Capitolo 23: Cattiveria e tradimento

Vi sono perdite che comunicano all'anima una sublimità, nella quale essa si astiene dal lamento e cammina in silenzio come sotto alti neri cipressi.

(Friedrich Nietzsche)


Notai mio padre osservarmi, indeciso sul da farsi. Quando si alzò, sbuffai e mi raddrizzai sulla sedia.

Uscì in giardino per avvicinarsi a me, timidamente. Si mise seduto accanto a me, senza guardarmi. – Ieri sera ho bussato, speravo di poter parlare con te – disse lui, a bassa voce.

– Dimmi – replicai, senza guardarlo.

– Vorrei proporti... alcune sedute da uno psicologo – annunciò lui.

Mi girai di scatto verso di lui, scioccata. – Scusami?!

– Sono un po' preoccupato, D – continuò, senza guardarmi. Il modo che aveva di non guardarmi nemmeno in faccia fu la conferma della difficoltà che stava avendo a parlarmi in modo così aperto. – So che stai facendo progressi, so che hai degli amici... ma è come se avessi cancellato la tua vita precedente.

Strinsi i denti, furiosa. – Cancellata? O forse ho cancellato te?

Sussultò leggermente, ferito. – Capisco benissimo il tuo modo di affrontare il dolore... ma devi capire che... – girò il viso verso di me, scoprendo tutto il suo dolore e le lacrime. – Per quanto non sia stato in grado di darti il sostegno in quei giorni, tua madre era l'amore della mia vita e se avessi potuto prendermi tutto il suo dolore ed il suo tumore, affinché vivesse lei, lo avrei fatto senza battere ciglio. Ma non è così semplice, determinate cose non si possono scegliere. Quindi, per favore, non darmi la colpa per qualcosa che non ho fatto.

– Quindi il tuo scopo era quello di farci venire qua, per propormi uno strizzacervelli, per rimediare a quello che tu non sei stato in grado di guarire? – ringhiai.

– Non sono e non sarò mai in grado di guarire un dolore del genere – mormorò, colpevole. – E, soprattutto, non posso aiutare a guarire una persona che non accetta nemmeno di pensare a quella che era la sua vita prima del lutto.

Risi con cattiveria. – Vaffanculo – ringhiai, alzandomi dalla sedia. – Non prenderò lezioni di vita da un uomo che non è stato nemmeno in grado di stare dietro a sua moglie.

– Deitra...

– No! – esclamai. – No. Forse adesso vuoi fare l'eroe della situazione – ringhiai avvicinando il viso a lui, con le lacrime agli occhi. – Ma non lo sei. Non lo sei mai stato. È sempre stata lei.

– Non mi voleva in quel momento – sussurrò lui. – Voleva te.

Scossi la testa, piangendo. – Io non l'ho mai voluto.

– L'hai preteso nel momento esatto in cui niente era come avevi progettato – ribatté lui. – Perché tu sei così e lo abbiamo accettato.

– Io–non–ho–preteso–di–assistere–in–quel–modo–mia–madre – scandii le parole, furiose.

– Tutto era un caos per te ed avevi bisogno di prendere il controllo – cercò di spiegarmi. – E mamma aveva bisogno di organizzazione tanto quanto te.

– Mamma aveva bisogno di suo marito! – tuonai io.

Deglutì, mantenendo una calma che mai avrei potuto capire. – Ci sono stato, ma in modo diverso dal tuo. Lei aveva bisogno della tua delicatezza, della tua emotività ma soprattutto delle tue parole. Voleva che fossi tu a capire il suo dolore. Ha scelto te, perché ne sentiva il bisogno.

Scossi la testa e feci per andarmene, quando notai che tutti i miei fratelli erano usciti in giardino. Li guardai con rabbia e capii che il loro era stato un tentativo disperato sin dall'inizio. Provai una rabbia cieca, così tanto che dovetti andarmene quasi correndo.

Ryan non si era mosso dal divano. Lo osservai, prima di uscire dalla porta principale. – Lo sapevi anche tu?

Rimase in silenzio per troppo tempo. Poi rispose: – L'ho dedotto quando sono stato invitato.

Sgranai gli occhi, ferita. Tutti ci stavano guardando, questo mi spinse a non chiedergli quello che mi stava passando per la testa. I suoi occhi non si staccarono mai da me. Capii che mio padre aveva deciso di invitare Ryan perché sapeva benissimo che sarei andata ovunque, se ci fosse stato anche lui. Perché tutti sapevano che non riuscivo a stargli lontano.

– Deitra – cercò di richiamare l'attenzione su di sé. – Non è sbagliato.

– Da che parte stai?!

La sua schiena si irrigidì e si mise composto. – Dalla parte che ti porterà sempre maggiore beneficio – replicò.

Era tutto confuso. La rabbia non mi stava facendo pensare lucidamente.

– Vai – mi incitò, indicando la porta. – Devi schiarirti le idee.

***

Corsi veloce, senza pensare al respiro, senza pensare al modo in cui il mio corpo mi stava chiedendo di andare più piano.

