Capitolo 3: Ma che cazzo stai dicendo?

Intenta a sottolineare il nuovo libro, appena comprato, iniziai a scuotere la testa. Sbuffai e lo misi da parte, chiudendolo malamente. Quindi presi il mio cellulare e finii col guardare Instagram, in particolare l'account del mio ex ragazzo, Aiden. Tutto questo perché notai una strana foto, fatta da quest'ultimo, che inquadrava un paesaggio che non aveva niente a che fare col posto in cui abitava... in cui abitavo anche io quando mamma c'era e la casa era ancora la nostra casa.

"Andarsene" diceva la didascalia sotto la sua foto.

Non feci in tempo a farmi una domanda, che la porta principale si aprì. Afferrai nuovamente il libro e feci finta di leggere.

Ryan si fermò non appena si rese conto di me. Gli davo le spalle, ma potei sentire in qualche modo il suo corpo irrigidirsi. - Che cosa ci fai qua? - chiese lui, quasi infastidito.

Dovetti trattenere una smorfia, troppo dispiaciuta per fare altro. Deglutii, in cerca della voce. - Sto studiando, Dan mi ha invitato - mormorai io, facendo finta di risultare interessata più al libro che a lui. - Poi si è rinchiuso in camera ad urlare al telefono.

- In che senso ad url-

- Ma che cazzo dici?! - urlò mio fratello scoppiando a ridere. Mi girai verso Ryan, il quale si fermò a guardarmi, ancora più innervosito. Alzai le sopracciglia e lui si rabbuiò ancora di più. - No, no fidati! - continuò mio fratello. - Me la porterei a letto in cinque secondi.

Alzai gli occhi al cielo e tornai a sedermi, con ancora il libro tra le mani. - Non si smentisce mai - borbottai io. - Mi chiedo sempre quando si permetterà di riprovare qualcosa di diverso.

Ryan sospirò, per poi posare la sua giacca elegante sulla sedia, poco lontana dl divano dove mi trovavo. - Quello che gli ha fatto Ivy...

- Sono passati anni - ringhiai io. - Direi che sia ora di andare avanti.

- E chi sei tu per dare una scadenza del genere ad una persona?

Mi irrigidii, alzai il viso sulla televisione spenta e notai la sua figura a contrasto col nero della tv. Mi stava osservando, rigido. Scossi la testa e tornai a studiare, perché non avevo intenzione di litigare nuovamente con lui.

Una fitta al petto mi ricordò quei tempi in cui per lui non esistevo. In quel momento preferii tornare la sorella fantasma, perché il suo tono sempre accusatorio mi stava iniziando a stancare.

Ryan sbuffò e si allontanò, per prendere qualcosa in frigorifero. - Hai mangiato qualcosa? - volle sapere.

- Sì - mentii, continuando a leggere.

- Dubito sia vero - mormorò. - Ci sono delle-

- Non ceno qua - ringhiai io.

Si fermò, sicuramente ad osservarmi nuovamente. - Io davvero non capisco da dove ti sia uscito questo caratterino - ribatté.

- Ed io non capisco come possa sopportarti mio fratello - dissi aspramente. - Tratti male anche lui solo per il semplice fatto di essere presente?

Rimase in silenzio per molto tempo, così tanto che pensai non mi avrebbe risposto. - Non penso di trattarti così male - disse poi.

Ridacchiai. - Allora io non penso di avere un caratterino.

Mi girai verso di lui, perché di nuovo non sembrò volermi rispondere, e lo trovai intento a sorseggiare una birra, sovrappensiero. Scosse la testa e si girò verso la sua camera. - Buona serata, D. - Si chiuse la porta alle spalle e non uscì per tutto il resto del pomeriggio.

Quando mio fratello finì di fare lo stupido, tornò ad interrogarmi, nonostante il programma non fosse ancora vasto. Era proprio per questo che dovevo dare il meglio di me: non potevo rimanere indietro e non potevo non imparare subito le basi.

