Capitolo 24: Non sei Ivy

È strana la vita , eh? A volte è come se ci infliggessimo un castigo per punirci di una colpa che noi stessi facciamo fatica a identificare.

(Guillaume Musso)

Non avevo più avuto il coraggio di indagare sul dolore di Daniel, nonostante gli occhi gonfi ed il sorriso completamente sparito da giorni sul suo viso.

Non avevo avuto la pazienza di parlare con Ryan, il quale comunque stava cercando di non staccarsi troppo dal suo migliore amico, che aveva evidentemente bisogno di lui

Codarda, ma avevo anche cercato di non incontrare mai lo sguardo della mia coinquilina.

Un giorno però si mise davanti a me, tra i corridoi del campus, furiosa. - Che diavolo sta succedendo?

- Di che parli? - chiesi io, cercando con finto interesse un libro dentro il mio zaino.

- Di tuo fratello che non mi parla più e di te che hai deciso di non guardami nemmeno più negli occhi - ringhiò, facendomi alzare lo sguardo su di lei, in difficoltà. - Non credo di meritarmelo.

Scossi la testa sospirando. - Non te lo meriti - confermai. - È solo che... è difficile da raccontare.

- L'ha rivista, non è così? - volle sapere.

Sgranai gli occhi, colpevole. - Sì - mormorai ed i suoi occhi blu si riempirono di lacrime.

- Lo sapevo - ridacchiò, scacciando le lacrime. - Sapevo che non mi potevo fidare di un ragazzo così arrabbiato.

- Callie, li ho visti - cercai di dire, nonostante la gola stretta. - Non è successo niente, anzi credo semplicemente che Daniel abbia sputato fuori tutto quello che covava da anni. Lei se n'è andata piangendo, ma lui non è stato più lo stesso da quel giorno.

- Perché sta male - scosse la testa ridacchiando. - Stupida. Sono una stupida...

- Ti ama - annunciai io, facendola trasalire. Mi guardò con occhi smarriti e questo fece serrare maggiormente il mio cuore già scapestrato. - Conosco mio fratello. Ti ama davvero. Ma credo che non abbia mai realmente analizzato e metabolizzato quello che gli era successo con Ivy. Prima o poi sarebbe dovuto accadere, e lo sai anche tu.

- Il suo stare così male per lei mi strazia - ammise, tirandosi indietro i capelli, nervosa. - Perché mi fa pensare che ci possa essere ancora qualcosa tra loro due.

Sospirai. - Quello che c'è tra loro... è tanta rabbia - mormorai.

- La rabbia è un'emozione forte, D - ringhiò.

- Ma non è sano - aggiunsi, sorridendo tristemente. - Dagli un po' di tempo, deve solo metabolizzare quello che ha visto e sentito.

- E sentito - mi fece eco. Scosse la testa. - Col cazzo - ringhiò, facendomi trasalire, - non gliela faccio passare liscia.

Si girò ed avanzò velocemente verso la porta che dava al palazzo dove si stavano svolgendo le lezioni di mio fratello.

Sospirai, osservando la porta chiudersi alle spalle della mia coinquilina.

Almeno ero riuscita a non portare l'argomento su Ryan e soprattutto su quello che era successo tra noi.

Una cosa alla volta, una confessione alla volta.

- Hai la faccia di chi vuole chiudere con me - se ne uscì Justin, sorridendomi.

Sussultai, posando una mano sul petto. - Dio, Justin! - esclamai, spaventata.

Posò la spalla sul muro ed incrociò le caviglie con fare disinvolto. - Dai, fallo - mi sfidò lui, incrociando i miei occhi colpevoli. - Dimmi che lo ami e che questo ti spinge a volere solo lui.

- Mi renderebbe così patetica? - borbottai, posando il peso da un piede all'altro.

- No - replicò, senza mai smettere di sorridere. - Spero solo possa portarti a lui.

Strinsi il labbro inferiore tra i denti, con il cuore a mille, e lo guardai con occhi grandi e disperati. - Perché sei così buono con me?

Mi diede un buffetto alla guancia. - Perché per fortuna non provo niente per te - rispose. - E, nonostante questo, ti trovo adorabile.

Arrossii. - Adorabile? - gli feci eco.

- Adorabile - ricalcò, prima di carezzarmi i capelli dolcemente. - Sai dove trovarmi se cambi idea.

