Capitolo 10: Gelosia e amicizia

Ci vuole un minuto per notare una persona speciale, un'ora per apprezzarla, un giorno per volerle bene, tutta una vita per dimenticarla.

(Charlie Chaplin)


Capii in pochi secondi di essere spacciata.

Aiden stava camminando verso di me, gli occhi pronti ad incenerire.

Mi fermai, senza nemmeno provare a scappare.

Incrociai le braccia, non appena mi fu ad un passo dal viso. Torreggiò su di me, tremando dalla rabbia. – Sei una stronza bastarda – ringhiò lui, infuriato.

– Ho imparato dal migliore – commentai freddamente.

– Vaffanculo – ringhiò. – Vedremo che dirà tuo fratello.

Ridacchiai. – Vai, digli tutto quello che vuoi – esclamai io. – Guarda, si trova proprio là. Accanto all'entrata – aggiunsi, indicandolo. Mio fratello ancora non mi aveva vista. Era troppo impegnato a fare lo stupido coi suoi amici, Ryan compreso, il quale lo guardava con un sorriso quasi sconfitto.

Aiden fece per andare, quando gli afferrai il bicipite. Si girò verso di me, l'espressione addolorata ma soprattutto arrabbiata. – A chi pensi crederebbe? A te, che sei l'ultimo stronzo arrivato, o a sua sorella ed il suo migliore amico? – gli chiesi a bassa voce. – Se vuoi fare figure di merda, vai. Accomodati pure. Mi fa solo che piacere vederti annegare nella tua stessa merda. Però pensaci...

Strinse i denti, furioso. – Vai a farti fottere.

– E da chi, esattamente? – volli sapere io, sorridendogli dolcemente.

Con uno strattone mi intimò a lasciargli il braccio. Fece per dire qualcosa, quando abbassò gli occhi sul mio sorriso dolce e gli occhi da bambina. – Tu... Non sei più...

– No, non lo sono più da un po' – dissi io.

– Aveva ragione Lucas – ringhiò. – Sei solo una falsa.

Sorrisi ancora di più. – Oh, amore... Ho semplicemente imparato da voi – risposi io, carezzandogli dolcemente la guancia.

Nei suoi occhi apparve una scintilla di rabbia mista a quel sentimento che lui chiamava amore. – Non ho mai finto con te. Io ti amo.

La mia mano si fermò sul suo mento. Quelle sue labbra piene erano state la mia disgrazia, quegli occhi verdi la mia salvezza e la sua voce una dolce condanna. – L'hai capito prima o dopo che mi facessi del male? – chiesi a bassa voce, con voce ferma e dolce.

– Non mi capirai mai... Non è vero? Forse non mi hai mai capito veramente.

Alzai le sopracciglia e ridacchiai. – Io dovrei capire te? – chiesi, carezzandogli lentamente il labbro inferiore con il pollice.

– Smettila – ringhiò, allontanando il viso dalla mia mano. Feci una finta smorfia dispiaciuta, arricciando anche il labbro inferiore. – Perché devi continuare a fare così?

Sospirai e scrollai le spalle. – Perché sono una falsa stronza bastarda – confermai io, prima di ravvivarmi i capelli ed andarmene, col cuore a mille.

Passai accanto a mio fratello, il quale non si accorse di me. Disse ridacchiando: – Scommetto cinquanta dollari che riesco a farmela in due giorni.

Alzai gli occhi al cielo. Chi invece non c'era più era Ryan. Sembrava scomparso.

***

Fu proprio lui ad avvicinarsi a me, guardandosi attorno, probabilmente alla ricerca di mio fratello. Non gli staccai gli occhi di dosso. Mi risultò piuttosto difficile fare il contrario. Più cresceva e più diventava attraente, con quella camminata decisa, i movimenti comunque eleganti ed il viso da angelo. Trattenni il respiro, come ogni volta che lo vedevo. Probabilmente non mi sarei mai abituata a vederlo avvicinarsi a me in quel modo, seppur furtivo e leggermente innervosito.

Ci trovavamo proprio al parcheggio del campus.

Mi mordicchiai il labbro, ripensando al nostro unico bacio.

– Possiamo parlare? – chiese, di fronte a me, posando finalmente i suoi occhi blu su di me.

– Certo, che cosa succede?