Alle sette di sera, mi dovetti alzare dal divano. Ero riuscita a trovarmi uno squallido lavoro ed avevo intenzione di tenermelo stretto.

- Devi proprio andare? - volle sapere mio fratello, alzandosi insieme a me. - Davvero, io potrei aiutarti, lo sai... - Aggiunse appoggiando la testa sullo stipite della porta, intento ad osservarmi mentre mi toglievo la maglietta.

- Sai che non mi piace starmene con le mani in mano - mormorai io, infilandomi il top striminzito. Mio fratello strabuzzò gli occhi ed anzi sembrò sentirsi male nel momento in cui indossai anche la minigonna. Sbuffai e lo feci da parte, intenta a cercare il mio elastico nella borsa. - Smettila, sembri sul punto di svenire.

- Non mi piace per niente questa situazione - borbottò lui. - Sai come la penso. Le donne dovrebbero essere sempre libere di indossare quello che vogliono. Il problema sono i maschi, cazzo. E dentro quel pub è pieno di deficienti. Io li conosco.

- Allora sapranno anche che sono tua sorella - dissi io, posando la mano sul suo cuore, per tranquillizzarlo. Gli sorrisi dolcemente. - Non ti devi preoccupare, davvero.

- No, no, dai. Ho una brutta sensazione. Rimani a casa da noi - continuò mio fratello. - Non mi piace questa divisa. Io credo proprio... Sì, credo proprio... - Si mise le mani nei capelli, esausto. - Cristo santo. Ryan!! - tuonò.

Il suo amico aprì la porta, infastidito come sempre. - Che cosa vuoi? - bofonchiò.

- Secondo te, D è al sicuro al Drake in queste condizioni? - volle sapere mio fratello, indicandomi. Divenni paonazza, non riuscii nemmeno ad alzare lo sguardo su Ryan. Quest'ultimo non sembrò parlare, facendo entrare ancora più in ansia mio fratello. - Insomma, lo so che vedi D come una sorellina, ma... Che cazzo, sei un ragazzo e lei è...

- Davvero, Dan, smettila...

- Io non... Ma ancora vi fanno mettere queste cazzo di uniformi?! - sbottò Ryan, facendomi bollire ancora di più il viso. Scosse la testa. - Merda. Ma non hai trovato di meglio?

Lo inchiodai con lo sguardo. - Tu che pensi? - ringhiai io.

- Fratello... ma non pensi di poterla far entrare nell'azienda di tuo padre? - chiese Dan.

Trattenni il fiato. Ryan spalancò gli occhi e guardò prima me e poi mio fratello. Scosse la testa ripetutamente e di nuovo sentii lo stomaco contorcersi per il dispiacere: mi disprezzava così tanto? - No, io non credo proprio - rispose subito Ryan.

- Scusami, ma non hai dovuto mandare via Louisa?

- Chi è Louisa? - volli sapere io. Quando mi guardarono entrambi, capii che avevo fatto la domanda sbagliata. E questo mi fece ribollire il sangue, a causa dell'assurda gelosia che provavo ogni volta. Nella testa continuai a ripetere il nome della ragazza.

- Sì, ma Lo era una presenza di troppo, le avevo fatto il favore perché-

- Perché te la volevi fare - lo prese in giro mio fratello.

Chiusi le mani in pugni, furiosa, quando Ryan lanciò una strana occhiata al suo migliore amico. Era vero? Era andato a letto con quella Louisa? Il cuore sembrò voler uscire dal petto. Afferrai il giacchetto, dato che, nonostante il clima piuttosto caldo, una maglietta del genere con tutta l'umidità che c'era poteva farmi prendere un colpo.

- Che cazzo, ti si vedono le mutande quando ti pieghi! - esclamò mio fratello.

- Daniel, smettila! - urlai io, girandomi verso di lui. Mi toccai il didietro e notai Ryan guardarmi, piuttosto bianco in faccia. - Non... Non è vero, giusto?