Entrò in aula, dopo avermi guardato un'ultima volta con un sorrisino malizioso.

Passai il resto della mattinata a seguire i corsi insieme a Michael, parlottando e scherzando, nonostante la completa assenza di Callie.

- Quindi... facciamo una scommessa - propose Michael, camminando accanto a me per i corridoi. - Io scommetto che finiranno per schiantarsi quadri addosso.

Scossi la testa ridendo. - Scommetto che già stanno facendo sesso da qualche parte - scommisi io.

Si fermò in mezzo al corridoio, facendomi girare verso di lui. - Forse dovrei farlo anche io. Forse dovrei essere più... deciso - bofonchiò, sovrappensiero.

Guardai la gente che gli stava lanciando occhiatacce. - Emh... Che intendi dire?

- La ragazza di Halloween - se ne uscì. - Forse dovrei fare qualcosa di più che continuare ad uscirci.

Sbattei le ciglia, piuttosto confusa. - E cosa? - ridacchiai. - Imbavagliarla e fare sesso con lei come due animali den-

- Deitra.

Michael si strozzò con la sua stessa saliva. Rise, posando una mano sulla mia spalla, e disse: - L'idea era la sua, non la mia.

Feci per riprenderlo, ma dalle mie labbra semichiuse uscii solo un gemito sofferente. L'occhiata che gli scoccai annunciò una vendetta che si sarebbe ricordato per tutta la vita. Michael mi sorrise maliziosamente alzando ed abbassando velocemente le sopracciglia, prima di andarsene.

Mi girai verso la voce bassa e rauca, rossa in viso. - Emh... - mormorai, senza guardare Ryan in viso. - Era solo un'idea...

- Mi stai evitando.

Sussultai. - Cosa?! No! - mentii.

- Sì - mi riprese, convinto.

- Come sta Dan? - volli sapere io.

- Perché non glielo chiedi tu stessa? - borbottò, nervoso.

- Emh...

- Sapevi di Ivy ancora prima di tuo padre - iniziò ad analizzare Ryan, in modo meticoloso. - Non hai parlato con tuo fratello, quindi non può essere stato lui a dirtelo, cosa che avevo dato per scontato appena me l'hai detto. Quindi l'unica opzione che resta è quella che ti sei ritrovata come una spettatrice a vedere l'orribile scena.

Mi schiarii la voce. - E quindi?

- E quindi Ivy è una grande manipolatrice e tu sei diversa da quel giorno - concluse. - Quindi avete parlato. Quello che ti ha detto ti ha evidentemente scosso e ti ha portato lontano da me.

Sbuffai, sofferente. - Siamo poi così diversi da lei, Ryan? - gli chiesi.

Quando i nostri occhi si incrociarono, nero mischiato al blu, potei subito individuare quella scintilla di rabbia che di tanto in tanto accendeva il suo sguardo. - Sì - replicò, ferreo. - Diamine, sì. Come diavolo ti è venuta in mente una cosa del genere?!

- Lo amava - aggiunsi. - Amava Bob, per questo si è ritrovata...

- Si è ritrovata con il suo pene dentro di lei? - sbottò lui. - Che diavolo c'entra con quello che sta succedendo tra noi?

Diventai viola in viso ed annaspai. - Io mi sono innamorata di te - annunciai.

Il muscolo della sua mascella guizzò e gli occhi si fecero più profondi. Deglutì, il respiro leggermente più affaticato.

- Per questo non sono mai riuscita a mettere una barriera tra me e te - continuai, abbassando lo sguardo verso le sue scarpe. - Credo di essermi innamorata di te nel momento esatto in cui hai varcato la soglia di casa. Mi sono innamorata dei suoi occhi indagatori, della tua mente scaltra e leggermente paranoica... Credo di essermi innamorata anche dei tuoi denti con l'apparecchio fisso! - Ridacchiai tristemente. - Ho aspettato che mi notassi per così tanto tempo... che quando finalmente hai iniziato a vedermi per quello che ero, non sono riuscita a pensare a quello che stavamo causando a te, a Daniel ed alla vostra amicizia.

- Ne abbiamo già parlato, D - disse lui, la voce ridotta in un leggero sibilo rauco, come se anche quelle poche parole gli stessero costando un dolore incredibile.