– Ci ho pensato – annunciò. – A lungo. Ci ho pensato veramente a lungo. – Scosse la testa, portandosi indietro i capelli biondi. Si guardò attorno, per un attimo sembrò sul tempo di vacillare. – Penso che dovremmo provare ad essere amici.

Il mio cuore sussultò. Divenni paonazza. – Che cosa?

Mi guardò, per un attimo scocciato, poi capì che ero veramente confusa e mi sorrise dolcemente. – Dovremmo provare ad essere amici. Dopotutto... ormai sei qua, ci vediamo tutti i giorni ed è risultato impossibile ignorarti. Quindi sì, mi è sembrata l'idea più giusta, seppure non quella più coerente.

Sorrisi come una stupida e dal modo in cui cambiò espressione potei capire di stare sfoggiando la mia espressione da bambina ingenua. – Amici?

– Non farmi pentire di questa scelta – mi ammonì lui. – E togliti quell'espressione dalla faccia.

– Quale espressione? – mentii io.

– Sai benissimo quale – borbottò incenerendomi con lo sguardo.

Sorrisi ancora di più. – L'espressione preferita di mio fratello?

– C'è qualcuno a cui non piace quest'espressione? – volle sapere lui.

– Beh, a quanto pare a te – lo presi in giro io.

– Non flirtare con me, Deitra – mi avvertì.

Ridacchiai e si incupì ancora di più. – Ci vediamo in giro, amico – dissi, felice.

Sentii i suoi occhi addosso per molto tempo. – D! – mi chiamò lui. Mi girai, con ancora il sorriso stampato sul viso. – Stasera ci vediamo a casa nostra, cerca di fare venire anche Calliope.

Ridacchiai. – Allora dillo che lo stai facendo per far avvicinare Calliope a Dan – lo presi in giro io. – Sei proprio un calcolatore, Ryan.

Incrociò le braccia. – Non flirtare con me, Deitra.

Alzai le mani, in segno di resa. – A stasera, amico. – Gli sorrisi di nuovo, senza riuscire a mascherare quella strana e bellissima sensazione che stavo provando nello stomaco. Nei suoi occhi vidi brillare qualcosa simile al divertimento, tuttavia non rispose, si girò e se ne andò con la sua solita andatura calcolata ed elegante.

***

Dovetti assistere a molte scene piuttosto vomitevoli. Come mio fratello che provava a risultare affascinante alla mia coinquilina, mio fratello che provava a rendersi ridicolo, mio fratello che provava a baciare la mia coinquilina...

Risi, guardandolo seduta sul tavolo, muovendo le gambe avanti ed indietro come una bambina.

Un amico di mio fratello mi girò attorno, guardandomi come se fossi una bambina ad una festa per grandi. Gli sorrisi, imbarazzata, quindi scesi ed andai a preparare il resto delle cose per gli altri invitati.

Varcai la soglia della cucina ad angolo e vi trovai Ryan. – Ciao, amico – lo presi in giro io.

Fece finta di non sentirmi. – Torna a prendere in giro tuo fratello. Qua ci penso io – disse lui, freddo.

– Ormai non mi diverte più – replicai io. – Metto queste cose di là – aggiunsi prendendo il formaggio tagliato a pezzetti e le pizzette nei rispettivi piatti.

– Non c'è bisogno, D – continuò Ryan. – Davvero, non ti preoccupare, ci penso i–

– Eccomi! – esclamò una voce femminile.

Mi irrigidii totalmente, rimanendo con lo sguardo su Ryan, mentre lui sospirava sonoramente. Era stato scoperto. Strinsi i denti e mi girai verso la voce.

– Oh! Tu devi essere Deitra, la sorellina di Daniel! – esclamò Louisa.

Non risposi. Era di una bellezza spettacolare ed il sorriso dolce con quella luce nei suoi occhi mi impedì di avercela anche con lei.

– Piacere, io sono Louisa. Finalmente ci conosciamo! – continuò lei, sorridendomi calorosamente. – Dai pure a me, avevo promesso a Ry che lo avrei aiutato per l'intera serata.

Ry. Ry. Lo chiamava sempre Ry.

Qualcosa nel mio stomaco iniziò a pizzicare, per poi bruciare e raschiare.

Le porsi i piatti e sorrisi falsamente. – Ti ringrazio. Io penso al vino – dissi semplicemente, prima di afferrare una bottiglia di Shiraz.

– D...

Lo lasciai fare, avanzai velocemente, andando a finire addosso a Ben.

