Capitolo 16: Selezione
Bussai più volte alla porta, nervosa. Sapevo che mio fratello non era in casa, ma io stavo cercando il suo coinquilino. E la sua macchina si trovava proprio nel parcheggio del comprensorio.
Quando aprì la porta, sentii un dolore al petto. Il respiro si mozzò.
Davanti a me, c'era Katy, con addosso l'accappatoio di Ryan. I lunghi capelli neri raccolti in una crocchia. Mi sorrise. – Piccola D. Ti serve qualcosa? – chiese poggiandosi allo stipite della porta.
Strinsi i denti. – Ryan – ringhiai io.
– Oh, sta in vasca – cantilenò lei. – Se vuoi...
– D – mi chiamò Ryan.
Trasalii, nervosa. Puntai gli occhi verso la voce che mi aveva appena chiamato. Avvampai terribilmente e socchiusi le labbra. Il petto asciutto ma muscoloso era ancora leggermente bagnato ed addosso aveva solamente un asciugamano. I capelli erano in disordine ed ancora gocciolanti.
Cazzo.
Non solo mi dava profondamente fastidio il mio entrare in tilt per questo.
Ma mi dava ancora più fastidio il fatto che lei aveva appena fatto il bagno con lui.
– Che cosa succede? – chiese lui, a pochi passi da me.
Entrai di fretta. Con ancora il viso in fiamme, afferrai la sua mano e lo trascinai in camera sua. Non fece alcuna resistenza, disse semplicemente a bassa voce: – Aspettami qua – a Katy, la quale sospirò rumorosamente.
Chiusi la porta dietro di noi e mi aggrappai ad essa, mentre lui si teneva l'asciugamano. Avevo il respiro affannato. Mi odiavo.
– Deitra? – mi chiamò Ryan, nervoso. – Stai bene?
– Sì – ringhiai io, che non stavo affatto bene. – Ho parlato con Dylan.
Il corpo si tese immediatamente. – Ok... E dovrebbe essere strano perché...? – chiese, cauto.
– Perché... perché...
Non riuscivo a parlare. Continuavo a guardare il suo corpo per poi abbassare lo sguardo sul pavimento. Eppure non riuscivo a non guardarlo.
Lo avevo già visto in costume, eppure l'intimità di quella situazione ed il modo in cui mi guardava leggermente innervosito mi mandava il cervello in tilt.
– Deitra – mi chiamò lui, avvicinandosi. – Mi devo preoccupare?
– Non lo so.. emh...
– Ok, smettila – ringhiò lui, avvicinandosi pericolosamente a me. Mi alzò il viso per guardarmi negli occhi. – Mi hai già visto così, Deitra. Quindi cerca di tornare a quando mi stavi raccontando di Dylan.
Annaspai. Deglutii sonoramente. – Vuole prendersi l'azienda.
Abbassò la mano dal mio mento e fece alcuni passi indietro. Mi guardò per un attimo e poi sorrise. – Ti ha detto questo?
Annuii, stringendo la maniglia dietro di me.
Il suo sorriso aumentò. Era un sorriso compiaciuto. – Beh, ti sorprende questa sua volontà?
Aggrottai la fronte, confusa. – Pensa che tu non sia all'altezza! – squittii io.
Ridacchiò. – E noi facciamogli credere quello che vuole – replicò lui, tranquillo come non mai. – Il tempo darà ragione ad uno o all'altro. Mio padre non fa favoritismi e non mi ha promesso niente. Al momento, io ho anche meno opportunità di Dylan, ma questo non mi scoraggia. È una carriera lunga, D. Prima devo diventare socio, poi amministratore... Ho fretta, ma non sono stupido.
Era maledettamente sicuro di sé e questo lo rendeva ancora più attraente. Cercai di ordinare al cuore di calmarsi, perché dopotutto a me i ragazzi montati non erano mai piaciuti. Nonostante questo, non sembrò ascoltarmi. Più mi raccontava dei suoi obiettivi e più sentivo il viso andare in fiamme. Più diventava grande e più mi affascinava.
