Capitolo 28: Qualcuno che non potranno mai avere

Ho rinunciato all'amicizia di due uomini: il primo, perché non mi aveva mai parlato di sé; il secondo perché non mi aveva mai parlato di me.

(Nicolas Chamfort)



Per alcune settimane Ryan tenne le distanze da me.

Se da una parte ne sentivo il bisogno, la parte più debole di me sentiva terribilmente la sua mancanza.

Non mi ero resa conto di quanto fosse diventata importante la sua presenza fino a quel momento. Mi ero resa conto che era diventata la persona a cui raccontavo le mie giornate, i miei fallimenti nello studio ed a lavoro, nonché le mie piccole vittorie.

Mi mancavano i suoi occhi, le sue espressioni di incoraggiamento e la sua mano nascosta tra i miei capelli, quando voleva congratularsi con me per qualcosa o quando voleva infondermi un po' di fiducia senza farsi vedere troppo dalle persone attorno a noi.

Perché su una cosa Katy aveva sempre avuto ragione: Ryan aveva una capacità di esserci fuori dal comune, dovuto principalmente dall'empatia che faceva finta di non avere e dal suo essere sempre attento al dettaglio.

E ne ero sempre stata consapevole, nonostante il suo modo di essere sempre così burbero nei miei confronti: perché ero sempre stata la sorellina fantasma, che lo studiava come nessun altro.

Per questo, quando gli passavo accanto e non trovavo altro se non un muro di apatia, sentivo il mio cuore rompersi. Un dolore continuava a crescere dentro di me, dal giorno in cui gli avevo chiesto di starmi lontana. Era un dolore diverso da tutti: sembrava sempre presente, anche se leggermente dormiente, per poi scoppiare da un momento all'altro e corrodere tutte le ossa, i muscoli e la pelle. Era un dolore che non ti faceva respirare mai appieno.

Nonostante questo, non mi ero minimamente pentita della decisione di tenerlo lontano. C'era altro, oltre alla rabbia legata alla scelta discutibile di Ryan di cacciare Aiden: c'era lo sguardo minaccioso e minatorio di Aiden, il modo in cui aveva scaraventato un tavolo davanti a me, per poi uscire dal campus una volta finito di parlare con la segreteria.

C'entrava il modo in cui non lo vedevo più in giro. Avevo chiesto in giro, e non aveva ancora lasciato l'appartamento al piano superiore rispetto a quello di mio fratello. Non aveva nemmeno avvertito il proprietario per disdire l'affitto.

Perché lui da là non se ne voleva andare.

Aveva decisamente in mente qualcosa, sicuramente era depresso e spaventato per la reazione che aveva avuto o avrebbe avuto il padre alla notizia.

La parte più buona di me era realmente dispiaciuta per tutto quello che gli stava accadendo. Perché lo avevo visto coi miei stessi occhi quello di cui era capace il papà di Aiden quando non sembrava essere più all'altezza delle sue aspettative.

Era un uomo violento, non solo fisicamente ma anche verbalmente e psicologicamente.

Era uno di quegli uomini che erano in grado di mettere in discussione il tuo modo di vivere, seppure impeccabile... e la cosa terrificante era che a volte aveva un modo di argomentare e un tono di voce così convincenti... che ti ritrovavi a metterti davvero in dubbio.

Per questo il figlio era cresciuto in questo modo, per questo il figlio ricercava costantemente nei suoi amici una figura che assomigliasse al padre: si doveva redimere, perché era convinto inconsciamente che poteva essere veramente quello di cui loro avevano bisogno. Con Lucas, Aiden aveva avuto modo di essere all'altezza delle sue aspettative, nonostante fossero veramente abominevoli. Aiden era riuscito ad essere esattamente quello che Lucas voleva che fosse.

Nonostante tutte le volte in cui era stato incolpato del contrario dallo stesso Lucas, che non aveva sprecato occasione per deriderlo ed arrabbiarsi.

Lucas era sempre stato il diavolo, ai miei occhi. Come ogni diavolo che si rispetti, aveva un aspetto a dir poco mozzafiato, coi suoi occhi grigi ed i capelli neri come il carbone. Aveva sempre addosso un mezzo sorriso, che lo rendeva semplicemente più attraente. Labbra piene ed una dentatura a dir poco perfetta. Un fisico atletico, anche se non troppo.

