Case 3 - Enigmi e misteri

Léon era dietro di lei.
Probabilmente si era persa mentre girovagava per le strade della città, fino a incontrare lui. Avrebbe realmente dovuto imparare a non lasciarsi distrarre, ma dopotutto quella era la prima volta che girava in libertà in diciannove anni. Poteva permettersi di girare un po'.
Suo padre non l'aveva mai fatta uscire da sola e neanche con gli amici, era sempre stata chiusa in casa o con lui. Non aveva neanche visto il mare, tutte le sue conoscenze sul mondo erano derivate da fotografie e documentari in televisione.

«So che non hai fatto la spesa, ma non importa. Ho bisogno di te. Hai un taccuino e una penna? Fa nulla, te li darà Émile.» disse velocemente l'uomo, voltandosi e facendole segno di seguirlo.
Lei non ci pensò due volte, dietro di lui di tre passi. Camminava deciso e veloce, talmente tanto che lei temette di perderlo di visita. Le ricordò il padre, che camminava spedito quando erano in giro a guardare le bancarelle.

A lui non erano mai interessate. I ricordi che aveva della fiera in città erano malinconici, soprattutto quando lei e la madre si fermavano a guardare i prodotti d'artigianato e lui restava fermo a pochi passi da loro, sbattendo i piedi a terra per la noia e per la scocciatura. Alla fine, non voleva altro che tornare a casa e sedersi sul divano. Lei aveva sempre provato una certa malinconia in quelle scene, le sembrava sempre di vivere in un mondo totalmente diverso da quello in cui viveva con il padre, il che le ricordava il film di Silent Hill.

Lo vide svoltare in un vicolo stretto e buio, come quelli che si vedevano nei film polizieschi americani, dove il rapinatore era alle strette. Doveva ammettere di avere un po' d'ansia in quel posto, tant'è che era pronta persino a fuggire a gambe levate, o almeno fu così finché il medico non fece un segno di saluto con la mano. Non erano soli e questo placò un po' la sua inquietudine.
Si trattava di un uomo alto, quasi un metro e novanta, dai capelli neri come la pece, accompagnato da due persone a cui non diede attenzione. Guardava severamente il corvino, quasi fosse una specie di contrattempo, una spina nel fianco.

L'estraneo alzò gli occhi grigi al cielo e, dopo aver scambiato due parole con il medico, diede taccuino e penna a (NM). Lei guardò gli oggetti con sospetto, nonostante li avesse usati per anni per prendere appunti alle superiori, ma non sapeva cosa farne esattamente.
«Okay, cosa dovrei fare di preciso?» chiese.

«Scrivi.» disse ovviamente il medico.
Lei si chiese cosa dovesse scrivere, anche perché era piuttosto sicura che quello non fosse il suo diario segreto e neanche un regalo di benvenuto per essere arrivata in una città imprecisata, in un posto imprecisato e in un tempo storico imprecisato. Perché sì, dopo aver scoperto di essere circondata da vampiri si aspettava persino dei viaggi nel tempo.
Vide Léon inginocchiarsi e capì dopo pochi secondi cosa stesse accadendo: c'era un cadavere nel vicolo. Era una donna molto bella, dai lunghi capelli rossi come il fuoco e vestita con un abito grigio scuro macchiato di sangue, e le venne da vomitare non appena vide il busto squarciato della poveretta.
Si chiese come avesse fatto a non notarla prima, anche perché era piuttosto evidente la sua presenza in quello spazio ristretto.

«Il corpo di Eloïse Bugois è stato trovato stamane alle 5.43 da uno spazzacamino. È coricata e ha le mani giunte come se stesse pregando o tenendo un rosario fra le mani. È la terza di questa settimana trovata con il ventre aperto e il fegato rimosso, ma pare che questa volta l'omicida le abbia asportato pure lo stomaco e i reni, il tutto post mortem. Sospettiamo che tenga gli organi interni come trofeo, molti serial killer lo fanno. Prendi ad esempio Ted Bundy, che aveva tenuto nel suo appartamento le teste di dodici tra le sue trenta vittime. Potrebbe anche averli mangiati, come Jeffrey Damher, o magari si comporta come Hannibal Lecter.» disse freddamente, quasi fosse come un coso di routine.

La sconvolgeva come potesse estraniarsi fino a tal punto, guardare una donna mutilata che fino al giorno prima respirava come tutti con tale indifferenza. Era una creatura che respirava come tutti, come sua madre o suo padre, come gli amici di scuola e come i vicini di casa. Si chiese cosa potesse essere capitato al giovane vampiro per avere una reazione del genere, se fosse solo l'abitudine di guardare persone morte a causa delle ore di medicina e delle lezioni di anatomia o se fosse altro.

«Che orrore! Ti ricordo che io studio letteratura francese, non criminologia. Tutto ciò che so è derivato da anni di stagioni di Criminal Minds.» sbottò (NM), guardando nuovamente il corpo malridotto della giovane Eloïse. Si voltò e so coprì la bocca, come per vomitare. Non si vergognava di dire che le faceva senso vedere quella donna riposare serena dopo aver avuto una morte atroce.
La giovane donna sentì la testa girare come una trottola e un qualcosa alla bocca dello stomaco. Le vennero i brividi per quanto senso provava in quel momento, vuoi per il corpo di una donna con il ventre aperto vuoi per l'orribile tanfo che c'era in quel posto.

