Capitolo 38: Alcune cose non me le spiego
Non lo farei mai. Non ti fermerei mai.
Lo aveva ribadito più volte quella sera nel mio salone, a casa di papà.
Ma io non ero lui, eravamo stati diversi. Per questo ogni fibra del mio corpo, ogni nervo stava gridando di aprire quella maledetta porta e sbottare a piangere davanti a Ryan, per fargli vedere tutto quello che mi stava causando.
Nonostante la rabbia, nonostante il mio sentirmi tradita... per tutto quello che aveva raccontato non solo a Louisa, ma anche a mio fratello.
Nonostante tutto, il mio corpo, il mio cuore e la mia anima urlavano ancora quando c'era lui di mezzo. Era come se non solo avesse preso parti di me, ma come se anche lui avesse lasciato parti di sé dentro di me. Il mio corpo sembrava reclamare qualcuno a cui sentiva di appartenere.
Eppure, perché mi ritrovavo in salone, con Ryan e Katy dentro la camera?
Dovevo prendere un po' d'aria.
Afferrai la maglietta che mi aveva prestato Ryan e dei leggings di Dayna che, per qualche strana ragione, erano rimasti là. Una volta pronta, uscii di casa.
I piedi pestarono velocemente l'asfalto gelido, a causa dell'inverno e della sera umida. I polmoni leggermente affaticati dalla corsa, inalarono aria fredda, creando uno strano dolore al petto.
Ma era quello di cui avevo bisogno.
Un dolore fisico.
Non mentale o emotivo.
Fisico.
Aumentai il ritmo della corsa, le case sfuggirono ai miei occhi e mi concentrai unicamente sul respiro, sui piedi e sull'aria fredda che colpiva il viso.
Avevo sempre trovato la corsa faticosa, ma pur sempre un ottimo modo per scaricarsi.
Ad ogni chilometro, il corpo sembrava ringraziarmi per una nuova energia che si stava creando, buttando via quei pensieri negativi che lo avevano appesantito.
Mi fermai quando mi resi conto di aver passato addirittura l'ultimo quartiere vicino al campus. Mi fermai, appoggiando le mani sulle ginocchia, per riprendere fiato.
Pensai di fare una tappa a casa di Justin, ma da quando eravamo stati insieme era scostante. Sembrava pentito di quello che era successo e quelle poche parole che erano uscite dalla sua bocca mi avevano portato alla sua amicizia con Dan e Ryan.
Per questo avevo deciso di lasciarlo stare, rispettare i suoi spazi e non chiamarlo.
Non c'era una vera e propria voglia di stare con lui, ancora di meno un bisogno. Quello che c'era stato tra noi era stato semplice sesso, una cosa che non avevo mai sperimentato e che non si era reputata poi così male. Anzi, l'avevo trovata un'ottima soluzione per non pensare e sfogarsi.
Ma era stato completamente diverso da Ryan. Le sensazioni, lo stomaco come frizzantino, il cuore quasi in fibrillazione e la pelle a fuoco... Il desiderio mi aveva accecato soltanto con una persona. Con nessun altro. Quel desiderio così forte da spaventare, da buttare giù qualsiasi barriera e razionalità.
C'era qualcosa di potente in lui, in quello che rappresentava per me.
Fin troppo potente.
Quando tornai a casa, con il fiatone, la porta di Ryan era ancora chiusa. Era passata più di un'ora.
Mi convinsi ad andare ad andare in bagno, per farmi una doccia veloce. Nonostante la rabbia e la gelosia, con ancora i capelli raccolti, decisi di indossare l'intimo e la maglietta di Ryan, lasciando a terra i leggings di mia sorella.
Mi toccava dormire sul divano. C'erano delle coperte ed un cuscino.
Grugnii. Portai lo sguardo sulla porta. La parte peggiore forse era proprio non riuscire a sentire niente. Erano fin troppo silenziosi, i maledetti.
Mi ritrovai in cucina, a lavare i piatti, nonostante la lavapiatti funzionante.
Dopo un'altra mezz'ora, durante la quale mi ero decisa a lavare l'intera cucina, la porta di Ryan si aprì di scatto, facendomi irrigidire d'istinto.
