Capitolo 18: Dormi con me
"Le persone capitano per caso
nella nostra vita,
ma non a caso.
Spesso ci riempiono di insegnamenti.
A volte ci fanno volare alto,
altre ci schiantano a terra
insegnandoci il dolore...
donandoci tutto,
portandosi via tutto,
lasciandoci niente."
(Alda Merini)
Il migliore amico di Dan mi guardò di sfuggita, senza però farmi capire perché. – Lou, hai bevuto un bel po' vedo – disse poi ridacchiando. – Andiamo a casa?
– Dovresti portare anche Deitra, perché è stata scaricata – rise Louisa.
– Oh, non sono stata scaricata – dissi.
– Ti serve un passaggio? – chiese Ryan, posando gli occhi blu su di me.
Trattenni il respiro e feci per dirgli di no, quando Louisa urlò: – Adoro questa canzone! Andiamo a ballare, Ry!
Li osservai andare verso la pista. Ryan alzò gli occhi al cielo, ma si lasciò trascinare in mezzo a tutti gli altri corpi. Si fermarono non troppo lontani da me. Louisa gli buttò nuovamente le braccia al collo ed iniziò a ballare in modo provocante. Ryan posò le mani sui suoi fianchi, seguendo i suoi movimenti.
Mi venne su l'ultimo drink.
Distolsi lo sguardo a forza. Mi girai di scatto ed andai addosso ad una persona.
Non una persona qualsiasi.
Il profumo era di Aiden. Gli occhi... verdi.
Socchiusi le labbra e divenni rossa, ricordando l'ultimo tentativo di baciarmi.
– Dei – mi chiamò lui, posando una mano sulla spalla per fermarmi. – Stai bene?
– Sì – borbottai. – Ho solo bisogno di un po' d'aria...
Scivolai via dalle sue mani nel momento esatto in cui alzò gli occhi su Ryan e su Louisa.
Mi affrettai ad uscire in giardino, d'un tratto tutte le pareti avevano iniziato a girare e stringersi. Sorrisi distrattamente a Ben, il quale ci stava provando con una ragazza.
Mi allontanai, arrivando quasi alla strada.
– Dei!
Alzai gli occhi al cielo. – Aiden... – bofonchiai.
– Possiamo parlare? – chiese.
– Non credo sia il caso – mormorai. – Va tutto bene. Non volevi realmente...
– Ti volevo baciare.
Arrossii abbassando lo sguardo sulle sue scarpe. – Penso sia chiaro il mio punto di vista – borbottai.
– Sì, lo è – replicò lui. – Esattamente come il mio.
Non lo guardai negli occhi, nonostante il suo insistere.
– Mi hai difeso – aggiunse poi, vedendomi in difficoltà. – Non lo ha mai fatto nessuno per me. Arrivi tu, come al solito, che fai tutto quello che gli altri non hanno mai fatto per me.
– Hai solamente trovato persone di merda in giro, Aiden – dissi seccata.
– Sei tu ad essere speciale – mormorò.
Mi venne la nausea.
– Sei sempre stata la mia eroina.
Sentii il retrogusto del drink.
– Per favore...
Cercò di abbracciarmi e mi divincolai. – Devi lasciarmi stare, Aiden – sbottai. – Ti ho già detto che non provo niente per te. Semplicemente non voglio che ti rovini la vita. Mi dispiacerebbe, perché sappiamo entrambi che potresti aspirare a molto altro. Ma questo è dettato da quello che provavo tempo fa.
Si pietrificò. Le mani chiuse a pugni ed i denti stretti.
– Va tutto bene qua? – volle sapere Ben.
– Sì – rispose immediatamente Aiden. – Tu saresti?
– Un amico del fratello – replicò Ben, sfoggiando il suo sguardo da cattivo.
Aiden mi sorrise tristemente. – Ovviamente – commentò poi, prima di tornare dentro.
– Sembri sul punto di vomitare – se ne uscì Ben. – Ti senti bene?
Sospirai. – Credo sia ora di tornare a casa – sussurrai.