«Non devi risolvere il caso, devi semplicemente scrivere e farmi da assistente. Dopotutto, tu sei in debito con me, no?» disse il corvino con la sua solita indifferenza. Sembrava completamente assorto nel suo lavoro, al punto che stava ignorando la povera umana.

A lei venne nuovamente in mente il padre, quando c'era qualcosa che non gli andava giù e iniziava a fare il silenzioso, a trattare tutto e tutti con indifferenza.
Tutti i ricordi che aveva su di lui erano cupi, erano tristi e malinconici come se fosse avvolto da un'aura tetra. Le mancava, le mancava stare con lui davanti al camino a guardare qualche schifezza su Sky, sotto la coperta rossa che tanto amavano e a mangiare popcorn, ma allo stesso tempo non si pentiva di essere fuggita, scappata come se fosse evasa di galera.

«Aspetta. Non eri un medico? Perché ti comporti da poliziotto?» chiese improvvisamente lei, con ancora il taccuino in mano. Da quello che le aveva detto durante il viaggio verso il luogo del ritrovamento del cadavere avrebbe dovuto tenerlo sempre a portata di mano. Restituì all'uomo che aveva identificato come Émile solo la penna.
Léon non si mosse, ma continuò a guardare il cadavere in cerca di altri possibili indizi, tant'è che sembrava non avesse neanche lontanamente sentito l'assistente.

«Questo caso è tra i più importanti per la polizia, bisogna seguirlo finché la pista è calda e mi hanno assunto per lavorare. Mi ha dato fastidio non poter aiutare i miei pazienti, ma... non posso non catturare questo maledetto. Mi daranno comunque una barca di soldi.» disse semplicemente. (NM) si fece più curiosa che mai, non capendo cosa ci fosse di strano. Certo, reputava l'omicidio un atto che andava severamente punito, ma non capiva cosa ci fosse di strano nel vedere un vampiro uccidere. Dopotutto, erano creature malvage, o almeno era ciò che le era stato detto. Il medico, però, non era malvagio. Le sembrò così gentile, così amichevole e buono, a offrirle un posto in cui stare. Sapeva che era per via del suo debito, ma le sembrò un gesto così buono.

«Siete vampiri, no? Non dovrebbe essere normale?» chiese.
Era abituata a sentire di vampiri senza cuore, crudeli, che non potevano che nuocere alle persone o alle bestie, ma era anche vero che solo la sera prima le era stato spiegato a grandi linee che ciò che sapeva era praticamente tutto errato.
Léon si alzò e la guardò seriamente, ma non era per nulla arrabbiato, sembrava più che altro pensieroso.

«I vampiri non sono così violenti da decadi e in questi cadaveri non manca neanche una goccia di sangue escluso quello che c'è a terra. É un omicida, come Ted Bundy o H. H. Holmes. La senti, la morte che incombe su di noi?» rispose malinconicamente.
Avrebbe voluto dirgli qualcosa, la nostra (NM), soprattutto che sembrava il cugino scemo di Poe, ma Émile lo chiamò.
Lei rimase lì, a guardarsi intorno senza prestare attenzione ai due uomini che parlavano di ciò che riguardava il caso.

Non era un posto accogliente. I bidoni emanavano il loro odore e il cadavere iniziava a decomporsi e a puzzare, oltretutto era un posto stretto e umido, a malapena ci passavano due persone. Non le piaceva per niente, era abituata al salotto di casa, al stare al caldo davanti al camino con il gatto sulle ginocchia, non si sarebbe mai immaginata di stare in un posto del genere.
Cercò di spostare la propria attenzione su qualcos'altro invece che all'odore sgradevole che aleggiava in quel buco.

Notò un qualcosa di chiaro e luccicante tra i due bidoni della spazzatura, poco lontani dal cadavere. Come una gazza ladra e spinta dalla curiosità, si avvicinò all'oggetto e lo prese in mano.
Era un rosario strappato, rotto, dal quale stavano cadendo delle perle preziose messe sul filo e su cui erano disegnate immagini sacre. La croce era in argento, con incastonati sopra due grandi pietre, uno smeraldo e un rubino, poi erano sparpagliati piccoli zaffiri. Era un oggetto tanto prezioso quanto utile al caso.

«Léon, vieni.» lo chiamò. «Ho trovato questo tra i bidoni, può essere utile?» chiese ingenuamente.
Il corvino si avvicinò e lo prese, facendo cadere altre due perle sul ciottolato, e lo esaminò ben bene. Doveva averlo lasciato qualcuno di importante, sicuramente non un poveraccio. Non si sarebbe mai aspettato di trovare un indizio così importante in un luogo come quello, in un vicolo sudicio e infestato dai ratti.

«Fammi vedere.» disse Émile, strappando letteralmente il rosario dalle mani del medico con poca educazione. «Deve averlo gettato via dopo essersi resto conto che potevamo risalire a lui. Forse è lei la Vergine, che dici? Capelli rossi, di umili origini, i familiari l'hanno descritta come dolce e caritatevole. Potrebbe aver finito di uccidere.» concluse, iniziando a fare le ipotesi più improbabili.

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Ehilà 💕
Ci ho messo l'anima per pubblicare in tempo, quindi apprezzate. Nonostante sia più corto del normale, ma è comunque un capitolo~
Ora, ditemi cosa ne pensate di questo capitolo, che ci tengo, eh! Bye~

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