- Diciamo che... si vede abbastanza - replicò Ryan, senza riuscire a guardarmi in faccia.

- Abbastanza? - chiesi io, in preda al panico.

- Abbastanza - confermò mio fratello.

- Mi si vedono le mutande o no?! - tuonai io. - Mi state facendo rincoglionire!

- Si vede quel che basta per far venir voglia ad un ragazzo di scoprire quello che c'è sotto - concluse mio fratello.

Spalancai gli occhi, rossa in viso. Osservai anche Ryan, per avere una conferma, che purtroppo trovai nei suoi occhi fissi nei miei. Scosse la testa. - Parlerò con mio padre. Non ti ci voglio là - ringhiò, prima di girarsi e tornare in camera, sbattendo la porta.

Mio fratello sospirò. - Finalmente il Ryan che conosco.

Dopo una lunga serata al pub, rientrai a casa e la trovai vuota. Di nuovo. Sapevo di non essermi comportata bene con Calliope, tuttavia le sue parole mi avevano mandato in crisi. Erano la conferma del fatto che non ero ancora in grado di nascondere i miei sentimenti per Ryan.

Ed io speravo veramente di esserci riuscita.

Mi tolsi la divisa ridicola per mettermi il pigiama. Poco dopo, mi chiamò mio fratello per avere notizie sulla serata. Gli mentii, dicendogli che nessuno ci aveva provato con me e che i clienti erano stati tutti gentili.

Il giorno dopo, cercai la mia coinquilina all'università, dopo essere stata a lezione. La trovai in uno dei mille corridoi, intenta a parlare con una ragazza. Si fermò a guardarmi, non appena mi misi davanti a lei. Quindi salutò la ragazza, la quale se ne andò, ed incrociò le braccia.

- Non sei tornata a casa ieri sera - dissi io, fredda.

- Mi sembra evidente - replicò lei.

Sbuffai. - Senti, mi dispiace se ti ho trattato male, è solo che-

- Non ti piace sentire la verità - mi interruppe lei.

Rimasi in silenzio, per trovare le parole giuste. - Non mi piace il fatto che tutti riescano a vederla - la corressi io. - Ma tu non c'entri niente. Sono stata cattiva, mi dispiace.

Fece un respiro profondo. - Non ti preoccupare, posso capire.

Scrollai le spalle. - Che lezione hai adesso?

- Diritto - replicò lei. - Andiamo insieme?

Annuii ed accennai un sorriso, il quale fu ricambiato. Ci sedemmo accanto ad un ragazzo dai capelli neri e la pelle chiarissima. Non appena il professore iniziò a spiegare, lui sembrò trattenere una risata. - Non sembra stia quasi per vomitare? - mi chiese.

Lo guardai, un po' titubante. - Come scusa?

- Questo professore sembra sempre sul punto di sbrattare l'anima.

Accennai una risata non appena osservai meglio l'espressione del professore. - In effetti, ha ragione - mormorai, rivolgendomi alla mia coinquilina, la quale si strozzò con la sua stessa saliva.

Da quel momento, iniziammo a parlare a bassa voce, prendendo in giro tutto quello che ci capitava aggiro. Non appena il ragazzo di nome Michael ci lasciò, per tornare a casa, dato che aveva già finito tutte le lezioni, Calliope ridacchiò. - Stai pensando a quello che penso io?

Mi girai verso di lei, confusa. - Direi di no.

- Ottimo partito per far ingelosire il migliore amico di tuo fratello! - esclamò lei.

- Ssssh - dissi io, avvicinandomi a lei, in preda al panico. Mi guardai intorno. - Qua tutti conoscono tutti.

- Vuoi dire che tutti conoscono tuo fratello.

La guardai negli occhi. - Il tuo continuare a specificare cose inutili mi sta iniziando a dare fastidio - replicai io.

Rise. - In realtà, quello che ti dà fastidio è la verità, ma dopotutto non mi sembra nuova come cosa.

