XXXIII
Consiglio di ascoltare la canzone suggerita dal punto nel testo indicato da una freccia.
Enjoy!
tum.
tum.
tum.
Il cuore che batte in gola.
Il sudore copioso lungo la nuca.
Il respiro che si spezza.
La massa di gente intorno a lei si muoveva a ritmo di una musica che lei non riconobbe. Cercò di farsi strada tra i corpi sudati. Tutto quel casino, tutto l'alcool ingerito, non le permettevano di ritrovare l'orientamento e si sentiva spaesata, con la profonda sensazione nelle viscere che ci fosse qualcosa di tremendamente, irrimediabilmente sbagliato. Qualcosa non andava, e lo poteva sentire con estrema chiarezza, nonostante l'ottundimento alcolico che provava.
Finalmente la folla iniziò a diradarsi, e Isabelle ricominciò a respirare. Voltò la testa da una parte all'altra, per cercare le persone con cui era arrivata in quel locale pieno di gente e di musica assordante.
Vide una chioma rossa che riconobbe immediatamente. Non riusciva a vederlo in volto, ma la sua sola presenza la fece sentire subito meglio.
George avrebbe sicuramente portato via ogni brutta sensazione che stava provando in quel momento. George avrebbe saputo proteggerla, curarla, contenerla. Perché George era riuscito nell'arduo compito di riportarla in vita.
Lo seguì fino al cortile esterno del locale. Ma ciò che vide spaccò in due il suo corpo e la sua anima, in un solo colpo.
Il pavimento crollò sotto i suoi piedi.
Il suo respiro spezzato si interruppe.
Perché, davanti a lei, George stava baciando Angelina.
E lei era appena morta dentro.
11 Agosto 2000
«Amore, sei pronta? Ci stanno aspettando alla Tana!»
«Arrivo subito, finisco di mettere a posto queste pozioni d'amore sullo scaffale e ci sono!»
Isabelle pensò dentro di sé a quanto fosse strano pronunciare quelle parole. Fino all'anno prima, non avrebbe mai pensato di potersi ritrovare immersa nel mondo magico, nelle sue stranezze e nelle sue meraviglie.
Terminò di sistemare i flaconcini nello spazio apposito e poi andò verso il ripiano della cassa, dove appoggiò il grembiule. Quel sabato d'estate era stata una giornata davvero estenuante, anche perché aveva alle spalle tutta la settimana lavorativa in ufficio. Ormai da diversi mesi, infatti, tentava di mantenere un doppio impegno: il lavoro da contabile dal lunedì al venerdì, mentre invece il sabato e alcune volte la domenica mattina la dedicava ad aiutare George e Ron ai Tiri Vispi, visto che l'assenza improvvisa di Percy li aveva destabilizzati. In più, aveva dormito poco e male. Il sogno della notte precedente aveva trafitto il suo cuore in modi che non pensava possibili. Si era svegliata di soprassalto, piangendo e urlando il suo nome. Sentiva l'accaduto fin troppo reale, e ci volle una mezz'ora buona e tutto l'aiuto da parte di George per aiutarla a riprendersi.
Sentì le braccia di lui avvolgerla intorno alla vita. «Cosa stai pensando in quella testolina?» disse ridendo, mentre le posava un lieve bacio sulla guancia. «Ancora quel brutto incubo?»
Si limitò ad annuire, senza aggiungere altro. Non aveva raccontato il contenuto del suo sogno, anche per non farlo preoccupare più di quanto non avesse già fatto. In più, non voleva passare per la fidanzata gelosa e psicopatica. Si fidava di lui ciecamente. Perciò aveva liquidato le sue domande preoccupate rispondendo che non ricordava niente della sera precedente, a parte le terribili sensazioni provate.
«Non devi avere paura di niente, ci sono io a proteggerti!»
Isabelle lo osservò per qualche secondo, perdendosi nei suoi occhi, e si sentì tremendamente in colpa. Quello era solo uno stupido incubo, ma che rappresentava la sua più grande paura: perdere la persona che amava di più al mondo, la persona che era riuscita a curare il suo cuore ormai a brandelli. Ma lui non le avrebbe mai fatto del male. Glielo aveva promesso.
