Capitolo 22: Parti di te

A volte non hai il tempo di accorgertene, le cose capitano in pochi secondi.  Tutto cambia. Sei vivo. Sei morto. E il mondo va avanti. Siamo sottili come carta. 

(C. Bukowski)



Quasi sapendo come sarebbe andata a finire, lo aspettai in corridoio. Uscì dalla camera degli ospiti, dato che Laurel e Paul se n'erano andati, ed aggrottò la fronte. – Che stai facendo? – mi chiese.

Non dissi niente, gli feci segno di entrare in camera mia e lo aspettai dentro.

Si chiuse la porta alle spalle, composto, con ancora i jeans scuri e la camicia leggermente sbottonata celeste che aveva messo dopo la doccia di questa mattina. Quando capì la mia angoscia sospirò, toccandosi nervosamente i capelli. Prese la sedia vicino la mia scrivania e si mise seduto, incrociando le braccia. Mi osservò, cauto, senza aggiungere una parola.

– Laurel sa che c'è qualcosa – sputai.

Per un po' di tempo non disse niente, continuando a respirare in modo controllato, senza smettere di essere composto e tranquillo. – Ok, e questo ti crea così ansia perché...? – volle sapere.

Trattenni il respiro, nervosa. – Perché sei così tranquillo?

Scrollò le spalle. – Ho deciso di dire tutto a Daniel.

Il mondo sembrò cadermi addosso. – L'hai deciso – sottolineai. – Senza nemmeno chiedermelo?

Prese un respiro profondo, continuando ad osservarmi con occhi fermi e determinati. – Non abbiamo altra scelta, Deitra – disse, la voce profonda e leggermente rauca. – Ho cercato in tutti i modi di prendere le distanze da te, per avere un controllo maggiore sulla situazione e sul mio stesso corpo, ma mi sembra di tenere le distanze solo per ritrovarmi più in preda al caos di prima. Più non mi permetto di stare con te, e più le conseguenze diventano importanti.

Mi morsi la lingua, in preda al panico. – Non ci perdonerà mai, e lo sai anche tu – ringhiai.

– Credo che Calliope lo farà ragionare – replicò, senza dare segni di smarrimento o nervosismo. – Nonostante tutto, gli sta facendo vedere parti di lui che non sapeva di avere. Magari riuscirà a fargli vedere che c'è altro, oltre al tradimento.

– No.

– Che cosa?

– Ho detto no – ringhiai io. – Non sono pronta a rovinare il rapporto che ho con mio fratello, solo per avere un ipotetico rapporto con te! – sbottai io, con le lacrime agli occhi. – Per quanto ne sappiamo, potremmo litigare tra un mese e tutta la rabbia e la delusione di Dan non sarà servita a niente!

– Oppure potremmo semplicemente litigare come due ragazzi che si stanno frequentando, parlare in modo maturo e costruttivo, ed arrivare ad un compromesso – mi corresse, guardandosi attorno, con un'espressione di superiorità che mi fece innervosire ancora di più.

– Potremmo anche non trovarci a letto! Magari a te farà schifo qualcosa di me, oppure io non riuscirò a sopportare qualcosa di te! – ci provai ancora.

Ridacchiò. – Su questo non mi sembra di aver visto grandi problemi fino ad ora – commentò, con un luccichio malizioso negli occhi.

– Non abbiamo mai nemmeno fatto sesso! – esclamai.

Ci pensò su per pochi secondi. – Deitra, vuoi realmente dirmi che ti spaventa il lato sessuale di questa relazione? – chiese, affatto convinto. – Perché, davvero... Mi sembra una stronzata.

Trattenni il respiro, in difficoltà, con le guance rosse. – Non voglio dirgli la verità – ammisi.

– E questo l'avevo capito – annuì. – Ma allora preferisci... cosa, esattamente? Continuare ad incontrarci in bagni, o magari in macchina, e dover stare attenti anche soltanto a come ci comportiamo l'uno davanti all'altra? Perché, sinceramente, non mi sembra fattibile.

Scrollai le spalle. – Almeno fino a quando non capiamo che ne vale realmente la pena.