Scossi la testa. - Non capisco come faccia a prendere in considerazione l'idea che lui possa diventare un estraneo per te - bofonchiai, con le lacrime agli occhi. - Tu per lui ci sei come nessun altro è mai stato presente per te - dissi, guardandolo senza barriere. Alzò le sopracciglia, con un'espressione sempre più preoccupata. - E non lo fai per avere qualcosa indietro. Lo fai perché quando lui sta male tu corri. Lo hai sempre fatto. - Sorrisi, carezzando dolcemente il dorso della sua mano con il pollice. - Non sono io il suo angelo... Sei sempre stato tu.

- Non sono disposto a perdere te per lui - mormorò lui, abbassando lo sguardo su quel leggero contatto. - Sono veramente convinto che con il tempo saprà perdonarci.

- Non ne sono così convinta - ammisi. - Amo mio fratello, ma le ferite che continua a trascinarsi... sono troppo profonde ancora.

- Tu non sei Ivy. Io non sono Bob - ringhiò, lanciandomi un'occhiata infuriata. - Tu non sei la sua fidanzata, sei sua sorella.

- Io sono la sua anima - scandii le parole. - La sua anima non può essere così priva di coscienza.

- Non possiamo vivere in base a quelle che sono le sue credenze - continuò lui, allontanando di scatto la mano dalla mia. - Lui ha un'anima e non sei tu. È lui. Deve iniziare a vedervi come fratelli e non come anime gemelle.

- Forse un giorno - mormorai, gli occhi fissi sulla mia mano ancora protesa verso di lui: l'ennesimo gesto che portava a vedere il mio modo di tenere a lui. - Ma non adesso. Non dopo aver visto la sua reazione ad Ivy.

- Ti stai facendo manipolare da una ragazza come lei, te ne rendi conto?

Ripensai al discorso che mi aveva fatto Laurel pochi giorni prima, così simile a quello di Ivy.

Forse aveva ragione, forse mi stavo soltanto facendo manipolare. Dopotutto, mi era già successo con Aiden.

Scosse la testa, con un'espressione quasi disgustata. - Dici di esserti innamorata di me, eppure preferisci tenere nascosto questo, piuttosto che vedere tuo fratello soffrire per un periodo limitato.

- Mio fratello - dissi a denti stretti - è il tuo migliore amico. Tu meglio di me dovresti capire il mio discorso.

Ridusse le labbra in una linea fina. - No, non lo capisco. Perché forse avete un problema, voi due: non riuscite a distinguervi. Tu sei una persona, lui è una persona. Entrambi avete le vostre vite, che possono essere collegate, ma non così legate!

Deglutii, senza guardarlo negli occhi. - Mi dispiace, Ryan.

- Ti dispiace?

- Sì, sono realmente dispiaciuta - ammisi.

Il suo busto si fece più lontano da me, con un'espressione delusa dipinta. - Va bene - mormorò, annuendo. - Ok. Facciamo come dici tu, e vediamo fino a quanto durerà questa tua malsana decisione.

Alzò lo sguardo e sembrò irrigidirsi ancora di più: Aiden ci stava osservando, a poca distanza.

- Richiama il tuo cane, prima che cambi idea su di lui- ringhiò, prima di andarsene velocemente e con le mani ridotte a pugni così stretti da mettere in evidenza le vene bluastre lungo i polsi.

***

John, il fratello di Callie, che ancora viveva da noi, si mise seduto vicino a me, sul divano.

Iniziò a fissarmi senza nemmeno provare a fingere il contrario.

- Che cosa c'è? - chiesi io, senza staccare gli occhi dal libro di diritto.

- Ci ho pensato a lungo - iniziò con il monologo. - Mi sembravi diversa da quando sei tornata dal tuo weekend a casa. Ho pensato potesse essere collegato a tuo padre e probabilmente è anche lui la ragione del tuo distacco emotivo... poi però mi sono ricordato di un dettaglio importante: Ryan è venuto con voi.

- Sto studiando, John - cercai di interromperlo.

- Tu e lui... è successo qualcosa, vero? - ammiccò. - Tipo che avete fatto fiki-fiki?

Alzai un sopracciglio guardandolo con sufficienza. - Fiki-fiki? - ripetei.

- Sì, avete fatto sesso - ripeté lui.

Sospirai. - Mi sarebbe piaciuto molto - borbottai.

Si avvicinò a me per non perdere il mio sguardo. - Qualcosa è successo, è inutile che fai finta di niente. Callie è troppo impegnata a stare male per la bipolarità di tuo fratello, ma io... ho la testa completamente libera.