Le lanciai un'occhiataccia. - Tu che cosa-

- D?! - esclamò mio fratello. Dall'espressione scioccata potei capire che Callie era stata scoperta. Mi girai verso mio fratello e notai la stessa espressione. - Ma... tu? - chiese mio fratello, avvicinandosi totalmente a noi.

- Che tipo perspicace che sei - borbottò Callie. - Giusto una scopetella potevi essere.

Trattenni una risata non appena vidi il viso di mio fratello farsi ancora più bianco. - Come, scusami?

- Hai sentito benissimo.

Mio fratello scosse la testa e tentò un'espressione dura. - Avvicinarti a mia sorella non ti farà avvicinare a me - se ne uscì.

Io e lei ci guardammo per alcuni secondi, prima di sbottare a ridere, mandando ancora di più in confusione mio fratello. - D? Come diavolo hai fatto a conoscerla?! - chiese lui, alzando la voce, imbarazzato.

Nel frattempo, si avvicinò il suo migliore amico, sentendo Dan così in difficoltà. - Che cosa sta succedendo?

- Eccolo! - esclamò Calliope.

Ryan le lanciò un'occhiata di fuoco. - Di nuovo tu? - chiese.

- Tu lo sapevi?! - urlò mio fratello. - Questa ragazza sta usando D per arrivare a me!

Alzai gli occhi al cielo. - Dan...

- Sì, mi era sembrato di vederla con tua sorella, un po' di giorni fa - replicò Ryan a Dan, interrompendomi. - Però non toccava a me dirtelo. Non è così, D?

Avvampai, non feci in tempo a parlare, che mio fratello chiese a Callie: - E da quando sono io quello che vengo utilizzato per una scopata?

- Da sempre, da quello che ho capito - se ne uscì Callie.

- Non avrai niente da mia sorella.

Calliope rise di gusto. - Di certo non voglio te, idiota. Non sei stato così tanto memorabile. Quindi puoi fare sonni tranquilli.

Mio fratello sembrava sempre più scioccato, annaspava, in cerca di parole plausibili. Sorrisi maliziosamente, perché non vedevo Dan in quelle condizioni da... sempre. Era sempre stato lui quello che mollava, era sempre stato lui il cattivo della situazione.

- Io sono memorabile - ringhiò lui.

Mi scappò una risata.

- Da che parte stai, D?! - urlò mio fratello.

Alzai le mani. - Mi dispiace, Dan. Ma... ti sta facendo nero. - Mi trattenni per alcuni secondi. - O meglio, sei bianco come uno straccio.

- Fatti gli affari tuoi, D - mi ammonì Ryan.

Gli lanciai un'occhiata. - Esattamente come te li stai facendo tu, vedo - ribattei.

- Smettila. Forse dovresti andare - continuò Ryan.

- Tu non mi dici cosa fare - ringhiai io. - Non sei mio fratello e nemmeno mio padre.

Callie si mise a ridere, senza alcuna gioia. - Siete entrambi un tale cliché - borbottò. - Tu, Daniel, pensi di avere tutte le ragazze sul palmo della mano. Pensi di aver il diritto di trattarle male... perché, esattamente? Forse è perché una ragazza - una sola ragazza - ti ha spezzato il cuoricino e quindi pensi di poter usare tutte le altre come meglio credi?

Mio fratello socchiuse le labbra, ferito.

- Ok, Calliope - la interruppi io. - Non esagerare.

- E tu - si rivolse poi a Ryan, sorridendo. Lo guardò come se avesse scoperto un segreto inconfessabile. - Pensi di essere l'amico intelligente ed a modo di Daniel, eppure... sei l'esatto opposto, non è così?

Ryan scosse la testa. - Non mi conosci nemmeno.

- Non ti conosco, ma non sei poi così difficile da capire come pensi - continuò Callie. Il cuore mi batteva forte, mi avvicinai per azzittirla, quando disse: - Pensi che nessuno riesca a vedere quello che provi, quello che pensi. Tuttavia, il tuo continuare ad ammonirla non fa altro che accentuare quello che stai cercando di nascondere.