Mi tornarono in mente le parole dette ad Aiden.
Mi ero innamorata di lui.
Annaspai.
Aggrottò la fronte e si fermò. Mi studiò, per cercare di capire se lasciarmi andare via o meno. – Quindi puoi stare tranquilla – disse lui, mantenendo la stessa calma. Dopotutto, non ero io quella mezza nuda. – Se è questo che ti preoccupa.
Annuii, ancora in difficoltà. Smisi di guardarlo.
– Ti ha detto altro, D? Perché sei così imbarazzata? – chiese lui.
– Oh, forse perché sei nudo – mormorai io. Sobbalzai. Mi ritrovai nuovamente a maledire il mio autocontrollo completamente in tilt.
Ryan strinse le labbra per non scoppiare a ridere.
– Voglio dire, quasi nudo... Emh... Non ha importanza.
– Che cosa ti ha detto? – cercò di continuare la conversazione lui.
– Che andiamo a letto insieme.
– Io e te – ripeté lui, con un sopracciglio alzato.
Alzai gli occhi su di lui, ferita. Gli sembrava così impossibile? Trattenni il respiro, quando notai la sua espressione ancora più incredula. – Sì.
– Beh, era piuttosto ovvio. Continua a stuzzicarmi da quando sei arrivata, proprio perché pensa ci sia qualcosa tra noi – replicò lui.
Mi sono innamorata di te, pensai, guardandolo negli occhi.
Strinsi la maniglia fino a farmi male. – Bene. Allora se non è una novità per te... Io andrei.
– Sì – disse lui, annuendo.
Aprii immediatamente la porta e mi resi conto di aver trattenuto il respiro per troppo tempo. L'aria mi investii e ricominciai a respirare, seppure in modo aritmico.
Katy si trovava seduta sul divano, con le gambe completamente scoperte. Mi sorrise. – Buona serata, piccola D – disse lei.
– Dormi bene, gattina Kitty – replicai io.
– Come? – chiese lei, leggermente innervosita.
– Katy – la riprese Ryan, mentre mi accompagnava alla porta. – Non esagerare.
Mi aprì la porta, quindi mi girai verso di lui, una volta fuori. Lo guardai, ancora con le guance rosse.
– Ci vediamo domani, D – mi salutò lui.
Strinsi i denti, furiosa. Il mio primo istinto fu quello di spingere fuori di casa Kitty. Il secondo fu quello di prendere a cazzotti lui.
Mi girai e me ne andai, senza aggiungere altro. Tuttavia, potei sentire i suoi occhi perforarmi la schiena e non chiuse la porta fino a quando non iniziai a scendere le scale.
***
Prima o poi mi sarei abituata a vederlo insieme ad un'altra.
Me lo ripetei più volte, poche sere dopo averlo visto.
– Deitra – mi richiamò.
Alzai lo sguardo dal mio drink e piombai negli occhi genuini di Justin. – Sì?
Mi sorrise, divertito. – Capisco di essere solo un bel ragazzo, ma potresti anche fare finta che io sia interessante – mi prese in giro lui.
Ridacchiai. – Scusami, davvero.
– Perché sei così assente? – mi chiese, incrociando le braccia e girandosi completamente verso di me. – E perché sto pensando proprio a Ryan?
Abbassai lo sguardo, imbarazzata. – Ti posso confidare un segreto? – mormorai io.
– Certo – rispose lui, scrollando le spalle. Si avvicinò a me. – Dimmi tutto, piccola.
– Sono innamorata di lui – sussurrai, con occhi grandi e spaventati. Non ero stupida, sapevo che dirlo proprio a lui non era una buona idea. Mi trovavo in una situazione in cui a mio fratello non glielo avrei mai potuto dire, mia sorella non l'avrebbe presa sul serio, Callie forse l'avrebbe presa fin troppo sul serio ed il diretto interessato... non provava quello che provavo io.