- Già - bofonchiai. - Perché non stai nemmeno andando a scuola.

Mi scoccò un'occhiata di fuoco. - Perché non me ne parli? - chiese.

- Non ha senso parlare di una cosa che non è mai nemmeno iniziata - ammisi tristemente.

- Però qualcosa è successo, quindi che cosa vi ha fatto cambiare idea?

Rimasi in silenzio ad osservare un punto indistinto vicino alla televisione. Era stato tutto un turbine di emozioni e di idee, tutto così veloce che non avrei nemmeno saputo dare una ragione sola per questo cambio di posizione. - È complicato.

- Dovresti dirlo a Callie - mi riprese, sedendosi vicino a me. - E... dovresti andare da tuo fratello. Credo abbia bisogno di un po' di supporto.

Lo guardai, in difficoltà. Andare da mio fratello voleva dire andare da Ryan. Andare da mio fratello voleva dire ascoltare il tradimento che Ivy gli aveva riservato, ma soprattutto fare determinati paragoni, straziando la mia anima.

Come se non fosse già tormentata da tutto quello che stavo perdendo e tutto quello che avrei perso.

- Mi vuoi dire che tanto non hai già scelto di far felice lui, mettendo da parte la felicità di Ryan... ma soprattutto anche la tua? - mi punzecchiò. - Tanto vale farlo per bene, no?

Annuii, abbassando lo sguardo sul libro, con il cuore a pezzi. Aveva ragione. Per mesi avevo pensato soltanto a me stessa ed al sentimento che mi legava a Ryan, senza tenere d'occhio la felicità di mio fratello. Era ora di ricominciare da lui.

Lasciai John a casa, a guardare una serie televisiva su Netflix, per andare da Dan.

Già nel parcheggio potei appurare l'assenza del suo coinquilino e, sebbene una parte di me volesse vederlo come mai prima d'ora, l'altra ne era più che felice ed il mio petto sembrò farsi più leggero.

Bussai alla porta e mio fratello mi aprì. Il suo sguardo rabbuiato sembrò illuminarsi. - D - sussurrò, facendosi da parte per farmi passare.

Si buttò sul divano senza alcuna grazia, con una birra in mano ed il telecomando nell'altra. Sospirai, odorando l'aria di chiuso di quella casa, e mi misi seduta accanto a lui. Strinsi le gambe tra di loro, in difficoltà, muovendo lentamente le mani sulle cosce. - L'hai più sentita? - chiesi.

- Certo che no - ringhiò lui, prima di ingurgitare una quantità importante di birra. Quando vide la mia occhiataccia, chiese: - Cosa c'è?

- Credo che dovresti parlarne. Se non con lei... con noi - borbottai.

- Ne parlo già con Ryan.

Ridacchiai. - Ryan? Sul serio?!

- Cosa? Non pensavo lo reputassi un amico così tremendo - mi riprese, prima di portare nuovamente le labbra alla bottiglia.

- Non lo penso - sussurrai, ripensando al modo in cui si era bloccato molteplici volte con me, solo per non fare un torto al suo migliore amico.

- Solo perché sei una femmina non vuol dire che tu sia più in grado di ascoltare e comprendere determinate situazioni rispetto a lui - bofonchiò.

- Non ho detto questo, è solo che Ryan non è abbastanza... oggettivo, in questa situazione - dissi. Perché mi ricordavo benissimo il modo in cui gli era stato dietro, poco dopo aver scoperto il tradimento. Mi ricordavo molto bene anche la sua rabbia nascosta dietro lo sguardo apparentemente apatico. Più di tutto però mi ricordavo il modo in cui aveva sputato che per lui non eravamo come Ben ed Ivy.

- Tu odi Ivy - mi denigrò mio fratello.

- Ho avuto modo di parlarci, come te - annunciai, facendolo sussultare. - Ed ho visto anche il tuo modo di porti. - Cercai il suo sguardo... più e più volte, nella speranza di scorgere altro oltre all'apatia, ma non mi diede modo nemmeno di guardarlo negli occhi. Sospirai. - Tu sei più di questo.

- No, non lo sono - ringhiò. - Non lo sono più da quando ho capito di non potermi fidare di nessuno, se non della mia famiglia.

- Ryan non è la tua famiglia, eppure ti fidi ciecamente di lui.