- Calliope, ora basta - ringhiai io.

- No - disse lei. Continuò a fissare Ryan. - Più la tratti in un modo che non ti appartiene, in un modo che non senti tuo, e più si capisce il tuo disagio nell'essere esattamente quello che non vorresti essere per lei.

- Ma che cazzo stai dicendo? - se ne uscì mio fratello, confuso.

Mi sentii svenire. Non riuscivo nemmeno a guardare Ryan.

- Complimenti - rispose Ryan, la voce fredda come non mai. Trattenni un brivido. Era la voce che usava quando era furioso. - Hai detto più stronzate tu in due minuti che Daniel in tutta la sua vita. E, fidati, ce ne vuole.

Callie non sembrò essere toccata da quel commento. - Non riesci nemmeno a parlarne - mormorò. - Questo ti rende ancora più codardo.

- Smettila, stai parlando del niente - disse Ryan. - Ora direi di tornare alla realtà.

- Io me ne vado - ringhiò mio fratello prima di andarsene. Ryan mi squadrò dalla testa ai piedi, furioso, prima di raggiungere mio fratello.

Mi girai verso Calliope. - Ma che cazzo ti è saltato in mente?! - ringhiai.

- Fidati - disse lei, continuando a guardarli andare via. - Ho detto solo la verità. E se tu non la vedi, è solo perché continui a credere alle stronzate che ti dice Ryan per evitarti.

Scossi la testa, girai i tacchi e me ne andai.

Bussai ripetutamente alla porta della casa di mio fratello, ma nessuno sembrò intenzionato ad aprire. Spostai il peso da una gamba all'altra, indecisa. Quindi provai a chiamarlo, ma non mi rispose nemmeno.

Ero in ansia, avevo paura che avesse preso sul serio le parole di Calliope.

Mi trovai a bussare alla porta di Ben, il quale invece aprì immediatamente. Ammiccò, non appena mi riconobbe. - Bionda, stavo per uscire, ma per te posso anche rimandare - disse.

Ridacchiai. - Hai visto mio fratello? Sto provando a contattarlo ma non mi risponde - chiesi io.

- Non l'ho visto, ma dovrebbe stare alla festa dove sto andando. Se vuoi, puoi venire con me.

Rimasi un attimo a pensare. Non riuscii a non lanciargli un'occhiataccia. - Se stai cercando di portarmi a letto...

Ridacchiò. - Sembro stupido, ma non lo sono - mi interruppe Ben. - Sei una bella ragazza, ma sei la sorella di Daniel. Provarci un po' troppo potrebbe portarmi via qualcosa di essenziale. - Lo guardai, confusa. - Intendo il mio pisello.

Avvampai. - Ah.

Scosse la testa ridendo. - Sei proprio dolce. - Fece un respiro profondo. - Mi sono fatto capire?

Annuii, ancora rossa in viso.

- Bene, allora andiamo.

Non appena arrivammo, dopo un piccolo tragitto in macchina, la faccia di Dan mi fece capire subito che non mi voleva là.

Si avvicinò a me velocemente, gli occhi puntati su di me ed il viso tirato. - Che cosa ci fai qua? - volle sapere, quasi ringhiando.

- Cercavo te, in realtà.

Mi prese e mi portò ad un angolo della casa. Lo guardai, sempre più confusa e ferita. - Che cosa ci fai qua con Ben? - ringhiò lui.

- Mi ha detto lui che probabilmente stavi qua - replicai io. - È un bravo ragazzo, Dan.

- Io non ti voglio qua.

L'osservai, ferita. - Davvero ce l'hai con me per la storia di Calliope? È solo la mia coinquilina e non volevo metterla a disagio dicendoti tutto - replicai io.

- Ti sembra una povera vittima? - chiese lui, arrabbiato.

