Case 6 - Libertà non volute

«Cosa sai su mio padre?» chiese (NM) all'improvviso, guardando con tutta la serietà possibile il medico. A dir la verità non la prese sul serio neanche per un istante.

Dal suo punto di vista non era che una bambina troppo piccola e ingenua per comprendere a pieno la situazione nella quale si trovava. Cresciuta sotto una campana di vetro, servita e riverita come fosse una principessa, non era adatta per la vita a Parigi.
Un'umana da sola non avrebbe avuto molte speranze di rimanere a lungo in città.

Léon si mosse pigramente verso la ragazza, posò una mano guantata sulla t di lei e la mosse dolcemente, accarezzandole i capelli (CC). La stava trattando come una bambina e se ne rendeva conto, ma non ritrasse l'arto, anzi, le arruffò maggiormente le ciocche della povera assistente.
«Non più di quanto necessario, purtroppo. Diciamo pure che so abbastanza.» rispose sorridendo.

«Ma io no.» ribatté con convinzione la giovane umana, scostando le mani del medico e appoggiandosi al bancone marmoreo della cucina.
Alzò la testa con fierezza e guardò l'uomo aspettandosi un qualche tipo di risposta su suo padre, siccome lei sapeva meno di niente.

Il corvino sbuffò sonoramente.
Non aveva voglia di star dietro a lei e alla sua infantile curiosità, non era né suo padre né il suo amante. Non aveva obblighi nei suoi confronti, anzi, era lei che era in debito con lui. Le doveva a lui la vita e il suo sangue, non il contrario, quindi secondo la legge lui non era tenuto a fare niente.
Volle sorvolare, anche perché sul padre della povera ragazzina non sapeva più di tanto.
«Comunque sia, hai parlato con la ragazza vestita di verde?»

(NM) lo guardò perplessa. Inclinò leggermente il capi verso la sua destra e la sua espressione divenne di pura curiosità.
«Sì, Marie è davvero una persona amabile. È tanto gentile e mi ha spiegato un po' di cose, ma mi piacerebbe che fossi tu a parlarne meglio.»

Il corvino deglutì.
Era nervoso e aveva la gola secca e che gli bruciava talmente tanto da sentirla in fiamme. Aveva sete, il problema era per quanto sarebbe riuscito a resistere. Si portò una mano tremante alla gola e deglutì quella poca saliva che aveva, poi cercò di darsi un contegno davanti alla sua assistente con sguardo annoiato.
«Marie è solo la fidanzata di Émile, non dare troppo peso a ciò che dice. Poi, beh, io non ti ho detto nulla che non fosse necessario. Stai tranquilla, se continuerai ad agire come hai sempre fatto non ti accadrà niente.» disse con tranquillità, roteando gli occhi.

Léon sospirò amaramente, con tutt'altro che la piccola (NM) nei pensieri. Lo sguardo, che sembrava osservare le assi scure e simmetriche del pavimento, era in realtà perso nel vuoto. Ci fu silenzio per un momento.
La giovane assistente guardava il medico con curiosità, indecisa se continuare a chiedere o accontentarsi delle informazioni.
Il corvino si stiracchiò, inarcando la schiena e piegando le braccia all'indietro e disse: «Poi sei sotto la mia responsabilità, al massimo i problemi li avrò io.»

«Ma io non voglio recarti problemi.» fece lei unendo le mani sopra il seno e inclinando la schiena in avanti in una posa a dir poco adorabile.
Sembrava una bambina, innocente e tenera nel suo non voler recare problemi agli altri e il medico sentì uno strano calore nel petto a vederla in quello stato, con le gote leggermente arrossate e quell'espressione tanto dolce.

Si chiede come potesse essere così empatica, quella bambina, così tenera e dolce, così preoccupata per lui. Non la capiva, non capiva come faceva ad essere semplicemente così.
Non so sarebbe dovuta preoccupare, tantomeno affezionare a lui. Non doveva, non si conoscevano se non da due giorni.
Si sentì strano, quasi desiderasse del contatto fisico. Al che si avvicinò a lei lentamente, guardandola con quei occhi vuoti e persi che si ritrovava.

Dal canto suo, come poteva (NM) voler mettere nei casini una persona che le aveva salvato la vita? Lui era stato tanto gentile, l'aveva salvata, l'aveva presa con sé nonostante non avesse che qualche soldo e nonostante l'avesse fatto ferire per lei. Le aveva dato una casa, un impiego, non poteva realmente desiderare il male di una persona che s'era mostrata tanto caritatevole con una sconosciuta.

«Oh, ma che carina! Proprio il tipo di ragazza che piace a me, dolce e così innocente. Aah, potrei sposarti per quanto sei tenera!» disse lui, prendendole una guancia tra il pollice e l'indice e tirandola come una vecchia zia.

Non l'avesse mai fatto.

La pelle della giovane donna era morbida e calda, così liscia da sembrare seta. Nonostante avesse i guanti, la sentì perfettamente sotto i polpastrelli e immaginò per un momento di averla tra i denti, immaginò un suo ipotetico sapore dolce e il suo sangue dissetante.
Per un momento, per un singolo momento della sua vita, desiderò di averla tra le labbra e di poterla assaporare in tutta la sua essenza.

Non appena la ragazza scostò la sua mano, Léon la portò al collo. Gli sembrò di morire dalla sete, la bocca era arida e sentiva la gola in fiamme. Aveva bisogno di bere, altrimenti credeva sarebbe morto.
Fece qualche passo indietro e, ansimando, si resse al bancone in marmo. Non avrebbe resistito a lungo e, sotto lo sguardo preoccupato dell'assistente, se ne andò.