Non mi voltai, dando le spalle ai due ragazzi. Sentii Katy sussurrare qualcosa a Ryan, qualcosa per farlo tranquillizzare. Strinsi le posate tra le mie mani.
- Buonanotte, piccola D - mi salutò Katy.
- Dormi bene, gattina Kitty - dissi io, alzando lo sguardo su di lei, che ormai si trovava quasi alla porta principale, per cui mi bastava girare lievemente il viso verso sinistra, poco sopra la spalla.
Ridusse gli occhi, incenerendomi. - Come mi hai chiamata? - chiese.
- Gattina Kitty - ripetei, sorridendole falsamente. - Non è così che ti chiami?
Katy chiuse le mani in pugni. - No. E lo sai.
- Oh, intendi come sai che io non mi chiamo "piccola D"?
- Sei proprio insopp-
Ryan bloccò Katy dal venire da me, serrandole il passaggio soltanto con un braccio. - Quanti anni avete, due? - ringhiò. - D'ora in avanti, vi chiamerete "Deitra" e "Katy".
Ridacchiai, posandomi lo strofinaccio sopra la spalla. Non risposi a Ryan, prendendomi beffa di lui e dei suoi ordini.
- Di chi è quella maglietta? - chiese Katy, furiosa, senza staccare gli occhi da lui.
Ryan non sembrò affatto contento di sentire quella domanda, perché i muscoli della mascella guizzarono all'istante ed il suo sguardo si fece più affilato. - Non sono cose che ti riguardano, Katy - replicò, il tono gelido di chi non ha intenzione di continuare quella conversazione.
Katy fu ferita da quella risposta. Lo potei capire dal suo lieve sussulto e gli occhi sgranati. Una parte di me era perfino dispiaciuta, perché in realtà Ryan utilizzava lo stesso trattamento anche con me, quando si trattava di scenate di gelosia.
- Dovresti andare - aggiunse Ryan.
Katy si girò e, senza guardarmi, se ne andò, cercando di sbattere la porta. Ryan la bloccò, i bicipiti si irrigidirono e fui catturata dalla scena. Aprì la porta leggermente, abbastanza da guardare Katy negli occhi ed avvicinare il viso al suo. - C'è gente che dorme - le disse a bassa voce.
Sospirò, chiudendo la porta.
Ripresi a pulire la cucina, sistemando le ultime posate, con ancora lo strofinaccio sulla spalla. Sentivo il suo sguardo addosso, ma decisi di non alimentare quello che stava elaborando dentro quella testa.
- Sei contenta? - chiese d'un tratto.
- Chi? Io? - volli sapere, indicandomi con l'indice, con finta aria innocente. - E per quale motivo dovrei esserlo? Ci ho messo più di mezz'ora a pulire questa cucina. Dovreste seriamente pulirla più spes-
- Sei-contenta? - ripeté, il tono deciso e leggermente innervosito.
- No - replicai. - La cucina si lava tutti i giorni dopo i pasti.
Incrociò le braccia, appoggiando la spalla sulla porta. Non smise di fissarmi nemmeno per un secondo. - Vai a dormire.
- Vacci tu, a dormire - sibilai.
Mi fulminò. - Se vai a dormire adesso, puoi prendere il mio letto - cercò di corrompermi.
Sbottai a ridere, furiosa. - E dormire dove poco fa hai fatto sesso con Katy? - sputai. - Ti ringrazio, troppo gentile, ma credo proprio che passerò.
- Ho già cambiato le lenzuola.
- Stai mentendo - commentai. - Aggrotti la fronte e ti tocchi il mento quando menti.
Si irrigidì, visibilmente sorpreso. - Smetti di chiamarla Kitty, conosci benissimo il suo nome. È inutile darle fastidio - cambiò discorso.
Feci un'espressione scioccata. - Adesso che me l'hai detto, sicuramente smetterò di chiamarla Kitty.
- Smettila. Sei insopportabile quando ti comporti come una bambina capricciosa.
- Adesso che me l'hai detto, sicuramente smetterò di comportarmi in questo modo.