Mi fermai, sentendo dolore. Con il respiro affannato, mi guardai attorno, spaesata.

– D?

Mi girai verso quella voce femminile ed il mondo sembrò crollarmi nuovamente addosso. Davanti a me c'era una ragazza dai capelli scuri, gli occhi color nocciola e le labbra grandi dipinte di rosso.

L'ultima persona di cui avevo bisogno era lei.

L'ultima persona che mio fratello doveva vedere era lei.

Il cellulare squillò, rivelando il nome di mio fratello.

– Che cosa ci fai qua? – ringhiai io.

– Stai bene? Sembri sul punto di svenire... Quante volte ti devo dire che correre è molto più di questo? Devi concentrarti – fece finta di non ascoltarmi.

Scossi la testa, scioccata. – Sei seria?! Vai a dare lezioni di vita alla tua coscienza ed a Bob.

Mi scoccò un'occhiata avvilita. – Capisco la tua rabbia.

– No, non capisci un cazzo ed ora levati dalle palle – sbottai io. – Torna a tradire i tuoi fidanzati con i loro migliori amici.

– Ho sbagliato, lo so – mormorò lei. – Ma mi sono innamorata della persona sbagliata.

– Mentre stavi con mio fratello, intendi – la corressi io. – Ti sei fatta/innamorata di un'altra persona, mentre stavi con mio fratello.

– Non si possono controllare i sentimenti e tu lo sai meglio di me.

Risi, senza fiato. – Ti prego, non provare a renderci simili, perché non lo siamo.

– Hai smesso di provare quello che provavi per Ryan?

Ringhiai. Perché diavolo tutti lo mettevano sempre in mezzo?! – Piccolo dettaglio: io non ho mai tradito nessuno con Ryan.

– Ma lo ami – continuò. – E quanti anni sono passati? Immagino tu abbia fatto di tutto per togliertelo dalla testa, ma quel desiderio, quel bisogno di lui e solamente lui... è incastonato dentro di te.

La guardai, in difficoltà. – Non capisci? Il problema non è nemmeno di chi ti sei innamorata. Il problema è che ti sei fatta il migliore amico di mio fratello, mentre stavi con lui, in vacanza! Hai ragione: non possiamo decidere di chi innamorarci, ma porca troia possiamo decidere chi tradire. Tu hai preferito non tradire il bisogno che avevi di una persona, buttando la fiducia di un ragazzo che ti ha dato la sua anima per farti felice.

– Hai ragione. Ho sbagliato. Ho cercato in tutti i modi di...

Risi. – Quello che hai cercato di fare, è stato di tenere nascosto – dissi io. – Ti avrei capito, ti avrei anche supportata... se solo avessi lasciato mio fratello prima di fare quello che poi hai fatto.

– Tuo fratello è stato importante per me ed una parte di me lo amava ancora... ma era la parte immatura, la parte che non era disposta a lasciar andare quello che è stato il mio primo fidanzato, il ragazzo con cui sono stata per tutta l'adolescenza.

Non avevo bisogno di questo.

Avevo bisogno di stare da sola e lei non poteva di certo aiutarmi.

– Non farti vedere da lui.

– Si trova in città? – chiese illuminandosi.

– Non provare a farti vedere da lui – la minacciai, avvicinandomi a lei dal mio metro e cinquantasette. – È fidanzato con una ragazza spettacolare e non puoi avere il cuore così marcio da voler rovinare anche questo.

– Voglio solo parlargli... fargli capire quanto mi dispiace e che cosa mi ha spinto a fare una cosa del genere – disse. – Per favore, cerca di capirmi. So che avete sempre avuto un rapporto viscerale, ma... è stato importante per me.

– Se n'è andato stamattina – mentii. – Mi dispiace per te – aggiunsi, prima di ricominciare a correre.

Andai ad un passo più controllato, per cercare di fare veramente qualcosa di utile: rimuginare. Perché tutte quelle frasi, tutte quelle accuse che avevo appena fatto a quella ragazza... indirettamente, le avevo fatte anche a me stessa.

Sicuramente c'erano molte similitudini tra la mia storia e la sua. Di certo non ero stata con mio fratello... ma ben presto lo avrei ferito nello stesso modo, forse anche più profondamente. Perché io ero la sua sorellina, la sua anima... il suo lato buono ed innocente. Eppure, quello stesso lato che lui aveva sempre cercato di proteggere, lo aveva tradito. Non c'era più niente di innocente in una ragazza che decide intraprendere una relazione con il migliore amico di suo fratello, senza dire niente a quest'ultimo.

E allora qual era la scelta giusta da prendere? Smettere di mentire e dire la verità, per ferire profondamente mio fratello, per una relazione che non sembrava ancora avere delle basi su cui costruire qualcosa di duraturo? Oppure continuare a mentire, per ammettere le proprie colpe una volta capito effettivamente quello che era successo, una volta avuta una garanzia?