– Eccola! – urlò Louisa. – D! Ti abbiamo cercato ovunque!
Si avvicinarono a noi, mano nella mano. Posai la mano sullo stomaco, che sembrò sul punto di non farcela più.
Ryan posò il suo sguardo indagatore prima su Ben e, quando notò la sua espressione stranamente seria, fu il mio turno. – Va tutto bene? – ci chiese.
– Sì – risposi immediatamente io.
Ben lo guardò, senza dirgli niente.
– Sì – ripetei, per cercare di attirare l'attenzione su di me e non sullo sguardo di Ben.
Ryan aggrottò la fronte senza staccare gli occhi da Ben. – Louisa, aspettami in macchina.
– Ma io voglio guidare! – squittì Louisa, sempre più in balìa dell'alcol.
– Non puoi – disse Ryan, freddo.
– Accompagnami, Deitra! – aggiunse Louisa, prima di afferrarmi la mano e portarmi verso la macchina di Ryan, senza la mia autorizzazione.
Girai il viso verso i ragazzi, i quali si erano avvicinati per parlare a bassa voce. – No... – mormorai, nervosa. Ryan non doveva sapere. Non poteva.
Louisa si fermò di scatto. – Non mi ricordo dove abbiamo parcheggiato – ammise, prendendo le chiavi. Cercò la macchina premendo più volte il tasto per aprirla. La macchia si illuminò. – Oh, eccola! – rise lei.
Le aprii lo sportello posteriore, ma mi ritrovai all'interno della macchina in pochi secondi. Louisa si era appena buttata su di me.
– Oh! – esclamai io, battendo la testa sul sedile. – Che fai?!
– Dormi con me!
Aggrottai la fronte. – Emh...
– Accarezzami i capelli – aggiunse, quando mi rimisi seduta. Posò la testa sulle mie gambe e mi afferrò la mano. – Per favore...
Il mio cuore si strinse. Mi tornò in mente il modo in cui fino a pochi minuti fa si stava strusciando addosso a Ryan e questo mi spinse quasi a lasciarla da sola in macchina.
Poi disse: – Ryan non mi ama.
– Cosa? – sussurrai, la voce strozzata.
– Non mi ama – singhiozzò lei. – Non mi amerà mai.
– Non dire così...
– Io cerco in tutti i modi di essergli amica, ma... non ci riesco – pianse.
Posai la mano sulla sua testa e l'accarezzai dolcemente. – Prima o poi questo dolore si farà più contenuto, fino a svanire del tutto – la rassicurai.
– Lo pensi davvero? A te è successo? – chiese, chiudendo gli occhi.
Mi si strinse il cuore. Mi stava succedendo l'esatto opposto. – Sì, mi è successo – mentii, continuando ad accarezzarla.
– Capisco Daniel, capisco che cosa ci trova di bello in te – bofonchiò, prima di addormentarsi.
Ryan entrò in macchina senza la delicatezza che lo aveva sempre caratterizzato. Louisa non diede segni di vita. Alzai lo sguardo sullo specchietto, in cerca dei suoi occhi arrabbiati.
– Passami le chiavi – disse semplicemente, freddo come non mai.
Feci come mi aveva detto: avvicinai le chiavi a lui e con una mossa fulminea le prese, senza quasi toccarmi, e mise in moto.
Rimase in silenzio per molto tempo, confermandomi il suo umore.
– Credo che dovremmo accompagnarla a casa – mormorai.
– Ci penso io – rispose lui.
– Ti posso aiutare – cercai di dire.
– No.
– Bisognerà metterle il pigiama – aggiunsi.
– L'ho già vista nuda, Deitra – replicò con tono rude.
Il cuore sembrò sul punto di cessare di battere.
Fece per scusarsi.
– Almeno l'ultima volta era cosciente – ringhiai. – Questa volta, no. Io vengo.
– Scusami, non volevo ferirti – mormorò.
Ridacchiai, senza alcuna felicità. – Divertente – commentai. – Perché lo fai di continuo.
Strinse le mani sul volante, ma non rispose.