Sussultai e non finii a terra grazie a Ben.

– Bionda! Non c'è bisogno di tutta questa passione, qua davanti a tutti!

Ridacchiai. – Scusami – mormorai, prima di andarmene.

Callie si affiancò a me. – Stai cercando di farmi mettere con tuo fratello, per caso? – mi chiese.

– Io?! – esclamai, puntando il dito verso di me. – Assolutamente no!

– Come no – bofonchiò lei, prima di bere un sorso di prosecco. – Ho visto una bionda altissima stare sempre con Ryan.

Ringhiai. – Già.

Ryan scherzava con tutte, perfino con mia sorella, ma mai con me. In quel momento, si stava prendendo una spallata da Louisa, ridacchiando. Sembrava sempre felice, quando non c'ero io. Ed era una cosa che proprio non riuscivo ad accettare. Dentro il mio cuore si creava un buco sempre più profondo.

– Michael! – squittì Callie, facendomi sussultare.

Il ragazzo del corso ci guardò e sorrise. Callie lo abbracciò, nonostante non avessero molta confidenza, infatti lui sembrò un po' confuso, però accettò l'abbraccio senza troppe paranoie. Mi salutò con la mano, goffo tanto quanto me.

Sghignazzai non appena i miei occhi caddero sulla sua maglietta. – What the hell is a Stiles? – dissi ad alta voce.

Michael sembrò illuminarsi. – Tu lo sai?

– Se conosco Mieczysław? Certo! – esclamai io.

Michael mi sorrise.

Tuttavia, io non lo stavo guardando. Io stavo guardando Ryan e Louisa posare tutto il cibo preparato sul tavolo. Quando fui sul punto di scoppiare, proprio mentre Louisa gli lasciava un bacio veloce sulla guancia, buttai indietro la testa per finire il vino dentro il mio calice ed andai sul balcone per calmarmi.

Amici.

Gli amici non possono essere gelosi.

Io non potevo essere gelosa.

Avevo raggiunto la tappa più importante. Ero finalmente riuscita ad abbattere uno dei mille muri che mi divideva da Ryan. Non potevo rovinare tutto.

Non potevo essere gelosa.

Non potevo rovinare tutto.

Eppure, come potevo io, cuore debole ed animo da bambina, nascondere quello che provavo? Non c'ero mai riuscita. Non era nella mia indole.

Potevo trasformare la rabbia in apatia, in azioni anche sbagliate... ma non potevo trasformare la gelosia in qualcos'altro. Perché già mi stava mangiando, esattamente come un veleno la sentivo privarmi, consumarmi dall'interno.

Come potevo fare finta? Come potevo fingere?

Non potevo. Non potevo essere sua amica. Non in questo modo.

Presi un respiro profondo e tornai in salone, consapevole di quello che potevo e non potevo essere.

In poco tempo, la gente iniziò ad entrare, fino a riempire completamente la casa.

Cercai di mantenere le distanze da Ryan e Louisa, che non si staccavano mai; tuttavia, ad un certo punto mi ritrovai la ragazza davanti e mi sorrise. C'era qualcosa nei suoi occhi e nel suo sorriso che ti costringeva a restare, a non scappare. Era la gentilezza.

– I ragazzi mi hanno parlato tanto di te! – mi urlò all'orecchio per farsi sentire.

Annuii. – Che carini – commentai, affatto contenta.

– Anche se non ti descrivono nello stesso modo – continuò lei. – Dan ti vede come la ragazza perfetta, dolce e caparbia, introversa e divertente. Ryan invece ti descrive come immatura e cocciuta, ma determinata e... buona.

Aggrottai la fronte. Immatura e cocciuta, eh?

– Una cosa è certa – disse lei. – Dan ti vede come la ragazza più bella dell'universo, eppure... non ti immaginavo così.

– Così come?

Rimase ad osservarmi con due occhi celesti grandi e genuini. – Così amabile.

Dovevo prenderlo come un complimento?

– Emh...

Non feci in tempo a chiedergli il parere di Ryan – e forse fu una fortuna – che lei mi lasciò dopo avermi accarezzato dolcemente i capelli.

Ryan la osservò andare via, preoccupato, poi posò gli occhi su di me e si avvicinò. – Stai bene? – volle sapere. Annuii. – Ti ho vista uscire prima. Sei nervosa. È per Louisa?