- Mi sembra l'unica ragazza che non è cascata ai tuoi piedi non appena ti sei riavvicinato a lei - risposi, sinceramente. Accennai un sorriso. - E forse è per questo che sei così arrabbiato. Non sei mai stato trattato così e la cosa da una parte ti da fastidio, ma dall'altra... Ti intriga, non è così?

Mi lanciò un'occhiataccia. - Stiamo parlando di te, Deitra. Non cambiare discorso. Mi hai mentito.

Scossi la testa. - Non ti ho mentito. Ho omesso di dirti una cosa.

- E non è la stessa cosa?! - chiese lui alzando le mani al cielo.

- Teoricamente, no - risposi io, sorridendogli.

- Smettila di sorridere, sono serio - mi riprese incrociando le braccia. - Mi sono sentito preso in giro anche da mia sorella, è assurdo. Sei stata cattiva.

- Oh, e dai, Dan! L'ho trovato molto divertente e ti saresti divertito anche tu se solo avessi vissuto la situazione senza questo inutile orgoglio maschile che ti ritrovi. Ti ha fatto nero! - esclamai dandogli un pugno sul petto.

- Non mi ha fatto nero... In realtà, ha capito che tecnica usare per farmi avvicinare a lei - mentì, trattenendo una risata.

Cercai di spingerlo, inutilmente ovviamente. Mi imitò, ed ovviamente riuscì a spingermi via. Ridemmo.

- Allora io torno a casa - dissi.

- Se vuoi, ti riaccompagno - aggiunse mio fratello.

- Non c'è bisogno, tu-

- Daniel Merda! - urlò un ragazzo, tirando a mio fratello una palla, che riuscì a prendere al volo. - Che riflessi! Vieni a giocare con noi!

Aggrottai la fronte, quando si mise a scherzare con gli altri ragazzi dicendogli che mio fratello ci provava sempre con quelle più carine. Mio fratello sentì tutto, perché tirò la palla prendendo in pieno la testa del ragazzo, ed urlò: - è mia sorella, coglioni!

Mi diede un bacio veloce e tornò dai suoi amici.

Feci per andarmene, quando notai Ryan, completamente da solo, proprio sul balcone. Dalle spalle ricurve potei capire che non era di buon umore, anzi.

Probabilmente questo avrebbe dovuto spingermi lontano da lui, ma ero una masochista professionista. Per questo, mi ritrovai ad aprire la porta finestra e chiedergli: - Va tutto bene?

Le sue spalle si drizzarono immediatamente ed il suo corpo divenne di pietra. - Ti prego, lasciami stare. Non è proprio giornata.

- È successo qualcosa? - mormorai io, così a bassa voce che pensai non mi avesse nemmeno sentito.

- D, per piacere, vattene. Non te lo chiederò una terza volta - ribatté.

Sospirai, sconfitta. - Se vuoi, ti chiamo Dan.

- Per carità di Dio, hai già fatto abbastanza oggi, Deitra! - sbottò lui, girandosi verso di me. Aveva il collo rosso dalla rabbia, non lo avevo mai visto così. - Già abbiamo discusso, ci ho messo un'ora per fargli capire che tutto quello che aveva detto la tua amichetta era una stronzata!

- Non posso fermare le persone dal dire quello che pensano, e nemmeno tu - borbottai io, abbassando lo sguardo, perché mi sentivo comunque molto a disagio da quando Calliope aveva detto tutte quelle cose su Ryan.

- Già, bé, ma qualcuno dovrebbe farle capire che tutto ha delle conseguenze e tuo fratello sembra ascoltarla più del previsto - borbottò lui, prima di sorseggiare la birra che aveva in mano.

- Perché probabilmente gli piace - replicai io.

- Ottima scelta, davvero - ringhiò lui, rigirandosi verso la ringhiera. - Lasciami stare, D.

- Posso parlarci io con Daniel, dirgli che-

- Dirgli cosa?! - esclamò lui girandosi nuovamente verso di me. - Dirgli che non credi a quello che ha detto la tua amica? - Scrollai le spalle, perché non mi sembrava una così cattiva idea. Lui rise di me.