Trattenne una risata nervosa. – Deitra, siamo arrivati fino a questo punto, e non sappiamo nemmeno se ne vale la pena? – mi fece eco lui. – Non sono stupido. Tu provi qualcosa per me, qualcosa che va oltre all'attrazione. Che diavolo stai cercando di fare?

Mi tornarono in mente le parole di Laurel. – Non ci guarderà più in faccia – mormorai io. – Tu sei veramente disposto a cancellare più di dieci anni di amicizia con Daniel, solo per stare con me, senza alcuna garanzia?

– Ho iniziato a cancellare anni di amicizia nel momento esatto in cui ho deciso di baciarti, in camera mia, senza dire niente a tuo fratello – ringhiò lui. – Pensi sia stata una scelta semplice? Secondo te, perché ho cercato di renderci le cose difficili fino ad adesso? Perché volevo essere quello cattivo, o forse perché volevo semplicemente essere un ragazzo rompi coglioni? No, D. Ho messo in conto che avrei potuto perdere parti di Daniel, nel momento esatto in cui ho iniziato a prendere parti di te.

– E la cosa ti sta bene? – sussurrai io, in preda al panico. – Perché secondo me finirà con noi due che ci daremo la colpa a vicenda sul perché Dan non ci parla più. Non voglio stare insieme a te, sapendo che questo ti ha portato lontano dal tuo migliore amico.

Scosse la testa e la schiena si fece più rigida. – Non sono così immaturo da dare la colpa a te per qualcosa non sono riuscito a negarmi – rispose lui. – E lo sai, perché mi conosci, quindi smettila di mentire e dimmi quello che ti sta passando per la testa.

– Ho paura – ammisi.

– Hai paura che tu possa vedermi come il cattivo della storia – tradusse lui.

Rimasi in silenzio.

– Davvero, D? – chiese, aggrottando la fronte, ferito.

– Non lo so...

Si alzò dalla sedia, leggermente arrabbiato. – Pensaci su. Non farò niente, fino a quando non capirai le tue vere intenzioni – borbottò, riposizionando la sedia davanti alla scrivania.

– È mio fratello! – esclamai quando lo vidi andare verso la porta. Mi rendevo conto di quanto potesse sembrare esagerata la mia reazione, ma Daniel aveva sempre riposto in me tutta la fiducia del mondo: mi aveva sempre visto come la sua sorellina, ma non solo... per lui ero la sua anima. Togliergli questa convinzione col tempo, poteva essere solo che sano, ma togliergliela perché lo avevo tradito? No. Non io. Non la sua anima.

– Pensi non lo sappia?! – ringhiò lui, girandosi di scatto verso di me. – Credi che questo pensiero lasci mai la mia testa? Sei così ingenua, o lo fai apposta?!

Feci un passo indietro. – Se lo sai, allora ti chiedo di capire anche il mio punto di vista. Un mese fa, non mi guardavi nemmeno in faccia. Adesso mi stai dicendo di voler dire al tuo migliore amico che ti vuoi fare la sua sorellina e–

La rabbia prese il sopravvento su qualsiasi altro sentimento o emozione sul suo viso. Mi raggiunge con due ampie falcate, sovrastandomi completamente. – Che mi voglio fare la sua sorellina?! – mi fece eco lui, rabbioso. – Se fosse stata solo una questione di sesso, non mi sarei mai fermato. Nemmeno la prima volta che ti sei sdraiata sul mio letto – ringhiò. Lo osservai con occhi leggermente spaventati. – Non provare mai più a definirti solo una scopata, Deitra. Perché è il modo esatto per farmi incazzare.

Deglutii rumorosamente, continuando ad osservarlo dal basso. Nonostante avesse le vene sul collo in evidenza e le orecchie rosse dalla rabbia, trovai la sua espressione determinata ed arrabbiata quasi l'ennesimo pretesto per baciarlo.