Ringhiò, spingendosi via dalla porta, per poi dirigersi velocemente verso la sua camera, più nervoso che mai. - E mettiti un pantalone, cazzo - ringhiò. - Prima che tuo fratello si arrabbi con me.
Asciugai il piano con il panno, senza nemmeno rispondergli.
Lo sentii sospirare. - Vai a dormire, Deitra.
Buttai lo strofinaccio e mi diressi verso di lui, furiosa. Mi alzai in punta di piedi per cercare di raggiungere i suoi occhi. Strinse i denti, quando mi ritrovai così vicino a lui da poterlo sfiorare. - Prova a darmi qualche altro ordine, e ti faccio pentire di essere rimasto a casa - sibilai, fulminandolo.
- In che modo? - si prese gioco di me. Un luccichio malizioso accese i suoi occhi blu, facendomi arrossire ancora di più.
Non riuscii a trovare una parola all'altezza delle mie occhiate di fuoco.
Abbassò il viso verso di me, ad un palmo dalle mie labbra. - Dove sei andata prima?
- Ti stavi annoiando così tanto, da sentirmi uscire? - ringhiai, con il cuore leggermente accelerato dalla vicinanza.
Mi osservò a lungo, studiando i miei occhi, gli zigomi, il naso e le labbra. - Non lo definirei così.
- E come?
Avvicinò le labbra alle mie, tenendo lo sguardo fisso sui miei occhi. - Mi risulta difficile concentrarmi su altro, se sei nelle vicinanze - ammise, la voce ridotta ad un sussurro rauco.
Annaspai. - Menti - ringhiai.
- Tu dici? - chiese, allontanando il viso dal mio, soddisfatto dell'impatto che ancora aveva su di me.
- Mi avevi detto che non lo avresti fatto - borbottai, ferita. - Mi avevi detto che non saresti mai andato con altre davanti a me.
Passò un'ombra davanti al suo viso e gli occhi si spensero. Aprì di scatto la porta per mostrarmi la sua camera... ma soprattutto il letto intatto. - Non abbiamo fatto niente - disse, senza staccare gli occhi da me, per catturare ogni singola reazione. - Che cosa mi dici di te e Justin?
Trasalii, spaventata da quella domanda. - Cosa?
- So già la risposta - mi liquidò, con un sorrisino deluso. - Sei qua ed hai il coraggio di farmi pesare la relazione con Katy, quando sei la prima che va da Justin.
Mi morsi l'interno della guancia, in difficoltà, con le guance in fiamme. Non riuscii più a guardarlo negli occhi. - Che cosa ti ha detto? - sussurrai.
- Che avete fatto sesso - replicò lui. Ebbi un lieve sussulto. - Justin fa parte del nostro gruppo, pensavi davvero che non mi avrebbe detto niente?
- È successo solamente una volta - mi uscii, la voce così disperata da farmi pena da sola.
- Non devi giustificarti - replicò. - Può succedere altre volte, non sono nessuno per fermarti.
Scossi la testa, d'un tratto arrabbiata. - Come diavolo fai?! - sbottai, avvicinandomi a lui, con le mani tremanti. - Come fa ad andarti bene? Io mi sento morire ogni volta che ti vedo insieme a Katy.
Strinse i denti, facendo guizzare i muscoli della mascella. - Ti ho detto che mi va bene quando non ti vedo. Non vi ho mai visti insieme e non voglio farlo. Ma di certo non ti fermerò dallo scopare insieme ad altri.
Più parlava e più mi faceva infuriare. - Beh, io vorrei farlo - ringhiai, arrabbiata, alzando gli occhi rabbiosi su di lui. - Vorrei fermarti.
Deglutì, leggermente in difficoltà. Il pomo d'Adamo si mosse su e giù velocemente. I suoi occhi si abbassarono sulle mie labbra. - Lo so - sussurrò, la voce così rauca da farmi rabbrividire. - Ma non puoi.
Feci alcuni passi indietro. Cercai di regolarizzare il respiro con un po' di fatica. - Io-
- Dormi in camera mia - mi liquidò, passandomi accanto velocemente.
- No.
- Non era una richiesta - disse, ravvivando il cuscino sul divano.
- Non mi interessa, non ci dormo là dentro - ringhiai.