Mi era capitato più volte di vederlo durante il primo anno di liceo. Aveva un fascino oscuro che ti catturava, ma mi aveva sempre spaventata.

Più volte mi ero ritrovata a soffocare uno strano senso di inquietudine, quando lo avevo trovato a studiarmi, mentre stavo ancora con Aiden.

Aiden e Lucas erano sempre stati la coppia perfetta: occhi verdi con occhi grigi, capelli ricci castani con capelli piuttosto lisci e neri, alti ed affascinanti...

Peccato ci fosse molto altro, in quella coppia, che era tutto il contrario della perfezione.

C'era sicuramente una dipendenza, qualcosa di marcio e pericoloso che li aveva sempre legati.

***

Mi ritrovai a parlare con Callie e mio fratello, in mensa. I due ragazzi si trovavano proprio davanti a me e parlavano animatamente del professore che, a detta di mio fratello, era troppo giovane per insegnare ma troppo vecchio per provarci con le studentesse come la mia coinquilina.

Non li stavo ascoltando in realtà, non veramente. Stavo ripensando alle parole di Katy, al suo modo di chiedermi di lasciarlo andare, di lasciarlo a lei. Come se fosse una scelta di una o dell'altra, e non di Ryan.

Lo cercai per tutta la mensa, ma non lo trovai.

Mi mordicchiai il labbro inferiore, nervosa. – Dov'è Ryan? – chiesi a mio fratello.

– Si è fermato a parlare con Katy fuori, dovrebbe tornare a momenti – mi rispose Dan, tranquillo. A volte invidiavo il suo modo di non accorgersi del mondo attorno a lui.

Callie si irrigidì e posò gli occhi scuri su di me. Cercai di sorridere e questo sembrò agitarla ancora di più. Presi ad agitarmi sulla sedia. – Vado a prendere il pane – sussurrai. Quindi mi alzai e tornai a fare la fila, per cercare di fare qualcosa di più interessante dello stare a guardare mio fratello fare l'ennesima finta scenata di gelosia.

Dietro di me si mise Justin, con il vassoio vuoto. Gli sorrisi. – Jus – lo salutai, dandogli un bacio sulla guancia. – Come stai?

– A parte il professore di inglese, bene – borbottò. – Quello stronzo mi odia.

Ridacchiai. – O forse reagisce al tuo modo di porti – gli dissi sorridendogli amorevolmente.

Si rabbuiò. – Che cosa vorresti dire con questo?

– Che sei un po' burbero con alcuni professori – ammisi.

– E come fai a saperlo? Non seguiamo corsi insieme.

– Emh... in realtà sì, matematica generale – borbottai.

Sembrò pensarci un po', poi mi fece segno di avanzare. Con la fronte aggrottata disse: – Non ci ho mai fatto caso.

Gli sorrisi, con le guance rosse. – Non fa niente.

– Qualcosa mi dice che non sei riuscita ad averlo – borbottò, con il viso girato l'entrata.

Mi girai immediatamente, i capelli si mossero velocemente ed alcune ciocche bionde mi finirono davanti al viso. Tuttavia, potei ugualmente osservare Ryan ridacchiare con accanto Katy, che teneva un braccio attorno alla sua schiena per tenerlo più vicino a lei. Lo guardava con le labbra socchiuse, quasi catturata dal modo genuino di ridere di Ryan.

Non si rese conto di me. Cercò mio fratello, il quale alzò la mano per farsi vedere, e si diressero verso Dan.

Il cuore, scosso da tutta la scena, iniziò a pregarmi di andarmene, di non pranzare con quei due, che non ce la poteva fare.

Afferrai il pane e mi costrinsi ad andare da loro. – Ci vediamo in giro, Jus? – gli chiesi.

– Sai sempre dove trovami – mi sorrise. – Piccola D.

Gli sorrisi dolcemente. – Comportati bene coi professori – mi raccomandai.

– Solo se me lo chiedi con questi occhioni – ammiccò lui.

Ridacchiai e tornai al mio tavolo.