– Io-non-sono-quel-coglione-del-tuo-ex – ringhiò lui, avvicinando ancora di più il viso al mio. Abbassai gli occhi sulle sue labbra. – Se fosse stato solo sesso, mi sarebbe passato dopo poche settimane. Soprattutto con l'aiuto di Katy. Invece mi trovo qua, dentro questa casa, a chiederti di dire tutto a tuo fratello, perché voglio iniziare a fare le cose sul serio con te. Voglio poterti guardare nel modo in cui ritengo più mio, voglio poterti parlare senza dover pesare le parole in base alle persone che ci sono attorno a noi, voglio potermi avvicinare ogni volta che ne sentiamo la necessità e voglio poterti dire che non mi vedrò più con Katy... e voglio poter avere la possibilità di dirti che non ti voglio più vedere in una macchina insieme ad un altro, mentre ti prendi da lui esattamente quello che vorrei darti io.

Gli afferrai il colletto della camicia e portai le labbra sulle sue.

Volevo che si prendesse tutto. Tutto di me. Perché la realtà era che mi ero sempre sentita legata a lui.

Ero sempre stata sua, mi aveva sempre avuto.

Ci appartenevamo, forse. Io mi sentivo sicuramente e completamente... sua. Nel modo più genuino possibile, sin dall'età di dodici anni. Ed il mio cuore sembrò scoppiare di felicità, perché l'averlo aspettato per tutti quegli anni aveva portato a questo: ero veramente qualcuno di importante per lui, qualcuno per cui valeva la pena lottare... qualcuno che non era disposto a lasciar andare.

Aprì le labbra e le lingue si trovarono. Nessuno mi aveva fatto provare mai il senso di adeguatezza che mi faceva sentire lui. Perché ogni parte del mio corpo sembrava essere fatto per combaciare con lui. Le sue mani grandi ma comunque dalle dita affusolate sembravano fatte per accarezzarmi, stringermi a lui... le sue labbra si muovevano all'unisono con le mie, come se avessi baciato quelle labbra per anni. Le mie mani sembravano toccare terminazioni nervose che non sapevo nemmeno esistessero, fino a quei momenti in cui Ryan sembrava soffrire ad ogni mio tocco leggero.

Tutto, in lui, mi spingeva a credere che fossimo destinati a questo.

Nonostante questo, però, la paura che tutta questa bolla sarebbe scoppiata, per dare inizio ad una realtà completamente diversa mi spaventata terribilmente.

Ero pronta a soffrire per lui, qualora le cose non fossero andate bene.

Ma non ero pronta a vedere soffrire mio fratello, per una realtà che forse sarebbe esplosa da lì a breve. Perché sì, potevamo parlare, discutere e baciarci in quel modo... ma a volte due persone semplicemente non sono fatte per stare insieme.

Dopotutto Ryan era l'esatto opposto di me: freddo, enigmatico, a tratti calcolatore... D'altro canto io avevo ancora i tratti caratteriali tipici di una bambina. Probabilmente l'essere così ingenua, trasparente e testarda ormai facevano parte di me e non sarebbero più svaniti. Ryan aveva sempre attirato l'attenzione per la sua eleganza ed indifferenza, la sua intelligenza e compostezza... Io mi ritrovavo sempre in posizioni strambe anche soltanto quando mi mettevo a leggere un libro, o a parlare con qualcuno.

Come potevano due persone del genere trovare un equilibrio nel lungo termine? Mi sembrava impossibile. Per questo non volevo dire niente a mio fratello: perché, per quanto sperassi in un futuro, non ci credevo realmente.

Accanto a lui avevo sempre visto una persona più simile a lui che a me... una persona come Louisa. Elegante come lui, con l'aspetto di un angelo ed il portamento composto.

Sicuramente con il tempo mi ero dimostrata meno goffa, ma questo non mi rendeva di certo elegante.

Lo strinsi a me, quando lo sentii sospirare profondamente, mentre le sue mani finivano sui miei glutei. Mi afferrò ed alzò da terra, quindi allacciai le gambe attorno a lui.

Mi fece adagiare con delicatezza sul letto e mi raggiunse, mettendosi sopra di me. Scosse la testa, come immerso nei suoi pensieri, e tornò a baciarmi, per poi scendere lungo il mento ed il collo.

