.
– Secondo te – replicò Ryan, con tono superiore, – sono così stupido da farmi un'altra ragazza in presenza di Deitra?
– Non so più chi sei ormai – ringhio Dan.
Aprii di scatto la porta e li ritrovai tutti e tre davanti alla camera di Ryan. Mio fratello mi fulminò, squadrandomi dalla testa ai piedi, Callie d'altro canto mi rivolse uno sguardo stanco.
– Avete finito? – ringhiai. – Siete tutti e due ridicoli.
– Vaffanculo – sputò Daniel avvicinandosi a me. – Io ti ospito a casa e tu–
– Io cosa? – gli ringhiai addosso. – Io cosa?
– Te lo scopi come se non fossi arrabbiata con lui, come se lo avessi già perdonato – disse mio fratello, senza staccare gli occhi da me. – Ma io ti conosco, D. E tu non l'hai perdonato.
Alzai il mento, ferita. – E se anche fosse?
Ryan ebbe un leggero sussulto e girò il viso verso di me. – E se anche fosse? – ripeté, la voce affilata come un coltello.
Gli occhi trovarono immediatamente i suoi blu ed il volto di travolto da un'ombra di consapevolezza. Pensava davvero lo avessi perdonato per aver rilevato il mio segreto non solo a Louisa, ma anche a mio fratello?
Scosse la testa, come se si fosse appena svegliato da un sogno. Sorrise amaramente. – Tutto chiaro – mormorò, continuando a sorridere. Si ravvivò i capelli, nervoso. – Mi è chiaro che, con tutto quello che sta succedendo, tu sia in grado di non accettare la realtà.
– La realtà è che avresti dovuto starne fuori – ringhiai.
– No, la realtà è che il codardo non sono io – disse, abbassando il tono, – sei tu.
– Non vi perdonerò mai – se ne uscì mio fratello.
– Non farlo – ribatté Ryan, furioso. – Non la voglio la tua amicizia, se non riesci nemmeno a vedere realmente quello che sta succedendo.
Mio fratello rise con cattiveria. – E perché, tu sì? Sei appena stato scopato da una che ce l'ha con te!
– Stai esagerando – lo penalizzò Callie, posandogli una mano sulla spalla.
– Fatti gli affari tuoi, Calliope! – sbottò Daniel.
– Mi farò gli affari miei quando te li farai anche tu! – tuonò la mia coinquilina. – Stanno facendo tutto alla luce del giorno, e non ti va bene nemmeno così. Ecco quanto sei egoista. – Si girò e si chiuse in camera di Daniel. Ne uscì pochi secondi dopo, coi vestiti del giorno prima. – E ne ho abbastanza di persone egoiste. Me ne vado. È finita.
Vidi il viso di mio fratello squarciarsi a causa del dolore e della rabbia.
– Abbiamo sbagliato – mormorò, con lo sguardo a terra, – a non dirti tutto sin dall'inizio. Ma questa storia ti sta logorando più del dovuto, Dan, e se vai avanti così ti ritroverai terra bruciata.
– Tu sei lo stronzo e in qualche modo quello cattivo sono io? – ringhiò Daniel, furioso. – Certo che hai proprio la faccia come il culo.
Scrollò le spalle. – Sarò anche stronzo, ma almeno sto cercando di risolvere le cose – borbottò, freddo.
– E come, continuando a farti mia sorella?!
Fece spallucce, incurante. – Lo faccio, se non lo reputo il problema – confermò. – Ma, vedendo chiaramente come sono le cose, credo non sia più una buona idea. Ma il problema che sto cercando di risolvere è tra me e te, non tra me, te e Deitra. Continui a non accettarlo.
Ryan mi squadrò dalla testa ai piedi, facendomi leggermente arrossire. – Non risolverò un problema che non reputo tale. Se lei ha deciso di avercela con me per il semplice fatto di aver cercato di proteggerla, lo facesse.
Fece alcuni passi verso la sua camera e, appena fu accanto a me, spalla contro spalla, disse – Tieni la maglietta, ma se sento ancora una volta rivolgerti a me come ieri sera, mi incazzo. E forse in tutti questi anni mi hai visto solo una volta veramente arrabbiato – mi disse a bassa voce, girando il viso verso di me, riferendosi ad Aiden. – Ho smesso di giocare pulito, Deitra.