– No – mentii io e lui sembrò notarlo, tuttavia rimase in silenzio.

Feci per allontanarmi da lui, quando mi bloccò afferrandomi il polso. L'osservai con occhi grandi. – Puoi venire un attimo con me? – chiese. Annuii. Quindi si girò e, nascosti dalla gente, ci chiudemmo in camera sua.

Osservai il suo letto, le lenzuola pulite e senza alcun difetto. La camera era sempre molto ordinata, al contrario di quella di mio fratello. Il letto si trovava proprio davanti la parete sinistra, a destra invece 'era un grande armadio di colore grigio. Davanti a noi, c'era una finestra, da cui entravano le luci soffuse della luna.

Immagini di noi, del bacio mi tornarono in mente e mi ritrovai ad abbassare il viso e coprirmi le guance coi capelli. Mi girai verso Ryan e mi resi conto che non mi aveva mai staccato gli occhi di dosso.

Anche questa volta si era appoggiato alla porta, il petto che si alzava ed abbassava lentamente e lo sguardo attento.

Gli sorrisi imbarazzata.

– Io so che non dovrei dirtelo, perché non dovrei nemmeno prendere in considerazione l'idea che tu possa essere gelosa... ma Louisa è solo un'amica – annunciò lui.

Mi irrigidii, nervosa. – Ed è sempre stata solo un'amica? – chiesi io, decisa.

Rimase immobile, appoggiato alla porta, tuttavia sul suo viso passò un'ombra che lo incupì. – No – rispose, sincero, a bassa voce.

Strinsi le piccole mani in pugni. – Si vede – replicai. – Il modo in cui vi guardate... non è quello tipico di due amici che si vogliono solo bene.

Abbassò lo sguardo sulle mie mani. – Lo so.

Alzai il mento, con il cuore a mille e lo stomaco in preda a bruciori.

Continuò a non togliermi gli occhi di dosso. Aveva un'espressione piuttosto seria.

– Ti lasci baciare da lei, ci giochi tranquillamente e... – Scossi la testa, con le mani ancora strette in pugni ed il corpo leggermente tramante dalla rabbia. Guardai i miei piedi, perché stavo diventando patetica. Ma mi imposi di non andare oltre, perché già stavo dicendo troppo per essere una semplice amica.

– Non ci vado più a letto, Deitra – mi spiegò lui, pacato e gentile. – Da almeno un anno.

Alzai di scatto lo sguardo su di lui. Continuai a tremare. Non sapevo che dire. Mi vennero in mente almeno dieci domande da porgli, tuttavia non mi sembrò proprio il caso di dare voce ai miei pensieri.

Si morse il labbro inferiore per non sorridere e si staccò dalla porta, avvicinandosi lentamente a me. Mi tolse delicatamente ciocche di capelli da davanti il viso, portandoli dietro le orecchie, per osservarmi meglio. Lo guardai con occhi da bambina e le guance arrossate dalla rabbia e dall'imbarazzo. – Non la tocco da almeno un anno – mormorò, abbassando lo sguardo sulle mie labbra corrucciate.

Era sincero, lo capii immediatamente. Studiai la sua fronte leggermente aggrottata, gli occhi blu sinceri ed occupati a guardarmi, gli zigomi alti ed eleganti, le labbra carnose socchiuse, il pomo d'Adamo che si muoveva lentamente ed il respiro profondo e controllato.

Pensai di baciarlo, proprio in quel momento. Ma sapevo che mi avrebbe soltanto allontanato.

Forse stavo pretendendo troppo da me, forse non potevo veramente essere amica di una persona che mi era piaciuta da sempre.

Mi accarezzò dolcemente la guancia. – Posso farti una domanda? – chiese.

– Mmh–mmh – mormorai io.

– Che cosa non mi dici su Aiden?

Mi irrigidii. Tornai alla realtà. Mi allontanai. – Perché devi sempre chiedermi di lui?

– Non rispondere ad una domanda con un'altra domanda, lo odio – mi riprese lui. – Ti conosco e conosco tuo fratello. Non gli hai detto la verità. È successo qualcosa tra voi due che non hai detto a nessuno.

– Perché sei così fissato?

– Perché non mi piace quello che sta succedendo tra voi – rispose semplicemente lui.

Quella mattina ci aveva visti. Non c'era altra spiegazione.

– Io sono stato sincero con te riguardo Louisa – continuò. – Ti chiedo di essere altrettanto onesta con me.

