Capitolo 11: Non ti basta?


Morirei per un tuo solo sguardo, un tuo sospiro che profumi d'amore ed una carezza che riscaldi il mio cuore. Non assomigli più a nessuna da quando ti amo.

(Pablo Neruda)



Ryan aprì la porta, quindi sorrisi e gli feci vedere la torta che avevo preparato.

- Ce ne hai messo di tempo! - esclamò lui, facendomi passare. Ridacchiai. - Hai cenato?

- Sì - mormorai, posando la torta sul tavolo, che si trovava proprio alla sinistra dell'ingresso, poco prima del divano con la televisione.

- Tuo fratello dovrebbe tornare per la notte - disse, non appena guardai la stanza di Dan. - A quanto pare è uscito con un'altra ragazza.

Sorrisi maliziosamente girandomi finalmente verso Ryan. Cercai di non notare i suoi occhi felici o il modo in cui si era messo l'ennesima tuta per stare a casa, o il modo in cui gli stava dannatamente bene anche un pantalone da ginnastica grigio. - E quindi sta proprio cercando di togliersi dalla testa una certa coinquilina - dissi io, con la voce un po' più alta.

- Dice di averla vista andare via con un ragazzo, l'altra sera, a casa nostra - replicò lui, incrociando le braccia. - Tu ne sai qualcosa?

Mi indicai, alzando le sopracciglia e sgranando gli occhi. - E come potrei saperlo? - chiesi, prendendomi gioco di lui.

Rimase in silenzio ad osservarmi, con uno strano sorrisino sul viso. - Ti ho preparato un po' di appunti vecchi - disse indicando il tavolo. Notai dei fogli, quindi mi avvinai e li presi. Aveva una scrittura elegante e ordinata. Sospirai. - Dovrebbero andare bene. Confrontali coi tuoi e vedi che cosa puoi aggiungere.

- Sì, papà - ridacchiai io, per poi andare a sedermi sul divano, togliendomi distrattamente le scarpe da ginnastica.

- Non flirtare con me, Deitra - mi ammonì lui sedendosi dall'altro lato del divano.

Gli sorrisi dolcemente, prima di mettermi a leggere i suoi appunti. - Cavolo, eri proprio bravo - commentai io, prima di trascrivere quello che mi ero persa sul mio quaderno.

- E poi che è successo? - chiese lui, senza mai staccare gli occhi da me.

Ridacchiai. - Non lo so, devi aver trovato di meglio da fare - replicai io, lanciandogli uno sguardo malizioso.

Mi ammonì con una sola occhiataccia. - Ti porto un po' di succo - mormorò, prima di alzarsi.

Lo osservai sottecchi andare in cucina, a piedi scalzi, per prendere il mio succo preferito dal frigorifero. Ne versò un po' nel bicchiere. Poi afferrò due piatti e mi portò un piatto con una fetta della torta che gli avevo preparato ed il bicchiere ripieno di succo.

Gli sorrisi dolcemente. - Emh... Grazie.

Non rispose. Si rimise seduto, mantenendo sempre una distanza eccessiva, e cominciò a mangiare.

- Ti piace? - chiesi.

- Hai fatto di meglio - rispose lui, quindi gli tirai un calcio, facendolo ridacchiare. - Sei proprio permalosa.

- E tu uno stronzo - risi io.

Lasciò il piatto sul divano e posò il braccio sulla spalliera del divano, arrivando a toccare con la mano la mia metà. La osservai.

- Ti posso chiedere una cosa? - chiesi io. Lo vidi annuire, un po' preoccupato dalla domanda. - Davvero tua mamma non si è mai più fatta sentire?

Si irrigidì visibilmente. - Sì, è così - replicò lui. - Non l'ho mai più vista, né sentita.

- Ti manca? - chiesi. Arrossii, rendendomi conto della stupida domanda. Abbassai lo sguardo. - Voglio dire, certo che ti manca, ma...

- Ci fai l'abitudine - rispose lui, capendomi immediatamente. Alzai gli occhi su di lui, rapita. Aveva sempre avuto il potere di capirmi in quel modo? - Con il tempo. Ci vuole un po' di tempo. Inoltre, con me c'era anche la rabbia e l'odio di mezzo.

- Non ce l'hai più con lei? - chiesi a voce così bassa che ebbi paura non mi avesse sentito.