Scrollò le spalle con un sorriso, pensando a quanto George la rendesse felice. E in più, era davvero fiera di lui e dei suoi progressi. Il primo aprile di quell'anno, infatti, era riuscita per la prima volta a vederlo davvero sereno. Avevano passato tutto il giorno nell'appartamento sopra il negozio, sfogliando alcuni vecchi album di foto che Molly aveva tirato fuori per l'occasione. Avevano cucinato, o almeno ci avevano provato, perché George aveva finito per bruciare tutto il sugo di ragù. Ma questo non li aveva preoccupati, anzi avevano riso come matti. La sera l'avevano passata alla Tana, mangiando una serie infinita di portate, tratto distintivo di Molly Weasley. Infine, avevano depositato alcuni fiori sulla tomba di Fred. Lo stesso era avvenuto il 2 di maggio, giornata che avevano passato alla Tana insieme alla sua famiglia e Harry ed Hermione, per poi lasciare sulla lapide una lettera che George aveva scritto per lui.
«Ragazzi, non siete ancora pronti? Dai, andiamo! Sai bene com'è la mamma, George!» esclamò Ron, uscendo dal piccolo ufficio posto nel sottoscala.
George di soppiattò si posizionò dietro a lui. «Ronnino piccino, dai facciamo un po' di wrestling! Penso che ti serva un po' di allenamento, con tutto quello che mangi!» esclamò ridendo George, mentre gli bloccava le braccia e lo spingeva verso terra.
«Dai, Geor- Mi stai facendo male! Ahia! Ma quando crescerai? Isabelle, digli qualcosa! Ti sta bene che si comporti come un bambino?» rispose Ron offeso, mentre cercava di liberarsi della presa del fratello.
Lei rise di gusto. Quelle scene erano la normalità, sia al negozio che alla Tana. Ma questo la rendeva estremamente felice. Il clima di serenità che percepiva in quella famiglia le scaldava il cuore, e le faceva sentire di aver trovato, dopo tanto dolore, finalmente il suo posto nel mondo.
Dopo qualche altro minuto di lotta e battibecchi, si materializzarono insieme alla Tana per celebrare, quell'11 di agosto, il diciannovesimo compleanno di Ginny.
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La ragazza con i capelli rossi soffiò con tutte le sue forze su diciannove candeline poste su una torta enorme di fronte a lei. Sorrideva felice, con le guance imporporate e gli occhi che brillavano.
«Gin, vedo già qualche capello bianco!»
Ron dopo questa battuta infelice ricevette uno scappellotto da Hermione, seduta accanto a lui, e un occhiataccia dalla sorella. «Ronald, meglio un capello bianco, o anche dieci, piuttosto che essere un pozzo senza fondo. Ti vedo ingrassato, sai?» rispose Ginny, mentre il fratello sbuffava. Harry si avvicino a lei e le iniziò ad accarezzare i capelli, mentre la guardava con occhi sognanti.
«Ehi, ehi, andiamoci piano con queste effusioni!» disse George, mentre si avvicinava a loro e si riempiva un bicchiere di succo di zucca. Quella sera, purtroppo, gli alcolici scarseggiavano. I festeggiamenti alla Tana, se organizzati e controllati da sua madre, erano sempre a prova di baldoria. Conosceva bene i suoi figli e partiva sempre prevenuta.
«Georgie! Smettila!» rispose lei ridendo. Era davvero bella quella sera. Il lungo vestito verde con le maniche a sbuffo che indossava esaltava ancora di più i suoi colori e il suo fisico, ottenuto grazie ai continui allenamenti settimanali con le Holyhead Harpies. Presto sarebbe ricominciato il campionato e Ginny era sempre costantemente impegnata. Adorava il mestiere che aveva scelto, e George non poteva che essere fiero di lei. Adesso non la vedeva più come la bambina che aveva cresciuto e protetto insieme a Fred, ma come una donna realizzata e felice.
Isabelle gli si avvicinò, intrecciando la mano con la sua. «Sono sicuro che sei estremamente fiero di lei, amore... è una donna forte e determinata, e in più stasera è davvero stupenda.»
Lui annuì. «Esatto... E sicuro che, ovunque sia, anche Fred è orgoglioso della piccola di casa!»
«George, io invece sono fiera di te. In questi mesi hai fatto dei passi da gigante, e il modo in cui riesci a parlare di lui senza scomporti o scoppiare a piangere... sono davvero felice che tu abbia raggiunto questi risultati».
Lui in un gesto improvviso le prese il viso con entrambe le mani e la avvicinò a sé, lasciando un delicato bacio sulle sue labbra. «Tutto merito tuo... e stanotte penso proprio che potrei essere magnanimo e darti una ricompensa...»
Lei diventò tutta rossa e stava per rispondere, quando spostò di lato lo sguardo. George copiò il suo gesto e vide, da un lato della cucina, due penetranti occhi color cioccolato che li osservavano, con odio e disprezzo. Sul volto, una smorfia indecifrabile.