Mi morsi il labbro inferiore fino a farmi uscire il sangue. Ryan si rabbuiò ancora di più, sempre più nervoso e preoccupato della situazione con Aiden. – Aveva delle foto di me e lui... Sì, insomma...

– Mentre scopavate – finì lui, brusco.

Trasalii. – Emh, diciamo – mormorai. – Mentre stavamo ancora insieme, le ha...

Fece un passo indietro, il viso si trasformò, fece una smorfia schifata e rabbiosa. – A chi?

– A tutta la scuola – dissi io, la voce ridotta in un sussurro roco. Cercai di deglutire per buttare giù il nodo che avevo alla gola.

Scosse la testa in modo quasi febbrile. – Perché?

– Non l'ho mai capito – replicai.

Si toccò nervosamente i capelli, guardando la sua finestra. – Perché non l'hai detto a nessuno? – ringhiò. – Poteva essere punito. È un reato, cazzo.

– Non lo so, mi vergognavo molto – dissi io, lo sguardo basso. – Inoltre, poco dopo abbiamo scoperto di mamma e...

Ryan imprecò, sembrò sul punto di perdere la testa.

– Non provare a dirlo a nessuno – ringhiai io. – Non te lo perdonerei mai.

Mi incenerì con lo sguardo. – Se ne deve andare dal campus. Che cosa vuole ancora da te? – ringhiò.

– Dice di non essere capito, che è stato un errore...

– Ha per sbaglio mandato le foto di te nuda a tutta la scuola? – ringhiò lui, furioso.

– Dice di volerci riprovare, che mi ama...

– Vaffanculo, cazzo – ringhiò dandomi le spalle. Si mise le mani nei capelli, camminando verso la porta. Non lo avevo mai visto in quel modo. – Non posso credere di averti anche proposto di tornare insieme a lui. Non ci posso credere, cazzo.

– Non potevi saperlo – mormorai io.

– Che cosa voleva stamattina? – sputò lui. Sembrò rendersi troppo tardi di quello che mi aveva chiesto e del modo. Mi guardò, sembrò quasi spaventato del modo in cui le parole gli erano sfuggite di bocca.

– Ci hai visti...

– Sì, vi ho visti eccome – ringhiò lui. – Tu lo stai torturando, non è così? Ti stai vendicando? Sai di avere un certo potere su di lui. Però perché non capisci che in questo modo lui non ti lascerà mai stare?

– Mi stava ricattando.

Ogni secondo che passava sembrava sempre più sul punto di spaccare la sua stessa mascella, continuando a stringere i denti. – Di nuovo? – digrignò i denti, con il petto che si alzava ed abbassava velocemente.

– Ha visto il modo in cui ti guardo – mormorai io, rossa in viso. – Ha capito che è successo qualcosa tra noi.

Questa volta non disse una parola.

– Mi conosce molto bene sul punto di vista fisico – ammisi, imbarazzata. Questo sembrò farlo arrabbiare ancora di più. – Conosce ogni mio punto debole, ogni mio sguardo... Non ci ha messo tanto a capire che... Sì, insomma...

– E che cosa vuole fare, scusami? – si prese gioco di lui, gli occhi luccicanti ed il sorriso ridotto ad un ghigno divertito. – Dire tutto a Dan? Pedinarci?

– Beh...

– Davvero? – rise lui, con una risata roca che mi fece sussultare il cuore. – Oh, ti prego, dimmi che lo hai lasciato fare. Potrei vivere il momento più bello della mia vita grazie a lui.

– In realtà, sul momento sono entrata nel panico – ammisi. – Per questo l'ho baciato, quella sera, in piscina... Ho dovuto improvvisare.

I suoi occhi diventarono fuoco. – Stai scherzando, spero.

Feci spallucce. – Non mi era sembrata una cattiva idea.

La sua espressione diventò ancora più furiosa, se possibile. Gli occhi due pozze nere. – Mi stai dicendo che ti sei fatta toccare ed hai toccato quello stronzo in quel modo solo perché ha visto che ci guardavamo troppo?

– Emh... Sul momento ero davvero spaventata – mi giustificai io.

Non disse una parola per un momento, come a mantenere la calma. – Ok. D'ora in poi lascia fare a me, chiaro? – disse, il tono di voce che non ammetteva repliche.

– No, ho già risolto io – aggiunsi. – Stamattina mi è sembrato abbastanza... abbattuto.