Volevo bene a Justin. Non era il pallone gonfiato che pensavo, dovevo ammettere di aver avuto alcuni pregiudizi dovuti al suo amore per lo sport e ai suoi muscoli. In realtà, Justin era dolce e buono, adorabile con chi se lo meritava. Era leggermente viziato, ma non cattivo.

Con lo sguardo basso, mi misi seduta accanto a Ryan.

Non mi guardò nemmeno, tuttavia sussurrò: – Ciao D.

– Buongiorno – dissi, guardando Katy.

Callie e Daniel continuarono a parlare. La mia coinquilina lo stava facendo per attutire quel senso di disagio che mi stava attanagliando la gola.

– Noto che Justin non ti ha ancora tolto le mani di dosso – se ne uscì Dan.

– Non è così – mormorai io, rossa in viso.

– Non sembrava, poco fa – se ne uscì Katy, prima di masticare un pezzo di carne.

Mi venne la nausea.

– Stavamo soltanto parlando – borbottai, giocherellando con il cibo.

– Ti ha guardato il culo più volte – ringhiò Daniel.

Ryan si mordicchiò il labbro inferiore per non ridere. – Dan, non è l'unico sulla faccia della terra che le guarda il culo – annunciò.

Aggrottai la fronte, guardando il suo migliore amico per la prima volta. – Che schifo. Ma che dici?! – esclamai.

Scrollò le spalle. – La verità – replicò, prima di infilare il cibo in bocca. Masticò, senza smettere di guardarmi attentamente. Deglutì ed aggiunse: – Facciamo finta di essere tutti scioccati dalla notizia?

– Chi è che guarda il culo di mia sorella? – digrignò i denti mio fratello.

– Credo lo faccia qualsiasi ragazzo etero che le si posizioni dietro, Dan – rispose Ryan.

– Che cosa stai facendo? – chiesi a bassa voce, vedendo il viso di mio fratello diventare sempre più rosso.

Callie posò il suo sguardo confuso su Ryan.

– Sto dicendo la verità – ripeté Ryan. – È ora che Dan se ne faccia una ragione.

Ryan guardò attentamente Daniel, quasi a sfidarlo di qualcosa.

– Smettila – mormorai.

Non staccò gli occhi dal suo migliore amico, i muscoli della mascella di Ryan continuavano a guizzare. Era arrabbiato per qualcosa. Non c'era altra spiegazione.

– Tutti i ragazzi guardano il culo alle ragazze – se ne uscì Katy e per la prima volta fui grata di sentire la sua voce.

– Anche noi ragazze guardiamo il culo ai ragazzi – borbottai.

– Esatto! – esclamò Callie. – E tu, mio caro, hai un culo spettacolare – aggiunse poi, dando un buffetto al suo fidanzato.

Daniel sembrò riprendersi leggermente.

Ryan avvicinò leggermente il corpo al mio, sussurrandomi: – Lo so bene.

Arrossii violentemente ed i miei occhi incontrarono i suoi per qualche secondo. Deglutii. – Come? – chiesi.

– Mi hai sentito benissimo – replicò.

Katy si mosse sulla sedia, nervosa, lanciandomi un'occhiata di fuoco.

Mi allontanai da lui.

– Ben! – lo salutò Callie.

Ben si mise alla mia sinistra. – Ciao Bionda – mi salutò ammiccando. – Ti volevo dire che questi jeans ti fanno un culo pazzesco.

– Ci risiamo... – ringhiò mio fratello. – Prima o poi te lo taglio quel ca–

– Daniel! – urlò Callie.

– A tratti sai essere veramente viscido, Ben – lo presi in giro.

– Solo per te, Bionda – continuò Ben.

Lo ringraziai silenziosamente per il suo modo di atteggiarsi come sempre, nonostante la nostra ultima discussione.

Ben mi fece un occhiolino, captando il mio messaggio silenzioso. Poi guardò Ryan, il quale aveva ricominciato a mangiare tranquillamente. Lo studiò attentamente, come a cercare di captare un sentimento che non trovò. Sorrise a Katy. – Ryan non ti merita – annunciò.

– E tu sì? – ridacchiò Katy.