Forse avrei dovuto mettere in conto che in queste relazioni non ci potevano essere garanzie, esattamente come il resto delle vicende. Nella vita non c'erano garanzie, un giorno stai vivendo la tua vita ed il giorno dopo ti viene diagnosticato un tumore al terzo stadio. Un giorno stai vivendo la tua vita, ed il giorno dopo ti ritrovi a voler indietro quello che era stato il tuo primo amore. Un giorno stai vivendo la tua vita come sorella fantasma, ed il giorno dopo ti ritrovi a sentire dichiarazioni da quello che era sempre stato il ragazzo dei tuoi sogni. Un giorno stai vivendo la tua vita, stai facendo tutto quello che è in tuo potere per rendere tutti felici, ed il giorno dopo ritrovi la tua ragazza a letto con il tuo migliore amico.

Nella vita non c'erano garanzie, e allora perché diavolo ne stavo cercando una?

Perché avevo bisogno di controllo, come sempre. Avevo bisogno di controllare una situazione che mi era letteralmente sfuggita dal controllo, a causa di un sentimento che avevo cercato di reprimere in tutti questi anni, e non sapevo più come fare a riprendere il controllo di esso.

Ed ecco anche perché avevo preso il controllo sulla malattia di mamma: perché quando tutto attorno a me era caos, io impazzivo.

Era vero, in qualche modo incolpavo papà... perché non trovavo giusto che quella che era sempre stata la persona più importante della vita... da un giorno all'altro aveva iniziato a guardare un punto fisso, entrando in uno stato che non avrei mai compreso. Mentre mio padre si trovava ancora là.

Dovevo accettare la realtà: non era stata colpa di mio padre ed ero sicura che se avesse potuto scegliere... anche lui avrebbe scelto la vita di mia mamma alla sua.

Si era ritrovato a costruire una vita daccapo, perché quella costruita per vent'anni gli era stata spazzata via da una malattia su cui lui stesso non aveva potuto avere il controllo. Si era dovuto reinventare, aveva dovuto accettare che avrebbe passato la sua pensione da solo, senza l'amore della vita, a fare viaggi da solo o forse con una persona che non avrebbe mai sostituito veramente la mamma.

Era lui quello che era andato da un terapeuta.

Dovevo smetterla di incolparlo per cose passate, per dolori che erano stati troppo anche per lui.

E... dovevo chiudere con Ryan.

***

Dopo due ore, tornai davanti a casa e vi ritrovai di nuovo lei.

Daniel aveva un'espressione vitrea. Lo vidi scuotere la testa e sorridere. Fece un passo indietro e le chiuse la porta in faccia.

Mi passò accanto, con il viso rigato dalle lacrime. – C'è cattiveria e cattiveria – mormorò, senza guardarmi. – E lui ne possiede una veramente potente.

– C'è tradimento e tradimento – replicai io. – Ed un tipo di tradimento che va oltre quello che è il tempo.

Mi guardò con gli occhi sgranati, continuando a piangere. Posò una mano sulla mia spalla e, guardandomi dritto negli occhi, sussurrò: – è troppo tardi anche per voi.

Trattenni il respiro. Alternai i suoi occhi, spaventata. – Cosa?

– Ti si vede lontano un chilometro – replicò. – Daniel non vi permetterà mai di avere una relazione. Non vi perdonerà mai per averglielo nascosto.

Annaspai, con il cuore a pezzi. – Non è più il bambino spaventato che hai conosciuto tu.

Sorrise tristemente. – Eppure, quell'uomo che mi ha chiuso la porta non mi è sembrato così diverso da quel bambino – ammise. – Addio, D.

Si allontanò, trascinando i piedi, distrutta da un dolore che probabilmente avrei conosciuto presto.

– D – mi chiamò mio padre, aprendomi la porta principale. Mi sorrise dolcemente e si fece da parte, facendomi segno di entrare. – Mi sei mancata.

Con ancora il cuore in frantumi, entrai a testa bassa. – Scusami... Andrò dal terapeuta.

Posò una mano sulla mia esile spalla. – Scusami tu, per non essermene accorto prima – mormorò.

Con le lacrime agli occhi annuii, ma non lo abbracciai. Mi diressi nuovamente in giardino, nonostante fosse ormai tardi, per prendermi lo spazio di cui avevo ancora bisogno.

Ryan si trovava dove ero seduta io, poche ore prima.

Mi misi seduta accanto a lui sospirando.

– Come ti senti? – volle sapere.

– Chiedimelo domani – replicai.

Cercò i miei occhi, ma non trovò niente. – Sei stata brava – si complimentò.

– No, non lo sono da un po' di mesi ormai – ammisi.

Aggrottò la fronte, confuso.

– Dovresti andare da Dan – aggiunsi. – Ha appena visto Ivy.

Trasalì. – Che cosa?! – sbottò, prima di alzarsi dalla sedia ed avanzare velocemente verso il suo migliore amico.

Mai avrei dovuto mettermi in mezzo in un'amicizia del genere.

Me ne resi contro troppo tardi.

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top