– Se succede altro, vieni subito da me – disse lui a denti stretti. – Veramente, Deitra. Ci penso io. Tu entri troppo nel panico.

– Ehi, ma se alla fine sono riuscita a calmarlo...

– Sì – sbottò lui, avvicinandosi pericolosamente a me. – Dopo che ti sei fatta trascinare dentro uno sgabuzzino, ci sei uscita con quei cazzo di stivali e quella gonna e te lo sei praticamente fatto davanti a tutti!

Nonostante il cuore a mille e le guance bollenti, gli lanciai un'occhiataccia. – Non mi piace questa affermazione.

Mi guardò con due pozze blu scuro, in modo quasi febbrile, alternando i miei occhi, con il respiro affaticato. Si rese conto di quello che aveva detto. Aggrottò la fronte, abbassando gli occhi sul mio vestito, come completamente confuso. Mi sembrò quasi di vedere la domanda crearsi dietro i suoi occhi: "che diavolo mi sta succedendo?".

– L'importante è essere riusciti a calmarlo – continuai io, la voce leggermente alterata dal nervosismo.

Non disse una parola. Dal modo in cui teneva serrate le labbra potei capire che si stava trattenendo dal parlare. – Torniamo di là – disse, la voce fredda e meccanica.

Quando si girò per avvicinarsi velocemente e meccanicamente alla porta, dissi: – Quindi alla fine ti piacevano quegli stivali e quella gonna.

Si fermò con la mano sulla maniglia e la schiena completamente rigida. Mi guardò da sopra la spalla, quasi spaventato da quello che stava per accadere. – Non credo ci sia uomo in grado di pensare il contrario – mormorò, cauto.

Sorrisi, con il cuore completamente agitato da quell'affermazione. – Bene – dissi, la voce quasi irriconoscibile. – Perché li avevo messi per te.

Mi continuò a guardare, senza dire niente per molto tempo. Nei suoi occhi vidi passare tante emozioni, così tante e così velocemente che non riuscii a identificarne nemmeno una. Strinse la mascella, girò il viso verso la porta e prese un respiro profondo. Disse qualcosa a voce così bassa che non riuscii a sentire e se ne andò.

***

Capii dopo poche ore che sarei tornata a casa da sola. Callie e mio fratello erano spariti da qualche parte da almeno un'ora. Eppure, eravamo arrivate con la macchina di Callie, quindi sarei dovuta andare tornare a casa a piedi.

Ryan stava ancora parlando con Louisa ed altri amici. Non mi aveva più guardata da quando avevamo parlato in camera sua. Si portò la birra alle labbra ed il mio cuore fece un sussulto. Assurdo come ai miei occhi tutto di lui, anche vederlo bere una semplice birra, fosse affascinante.

Ridacchiò e poi Louisa gli passò un braccio attorno ai fianchi, abbracciandolo. Senza dare troppo peso al gesto, come se fosse abituato, posò il suo braccio sulle spalle di lei, per poi baciarle i capelli. Continuò a guardare un suo amico parlare freneticamente.

Mi chiesi se mi sarei mai abituata a vederlo in quel modo insieme ad altre ragazze. Almeno Louisa era solo una sua amica... Prima o poi si sarebbe fidanzato.

Scossi la testa e feci per andarmene, pensando ad una soluzione. Perché da quando mi ero trasferita qua il mio sentimento per lui sembrava essere cresciuto e così anche la gelosia e la mia voglia di averlo sempre di più nella mia vita e di toccarlo.

L'unico modo era conoscere una persona. Un po' come avevo fatto con Aiden, anni prima.

Afferrai il mio cappotto.

Michael si mise tra me e la porta, facendomi fermare di scatto.

Lo guardai con occhi grandi e sgranati.

– Ho visto Callie andarsene – se ne uscì lui.

– Come andarsene?! – chiesi io, allarmata. – Con chi? Io pensavo stesse con mio fratello!

Rise. – Se n'è andata con un altro ragazzo. Tuo fratello era incazzato nero. Stanno insieme? – mi chiese.

– In realtà, no – borbottai. – Ma pensavo fosse solo questione di tempo! Chi cavolo è questo nuovo ragazzo?

Scrollò le spalle. – Non lo so, non l'avevo mai visto. Aveva i capelli rossi.

Sorrisi maliziosamente. – Oh.

– Lo conosci?