***

Due sere prima della cena a casa di mio padre, mi ritrovai a casa di Justin.
Si era reputato un buon confidente nonostante sapessi benissimo che probabilmente avrebbe spifferato tutto ai suoi amici Daniel e Ryan.
Ma non tutto.
Avevo capito che si sentiva leggermente in colpa per aver fatto sesso con me, che non solo ero la sorellina del suo amico, ma anche la ragazza per cui Ryan si era allontanato da mio fratello e... Avvicinato a Katy ancora una volta.
Il giorno prima ero andata a mettere in ordine casa mia e di Callie, insieme a quest'ultima.
Daniel aveva provato ad aiutarla, ma lo aveva cacciato di casa e ce n'eravamo occupate solamente io e lei. Dopo una giornata intera, avevamo risolto quasi tutto. Dovevamo soltanto ricomprare alcuni mobili e la maggior parte dei servizi di piatti.
Avevo ritrovato gran parte dei piatti di mia mamma a terra, completamente distrutti. E mi ero ritrovata accovacciata a terra, singhiozzando.
Avevo dovuto buttare anche quelli.
Erano solo oggetti. Me ne rendevo conto. Ma quando gli oggetti sono l'unica cosa che ti rimane, inizi a trasferire tutto in essi: il dolore, la rabbia, il rancore per non averla potuta salvare e per non essere riuscita fino all'ultimo ad alleviare le sue pene.
La morte, quando prendeva la persona a te più cara, non ti lasciava mai del tutto. Il tempo non mi era servito ad alleviare, era servito a farmi rendere conto che lei non sarebbe più tornata.
La morte era sempre là, come un acido che ti bruciava la pelle, che ti corrodeva. La ritrovavo in piccoli episodi della giornata, che per altri potevano essere semplici, ma per me non lo erano. Vedevo nella gente che suonava il clacson in macchina, io che cercavo di aiutare mamma ad entrare in macchina, creando fila dietro di me, mentre la gente iniziava a suonare, facendo uscire la parte più rabbiosa di me.
Nella gente che non si spostava per farmi passare, rivedevo gli episodi in cui mia mamma, con metastasi al femore, era costretta a scendere dal marciapiede, facendo scoccare quel brivido di dolore che ormai conosceva bene, semplicemente perché la gente non la faceva passare.
E in quel servizio di piatti, non rivedevo solamente il sorriso di mamma ogni volta che le portavo a letto il cibo con quel piatto che le piaceva tanto. La rivedevo a casa, sul divano a parlare con mio padre, mentre quest'ultimo le preparava la cena perché lei non ne aveva mai voglia. Rivedevo la mia famiglia, che non era mai stata perfetta, non sempre felice, ma pur sempre una famiglia.
Quella che avevo adesso erano pezzi, strascichi di qualcosa che non sarebbe più tornato come prima.
E quando avevo finito di buttare i piatti di mia mamma, mi ero ritrovata a casa sua... Perché era diventato l'unico oggettivo e l'unico in qualche modo esterno a tutto quello che stava accadendo con mio fratello e Ryan.
Ci eravamo messi a vedere un film, sul divano; poi un altro ancora, fino a quando non si era fatta sera.
Poi, verso le 21, dei ragazzi avevano iniziato a bussare alla sua porta ed uno l'aveva addirittura aperta.
Ma non un ragazzo qualunque: mio fratello.
– Siamo arrivati! – urlò, facendoci sobbalzare.
Ryan teneva due casse di birra, con un sorrisino. Appena si rese conto di me, il suo sorriso svanì.
Ben fischiò. – Justin era così preso dal... Film... Da non ricordarsi della serata! – mi prese in giro, per poi farmi un occhiolino. – Sei bellissima anche spettinata, Bionda.
Feci una smorfia. – Grazie, Ben.