Pensai di dirgli più volte quello che lei mi aveva confidato. Cambiai idea più e più volte. Arrivai alla conclusione che qualsiasi fosse il loro rapporto, non vi potevo entrare. Spettava a Louisa dirgli quello che provava. A nessun altro. Men che meno a me.
Salimmo a casa sua. Non faceva parte del comprensorio degli studenti. La sua era una vera e propria casa e Ryan mi disse che abitava da sola.
Cercammo di farle bere più acqua possibile e quando fu il momento di metterle il pigiama, buttai Ryan fuori dalla camera, nonostante i commenti acidi di Louisa. Sicuramente aveva più confidenza con Ryan, tuttavia i suoi occhi buoni mi portavano a proteggere quello che potevo proteggere. Nonostante i suoi sentimenti per Ryan.
Louisa aveva iniziato ad essere chiacchierona. Mi stava raccontando di come si era divertita alla festa e di come tutti i ragazzi si erano girati almeno una volta per guardarla. Il ché non era nemmeno troppo lontano dalla verità, e come biasimarli: sembrava un angelo con quei suoi capelli lucenti e gli occhi grandi.
Per fortuna decise di aiutarmi a svestirla... almeno un po'.
Poi si addormentò, proprio mentre le stavo mettendo i pantaloni del pigiama.
Una volta finito di metterle il pigiama, la misi sotto le coperte con alcune difficoltà e le accarezzai la guancia, portandole indietro alcune ciocche di capelli.
Chiusi la porta di camera sua delicatamente e trovai Ryan sul divano a guardare la televisione.
Come se fosse casa sua.
Sospirai, sentendo un dolore che ormai stavo iniziando a conoscere bene. – Si è addormentata. Possiamo andare – annunciai.
– Non possiamo – replicò. – Tra poco si sentirà male. Vomiterà anche l'anima.
– Come fai–
– La conosco – rispose, senza farmi finire la domanda.
Strinsi le labbra in una linea fina, arrabbiata. Quindi mi tolsi la cravatta ed il maglioncino, pronta a fare nottata per una ragazza che aveva cercato di flirtare per tutta la sera con il ragazzo che amavo.
– Se vuoi, puoi prendere la mia macchina e tornare a casa – aggiunse Ryan, non sentendomi da qualche minuto.
Non risposi.
Andai a prendere qualcosa da mangiare e mi misi seduta sulla sedia, lontano dal divano dove si trovava Ryan.
– Che cosa ti ha detto Ben? – volli sapere.
Senza guardarmi, rispose: – Quello che è successo tra te e Aiden.
– È per questo che sei così scontroso?
– No, sono scontroso perché sono stanco – borbottò. – E domani devo lavorare tutto il giorno.
– Ok – sussurrai, un po' delusa dalla sua risposta. Volevo che fosse geloso almeno la metà di me.
Sembrò pensare un po' a quello che voleva dire, poi cambiò idea e continuò a guardare la televisione.
– Non è successo niente – aggiunsi.
– Non voglio sapere – sputò lui.
Annuii, triste. – Va bene.
Sospirò e sembrò rilassarsi un po'. – Davvero, vai a casa.
– Vacci tu, a casa – borbottai.
Girò il viso verso di me, fulminandomi. – Stiamo parlando di Louisa.
– Già, chissà che cosa potrebbe pensare Kitty – ringhiai.
Continuò a lanciarmi occhiatacce. – Non sono cose che ti riguardano – disse.
– Louisa voleva stare con me – mi vantai io.
Si girò nuovamente verso la televisione. – Non farò questo con te.
– Questo? – ripetei, confusa.
– Sì, questo – ringhiò. – Non discuterò con te su quello che vuole o non vuole Louisa.
– Bene – sbottai, alzandomi dalla sedia, nervosa.
Sbuffò. – Dove vai? – chiese, sentendomi muovere.
– A togliermi la camicia! – esclamai io.
Si immobilizzò all'istante. Non disse niente.
Mi chiusi in bagno per mettermi semplicemente il maglione e raccogliermi i capelli in una crocchia alta. Quando uscii, Ryan non si girò nemmeno, facendo finta di non avermi sentita.