Mi sorrise, con tenerezza. – Credo lo sappiano tutti. Non sei una persona così brava a mentire, D.
Strinsi le labbra, a disagio. – Già, beh... è successo ed adesso fa tutto schifo – continuai io. – Odio vederlo sempre insieme a Katy, o Louisa... Ma soprattutto Katy. Ogni volta che li vedo insieme mi viene la nausea e non riesco più a pensare lucidamente. Lui continua a dire che non sono una coppia, eppure lei gli sta sempre attorno e lui non ne sembra mai stanco.
– Cavolo, è un amore proprio deleterio il tuo, eh? – chiese lui, stringendomi la spalla con fare protettivo. – Devo essere sincero. Katy è realmente presa e lei di solito non accetta un no come risposta, ma lui non mi sembra affatto interessato ad una vera relazione. In realtà, non mi sembra interessato ad una relazione con nessuna.
Scossi la testa. – Non riesco a togliermelo dalla testa – borbottai, sconfitta. – Sembra avere un potere su di me... che mai nessuno ha mai avuto.
– L'amore fa schifo, piccola – mi prese in giro lui.
Gli diedi un pugno. – Molto intelligente, Justin.
– Se vuoi un mio parere... No, non è interessato a te.
Alzai gli occhi su di lui, ferita. – Come?
Scrollò le spalle. – Non mi sembri il suo tipo – ripeté lui. – Non ti guarda in quel modo. Non ti guarda come quando di solito un ragazzo guarda una ragazza che si vuole fare.
Annuii. Spiegava perché non fosse affatto convinto quando gli avevo detto che Dylan pensava che fossimo una coppia.
Justin alzò la mano per farsi vedere. Ben e Callie entrarono sorridendoci, poco dopo entrò anche Ian, affatto felice. Poco dopo, Ben mi salutò e ci raggiunse.
Callie si mise seduta accanto a me ed incrociò le braccia. – Davvero? – mi chiese, affatto contenta. Scrollai le spalle. – Fai sul serio?
– Sì – dissi io.
– Lui sa che lo stai solo usando? – chiese.
– Sa tutto quello che deve sapere – borbottai io, imbarazzata.
– Stai così male da non riuscire a stare da sola? – volle sapere.
– Non giudicarmi – ringhiai io.
– Non lo sto facendo, è solo che... – sospirò. – La tua vita è già complicata così. Hai un ex psicopatico che continua a darti fastidio, un amico d'infanzia di cui sei innamorata... – Guardò Justin, il quale stava parlando animatamente con Ben. – Dico solo che aggiungere "ragazzo figo ma non impegnativo" potrebbe non essere una buona idea.
– Non è una persona cattiva – bofonchiai io, ripensando alla nostra conversazione di pochi minuti fa.
– No – confermò lei, annuendo. – Ma dopotutto la persona cattiva è già presente nella tua vita.
– Di che cosa state parlando? – volle sapere Michael, avvicinandosi a Callie.
– Del casino in cui si sta trovando Deitra – replicò lei.
– Non è poi così incasinata la mia vita – borbottai io. – Possiamo eliminare dalla lista Ryan, visto che ormai fa praticamente coppia fissa con Katy.
Callie rise. – Tesoro, io ho una connessione diretta con il suo migliore amico e–
– Oh, questo lo avevamo capito da un po' di giorni – la presi in giro io, lanciando un'occhiata maliziosa a Michael. Quest'ultimo mi imitò.
– E so per certo che quei due non fanno altro che fare sesso – finì lei, alzando gli occhi al cielo. – E, visto che ne stiamo parlando, Daniel mi ha confidato che ultimamente vede Ryan strano, ma non riesce a capirne il motivo.
– Strano in che senso? – chiese Michael.