Si girò verso di me, come scottato. - Ti ho detto che non abbiamo fatto niente-
- Stasera - lo corressi. - Non voglio dormirci là.
- Sei seria? - ringhiò, lanciandomi un'occhiata di fuoco. - Sai che cambio le lenzuola due volte a settimana?
- Chissà perché - borbottai, senza guardarlo, giocando nervosamente con l'orlo della maglietta.
- Sei ridicola.
- E tu un uomo che non si sa tenere il caz-
Torreggiò su di me, buttando il cuscino sul divano. - Dillo - mi sfidò, arrabbiato. - Provaci, D.
Tremando leggermente per l'agitazione, lo fissai negli occhi finendo: - Un uomo che non si sa tenere il cazzo nei pantalo-
Mi afferrò le spalle e mi ritrovai dentro la sua camera. Chiuse la porta e si girò verso di me. Si avvicinò troppo, abbassando il viso verso di me per cercare un contatto visivo. - Non giudicarmi. Non sai quello che-
- So quello che basta - ringhiai. - E so che fare sesso con Justin non mi ha dato niente di più di un orgasmo.
Nei suoi occhi vidi una scintilla di rabbia, trattenne il respiro per alcuni secondi. - Esatto. Forse io ho bisogno di questo, esattamente come te, evidentemente - mi ringhiò addosso.
- È successo soltanto una volta - gli ricordai. - Tu e Katy state sempre insieme.
- Non stiamo sempre insieme, ma è vero: ci scopo volentieri e senza troppi problemi - replicò, sempre più nervoso. - E ti ho già detto che puoi fare quello che vuoi con Justin.
- Sei soltanto un ragazzo con gli ormoni a mille - ringhiai, accecata dalla gelosia.
Il suo petto scontrò contro il mio, facendomi indietreggiare, fino al muro. Mi bloccò, posando le mani ai lati del viso. - Lo sono - disse a bassa voce, avvicinando le labbra alle mie. - Lo sono sicuramente, perché penso a te nuda circa il 90% della mia giornata.
Trasalii, accaldata. Deglutii rumorosamente.
- Quindi devi scusami se proprio non riesco a tenermi il cazzo nei pantaloni ultimamente - mi ringhiò contro. Le gambe diventarono gelatina. - Ma sto avendo dei seri problemi, dato che sono sempre concentrato su quello che non dovrei fare. - Piegò leggermente le braccia, per appoggiare completamente il suo corpo al mio. Trattenni un gemito quando sentii la sua pelle bollente entrare a contatto con il tessuto della maglietta. Annaspai, in difficoltà. - Mi basta vederti così - mormorò con la voce roca, premendo la sua erezione sulla mia pancia. - Mi basta vederti trasalire per ogni gesto, mi basta sentirti tremare così contro di me, o vederti con queste guance rosse e gli occhi pieni di quello che vorresti fare.
Cercai di respirare, ma mi uscii uno strano mugolio.
Sembrò deglutire un gemito. Socchiuse gli occhi, con il respiro affannato. Mi strinse il fianco con una mano, le dita sembrarono volersi incastonare dentro la mia pelle. Le labbra si posarono delicatamente sull'incavo del mio collo, facendomi tremare come una foglia.
Piegai la gamba sinistra, facendo pressione sull'incavo del suo ginocchio, affinché lo potessi sentire sempre più vicino. Mi alzai, per cercare di far combaciare le parti di noi che stavano soffrendo di più.
Ringhiò quando, ruotando leggermente i fianchi verso di lui, riuscii a far combaciare le nostre parti. Mi aggrappai alle sue spalle e buttai la testa indietro. Mi mordicchiai il labbro, sentendo le gambe tremare leggermente. - Ti voglio - mi uscii, con una voce quasi disperata.
Lo sentii annaspare ed un brivido scosse tutta la sua schiena. - Che cazzo, D - brontolò, alzandomi la maglietta fino alla pancia.
Infilai la mano dentro i suoi pantaloni del pigiama, per toccare timidamente la sua lunghezza. Sibilò, marchiandomi il collo, succhiando e mordendo. Seguì i miei movimenti, scostando le mutandine, per poi far entrare due dita dentro di me e massaggiarmi con il palmo della mano.