Mi misi seduta sul divano, al lato opposto al suo, e continuò a guardare la televisione, rigido come non mai. Aveva il respiro regolare e controllato e la caviglia appoggiata al ginocchio, con fare disinvolto. Tuttavia, il modo in cui stava limitando i suoi movimenti, mi fece capire che stava controllando ogni singolo muscolo del suo corpo.
– Sembri sul punto di svenire – lo presi in giro. – Non sono nuda.
– Non flirtare con me, D – mi rimproverò.
– Non essere così noioso – lo ripresi. – Ho solo detto di non essere nuda. Ho anche il reggiseno, se ti fa stare più tranquillo.
– Smettila.
– Non ci crederai mai, ma ho anche gli slip – continuai. In qualche modo, volevo fargliela pagare e, come una bambina, decisi di fare esattamente l'opposto di quello che voleva. – E sopra, anche dei jeans.
Fece finta di non ascoltarmi, irrigidendosi ancora di più.
Scrollai le spalle.
– Che cosa vuoi da me? – chiese, la voce bassa e rauca.
Lo guardai. – Che cosa voglio e che cosa dovrei volere?
Continuò a guardare il televisore, senza vederlo veramente. – Ti chiedo di ragionare. Che cosa pensi potrebbe succedere se io e te facessimo sesso, magari qua e proprio stasera?
Arrossii terribilmente e non riuscii nemmeno a rispondere. Sentivo semplicemente il rumore del mio cuore.
– Esatto – mormorò, girando il viso verso di me. I suoi occhi fulminarono i miei. – Niente. Non cambierebbe niente, anzi ci renderebbe soltanto più incasinati.
Niente. Per lui non sarebbe cambiato niente, perché era semplicemente sesso.
– Siamo più di due semplici corpi – continuò. – Tu sei la sorellina di Daniel... e possiamo veramente allontanare tutto questo. È solo desiderio, Deitra. Si può controllare.
Forse lui riusciva a controllarsi così bene proprio perché era solo desiderio, il suo.
– Aspettiamo che Louisa si stabilizzi.
***
Poco dopo, Louisa si alzò dal letto per correre in bagno. Ryan sospirò e la raggiunse velocemente. Louisa si accovacciò a terra ed abbracciò il water.
Ryan le afferrò delicatamente i capelli, accarezzandole la schiena. – Brava. Proprio così – la incitò.
Lo osservai avere cura di lei. Vi trovai amore, un amore puro e senza malizia. Lui non era innamorato di lei, aveva ragione.
La prese in braccio e la riportò in camera, una volta sicuro che non avrebbe più vomitato. Le mise indietro i capelli e la coprì delicatamente.
Il modo in cui si stava prendendo cura di lei mi spinse a chiedermi perché gli fosse sempre venuto così naturale con lei, che provava dei sentimenti simili ai miei, e non con me.
Mi girai e feci per tornare in salone, lasciandogli un po' di intimità, quando disse: – Dormi un po', D. Ne hai bisogno. Vai sul divano. Io starò qua.
Quasi pensai di essere sul punto di vomitare. – Torno a casa mia, se non ti servo qua – replicai.
Alzò gli occhi su di me. – Non penso sia una buona idea. Sarai molto stanca. Non conviene guidare in questo stato – rispose.
Sbuffai. – Sto bene.
Accarezzò un'ultima volta Louisa, prima di prendermi per mano e portarmi fuori dalla camera. – Domani mattina ti accompagnerò io stesso a casa. Adesso non è il caso – ripeté lui. – Per una volta fai come ti dico, per favore.
Scossi la testa. – Non prenderla sul personale – dissi. – Non lo faccio per te. Lo faccio per me. Pensavo di farcela, ma... mi sbagliavo.
I suoi occhi si fecero più cauti. – Non sta succedendo niente, Deitra. Louisa è mia amica ed ha bisogno di me.
Annuii. – Lo so.
Sospirò, sconfitto. – Non sono tranquillo a pensarti fuori a quest'ora alla guida – ammise. – Per favore, stai con me.