– Ancora non vi parlate?! – chiese Ben, strozzando mio fratello. – Vecchio lupo, basta! Questa storia è andata fin troppo per le lunghe! Dopotutto, Ryan ha fatto semplicemente quello che vorrebbe fare la maggior parte dei ragazzi.
– Ben – lo ripresi io.
– Per la cronaca, non è vero – se ne uscì un suo amico. – È quello che vorresti fare tu.
Ben scrollò le spalle. – Io di sicuro.
– Ben! – esclamai ridendo.
Sentii Justin ridere, dietro di me.
– Oh, e perché non ce l'hai anche con lui allora? – continuò Ben, indicando il ragazzo seduto sul divano insieme a me.
– Forse perché lui non mi ha tenuto nascosto niente e perché non è il mio amico d'infanzia – borbottò Daniel.
– Già, beh, se la sta facendo lo stesso.
– Stavamo soltanto vedendo un film – ribattei.
– Sí – rise un ragazzo. – Si inizia così.
Ryan alzò le birre. – Le metto in frigo – se ne uscì, senza guardarmi. Si avviò verso la piccola cucina a vista.
– Ti aiuto – mormorò Louisa, che spuntò tra tutti quei ragazzi. Mi rivolse uno sguardo preoccupato, accennando un sorriso triste.
Abbassai lo sguardo sui miei jeans, in difficoltà, quando accanto a me si mise seduta anche Katy. – Sei contenta? – mi chiese, non appena Justin si alzò per andare a parlare coi suoi amici, mentre aprivano il piccolo tavolo da ping pong.
– Molto – mentii, spegnendo la televisione.
– Ti rendi conto della confusione e del dolore che gli stai creando? – continuò, la voce piena di rabbia.
Non risposi, semplicemente mi resi conto di non voler parlare con lei di tutto quello che stava accadendo, per questo mi alzai e mi diressi verso la cucina, una volta appurato che Ryan si trovava lontano da essa.
Posai una mano sul braccio di Justin e gli dissi velocemente: – Preparo qualcosa da mangiare.
– Grazie, D! Credenza sopra il piano! – esclamò, posando velocemente la mano sulla mia, prima che la levassi dal suo braccio.
Sentii lo sguardo di Ryan posarsi su di me, ma non gli diedi alcuna soddisfazione.
– Ti serve una mano? – chiese Louisa dolcemente.
– No, ti ringrazio, Lou – le sorrisi dolcemente.
Annuì e si mise a parlare con Ben, mentre cercava di spiegarle il suo piano su come conquistare il cuore di Katy.
C'era qualcosa di dolce nel modo di parlare di Ben, che tentava di conquistare la maggior parte delle ragazze, senza provarci realmente.
In fin dei conti, non lo avevo mai visto provarci realmente con qualcuna, esattamente come non lo avevo mai visto con nessuna.
Era tutta una farsa.
Era il suo modo di proteggersi dal mondo forse.
Il suo sguardo non era mai malizioso, era sempre illuminato da divertimento e dolcezza.
Sovrappensiero, mi misi a preparare dei piccoli tramezzini con un po' di tonno, pomodoro ed altri con prosciutto cotto e mozzarella. Li tagliai attentamente.
Cercai mio fratello, tra la folla di gente che continuava ad entrare dentro casa, rendendomi nervosa. Lo trovai a giocare a ping pong, con un compagno di squadra non diverso dal solito: Ryan.
Li guardai ridacchiare e sentii la speranza riaccendersi dentro di me. Mi mordicchiai l'interno della guancia, quando li vidi esultare insieme, dandosi un cinque saltando da terra.
Mi ritrovai a ridere, il cuore pieno di amore.
Era evidente che avessero parlato, dopo essermene andata.
E, nonostante la rabbia per essermi sentita scoperta, ne ero così felice da ritrovarmi a ridere insieme a loro, da lontano.
Sospirai, tornando a preparare il cibo.
– Scusami, posso rubarti qualche patatina? – mi chiese un ragazzo, avvicinandosi alla cucina.
– Certo, anzi – mormorai porgendogli due contenitori pieni di patatine preconfezionate – puoi portarli di lá?