- Ti sbagli. Ryan è la mia famiglia, esattamente come voi. È come un fratello. È sempre stato come un fratello per tutti noi - digrignò i denti.

Il cuore si fermò alcuni secondi, come per riprendersi da quell'esclamazione... o forse il suo era un vano tentativo di levarsi da quella situazione straziante. Un flashback di me e Ryan dentro la doccia mi fece trattenere il respiro dal bisogno di cancellare.

Il senso di colpa era un sentimento piuttosto invadente. Sembrava corrodere oltre a quelli che erano organi, ossa ed anima. Sembrava prendere tutto, come un mostro.

Dall'altro lato però c'era l'amore ed il desiderio, che spingeva e scalpitava per stare con lui. Batteva le sue mani piene di sangue, piene di colpa, sulla gabbia toracica, pur di farsi sentire e farti capire che c'era e poteva essere più forte di tutti, se messo da parte ed escluso.

- Voglio stare da solo.

Ridacchiai. - Non ti lascio da solo in questo stato. Non ti lascerò rovinare tutto, di nuovo, soltanto per-

- Soltanto per cosa? - sbottò lui, avvicinando il viso al mio con cattiveria. Conoscevo mio fratello, probabilmente si sarebbe tagliato le mani pur di non ferirmi... eppure quel giorno ebbi quasi paura della rabbia che continuava ad emergere da quei suoi occhi neri tanto quanto i miei. - Tu non sai un cazzo. Ivy doveva essere l'amore della mia vita, io volevo sposarla e farci una famiglia.

- Avevi diciotto anni...

- Ivy era perfetta... perfetta per me - ribatté, le mani gli tremavano dalla rabbia. - O almeno così pensavo. Tu e lei eravate simili, dopotutto. Sembrava così innocente, così gentile e così... perfetta per me.

Annaspai, in cerca di aria. - L'hai idealizzata.

- Vaffanculo! - sbottò, alzandosi in piedi per sovrastarmi. - Vaffanculo. Non psicanalizzarmi.

Strinsi le piccole mani in pugni, furiosa. Mi alzai e si allontanò. - Ascoltami bene, brutto rincoglionito - ringhiai puntandogli l'indice sul petto. - Mettiti immediatamente seduto e datti una calmata, o ti darò così tanti schiaffi da farti ritrovare il cervello.

Alternò i miei occhi, in modo febbrile, e con ancora il respiro affannato... si mise seduto sul divano con lo sguardo a terra.

- Tu hai una vita - ringhiai. - Sono passati anni e ti sei costruito un'altra vita senza di lei. Hai ricominciato, molto lentamente. Adesso non dirmi che sei così stupido da farti lasciare scappare l'unica ragazza che ancora-

- Sono troppo rovinato per lei - mi fermò. - Non sono pronto per un'altra relazione.

- Stronzate! - tuonai. - Se non fossi stato pronto per lei, non l'avresti mai guardata in modo diverso.

Alzò di scatto gli occhi su di me, come se gli avessi rivelato un segreto oscuro. - Che cosa? - mormorò.

- Brutto cretino, di belle ragazze ne sono passate davanti a te e non tutte erano stupide... eppure le hai sempre usate per il sesso, senza guardarle oltre al lato fisico. Adesso è arrivata Callie e nel momento esatto in cui avete iniziato a bisticciare, hai iniziato a guardarla in modo differente. Non provare a dirmi che non sei pronto. Perché per lei sei pronto eccome!

Rimase in silenzio per un po', come scioccato. - L'ho trattata malissimo.

- L'ho notato - borbottai, ancora in piedi. - Ma non puoi-

La porta si aprì di scatto e delle risate spezzarono il momento fratello-sorella. Il cuore cessò di battere nuovamente, ma questa volta per un motivo diverso. Ryan stava ridendo, mentre teneva stretta a lui Katy. Appena si accorse di me, sembrò voler togliere il braccio da Katy, ma ci ripensò.

Osservò attentamente il mio viso rosso dalla rabbia e poi il capo chino di mio fratello. - Che succede?

- Fatti i cazzi tuoi - sbottai io, incenerendo la mano che stava tenendo sull'anca della ragazza.

- Datti una calmata - mi rimproverò Ryan.

- Andate a fare quello che dovete fare e levatevi dalle palle.

- Deitra...? - mi chiamò Dan, confuso.