Mi sentii sprofondare. – Stai giocando sporco, Ryan – lo rimproverai, con voce da bambina.
Non rispose. Semplicemente mi portò sul divano e, posando le mani sulle mie spalle, mi spinse delicatamente a sedermi. Mi imitò, stringendomi a sé. Rimasi immobile, rigida come non mai e soprattutto confusa.
Si sdraiò e mi trascinò con sé, osservando ogni mia reazione. Metà corpo era appoggiato completamente sul suo e questo mi provocava tutto tranne che sonno. Non stava giocando sporco. Stava semplicemente facendo lo stronzo.
Annaspai e cercai di allontanare il mio corpo dal suo, ma mi fermò. – Va tutto bene. Cerca di rilassarti.
Risi. – Fanculo, Ryan. Vorrei avere la tua stessa capacità di non sentire – ringhiai. – Peccato che io stia sentendo tutto e oltre.
Sospirò. – Hai già dormito addosso a me, D.
– Non di proposito! – esclamai.
Alzò nuovamente il volume della televisione e girò il viso versa di essa. Mi abbracciò, spingendomi a portare il viso sul suo petto ed appoggiarmi.
Mi ritrovai a fare esattamente quanto mi era stato chiesto. Potei sentire il suo cuore, battere leggermente più veloce rispetto ad un cuore calmo e pacato. Mi concentrai sui suoi battiti ed il suo modo di accarezzarmi dolcemente il braccio, facendomi venire la pelle d'oca.
Sospirai e poggiai una gamba sulle sue.
Nonostante la posizione assolutamente invitante, mi ritrovai a chiudere gli occhi, esausta.
***
Sentii qualcuno correre. Aprii gli occhi ed alzai immediatamente la testa. Ryan mi stava abbracciando ed il viso era completamente rivolto verso di me. Ormai stava dormendo profondamente.
Mi alzai delicatamente per non svegliarlo e lo sentii mormorare: – No... D...
Il mio cuore sembrò stringersi per entrare nelle sue mani. Lo accarezzai dolcemente, passando le dita sulla lieve ricrescita della barba.
Quando sentii Louisa dare di stomaco, mi ricordai perché mi ero alzata dal divano.
La trovai accovacciata al water, come poche ore prima. Sospirai e mi affrettai ad accarezzarle la schiena e legarle i capelli.
– Non berrò mai più così tanto – giurò, tra un conato e l'altro.
Ridacchiai. – Lo so, è quello che diciamo tutti – la presi in giro.
Sospirò, appoggiando la testa. – Davvero. Sto una merda.
– Ci credo! – esclamai. – Non so come faccia ad avere ancora liquidi in corpo.
Sorrise, stanca. – Sei rimasta – disse, alzando gli occhi su di me. – Grazie.
– Non ringraziarmi – risposi. – La prossima volta toccherà a te sopportare il mio vomito.
Ridacchiò. – Un patto è un patto.
– Andiamo a dormire – mormorai, aiutandola ad alzarsi.
L'accompagnai al letto, per poi portarle un po' d'acqua e bagnarle il viso delicatamente con un panno umido. Louisa entrò quasi subito in uno stato di dormiveglia.
Quando feci per allontanarmi, mi afferrò il polso. Mi girai verso di lei, confusa. Poi mi chiese: – Dormi con me?
Sospirai, perché avrei preferito mille volte dormire con Ryan. – Certo – risposi, accomodandomi vicino a lei.
Si avvicinò a me e posò la testa sul mio petto. Emise un respiro profondo e tornò a dormire.
Guardai il soffitto sopra di me, a disagio.
Quella ragazza non solo ci aveva provato con Ryan tutta la sera, quanto adesso stava ancora dormendo sul mio petto.
Come diavolo ero arrivata a quel punto?
***
La mattina mi svegliai a causa della luce, o almeno così pensai all'inizio.
Quando aprii gli occhi, confusa, mi ritrovai ancora sul letto di Louisa, con le sue braccia attorno a me ed una gamba sopra le mie. Non era esattamente così che avevo sperato di svegliarmi...