– Non è il Ryan di una volta – replicò Callie, facendo spallucce. – Non è entrato molto nei dettagli, però mi ha detto che è leggermente preoccupato.
– Sarà il troppo sesso – borbottai io, rabbrividendo. La speranza... quella stronza si riaccese dentro di me. Cercai di soffocarla immediatamente ricordandomi l'immagine di Katy con l'accappatoio di Ryan.
– Beh, quello non dovrebbe far preoccupare i suoi amici – rispose Callie.
– Anche perché Daniel non mi sembra il tipo che si fa questi problemi – la prese in giro Michael, il quale ricevette una gomitata allo stomaco. – Aia!
– Dico solo che potrebbe essere una coincidenza – riprese Callie. – Ma io non ho mai creduto alle coincidenze. E voi?
Io e Michael ci guardammo negli occhi, indecisi, poi con una smorfia rispondemmo: – Sì.
Callie roteò gli occhi, spazientita. – E allora mettetevi insieme, Chip e Chop.
Ridacchiammo, affatto imbarazzati. Michael era un ragazzo piuttosto semplice, ma comunque bello con i suoi occhi scuri, le ciglia lunghe ed i capelli castani. Ricordava vagamente... – Oh, mio Dio! – esclamai, battendo le mani. – Io e te dovremmo vestirci per Halloween e fare coppia!
– Oh – disse Michael, indeciso. Non ci vide malizia e quindi annuii. – Va bene. Che cosa avevi in mente?
Sorrisi. – Fitz e Simmons.
Mi sorrise immediatamente ed il suo viso si illuminò. – La biochimica e l'ingegnere aerospaziale – disse lui. – Assolutamente sì.
Lo abbracciai, felice. – Faremo un figurone!
– La maggior parte delle persone non sapranno nemmeno il nome del telefilm – borbottò Callie. – Tipo me.
– Solo quelli più ignoranti, con tutto il rispetto – la prese in giro Michael. – Sono pronto! – esclamò guardandomi.
***
Il giorno dopo, al campus mi ritrovai a parlare con mio fratello riguardo Aiden. Stava iniziando ad insospettirsi e questo mi rendeva eccessivamente nervosa.
– Quello che voglio dire è che non mi piace il modo in cui ti guarda – cercò di spiegarsi lui. – E non perché sono geloso. E no, nemmeno perché ho paura non possa essere alla tua altezza. Mi pare evidente che non lo sia, ma sto iniziando a pensare che dovrei iniziare ad abbassare i requisiti.
– Direi – commentai io, ricevendo un'occhiata di fuoco da mio fratello.
– Sto cercando di dirti che ti guarda con rabbia – continuò lui. – Non mi piace. Mi verrebbe da spaccargli il naso ogni volta che punta i suoi sudici occhi su di te. Ne ho parlato anche con Ryan e non sembra avere una buona considerazione di lui. Conosciamo tutti Ryan: non si pronuncia mai, perché vuole essere neutro. Se non lo fa è o perché si è innamorato di te...
Trasalii e gli occhi strabuzzarono.
– Ma non può esserlo, dopotutto stiamo parlando di Ryan – finì la frase Dan. Mi diede un leggero schiaffo. – Ti piacerebbe, eh?
– Smettila – borbottai io.
Ridacchiò. – L'altra opzione è sicuramente più probabile, cioè che Aiden è proprio uno stronzo, così stronzo che sta sulle palle anche a Ryan. E ce ne vuole!
Ripensai al modo in cui riusciva a malapena a tollerare la presenza di Dylan e mi venne da ridere. Ryan non era poi così neutro come faceva pensare a tutti.
– Quindi la mia idea è quella di dargli così tanti calci nel didietro da rispedirlo a casuccia – se ne uscì mio fratello.
Lo guardai, contrariata. – Che grande mossa intelligente e soprattutto matura – commentai io.
– Sapevo che avrei dovuto agire senza dirti niente – bofonchiò lui.