– Direi proprio di sì – risi io. – Senti, ti andrebbe di accompagnarmi a casa? Non abito molto lontano da qua.

– Certo, non c'è problema – disse lui, gentile, afferrando le chiavi.

Ridacchiai. – Porterai anche la Jeep? – chiesi io.

Nei suoi occhi notai subito un bagliore divertito. – Conosci il piano, nessuno rimane indietro! – esclamò lui, citando Stiles.

Risi di gusto ed uscimmo.

Quando Michael mi lasciò davanti alla palazzina, dopo avergli lasciato il mio numero ed averlo ringraziato, scesi dalla Jeep. Quando vidi la porta di casa mia socchiusa, trattenni un brivido. Potei sentire subito delle voci provenire dall'interno.

– Dov'è? – chiese una voce femminile.

– Vi ho già detto che non lo so – ringhiò Callie. – Il figlio è il vostro, mica il mio!

– Non ti dispiace se controlliamo allora – disse una voce maschile.

Callie rise senza alcuna gioia.

Entrai. – Calliope? – la chiamai io.

Un signore dai capelli brizzolati e gli occhi più chiari che avessi mai visto si girò verso di me, accompagnato da una signora dai capelli rossi e gli occhi verdi.

Alzai le sopracciglia. – Ho interrotto qualcosa? La porta era aperta – dissi io, ma stavo mentendo. Non era difficile capire la situazione: quelli dovevano essere i genitori di Callie, in cerca di Ben.

– In realtà, sì – sputò la signora dal completo piuttosto elegante. – Tu chi sei?

– La coinquilina di Callie – risposi semplicemente io, guardando la ragazza. Era paonazza e continuava a scuotere la testa con le mani tremanti dalla rabbia.

– Credo proprio che dovresti uscire – disse l'uomo.

Ridacchiai. – Con tutto il rispetto, signore... Questa è casa mia e se c'è qualcuno che può prendersi la libertà di cacciare qualcun altro quella sono io... o sua figlia – replicai.

– Oh, davvero? – chiese il signore, facendo un passo verso di me, rabbioso.

Lo guardai con sufficienza. – Davvero.

– Papà, smettila – ringhiò Callie. – Vattene. Ben non c'è qua.

– Voglio controllare. Non mi fido di te – continuò il signore, girandosi verso la figlia. Senza chiedere il permesso, iniziò ad entrare nella camera di Callie, insieme alla moglie.

Mi guardai con Callie. Provai a chiederle mentalmente dove si trovasse Ben e lei puntò per un secondo gli occhi sulla porta della mia camera.

Il padre spalancò la porta del bagno, facendomi trasalire.

Il panico prese il sopravvento quando provò ad aprire la mia porta...

Senza successo.

Continuò ad abbassare la maniglia, furioso.

– Oh–oh – dissi io, col cuore a mille. – Mi sono dimenticata di dirvi che chiudo la porta a chiave quando non sono a casa. Callie ormai ci ha fatto l'abitudine.

Il padre mi guardò, rosso in viso dalla rabbia. – Apri questa porta.

Lo guardai con un'espressione da bambina. – Ma è la mia camera... Credo si chiami privacy. Non pensi anche tu, Callie?

– Direi di sì. Papà, non possiamo mica obbligarla ad aprire la porta della sua camera – lo prese in giro Callie.

– Brutta stronza... – tuonò il signore, correndo da Callie.

Presi e sbattei forte la porta, facendo trasalire chiunque. – Credo sia proprio il caso di andarsene adesso! – urlai per farmi sentire. Afferrai il cellulare. – Oppure ve lo chiederà la polizia.

– Non lo faresti – ringhiò la madre.

Digitai il numero e portai il cellulare all'orecchio. – Sì, buonasera... Ci sono due signori che sono entrati a casa mia–

Il padre afferrò malamente la mano della moglie e spalancò la porta, lasciandoci da sole.

– Hai veramente chiamato? – volle sapere Callie.

Le feci vedere lo schermo. – Per fortuna che hai sempre il silenzioso senza vibrazione – dissi.

I suoi occhi si riempirono di lacrime.

John aprì finalmente la porta e fischiando di appoggiò allo stipite, con un'espressione accattivante. – Però! In questo momento vorrei essere etero per innamorarmi di te, Deitra.

Gli sorrisi falsamente. – John... Credo sia il caso di trovare un'altra soluzione.

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top