«Ora scusami, devo fare una cosa.» disse velocemente, voltandosi e correndo verso la scala a chiocciola, rischiando di inciampare sui gradini in legno.

Stupido lui che si era dimenticato, stupido lui che era stato troppo preoccupato di fare il lavoro al posto di Émile per occuparsi di se stesso. Si era così concentrato su quella maledetta indagine che si era dimenticato di sé.
Arrivò a fatica al piano superiore, tenendosi per la ringhiera del colore del carbone per reggersi in piedi. Non riusciva a respirare e, disperatamente, si trascinò sulle assi del pavimento appoggiandosi al muro.

Superò due porte, poi entrò nella terza. Era si lui studio e lui fece uno sforzo, abbandonando lo stipite della porta e facendo uno scatto verso la sua scrivania, ove erano appoggiati diversi libri di medicina, una penna stilografica, un calamaio e delle vecchie foto.
Si accovacciò a terra, rovistando nei cassetti tra diverse cianfrusaglie per un oggetto ben preciso.
«Andiamo, dove l'ho messa?» bisbigliò tra sé e sé, non trovandolo.

La gola bruciava tre volte di più, sentiva come se stesse per vomitare persino l'anima -ammesso che l'avesse- e aveva le vergini. Si chiese come riuscisse a essere rimasto in piedi per tutto quel tempo. Il secondo cassetto, me frattempo, era andato e di ciò che stava cercando non c'era traccia così come nel primo. C'erano solo penne rotte che non aveva mai buttato, cartucce vuote, fogli vari e scarabocchiati nei momenti di noia.
Scemo lui, che aveva creduto di resistere, scemo lui che non aveva capito che non ne era in grado.

«Léon, ti senti poco bene?» disse una voce femminile. (NM) era sull'uscio che timidamente e con sguardo preoccupato lo stava guardando.
Lui, che era già pallido di suo, sbiancò. Tutti, avrebbe preferito fossero arrivati tutti, ma non lei. Non doveva, doveva andarsene velocemente prima che accadesse l'inevitabile. Non voleva che le succedesse niente.
«Hai bisogno che ti prenda qualcosa?»

«Sì, prendi dell'acqua. I bicchieri sono nella credenza sul lavandino.» le ordinò, approfittando della sua assistente. L'avrebbe allontanata nel tempo necessario per prendere ciò che gli serviva ed era sicuro fosse nel terzo cassetto.

Lo aprì e ci rovistò dentro.
Taccuini, appunti di medicina, un'altra penna rotta, carta da gettare via, una vecchia foto ormai sfocata, un bigliettino tipo post-it su cui c'era l'indirizzo di Émile e altre cose che non gli servivano affatto, ma quello che cercava non c'era.
Ormai il medico non respirava più correttamente da un bel po', stava andando in iperventilazione e si sentiva morire dalla sete. Stava per aprire il quarto cassetto quando lei tornò.

«Léon-»
Non riuscì neanche a finire la frase che il bicchiere colmo d'acqua che aveva in mano si infranse al suolo.
Il medico aveva fatto uno scatto repentino non appena era abbastanza vicina, scostando la stoffa della camicetta della giovane donna e conficcandole o canini nella carne.

Una goccia di sangue le bagnò la pelle mentre il vampiro la spingeva contro il muro vicino alla porta. Poco importava se la piccola assistente aveva un'espressione di dolore sul volto, lui si era sentito morire per la sete e lei non doveva trovarsi in quella stanza. Non avrebbe voluto, non voleva fare del male a nessuno, eppure successe. La carne che voleva così tanto tenere fra i denti, il sangue che voleva assaggiare era lì, per lui, e finalmente lo aveva.

•••

«Hai visto?» chiese Marie al fidanzato entrando nel suo ufficio appena ebbe finito il suo lavoro.
Guardò seriamente Émile che stava a testa china sulle scartoffie e che non la degnava della benché minima attenzione.

Il moro non aveva neanche notato la mora che entrava nella stanza e non si era accorto che era davanti a lui a braccia incrociate al petto. In realtà, preferiva non notarla sapendo che si sarebbe messa a fare la sorella gelosa, non aveva bisogno di ascoltare.
Lei aspettò trenta secondi, poi sbatté rudemente una mano coperta dai guanti di coccodrillo sulla scrivania, facendolo sobbalzare.

«Mh? Di cosa parli?»

«Di Léon. S'è preso un'umana, quel ciarlatano, e a quanto pare la piccolina è totalmente caduta dalle nuvole. Non le ha spiegato niente, se non ciò che più gli fa comodo.» si lamentò con il poveretto, rendendo palese la sua forte empatia.
Il problema principale di Marie Antoine -a detta di Émile- era la sua smisurata empatia verso le persone innocenti e che sembravano indifese. Probabilmente, se non fosse stata una nobile d'alto rango, sarebbe stata lei a intraprendere una carriera nelle forze dell'ordine.

«Conoscendolo, è palese che la stia usando per i suoi scopi. Non le farà del male, ma farà di tutto e di più. Non preoccuparti, tesoro, che se succede qualcosa interverrò io.» rispose l'albino roteando le pupille color dell'ametista e mettendo in ordine i fogli. Lui aveva detto così, ma lei non era tranquilla.

•-•-•-•
So, ehilà~
Dopo decenni un capitolo nuovo. Mi piacerebbe avere la costanza necessaria per finire una storia, davvero, ne ho finita una in tre anni su Wattpad.
Comunque, questo capitolo l'ho scritto in pochissimo tempo e non so come sia venuto, quindi ditemi cosa ne pensate.

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