La mano si fermò sulla mia coscia, che si portò vicino al fianco.

Inarcai la schiena, quando si mosse sopra di me con un gemito.

Ridacchiò, con il respiro affannato. – Possibile che con te mi ritrovi puntualmente a fare cose che non facevo da quando ero adolescente? – chiese lui.

Aprii gli occhi. Potevo sentire ancora il mio cuore battere, addirittura nelle orecchie. – Cosa? – provai.

Cercò di non ridere alla mia domanda. – Hai sentito.

– Qualsiasi cosa sia... a me va bene – mormorai, cercando di nuovo le sue labbra.

– Deitra... – sussurrò lui, allontanando il viso dal mio, alzandosi sulle braccia. – Non possiamo fare sesso qua. C'è tuo fratello nell'altra stanza.

Arrossii. – Oh... – mormorai, in imbarazzo.

Mi sorrise dolcemente, come se la mia espressione lo rendesse più sereno.

Potevo sentire che mi voleva tanto quanto io volevo lui. I nostri occhi si incrociarono nuovamente e cercai di rendermi meno dispiaciuta di quanto non fossi.

– Smettila – ridacchiò lui.

– Di fare cosa? – chiesi, fingendo innocenza. In realtà, sapevo benissimo di aver sfoggiato la mia espressione migliore.

Scosse la testa stringendo le labbra, in difficoltà. Abbassò lo sguardo per non guardare la mia espressione, finendo però per scendere sul mio petto che si alzava ancora con un ritmo piuttosto veloce, poi giù.. sulla pancia leggermente scoperta e sui nostri bacini, che ancora non si erano staccati. Gemette, quando ruotai il bacino verso di lui.

Posò la fronte sulla mia spalla, con il respiro ancora più affannato. Potevo sentire anche il suo cuore, pronto a scoppiare, sul mio petto. – Non farlo... – mi ammonì.

Con ancora le guance rosse, ripetei il movimento.

Mi afferrò il fianco, sussultando leggermente, per tenermi ferma. – Deitra...

– Allontanati – lo sfidai. Perché se avesse voluto fermarmi, si sarebbe alzato dal letto.

I suoi occhi si fermarono sul mio viso velocemente. Un luccichio accese ancora di più il blu di quelle iridi, che erano sempre state di un colore così forte e unico... Ma da vicino, potei intravedere alcune sfumature che tendevano al celeste simile al cielo in tempesta.

Ryan era sempre stato testardo quasi quanto me, per questo sapevo che sfidandolo avrei avuto il suo vero essere.

Sentii le dita stringermi i fianchi, così forte da procurarmi quasi dolore. La forza della sua mano mi fermò completamente dal poter fare qualsiasi altro movimento. – Ti stai prendendo gioco di me, Deitra? – volle sapere, leccandosi velocemente le labbra.

Gli sorrisi innocentemente. – Non lo farei mai – lo presi in giro, posizionando le mani vicino la mia testa, coi palmi rivolti verso l'alto.

I suoi occhi mi squadrarono, tenendomi ancora ferma. Tuttavia, potei sentire la sua eccitazione aumentare ancora di più.

Avvampai, quando sentii le sue unghie curate quasi ferire la mia pelle, formando dei segni a mezzaluna. Deglutii rumorosamente, trattenendo il respiro. Chiusi gli occhi, in preda ad un tormento che solo lui poteva curare.

– Ry... – piagnucolai.

Lo sentii boccheggiare leggermente. Tenendomi ancora per il fianco, afferrò la mia mano, che si trovava ancora al lato del mio viso. Mi osservò, con il respiro affannato e le guance leggermente più colorite del solito. D'un tratto, ricominciò a muoversi, lentamente. Così lentamente da farmi impazzire ancora di più. Leggere spinte, anche fin troppo leggere e delicate... e terribilmente lente.

Gli afferrai la spalla, in preda alla disperazione. – Che... che fai? – chiesi.

Non rispose, mi baciò spingendomi ad aprire le labbra, senza delicatezza. Il bacio mi incendiò ancora di più. Il modo in cui mi baciava era completamente diverso dal suo modo di muoversi su di me.