Ci fermammo all'istante, nel momento in cui posammo gli occhi sulla porta dell'ufficio del rettore. Sgranai gli occhi non appena intravidi la figura di Ryan. – Ma quello è...
– Amico! – esclamò mio fratello, facendosi sentire da Ryan e non solo. – Che diavolo ci facevi là? – chiese poi, avvicinandosi.
Ryan posò per alcuni secondi gli occhi su di me, che mi ero innervosita ancora di più. Ripensai alle parole su Aiden e sulla sua voglia di cacciarlo dal campus. – Stavo discutendo di alcune cose – rispose Ryan, vago.
– Alcune cose – lo prese in giro mio fratello. – Che cosa sei, uno strozzino?
Ryan ridacchiò. La sua voce diventava leggermente più rauca quando rideva e questo mi faceva arrossire sempre. Amavo la sua voce, il timbro basso e leggermente rauco. – Sei proprio stupido – lo riprese Ryan.
– Davvero, che cosa ci facevi là dentro? – ci riprovò Dan.
– Stavo discutendo della possibilità di togliere investimenti – rispose, senza guardarmi.
– Li ricatti? – rise mio fratello. – E per cosa?
– Per fare una selezione più accurata – replicò Ryan.
Il mio corpo si tese immediatamente e Ryan puntò gli occhi sulle mie mani chiuse.
– Non capisco – commentò Dan. – Andiamo a mangiare?
– Sì – disse Ryan. – Andiamo.
Li lasciai andare, troppo allarmata per potermi muovere. Mio fratello portò un braccio attorno alle spalle di Ryan ed iniziò a riempirlo di insulti. Ryan scosse la testa. Era leggermente rigido e probabilmente perché sentiva il mio sguardo addosso.
La paura mi aveva immobilizzato.
La rabbia di Aiden sarebbe cresciuta notevolmente ed avrebbe avuto delle conseguenze.
Probabilmente si sarebbero allargate su Ryan e mio fratello.
Pensai al da farsi. Scossi la testa, in ansia. La gola chiusa mi impediva di respirare correttamente.
Dovevo parlare con Ryan. Dovevo parlare con... Aiden.
***
Bussai alla sua porta più volte, prima di essere accolta. Entrai senza essere invitata e lo sentii commentare aspramente.
– Ascoltami – ringhiai io, chiudendo la porta dietro di noi. – Questa storia non finirà bene. Lo sai tu e lo so anche io, per cui per favore smettila di essere così coglione!
Aiden ridacchiò. – Hai fatto la stronza per tutto questo tempo. Adesso tocca a me.
– Aiden, Ryan non scherza – ringhiai io, afferrandogli la maglietta e scuotendolo, con gli occhi sgranati. – Può veramente buttarti fuori. E sappiamo entrambi che tuo padre non ne sarà felice!
Aiden aprì la bocca per parlare, ma gli uscì un lamento. La sua espressione si fece seria e preoccupata al pensiero della reazione del padre. Mi si spezzò il cuore. – Come diavolo può riuscire a cacciarmi?
– Lo può fare. Lo sta già facendo – replicai. – Quindi vedi di darti una svegliata! Qua non stiamo al liceo. Qua sei solo l'ennesimo sfigato. Quindi datti una regolata.
– Perché mi stai proteggendo? – volle sapere, d'un tratto calmo.
Strinsi i denti. – Perché non voglio che ti rovini definitivamente la vita per colpa... di uno stupido sentimento che pensi di provare – borbottai. – Per favore, Aiden... Smettila di essere così stupido. Puoi decidere di non rovinare tutto. Devi solo... smetterla di essere così vendicativo con me ed iniziare daccapo la tua vita.