Sobbalzai e buttai la testa indietro, mordendomi l'interno della guancia.
- D... - mi chiamò, posando la fronte sulla mia.
- Sì? - chiesi, mordendomi il labbro.
Successe in pochi secondi.
Mi afferrò per le natiche e mi sollevò. D'istinto, allacciai le gambe attorno a lui. Scosse la testa, in maniera febbricitante, si girò su sé stesso e poi mi appoggiò sulla sua scrivania ordinata. Lo vidi togliersi velocemente i pantaloni, per poi baciarmi. Strinsi le gambe attorno a lui, strusciandomi su di lui.
Mugolammo, ma entrambi i suoni vennero attutiti l'uno nella bocca dell'altro. Mi tolse velocemente la maglietta ed iniziò a torturarmi il collo, baciando e mordendo, scendendo fino al petto. La lingua tracciò il segno dell'aureola del capezzolo, per poi succhiare avidamente.
Mi dondolai, chiudendo gli occhi e, non appena socchiusi le labbra, la sua mano mi tappò la bocca affinché non facessi rumore. Passò la tortura all'altro seno, facendomi tremare le gambe. - Oh... - sussurrai, stringendogli le spalle fino a creare delle mezzelune là dove le mie unghie lo stavano decisamente segnando.
Cercai di abbassargli i boxer, ma non mi sembrò intenzionato, perché anzi smise di succhiare e mordere i capezzoli, scendendo verso la pancia.
Giocò anche con l'ombelico, facendomi inarcare sempre di più la schiena. - Ti prego... - mormorai, tirandogli i capelli.
Lo sentii ridacchiare contro la pelle. - Che cosa, D? - mi provocò.
Quando abbassai lo sguardo verso i suoi occhi, li vidi accesi dall'eccitazione, così tanto che sentii le guance farsi sempre più calde. - Togliti i boxer - risposi.
- Mmh - disse, prima di mordermi la pelle poco sotto l'ombelico. Sussultai. - Non stavo ancora pensando a questo - aggiunse, la voce ridotta ad un sussurro rauco.
- C-cosa? - chiesi, in preda all'eccitazione. Quando lo vidi abbassarsi ancora di più, togliendomi le mutandine, balbettai: - N-no, Ry...
Non mi ascoltò. Mi baciò l'interno della coscia, per poi mordicchiarla. Mi morsi la lingua, in difficoltà, mentre tutto il mio corpo d'istinto voleva spingersi contro la sua bocca. - Pensi troppo, piccola D - mi riprese, alzando gli occhi illuminati dalla malizia. - Anche quando non dovresti.
- Mi vergo-
Non feci in tempo a finire la frase, che mi morse l'interno coscia, vicino alle labbra, facendomi sussultare. Annaspai, chiudendo gli occhi. Strinsi i suoi capelli biondi, deglutendo a fatica. Era come se non riuscissi più a respirare. Mi succhiò la parte che aveva appena morso, e poi si spostò lentamente su di me.
Gemetti rumorosamente. Sussultò e la mano mi spinse a sdraiarmi sulla scrivania, per poi aprirmi maggiormente le gambe. Le sue labbra mi baciarono avidamente, facendomi sussultare. Inarcai la schiena, in preda ad un piacere mai provato. Sentii una sua mano salire sulla mia pancia, fino ad arrivare al seno, per poi torturarmi il capezzolo.
Mi mossi contro di lui, annaspando, e spingendo i talloni sulla scrivania. Lo sentii mugolare contro di me. Gli tirai i capelli e la sua risposta fu un movimento di lingua più veloce, per poi inserire dentro di me un dito.
- Oh, Ry... - balbettai, spingendomi contro di lui.
Mi strinse il seno ed inserì un altro dito. Mi morsi il labbro inferiore, inarcando la schiena. Sembrò apprezzare il mio modo di chiamarlo, perché lo sentii tremare leggermente.
- Basta... - mormorai, sentendo il corpo perdere sempre di più il controllo. - Ryan...
Succhiò avidamente. Sobbalzai e mi tenne più ferma a lui, muovendo la lingua velocemente, con movimenti da sotto a sopra.