Mi tolsi da davanti il viso una ciocca di capelli biondo scuro. - Bel modo per aiutare il tuo amico, Mister Faccio il Migliore Amico Perfetto - ribattei, senza staccare gli occhi da Ryan.

Quest'ultimo ammiccò. - Qualcosa mi dice che la tua rabbia sia dovuta a tutt'altro.

Respirai a fondo, per non correre da lui e staccarlo da Katy, la quale stava giocando con le dita di lui.

- Che cosa sta succedendo qua? - chiese Daniel, confuso.

Uno scintillio negli occhi blu di Ryan mi fecero capire che voleva farmi scoppiare. Voleva che dicessi tutta la verità a mio fratello.

- Niente - ringhiai, sedendomi nuovamente, dandogli le spalle. - Non mi piace essere interrotta.

- L'abbiamo notato da un po' - mi prese in giro Ryan, alludendo alla prima volta che c'eravamo baciati a casa mia.

Strinsi le mani, furiosa.

- Amico? - lo richiamò Daniel.

- Scusami, Dan - borbottò Ryan. - Ce ne andiamo, forse è meglio.

- Sì, è meglio - ringhiai a bassa voce.

Daniel mi guardò, confuso.

La porta si chiuse e tornò il silenzio.

Daniel non mi staccò più gli occhi di dosso. - Ok, questa scenata di gelosia? - chiese, facendomi diventare viola dall'imbarazzo. - D, ma provi davvero qualcosa per lui? Dopo tutto questo tempo?

Scrollai le spalle. - Ho sempre avuto un debole per lui - biascicai.

- Sì, ma questa mi sembra più di una cotta adolescenziale - borbottò.

- E se anche fosse?

Rimase in silenzio per un po', sovrappensiero. - Sai che Ryan... sta insieme a Katy.

Lo guardai con occhi grandi per lo spavento. - E... e se provasse qualcosa per me anche lui?

Dan sbottò a ridere. - D, no. Per favore, non farti questi viaggi mentali. Ryan non farebbe mai niente con te. Ti vede ancora come la mia sorellina... Non mi farebbe mai niente del genere - esclamò ridendo.

Capii il modo di parlare di Ryan. Risentii nella testa la sua voce dirmi che aveva iniziato a lasciare pezzi di Dan, nel momento esatto in cui aveva iniziato a prendere pezzi di me. Sentii i famosi pezzi di Ryan andare in frantumi, sanguinare ed annegare. Sentii la parte piena di amore per mio fratello urlare per la disperazione, perché nonostante tutto... stavo perdendo me stessa.

- Hai ragione... - bisbigliai.

- Sei una bella ragazza, D. Vedrai che prima o poi troverai qualcuno... adatto a te - finì di distruggermi.

Qualcuno adatto a me.

Non era la prima volta che sentivo una frase del genere.

Ma perché la sentivo così lontana dal mio cuore? Ero certa di averla già trovata la persona adatta a me. Era sempre stato lui.

- Sì, pima o poi - mentii.

Ricominciammo a parlare di Ivy e mi raccontò delle scuse che gli aveva rifilato. Del suo modo di dare la colpa al loro rapporto ormai finito da tempo ma mai ammesso, delle sue lacrime e del suo amore per Bob, che l'aveva portata a compiere un gesto del genere. Mi raccontò del modo in cui anche in quel momento era riuscita a rovinare le scuse, non prendendosi appieno le sue colpe.

Soprattutto, con gli occhi pieni di lacrime, ammise: - Mi ha detto quasi tutto quello che volevo sentirmi dire, eppure non è comunque bastato. Perché quando c'è di mezzo lei... quando c'è di mezzo la mia fiducia calpestata non c'è sentimento più forte della rabbia. Quindi ho fatto quello che sapevo l'avrebbe spezzata una volta per tutte: le ho sorriso ed ho chiuso una porta. Quella porta che era sempre stata in qualche modo semiaperta. Quella porta che mi continuava a tartassare. Ma la rabbia è ancora tutta qua e penso che non se ne andrà mai. Certe cose non sono disposto a perdonarle... non è nella mia indole.

- A volte perdonando si riesce ad andare avanti - parlai, accorgendomi fin troppo bene del mio modo di elemosinare qualche possibilità di essere perdonata nel futuro.

- Non perdono una persona che mi ha giurato di amarmi e nel frattempo ha deciso di mentirmi guardandomi negli occhi. A questo punto, preferisco tenermi la mia rabbia.

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