– Deitra.
Sussultai e mi girai verso la voce. Ryan si trovava all'entrata della camera, con le braccia incrociate ed il fianco appoggiato allo stipite della porta. – Ry... – dissi, con la voce rauca. – Emh... buongiorno.
Strinse le labbra in una linea finissima, per non ridere. – Buongiorno a te – replicò. – Hai la faccia di chi non ha praticamente dormito.
– Mmmh – si lamentò Louisa, stringendomi a lei.
Mi irrigidii e sgranai gli occhi verso di lei, a disagio.
Ryan trattenne una risata, pizzicandosi il naso.
– Mi puoi... aiutare? – chiesi, acida.
– Oh, ma te la stai cavando così bene... – mi prese in giro.
– Ryan.
Ridacchiò e si avvicinò a noi lentamente, osservando con cautela la situazione. Prese le braccia di Louisa delicatamente per non farla svegliare e così riuscii a strisciare via da lei e dalle sue gambe. Mi alzai di scatto e ravvivai i capelli, nervosa.
Dovevo avere un aspetto orribile.
E un alito terrificante!
Mi girai verso di lui, fingendo indifferenza, nonostante le guance già calde. Mi diressi verso la porta, con fare disinvolto.
Lo sentii trattenere l'ennesima risata. – Continua a dormire, Lou – la incitò e lei non se lo fece ripetere una seconda volta: tornò a russare.
Tornai a legarmi i capelli ed afferrai il reggiseno che avevo lasciato sulla scrivania di Louisa, nel vano tentativo di essere più comoda.
Mi girai di scatto verso Ryan, incrociando le braccia per nascondere il seno. – Andiamo via? – chiesi.
– Non vuoi fare colazione? – chiese, continuando ad avere un sorrisino beffardo.
– No.
Rise. – Va bene, allora... prendi le tue cose.
Afferrai la borsa e ci misi dentro il reggiseno, la cravatta e la camicia. Mi girai verso Ryan, che mi stava ancora guardando. – La smetti di prendermi in giro?
– Scusami – ridacchiò. – Ma credo che mi ricorderò a vita la scena di voi due abbracciate a letto.
– Non fare il pervertito – lo ripresi, dandogli una borsata, mentre mi passava accanto.
– Non lo faccio! – esclamò. – Non ti vorrei dire niente, ma bava e bocche spalancate non sono esattamente eccitanti per me.
Scrollai le spalle. – Io non dormo a bocca aperta.
– Oh, sì invece – mi corresse, ridendo. – Hai lasciato anche tanta bava.
Feci una smorfia disgustata. – Non è vero.
Ryan aprì la porta e si fece da parte per farmi passare, quindi lo raggiunsi. Quando feci per attraversare la porta, mi fermò, posando una mano sul mio braccio. Alzai gli occhi su di lui, con il cuore a mille. – Grazie per stanotte – mormorò.
Deglutii sonoramente abbassando lo sguardo sulle sue labbra e lui sembrò imitarmi. Ripensai al modo in cui avevamo dormito attaccati ed al modo in cui mi aveva chiamato, quando mi ero allontanata. Accennai un sorriso e tornai a camminare.
Una volta in macchina, continuai a stringere la borsa al petto. Avevo dimenticato il cappotto da qualche parte la sera precedente. Mi maledissi più volte per non essermi rimessa il reggiseno e la camicia.
Ryan fece caso più volte al mio modo piuttosto stupido di coprirmi. Di tanto in tanto, mi osservava con la coda dell'occhio, per poi tornare alla strada.
Una volta al parcheggio del mio condominio, spense la macchina e si girò verso di me. – Grazie di tutto, Deitra.
Scrollai le spalle. – Non l'ho fatto per te – mormorai. Non era del tutto una bugia, ma... lo avevo fatto anche per passare del tempo insieme a lui. – Ci vediamo – aggiunsi poi. Senza guardarlo, aprii lo sportello e scappai fuori dalla macchina il più veloce possibile.
Mi ritrovai a maledire me stessa anche per il mio essere così presa da lui.
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