– Ovvio – rispose avvicinandosi a me per prendere i contenitori. – Che profumo è?
Arrossii. – Come?
– Il tuo profumo – disse. – Sembra...
– Vaniglia – si intromise Ryan. Lo trovai appoggiato con la spalla al frigorifero, completamente rivolto verso di noi.
Il ragazzo gli sorrise. – Ecco cos'era! Lo devo comprare alla mia ragazza! Adora la vaniglia – esclamò, illuminandosi.
– Ce l'ho dentro la borsa – dissi, ancora in imbarazzo. – Se vuoi dopo gli fai la foto.
– Grazie, troppo gentile – disse il ragazzo annuendo.
Il ragazzo se ne andò, urlando ai loro amici che era pronto da mangiare.
Ridacchiai e tornai a preparare i tramezzini, posizionando quelli pronti su un piatto.
– Ti serve qualcosa? – chiesi bruscamente, senza nemmeno girarmi.
– Veramente si – replicò Ryan, con tono tranquillo e pacato. – Il vino.
– Beh, prendilo e vai – lo liquidai, continuando a tenere lo sguardo sui tramezzini.
– Veramente sta nella credenza sopra la tua testa – aggiunse Ryan, con un sorriso strafottente.
Sbuffai e mi lavai le mani con un fazzoletto, per poi alzarmi in punta di piedi per prendere il vino rosso.
Cercai di prenderlo, ma stava nello scaffale più alto e...
Lo sentii ridacchiare, avvicinandosi verso di me. – Spostati – si prese gioco di me.
– No, ci arrivo, devo soltanto... – provai a dire, prima di cercare di arrampicarmi sul piano.
Poi però lo sentii dietro di me. Il suo petto si scontrò contro la mia schiena e lo stomaco sembrò avere un sussulto. O forse era proprio l'intero corpo.
Sentii i suoi muscoli flettersi ed alzò il braccio per afferrare senza problemi la prima bottiglia di vino rosso.
Quando il suo respiro batté contro la mia tempia ed iniziai a sentire il suo cuore battere velocemente contro di me, le gambe diventarono come gelatina. Mi resi conto di star stringendo il tramezzino così forte da renderlo poltiglia.
Prese un'altra bottiglia con estrema lentezza e quindi capii.
Mi morsi il labbro ridacchiando. Feci pressione sul bancone per spingermi via. Indietreggiò, ancora attaccato a me, fino a trovarsi incastrato al piano della cucina dietro di lui. Mi alzai in punta di piedi, tenendo ancora le mani sul piano davanti a me, e feci combaciare i miei glutei con l'altezza del suo cavallo.
I suoi muscoli si irrigidirono di scatto ed il petto smise di alzarsi ed abbassarsi.
– Smettila – ringhiai.
Trattenne una risata. – Di fare cosa? – mi prese in giro.
Mi mossi contro di lui e d'istinto mi posò una mano sul fianco, stringendolo possessivamente. – Sai benissimo di che cosa sto parlando – ribattei.
Si permette per qualche secondo contro di me, facendomi scalpitare il cuore. – Non mi sembri intenzionata a spostarti – mormorò, la voce piena di divertimento.
La rabbia mi fece bollire il sangue nelle vene. Iniziò a battere l'indice sul mio fianco, andando a ritmo coi battiti accelerati del mio cuore. Odiavo il modo in cui era in grado di ascoltare il mio corpo. Mi allontanai di scatto ed il freddo dietro di me mi fece rabbrividire. – Non hai tutto questo potere – borbottai, affatto convinta.
Una risata rauca. – Mi pare evidente.
Prese le bottiglie accanto al mio braccio e si allontanò, per tornare in salone.
– Come hai fatto? – gli chiesi d'un tratto. Si girò verso di me, non capendo la domanda. – Come hai fatto a fargli cambiare idea?
Capì che stavo parlando di Daniel. – Gli ho detto la verità – si limitò a dire.
Deglutii, perché a me sembrava di avergliela già detta, la verità. – Ok – bofonchiai.