Era lui che si stava prendendo gioco di me.

Cercai di inarcare la schiena per avere maggiore mobilità, ma lo sentii ridacchiare, nonostante il respiro affannoso.

Mi stava torturando.

Si fermò totalmente. Chiusi gli occhi, frustrata. – Mi stai torturando di nuovo? – chiesi io.

– Non lo farei mai – ripeté con un sorriso divertito.

Non potevo muovermi. Non potevo fare niente che potesse in qualche modo fargli perdere quella lucidità che ancora caratterizzava ogni sua spinta.

Buttai la testa all'indietro, pensando ad una soluzione. Con una mano, mi sbottonai il maglioncino, con molte difficoltà. La sua attenzione fu spostata sui bottoni che si stavano aprendo, lentamente, scoprendo un normalissimo reggiseno in pizzo nero.

Notai le sue pupille allargarsi maggiormente e la presa sul mio fianco stringersi di nuovo.

Il mio petto si muoveva veloce, cercando di incamerare aria disperatamente. Delicatamente, posai la mano sulla pancia, quando scesi lungo il bottone dei miei jeans e sbottonai anche quello, il braccio che lo teneva lontano da me iniziò a tremare leggermente.

Si irrigidì quando la mia mano si infilò tra i nostri corpi. Strinsi la sua lunghezza. Si morse il labbro inferiore serrando gli occhi. Mossi lentamente la mano ed a tratti mi fermai.

Lo sentii vacillare, quando per la terza volta smisi di muovere la mano.

Aprì gli occhi, che ormai erano ridotti ad una pozza nera. Il muscolo della mascella guizzò ed i suoi occhi incrociarono i miei.

La mano che si trovava ancora sul mio fianco mi fece ruotare il bacino completamente verso il suo, togliendo velocemente la mano che separava i nostri corpi, e si mosse sopra di me, mentre la mano mi spingeva contro di lui.

Gemetti, roteando gli occhi.

Mi zittì baciandomi. Scosse la testa, febbrile. – Non stavo pensando esattamente a questo... – mormorò, mentre continuava a spingersi contro di me. – Ma con gli altri ancora svegli...

Mi lasciò andare il fianco, solo per togliermi il reggiseno ed iniziare a baciarmi ogni centimetro di pelle esposta, concentrandosi maggiormente sul seno completamente scoperto.

Mi sfregai su di lui più velocemente, facendolo boccheggiare. – Piano... – sussurrò lui.

Scossi la testa. Non resistevo più. Posai le mani sui suoi glutei, stringendoli e portandolo ancora più vicino a me. Non mi bastava. Non era sufficiente.

– Dei... – mormorò, quando lo spinsi ad andare più veloce, con ancora le mani su di lui.

Sentii un groviglio scendere sempre di più, fino a farmi stringere i denti. Boccheggiai, sentendolo gemere contro il mio petto. Mi mossi velocemente, inarcando la schiena, sentendo il groviglio dentro di me esplodere.

Aprii leggermente le labbra serrando gli occhi. Il corpo iniziò a tremare, mentre lui continuava a spingere contro di me.

Mi baciò affondo, reprimendo un gemito, mentre tremava leggermente.

Sospirò, posando la fronte sulla mia.

Gli accarezzai dolcemente i capelli, scompigliandoglieli leggermente.

Guardai il soffitto sopra di me, confusa. Perché ogni volta che stavo con lui metà del mio cuore sembrava soffrire per il tradimento che stavo continuando a provocare.

Alzò lo sguardo su di me e fece per dire qualcosa, quando qualcuno bussò alla porta. – D, sei sveglia?

Era mio padre.

Mi si gelò il sangue. Ripensai al mio petto completamente nudo ed i jeans aperti. Ma soprattutto vidi un Ryan completamente appagato, completamente scompigliato e con gli occhi ancora selvaggi.

Ryan si alzò leggermente per posare un dito sulle mie labbra, intimandomi di stare in silenzio.

Questo sembrò bastare a mio padre, che poco dopo si allontanò dalla mia camera. 

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