Scosse la testa. - No - rispose. - Ho dovuto fare un percorso con uno psicoterapeuta, sin da piccolo. Ma no, adesso non sono più arrabbiato.

- Non hai mai provato a metterti in contatto con lei? A... cercarla? Voglio dire, non può essere sparita nel nulla - borbottai. - Non ne senti la necessità?

Annuì. - Sì, ci ho provato e ci sono anche riuscito - rispose. - Ma che cosa dovrei dirle? Che cosa potrei mai chiederle? So già che cosa l'ha spinta ad andare via. So già che cosa l'ha spinta a non portarmi con sé... Lei non è mai stata fatta per una vita del genere. Non so bene che cosa l'abbia spinta a sposare un uomo come mio padre.

- Perché non ti ha portato con sé? - chiesi io, aggrottando la fronte. - Sei suo figlio...

- Mio padre non l'avrebbe mai lasciata in questo modo - rispose lui, senza più guardarmi. Stava osservando un punto indistinto tra il mio quaderno e la mia gamba, perso. Mi si strinse il cuore. - Non avrebbe mai lasciato anche me. Dopotutto, stiamo parlando di Mark Hill. Può perdere una moglie, ma non può perdere anche il figlio.

- Conoscevi il collega di tuo padre con cui è scappata?

Annuì, cercò di nascondere una smorfia addolorata. - Sì, veniva a casa nostra... spesso. - Ridacchiò, senza energie. - Poco dopo abbiamo capito perché.

Sospirai e posai la mano sulla sua.

Si irrigidì e puntò gli occhi sulle nostre mani. Aggrottò la fronte e con un respiro profondo sfilò la mano dalla mia. Per un momento, sentii dolore al petto.

Afferrò il mio quaderno e fece finta di leggere. - Sapresti ripetermi questa parte? - chiese.

Storsi la bocca, dispiaciuta, ma lo accontentai.

***

Dopo due ore, avevo il cervello completamente distrutto dal diritto. Appoggiai i quaderni sul tavolino ed afferrai il telecomando.

- Davvero, D? - chiese Ryan, affatto convinto. - Sono solo le undici.

- Scusami se di solito a quest'ora mi metto a dormire - replicai acidamente io.

Si mordicchiò il labbro inferiore e si tenne per sé quel commento che gli era passato per la testa.

Lasciai l'unico film che mi sembrò decente.

Con ancora il braccio lungo lo schienale e la caviglia appoggiata sulla coscia, si mise a guardare il film, senza troppo impegno. Trattenni il respiro e provai ad avvicinarmi. Girò il viso verso di me, lanciandomi un'occhiataccia, però non mi fermò.

Gli sorrisi dolcemente e mi feci piccola, proprio attaccata a lui, accovacciandomi come una bambina. Feci finta di guardare il film, mentre lui mi guardava con diffidenza, il corpo rigido come non mai.

Forse avevo esagerato, forse avrei dovuto avvicinarmi con più tranquillità.

- Che cosa fai? - chiese lui, a voce bassa.

Deglutii sonoramente, con il cuore in gola. - Mi avvicino - sussurrai io, guardandolo con occhi grandi ed un sorriso imbarazzato. - Ti do fastidio?

I suoi occhi si catapultarono nei miei. Ci guardammo ad un palmo di distanza. Aggrottò la fronte, leggermente preoccupato.

Il mio cuore sembrò tremare. - Forse ho esagerato... - mormorai, distaccandomi da lui. - Scusami, non volevo risultare invadente.

- Non lo sei - disse lui. - È solo che la nostra situazione è... complicata.

Strinsi i denti e mi convinsi ad annuire. Abbracciai il cuscino, in cerca di un po' di sicurezza, e tornai a guardare il film.

- Sono un po' confuso - se ne uscì lui. - Alla festa di mio padre sei venuta accompagnata con il fratello di Calliope, mentre la scorsa sera te ne sei andata con un altro ragazzo... Ti piace davvero uno dei due?

Lo guardai, stringendo il cuscino. - Tu con chi mi vedresti di più? - chiesi.

- Credo con il ragazzo della scorsa sera - replicò lui, annuendo. - So che i ragazzi dai capelli rossi ti hanno sempre fatto un certo effetto... Però non mi sei sembrata molto presa da lui.

Scossi la testa. - Tra me e Michael non c'è niente, siamo solo amici - dissi io.

Rimase in silenzio per un po'. - Quindi... Ben?

Lo incenerii. - Quindi nessuno.