– Uno stupido sentimento – mormorò lui, con gli occhi verdi puntati sui nostri piedi. – Dei, per me non è affatto stupido. Io... io non avevo mai provato una cosa del genere. Tu sai che cosa significa per me... Io non sono mai stato realmente... La mia vita è sempre stata tutta una finzione, ero vero solamente con te. Sei sempre riuscita a farmi essere migliore, perché con te non fingevo. Tu... Io ti amo.
Scossi la testa. – Aiden, non è così – mormorai io. – Devi credermi. Tu pensi di amarmi, ma ormai ami l'idea che hai di me, quello che rappresenta la nostra relazione per te. Aiden, questa storia ormai è tossica da molto. E per te non lo è, perché purtroppo sei sempre stato abituato a questo: non hai mai avuto una relazione sana.
– Perché devi demolire in questo modo quello che abbiamo? – chiese lui, avvicinandosi a me. Il suo petto sbatté contro il mio, facendomi trasalire. – Con te ricomincio a respirare. Tu sei tutto ciò di più sano, nella mia vita.
Mi vennero le lacrime agli occhi. Avevo odiato Aiden, anche nel momento in cui aveva lasciato che una ragazza mi schiaffeggiasse solo per un suo tornaconto malato. Eppure, non volevo essere la sua disgrazia, il suo unico pensiero.
Doveva andare avanti.
– TI prego, mi devi credere – continuò, prima di afferrarmi il viso e premere con forza le labbra contro le mie.
Mi irrigidii immediatamente. Tutto il mio corpo mi urlò: "è sbagliato!".
Continuò a baciarmi, nonostante le mie mani continuassero a spingerlo via. Quando vi misi più forza, si staccò da me. Quindi lo guardai, delusa, e me ne andai sbattendo la porta.
Appena scesi le scale, arrivando al secondo piano, la porta dell'appartamento di mio fratello si chiuse. Mi bloccai, appena vidi Ryan con ancora la mano sul pomello, intento a chiudere la porta. Era di spalle, ma non sarei mai riuscita a sfuggirgli.
Deglutii sonoramente.
Si girò ed all'iniziò sembrò non fare troppo caso a me. Posò distrattamente gli occhi su di me e fece un passo in avanti, per incamminarsi. Poi il suo corpo si tese e girò di scatto il viso verso di me. Strinsi il corrimano, con il cuore a mille per tutto quello che stava accadendo.
Sembrò ispezionarmi, come a cercare un minimo particolare anche su tutto il mio corpo. Poi guardò dietro di me, al piano superiore. Tornò su di me. I suoi occhi incrociarono i miei solo per incenerirmi.
Scosse la testa, mettendo in evidenza i muscoli della mascella.
– Ryan... – lo chiamai, quando lo vidi incamminarsi di nuovo verso le scale.
– No – replicò, freddo come il ghiaccio. – Non fa niente.
– Ti devo spiegare...
– Non devi spiegarmi proprio niente – sputò.
– Ma voglio farlo – borbottai io, avvicinandomi frettolosamente a lui.
Cercai di afferrare la sua mano, ma non appena le nostre dita si sfiorarono allontanò di scatto la sua mano, come se si fosse appena scottato. – Smettila, Deitra – mi avvertì. – Ti ho detto che non devi spiegarmi niente.
– Stavo solamente cercando di farlo ragionare – mormorai, con ancora il respiro affannato.
Scosse la testa, senza guardami. Puntò gli occhi dietro di me, al piano superiore. – Non vuoi proprio capire.
– Che cosa? – mormorai io.
– Tutto – ringhiò lui. Si guardò attorno e, quando non trovò nessuno, mi afferrò la mano e mi trascinò dentro casa.
Annaspai, quando lo vidi a pochi centimetri da me. Mi appoggiai alla porta, in cerca di sostegno. Mi resi conto troppo tardi di guardarlo con occhi grandi e sbarrati.
– Non capirà mai – disse lui, a bassa voce, senza allontanarsi da me. – Ed io non posso sapere quello che fai.
– Perché? – chiesi io, la voce ridotta in un sussurro rauco.