Tornò in salone, portando con sé le bottiglie di vino. Camminò con estrema disinvoltura, come se non mi avesse appena provocato.

Una volta preparato da mangiare, raggiunsi gli altri ragazzi. Justin stava guardando una partita di football in televisione insieme ad altri, mio fratello era intenzionato a vincere il campionato di Ping Pong e Louisa stava parlando con Katy e Ryan.

Mi guardai in giro, a disagio, non sapendo che altro fare.

– Tieni, Bionda – se ne uscì Ben, lasciandomi un bicchiere di vino. Gli sorrisi per ringraziarlo. Sospirò, guardando nella mia stessa direzione. – Daniel è una testa calda ed è testardo – aggiunse, mettendomi un braccio attorno alle spalle. – Ma ti ama più della sua stessa vita. Per questo sta facendo così fatica a perdonarti. Ha perdonato Callie, sta iniziando a perdonare Ryan... La prossima sarai tu.

– Non ci prova nemmeno a capirmi – borbottai.

– Prova a capire lui – mi disse. – Si è ritrovato a staccare a forza il suo migliore amico, che è sempre stato un tipo estremamente razionale, dall'ex ragazzo di sua sorella. Non gli era mai passato per l'anticamera del cervello che potesse esserci realmente qualcosa tra voi, perché per lui sei intoccabile. Si è ritrovato ad essere l'unico a non essere a conoscenza della vostra relazione.

– Lo so, lo so.

– Ha sempre avuto problemi a fidarsi, dopo Bob... Nella sua testa, è stato toccato l'intoccabile proprio dal suo migliore amico, l'unico di cui si è sempre fidato – continuò. – La tempistica non ha giocato a vostro favore. Era passato ancora troppo poco tempo dall'ultima volta che aveva visto Ivy... In realtà, si è presentata qua, poco prima che tu-

– Che cosa? – esclamai, furiosa, attirando l'attenzione di alcuni ragazzi.

Ben si guardò attorno, rendendosi conto di aver detto qualcosa di troppo – Cazzo.

– Non ci posso credere – ringhiai. – Ha tradito Callie con lei?

– Oh, beh...

– Schifoso bastardo – sputai, avanzando velocemente verso mio fratello.

– Deitra...

– No! – esclamai. – Ha tradito la mia migliore amica per quella stronza-

Ryan mi fermò, posizionandosi davanti a me.

Spostati.

– Datti una calmata – mi disse, con una voce che non ammetteva repliche.

– Spostati, cazzo – ripetei, cercando di andare altrove per sfuggire da lui.

– Non l'ha tradita – aggiunse, scuotendomi le spalle. – Smettila. Non l'ha tradita.

– Tu lo sapevi? – sbottai.

– Certo che lo sapevo – rispose lui, calmo.

Mi allontanai da lui. – Certo che lo sapevi – ringhiai, fulminandolo. – Ecco un'altra cosa di cui non ero a conoscenza.

– Non spettava a me dirtelo – ribatté, spazientito, incrociando le braccia al petto.

– Ah, questo non spettava a te dirlo, ma ti spettava dire le mie cose a mio fratello e Louisa? – chiesi, furiosa. – Quanto sei incoerente!

– Wow, ma chi sei e che ne hai fatto della Bionda? – se ne uscì Ben.

Girai il viso verso di lui, calmandomi. Il sangue defluì dal mio viso, socchiusi le labbra ed il respiro rimase incastonato dentro di me.

– Adesso ti riconosco come la sorella di Daniel – continuò ridendo.

– Non fa ridere – borbottò Ryan.

– Cazzo se fa ridere! – ribatté Ben, stringendomi a lui. – Sono innamorato pazzo di te, Bionda. Ora puoi tranquillizzarti. 

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top