Strinse le labbra, sapendo già il perché ed annuì, riprendendo a guardare la televisione.

- Pensi che riusciresti a vedermi stare insieme ad un altro? - sputai, il sangue che bolliva.

Si irrigidì e tornò su di me, accentuando leggermente la mascella. - Perché non dovrei? - chiese, cauto.

Scrollai le spalle. - Non lo so. Non ti darebbe fastidio vedermi mentre mi bacio un altro? - volli sapere, genuinamente incuriosita.

Rimase a pensarci per un po'. - Credo che tutto dipenderebbe dalla persona che ti bacia - rispose lui, la voce rauca ed affatto convinta.

Sospirai, sentendo la necessità di togliermi un peso dal cuore. - Io ci penso in continuazione - annunciai, senza guardarlo. Sentii i suoi occhi su di me. - Penso in continuazione a quando ti dovrò vedere insieme a qualche ragazza... A quanto dovrò abituarmi a vederti sorridere insieme a lei, ad abbracciarla e baciarla...

- Credo che non ti farei vedere niente di tutto ciò - ammise lui.

Sorrisi tristemente. - Occhio non vede, cuore non duole - mormorai. - Non ci ho mai creduto veramente. Come se l'immaginazione non fosse una grande bastarda.

Rimase in silenzio a guardarmi.

Continuai a forzare un sorriso. - Sarà così - sussurrai, appoggiando la testa sullo schienale, completamente rivolta verso di lui. - Tu mi vedrai insieme a qualcuno, prima o poi, esattamente come io ti dovrò vedere insieme ad una ragazza. Le nostre vite continueranno e noi non potremo fare altro che fare quello che stiamo facendo adesso.

- Non ti basta? - chiese.

Annuii. - È più di quanto credevo fosse possibile - replicai, a bassa voce.

Un'ombra oscurò il suo viso. - Credo che prima o poi ci abitueremo. Ci si abitua a tutto - disse lui, sovrappensiero.

Risi amaramente. Perché era un lato di me che a quanto pare non conosceva. Non mi sarei mai abituata a vederlo insieme ad un'altra.

- Dylan si sta comportando bene? - chiese. Annuii. - Bene. Sto cercando di convincere mio padre a farti tornare al reparto di contabilità, però Dylan l'ha convinto molto bene. Spero di riuscire a fargli cambiare idea per la fine del mese.

- Non ti preoccupare - risposi io, guardando lo schermo della televisione. - Non si comporta male con me, anzi è molto premuroso e gentile. Non ci sto male là, in quel reparto. Anche loro fanno cose abbastanza interessanti e non credo ci possa fare del male allontanarci un po' sul luogo del lavoro. Dopotutto... non andiamo molto d'accordo là.

- Ti piace lavorare là - ripeté, affatto convinto, con tanto di sopracciglio destro alzato.

- Sì, non è male - continuai. - Sto imparando altre cose, diverse dalla contabilità. Per il momento la maggior parte delle cose le fa il software, però... Pensavo di trovarmi peggio, ecco.

Rimase a guardarmi, quasi deluso, poi tornò a guardare la televisione insieme a me.

Con ancora il viso appoggiato allo schienale, cercai di mantenere gli occhi aperti per più tempo possibile. Tuttavia, poco dopo più di un'ora, sentii gli occhi socchiudersi ed il sonno prese il sopravvento in pochi secondi, lasciandomi completamente stordita sul divano.

***

Mi svegliai lentamente, avvertendo una mano carezzarmi dolcemente la guancia. Sentii il pollice caldo di Ryan fermarsi sul mio labbro inferiore. Sospirò sonoramente e si mosse leggermente. Mi resi conto quindi di essermi completamente appoggiata a lui, con la testa sulla sua spalla.

Aprii lentamente gli occhi e caddi immediatamente dentro i suoi. Gemetti. - Mi sono addormentata, scusami - sussurrai. - Che ore sono? Mio fratello è tornato?

- Fa tardi - rispose Ryan, con una voce roca che mi fece vibrare il cuore.

Alzai la testa lentamente e non staccò gli occhi dai miei. Le sue labbra si schiusero e la sua mano si allontanò dalla mia guancia.

- Deitra... - mi chiamò lui per avvisarmi di non avvicinarmi.

Non lo ascoltai.