Abbassò lo sguardo su di me, puntando i miei occhi e sembrò attirato a me. Si avvicinò ancora di più, senza rendersene conto. – Perché non dovrebbe importarmene – mormorò lui. La fronte era aggrottata, a testimoniare che la situazione lo stava turbando.
– Cosa?
– Non dovrebbe importarmi. Non dovrebbe fregarmene proprio un cazzo di quello che fai a casa del tuo ex ragazzo – ringhiò lui. Posò la mano sulla porta, come a chiudermi in quello spazio ridotto proprio per togliermi l'ultimo raggio di lucidità. – Non dovrebbe fregarmene proprio niente. Non dovrei nemmeno notare il modo in cui eri ferma, con il fiato corto. Non dovrei pensare quello che sto pensando. Non dovrei chiedermi... – Sospirò e chiuse gli occhi, per tranquillizzarsi. – Non dovrei conoscere il modo in cui le tue labbra diventano subito gonfie e rosse dopo essere state baciate. E tu... hai esattamente queste labbra, in questo momento.
– Ryan...
– Smettila di parlare – digrignò i denti. – Peggiori solamente la situazione.
– Ti spiego...
– Non voglio sapere – ripeté lui, aprendo nuovamente gli occhi per fulminarmi. – Peggiorerebbe la situazione ed è già critica.
Avevo il cuore in tilt. Non riuscivo più a pensare lucidamente. Il mio corpo era a pochi centimetri dal suo e questo lo stava mandando a fuoco ed al tempo stesso ogni fibra mi stava pregando di eliminare quello spazio tra noi.
Si allontanò. Il freddo mi fece accapponare la pelle. – Devo andare a lavorare – mormorò.
– Stavo soltanto cercando di risolvere le cose – continuai io, con lo sguardo a terra.
– E siete finiti per infilare le vostre lingue in gola per sbaglio?! – se ne uscì lui.
Chiuse gli occhi.
Ringhiò, frustrato.
– Fanculo – ringhiò. – Fanculo, cazzo. Non dovrei sentirmi così. Non devo sentirmi così.
Annaspai.
Ryan stava finalmente ammettendo di essere geloso?
Perché diavolo stavo iniziando a sentire le farfalle nello stomaco? Perché mi sembrò la cosa più attesa della mia vita?
– Ry...
– Smettila, cazzo – disse, a bassa voce, mettendo ancora più spazio tra noi due. – Smettila di rendermi le cose difficili.
– Smettila di fare lo stronzo! – sbottai io. Alzò immediatamente lo sguardo su di me, sorpreso. – Io ti rendo le cose difficili? E come, esattamente?
Mi resi conto che il suo respiro era affaticato. Non staccò gli occhi dai miei. – Potresti prima di tutto non sussurrare il mio nome in quel modo. E poi fare quello che dico, ovvero non dirmi niente.
– E tu potresti evitare di fare scenate del genere – ringhiai io. Me ne pentii immediatamente. Quelle scenate gli stavano costando tanto, perché lui non perdeva mai la calma. Non era portato per questo. Lui non era mai geloso.
Un'ombra di dolore passò per alcuni secondi sul suo viso, prima che riuscisse ad attutire il colpo.
– No, scusami. Non è questo che volevo dire...
– Lasciami andare al lavoro – disse, quasi con cattiveria. – Spostati.
– No, ascolta... Mi dispiace. È che odio quando mi dai la colpa per essere semplicemente me stessa – mormorai io.
– Ed io odio il modo in cui il tuo essere te stessa mi crei così tanti problemi! – esclamò lui, prima di aprire la porta dietro di me ed andarsene.
Lo guardai scendere le scale velocemente, a due a due, per allontanarsi il più veloce possibile da me.
Mi resi conto che aveva lasciato le chiavi attaccate.
Ryan stava iniziando a perdere colpi, e questo lostava evidentemente turbando molto
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