Iniziai a sentire le gambe tremare e se ne accorse pure lui, perché strinse la presa sui miei fianchi, succhiando e muovendo la lingua su di me, continuando a muovere fuori e dentro di me le dita.
Mi sentii in preda del piacere che mi stava dando e ne ero completamente rapita ma anche spaventata. Venni scossa da un profondo brivido, per poi ritrovarmi a contorcermi contro il suo viso, con gli occhi serrati.
Mi baciò la pancia, per poi risalire lentamente verso il mio petto, fino ad arrivare al collo. Aveva il respiro affannato ed ora l'erezione aveva ricominciato a premere contro di me e pulsava terribilmente. Gemette, quando lo baciai avidamente.
Lo invitai a togliersi i boxer, abbassandoglieli leggermente. Se li tolse e li scalciò via, dietro di noi. Ora di nuovo seduta, con il suo viso ad un palmo dal mio, allargai le gambe per accoglierlo. Tremò leggermente contro di me, quando lo accarezzai, portandolo vicino alla mia cavità.
Posai i talloni sui suoi glutei ed entrò lentamente dentro di me. Cercò di attutire un mugolio, baciandomi affondo. Mi morse il labbro inferiore, uscendo da me, per poi rientrare.
Annaspai, muovendomi insieme a lui, lentamente. Alzai gli occhi su di lui e lo trovai a guardarmi con un'intensità tale da farmi arrossire. Questa mia reazione lo spinse a tornare a baciarmi, posandomi una mano sulla nuca, per tirarmi a sé.
Si mosse dentro di me, con una lentezza tale da farmi rabbrividire. La sua mano trovò nuovamente il mio seno, stringendolo. Abbassò gli occhi blu sul mio petto, muovendosi con affanno.
- Ryan... - lo chiamai, sentendo di nuovo il piacere crescere dentro di me. Mi mossi più velocemente ed un mugolio strozzato uscì dalle sue labbra.
- Cazzo - imprecò, stringendomi con possessione il fianco. - Fanculo...
Sembrò perdersi. Iniziò a muoversi velocemente, entrando dentro di me con scoccate così forti da farmi sobbalzare. Mi strinse i capelli, tirando senza alcuna delicatezza, e d'istinto inarcai la schiena facendo scontrare il mio petto contro il suo.
Mugolò, attorcigliando una ciocca di capelli attorno alle sue dita, tirando. Mi morsi il labbro e seguì quel movimento con le palpebre semichiuse, per poi avvicinarsi a me e baciarmi. Le sue mani scesero lungo i fianchi e si spinse con forza dentro di me. Il suo pube sfregò contro il mio, lanciandomi dei brividi lungo la schiena.
Non riuscivo più a respirare. Ci muovevamo velocemente, l'uno contro l'altro. Mi strinse a lui quando sentii un calore scendere e scardinarmi l'anima. Sembrava capirmi come nessun'altro. Mi morse il labbro inferiore, per poi succhiarlo avidamente e fui percorsa da un brivido così potente... Tremai tra le sue braccia, mentre il calore dentro di me esplose.
Lo sentii muoversi in modo selvaggio dentro e fuori di me, fino a quando non sussultò e fu fuori di me il secondo dopo, venendomi sulla pancia.
Ci guardammo negli occhi, esausti. Mi sdraiai sulla scrivania, sospirando.
Si allontanò da me, con ancora il respiro affannato. Andò a prendere dei fazzoletti e cercò di pulirmi, ma lo bloccai. Lo guardai, ancora sdraiata. I suoi occhi erano pieni di lussuria e piacere, e vederlo così tranquillo davanti a me, nonostante le nudità, mi fece sentire qualcosa di strano, simile... a casa.
Mi trovavo là, sdraiata sulla sua scrivania, completamente nuda. E, sebbene ci fosse una leggera timidezza, mi sembrava la persona più adatta con cui stare.
- Alcune cose non me le spiego - mormorai, sovrappensiero.
Strinse le labbra in una linea fina. - A me, invece, sembra tutto chiaro come non mai.
Lo guardai attentamente. - Davvero?
Annuì. - Davvero.
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