– Permettimi di mostrartelo – ammiccò Ben.

Ridacchiai.

– Benjamin, non vedo l'ora di vederti all'opera – lo beffeggiò Ryan.

Il sorriso di Katy perse d'intensità. Guardò Ryan, ferita. – Lo permetteresti? – volle sapere.

Ryan puntò gli occhi su di lei, quasi con fare duro. – Non spetta a me la decisione – replicò.

Katy strinse la forchetta, rabbiosa.

Mi schiarii la voce, in difficoltà, quando lei posò lo sguardo furioso su di me. – Ryan non è mai stato un tipo geloso – feci finta di schernirlo. – Credo sia più un tipo da relazione aperta.

Daniel sbottò a ridere, contrariato.

Ryan gli sorrise maliziosamente. – Piccola D – mi chiamò, con la voce leggermente rauca. – Fatti dire una cosa. Non mi dispiace vedere gli altri guardare la mia fidanzata, ma questo deve essere. Tutti devono essere consapevoli di quello che è.

– E che cos'è? – sputò Katy.

Ryan continuò a tenere lo sguardo fisso su di me. – Qualcuno che non potranno mai avere – sussurrò.

Mi vennero i brividi lungo le braccia. Sospirai, in difficoltà.

– Quindi sei uno di quelli che si eccitano vedendo che gli altri vogliono esattamente quello che è tuo? – borbottò Callie.

– Non lo definirei così – replicò Ryan, girando il viso verso la mia coinquilina. – Ma non mi definisco geloso di una situazione che non può essere comparata alla mia.

Callie rise. – E che cosa ti fa credere che lei si fermerà agli sguardi? – lo mise alla prova.

Ryan rimase un momento in silenzio, poi rispose: – Lo saprò e basta.

Callie resse il suo sguardo, poco convinta. Poi scrollò le spalle e tornò a mangiare.

– E che mi dici di te come fidanzato? – chiese Katy.

Ryan si girò verso di lei. – Non do alcuna soddisfazione a nessun'altra – replicò.

Mi mossi sulla sedia, in difficoltà. Avevo il cuore leggermente accelerato ed ogni fibra del mio corpo mi stava chiedendo di avvicinarsi a lui.

Ridacchiai, quando mio fratello fece una battuta sulla strana visione di Ryan di relazione.

Ben cominciò a parlare delle lezioni, vedendomi in difficoltà.

Li guardai parlare animatamente del loro ultimo anno e di come fossero stufi di studiare. Guardai tutti, ma non Ryan. Non dopo quello che aveva detto.

Afferrai la borsa, in cerca del mio cellulare, e mi cadde vicino al tavolo una penna. Mi affrettai a prenderla, imbarazzata dalla mia goffaggine.

Mi abbassai a prendere la penna, poco distante dalla sedia di Ben, all'angolo del tavolo, e quando mi alzai mi accorsi immediatamente dello sguardo di pietra di Katy e di quello addolcito di Callie. Dan continuò a parlare con Ben, senza accorgersi di niente.

Entrò subito nella mia visuale un braccio. Guardai la mano di Ryan, con le vene in rilievo e le dita attorno all'angolo del tavolo, affinché non vi sbattessi contro.

Trattenni il respiro ed il cuore sembrò pieno di amore.

Ryan non mi stava nemmeno guardando, continuò a parlare coi ragazzi, come se quel gesto gli fosse venuto così spontaneo da non accorgersi nemmeno di averlo fatto.

Con il mento basso e lo sguardo ancora sulla sua mano, che piano piano lasciò la presa dall'angolo del tavolo, sentii le guance andare in fiamme ed il respiro accelerare notevolmente.

Guardai Callie, davanti a me, e lei sembrò capirmi immediatamente. Sorrise a Ryan, come rapita da qualcosa.

Strinsi i denti, confusa. Perché mi era sempre sembrato arrabbiato con me.

Girai lentamente il viso verso Ryan, che ormai aveva di nuovo le mani congiunte appoggiate sul tavolo. Deglutii sonoramente, in cerca di quegli occhi che tanto mi facevano battere il cuore, ma non sembrò intenzionato ad incrociare il mio sguardo.

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