Il suo respiro era pesante ed il suo corpo si stava muovendo impercettibilmente. Catturai le sue labbra e le obbligai ad aprirsi per accogliermi. Nel momento in cui la mia lingua toccò la sua, senza alcuna delicatezza e vergogna, sentii il suo corpo fremere accanto al mio.

Mi afferrò i fianchi per stringermi più a lui. Le mie mani corsero sul suo collo, per poi stringere i suoi capelli e tirare leggermente. Sospirò profondamente, facendomi girare ancora di più la testa. Gli mordicchiai il labbro inferiore e succhiai lentamente.

- Cazzo - gemette Ryan. Mi afferrò i capelli, senza alcuna gentilezza, e tirò. Buttai indietro la testa, assecondando i suoi movimenti, mentre il mio cuore sembrava esplodere. Inarcai la schiena e potei sentire subito il suo petto toccare il mio.

Annaspai. - Ry - sussurrai ed in risposta mi strinse la coscia, rabbrividendo.

Scosse la testa ed aggrottò la fronte, con il respiro accelerato. Vidi tutta la sua razionalità emergere e per un attimo pensai di allontanarmi prima di essere allontanata. - Fanculo - ringhiò. - Io non ce la faccio - ammise. Mi afferrò i fianchi e mi ritrovai a cavalcioni su di lui. Trattenni il fiato, stringendo le cosce attorno ai suoi fianchi. Mi reclinò il capo, stringendomi i capelli, per lasciarmi baci roventi sul collo.

Strinsi la sua maglietta rabbrividendo contro di lui. Sussultò e d'impulso la sua mano corse sul mio fianco, per premermi contro di lui. Fremetti ed assecondai quei suoi movimenti, timida.

Il mio fare impacciato sembrò mozzargli il fiato. Mi baciò affondo, stringendomi i fianchi fino a sentire i suoi polpastrelli entrare a contatto con la mia pelle. Si mosse sotto di me, spingendomi con più forza su di lui. La testa iniziò a girare, cercai di prendere fiato inutilmente. Mi mossi ancora, più veloce e lo sentii sospirare più rumorosamente.

Sentii tutto girare attorno a me, le sue mani mi strinsero sempre di più, cercarono il bottone dei miei jeans e...

Un rumore di chiavi ci fece irrigidire d'un tratto.

Trattenni il respiro, in preda al panico.

Ryan scivolò via da me, proprio mentre mio fratello stava girando la chiave per aprire la porta, un po' impacciato sicuramente a causa dell'alcol.

Il suo migliore amico si mise dietro l'isola della cucina, con ancora il respiro affaticato, e mio fratello con una spallata spalancò la porta ridendo.

- Oh, ci sei anche tu, D! - rise mio fratello, vedendomi nascosta sul divano.

- Ciao Dan - squittii io, con il cuore a mille e le guance rosse. Ringraziai la luce soffusa. - Quanto hai bevuto? - lo ammonii io, vedendolo sbattere contro il tavolo.

- E tu come mai stai ancora qua? Ryan ti sta ancora aiutando a studiare? - chiese lui, sbiascicando leggermente.

- Ci stavamo riposando - replicò Ryan, la voce più profonda e leggermente roca. Lo osservai con le guance in fiamme. - D si stanca facilmente.

Gli lanciai un'occhiataccia.

- Ragazzi, io vado a dormire. Quella donna mi ha tolto tutte le energie - bofonchiò mio fratello, camminando lentamente verso la sua porta.

- Hai guidato in questo stato? - chiesi io.

- No, mi ha riaccompagnato - replicò, prima di chiudersi dentro la stanza.

Rimase un silenzio piuttosto imbarazzante.

Ryan sospirò sonoramente, appoggiando la testa sul pensile della cucina e chiudendo gli occhi. Le sue spalle si rilassarono.

- Ryan... - sussurrai io, alzandomi dal divano. Mi allacciai velocemente i jeans, rossa in viso, e mi avvicinai a lui.

Con ancora la fronte appoggiata al pensile della cucina e gli occhi chiusi disse a voce bassa: - C'è mancato pochissimo, cazzo.

Sembrava arrabbiato.

- Bé, sei stato sicuramente più bravo di me - ridacchiai io, imbarazzata.

Girò lentamente il viso verso di me, abbassò il mento ed i suoi occhi mi incenerirono. - A te non frega niente, non è così? - ringhiò.

Aggrottai la fronte. - Come? - sussurrai, il respiro corto ed il cuore tremante.