Sentii gli occhi farsi più grandi e mi resi conto di star sfoggiando una delle mie espressioni da bambina.

Scosse la testa. - Me ne devo andare io o pensi di potermi lasciare in santa pace una volta per tutte?

Spostai il peso da un piede all'altro. - Sei proprio stronzo, cazzo - mormorai, girandomi per andarmene.

- Che cosa hai detto?! - alzò il tono di voce lui, dandomi la conferma di non essere sobrio. - Mi hai dato dello stronzo, D?!

- Oh, sì! - esclamai io, girandomi nuovamente verso di lui. - Sei proprio uno stronzo!

- Tu non sai niente di me!

Risi di gusto. - Fidati, non voglio sapere un cazzo, se questo è quello che sei veramente! - lo presi in giro io, indicandolo.

Sembrò quasi ferito. - Tu pensi che mi faccia piacere essere così con te? - volle sapere lui.

- Non mi interessa! Sei abbastanza grande da poter cambiare modo di porti! - esclamai io. - E non lo stai facendo. Questo dice tanto di te! Non di me!

Scrollò la testa, quasi in modo febbrile. - E come dovrei comportarmi, eh? Vuoi il vero me?! E va bene! - esclamò lui, avvicinandosi lentamente verso di me. Arrossii, capendo che non aveva più filtri. - Non vorrei sentirmi in colpa, ogni singola volta che ti guardo. Non vorrei dovermi controllare così tanto, semplicemente perché sei presente. Non vorrei mai averti tra i piedi.

Scossi la testa, ansiosa. - Non ti sto capendo.

Rise, passandosi una mano tra i capelli, sovrappensiero. - Sono anni che provo a vedervi il meno possibile, perché... perché ogni singola volta che ti vedo...

Sgranai gli occhi, il cuore a mille. - Ryan? - mormorai, avvicinandomi di scatto.

- No, no! Non stai capendo! - alzò di nuovo il tono lui, mettendo le mani avanti per non farmi avvicinare.

- Potremmo... potremmo provare ad uscire, uno di questi giorni - sussurrai io, guardandolo coi miei soliti occhi pieni di paura.

Mi conficcò gli occhi dentro i miei.

Sbottò a ridere.

Il mio cuore sembrò spaccarsi.

- Uscire?! Io e te?!

Trattenni il respiro, le lacrime fecero capolinea. Si stava prendendo gioco di me. Scossi la testa. - Ma hai detto-

- C'è una bella differenza tra attrazione fisica e mentale, D! - esclamò lui. Trasalii. - Perché proprio non riesci a capire in che situazione sono a causa tua? Non solo ti devo sopportare qua, in un contesto completamente diverso, in cui non ero abituato ad averti... Adesso anche a lavoro da mio padre? Io...

Scossi la testa, sentendomi sopraffatta dall'emozioni negative. - No, no, non ci vengo a lavorare da tuo padre.

Ridacchiò. - Sì, e continuerai ad andare al Drake - si prese gioco lui.

- Sì.

Questa volta fu lui a trasalire, ricominciò a guardarmi in cagnesco. - Non ci pensare proprio.

Aggrottai la fronte. - Scusami, ma a te che ti-

- Non iniziare con questa storia - ringhiò lui. - Sei troppo intelligente da farti fregare da quelli del Drake.

- Non mi sto facendo fregare!

- Ah no? - chiese lui, accennando un sorriso finto. - Stanno usando il tuo corpo per far venire più clienti. Tu come lo chiami?

Scossi la testa. - Sei esagerato - mormorai io. - Non ha senso parlarne con te. Ti lascio stare. - Stavo per piangere.

- Te lo devo chiedere.

Mi fermai, con la mano sul pomello. Ma non mi girai: le lacrime stavano già scendendo.

- Te lo chiedo per favore. Cerca... cerca di starmi intorno il meno possibile.

Mi irrigidii ancora di più, per cercare di non perdere pezzi di me. - Ok.

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