- Lascia stare - ringhiò a bassa voce, tornando a poggiare la fronte al pensile. - Senti, così non va bene. Bisogna trovare un equilibrio, o finiremo per impazzire. È questo il motivo per cui ti avevo chiesto di non avvicinarti. Bisogna mantenere una certa... distanza.

Ridacchiai. - Che cosa siamo, adolescenti? - chiesi io.

- A quanto pare, sì - ringhiò lui, rabbioso. - Lo siamo, se poi ci ritroviamo a strusciarci come due ragazzini di tredici anni.

Trasalii, ferita ed imbarazzata. - Non so te, ma io a tredici anni non mi strusciavo contro nessuno - bofonchiai. Quando ero imbarazzata purtroppo mi usciva dalla bocca tutto quello che mi passava per la testa. Non credevo di essere mai stata così tanto rossa in viso.

Mi lanciò un'occhiata di fuoco. - Certo che no, dolce D - disse lui a denti stretti.

- Senti...

- No - mi fermò lui, deciso. - Per favore, D... Vai a casa.

Lo guardai con gli occhi sgranati ed il cuore ferito in mano.

- Non lo capisci, vero? - continuò, guardandomi con occhi. - Questo non è un gioco. Non possiamo comportarci in questo modo. E non guardarmi così! Odio quando fai questi occhi grandi per avere quello che vuoi...

- Non lo faccio...

- D, vai a casa - ripeté lui. - Per favore, davvero. Vai a casa.

- Non possiamo parlare come due persone mature di quello che è successo? - chiesi io, dove per "quello che è successo" non intendevo tanto il bacio, quanto la sua reazione del dopo. Capivo la paura, ma la rabbia ed il modo di cacciarmi malamente proprio no.

- No, non possiamo - sibilò lui.

Feci un passo indietro, delusa. Come potevo ogni volta accettare il suo modo di baciarmi per poi cacciarmi e trattarmi male? Scossi la testa. - Sei proprio un coglione - ringhiai io, prima di girarmi per andarmene.

Mi afferrò immediatamente l'avambraccio, fermandomi. - Devi seriamente smetterla di insultarmi in questo modo - sibilò al mio orecchio. Mi immobilizzai, le gambe ricominciarono a tremare e mi imposi di mantenere il respiro regolare. - Non possiamo parlare adesso, perché tuo fratello sta di là e perché non sono in grado di parlare.

Girai il viso verso di lui e quindi abbassò il mento, per incrociare i miei occhi. Era parecchio più alto di me. Lo osservai, confusa.

- Vuoi che ti faccia un disegnino del problema che ho in questo momento o riesci ad arrivarci da sola? - chiese rabbioso, irrigidendo la mascella.

- Emh... - dissi, in imbarazzo.

- I tuoi occhioni e le tue guance rosse mi fanno capire che no, non hai più bisogno di un disegnino per capire. Ora, puoi lasciare che vada a farmi una doccia fredda o devi per forza peggiorare il tutto continuando a guardarmi in questo modo? - ringhiò lui.

- Oh... Emh... - Avevo il cuore in gola ed il cervello sembrava non funzionare benissimo.

Sospirò, esasperato. - Devo andarmene. Devo seriamente andarmene - disse, ferreo. Mi sorpassò e con passo veloce e deciso entrò in bagno, chiudendosi dentro.

Rimasi per un attimo da sola, confusa e tremolante.

Avevo amato Aiden, eppure con lui era sempre stato tutto semplicemente divertente. Ero stata bene con lui. Tuttavia, il contatto fisico non mi creava confusione e nemmeno quella strana sensazione di non avere più terra ferma sotto i piedi, o come se il cuore fosse sempre sul punto di uscire dal mio petto... per non parlare del modo terrificante in cui il mio corpo iniziava a tremare non appena Ryan si avvicinava a me e la sua pelle entrava in contatto con la mia.

Mi appoggiai al piano dell'isola.

Quello che provavo per Ryan... era qualcosa di forte, di potente. Qualcosa che non avevo mai provato prima.

Mi spaventava veramente molto. Sicuramente avrei dovuto prendere le distanze, perché quel sentimento non mi avrebbe portato da nessuna parte, mi avrebbe semplicemente consumato dall'interno con il tempo.

Quando sentii il rumore dell'acqua della doccia, mi venne quasi da dare le capocciate al muro.

Sospirai, guardai la porta del bagno, e me ne andai.

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top