La presenza di Angelina, quella sera, era purtroppo inevitabile. Era sempre stata amica di Ginny, ma da quando erano entrate a far parte della stessa squadra di Quidditch, avevano iniziato a passare molto più tempo insieme, e Ginny la considerava una delle sue migliori amiche.
«Ragazzi, noi andiamo a dormire. Si è fatto tardi! Mi raccomando, non combinate niente che io e vostro padre non faremmo!» esclamò Molly, mentre si avvicinava a Sammy. Iniziò a fare delle carezze sulla piccola testa del nipotino in modo amorevole mentre Charlie vigilava con un sorriso sul volto.
«Ce ne andiamo anche noi, buonanotte a tutti. E Ginny, comportatevi bene!» disse Percy, mentre si avviava verso la porta insieme a Joyce.
«Buonanotte, ragazzi!» rispose Ginny. «Ehm... in realtà, mamma... prima stavamo parlando con Hermione e... pensavamo di spostarci per continuare la serata in un locale a Londra...» disse quasi sussurrando, temendo per la reazione della madre.
«Oh, Ginevra! Ma non sarà pericoloso? Un locale pieno di babbani, e voi ragazze sole...»
«Non saranno sole, Molly, andremo anche io e Ron. E poi, chiunque voglia si può aggregare!» rispose Harry.
«Che ne dici, Bel, andiamo anche noi?» chiese George. La ragazza annuì, semplicemente, anche se lpoi buttò un occhiata verso Sammy. Probabilmente non voleva andarsene senza la sua amica del cuore. Lei, come era successo altre mille volte, sembrò leggerle nel pensiero.
«Non preoccuparti, Bel! Io e Charlie torniamo a casa, così mettiamo Alec a letto...»
«Ma non dire sciocchezze, mia cara! Puoi lasciare questo bel fagottino a me, d'altronde sono o non sono il nonno a cui avete dedicato il secondo nome?» disse Arthur con orgoglio.
«Ma sei sicuro, papà? Non vogliamo essere di disturbo, insomma-»
«Charles, stai tranquillo. Sono molto felice di passare del tempo con questo piccolo maghetto» disse, per poi avvicinarsi a Sammy e prendere il bambino in braccio. Iniziò a cullarlo dolcemente, e questo fece sciogliere il cuore di George. Adoravano tutti Alec, o meglio Alexander, ma Arthur aveva proprio un debole per quel bambino di appena tre mesi dai capelli color grano e dagli occhi azzurri.
«Allora è deciso!» esclamò Ginny battendo le mani. «Angie, ovviamente vieni anche tu! Perché non chiami anche Katie e Ali?»
Il volto di Angelina si increspò in un sorriso mentre si alzava. «Ma certo, sono sicura che ci divertiremo un mondo!»
E, con quelle ultime parole, George ebbe un brivido lungo la schiena.
Perché con Angelina, ultimamente, non era andato assolutamente niente per il verso.
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--> Cola
Dopo due ore dentro il locale Isabelle si sentiva veramente ubriaca marcia. La testa le girava in maniera incontrollata e sentiva che aveva probabilmente esagerato.
«Menomale che ci avete chiamato. Il programma di stasera era di stare davanti la tv con un pacco di popcorn... ci avete svoltato la serata!» esclamò Pam, mentre la abbracciava.
«E per fortuna che Mark lavora qua! Altrimenti non saremmo nemmeno riuscite ad entrare, hai visto quanta fila c'era all'ingresso?» rispose Sammy, anche lei visibilmente ubriaca. La maternità e Alec non le avevano ovviamente lasciato più il tempo di dedicarsi alle loro serate alcoliche, e il risultato era ovvio.
Il loro amico di lunga data non solo li fece entrare senza problemi, ma regalò un omaggio per due bevuta gratis ad ognuno di loro, e tre alla festeggiata.
Anche Ginny, infatti, era palesemente su di giri. Isabelle la osservò ridendo, mentre ballava scatenatissima su un cubo posto in mezzo alla pista, mentre Harry cercava di farla scendere senza successo.
«Mi sa che dovrò intervenire io, Harry è troppo ubriaco e troppo innamorato per imporsi con quella pazza di mia sorella» disse Charlie, di ritorno dal bar. Lasciò un bacio sui capelli di Sammy che disse solo: «Non farla arrabbiare!» disse ridendo.
Mentre Charlie si caricava Ginny sulle spalle, la quale cercava di protestare battendo i pugni sulla schiena del fratello, sentì due forti mani che si posavano sulle sue spalle. Si girò, incontrando i bellissimi occhi nocciola del suo fidanzato.
«Ti diverti, amore?»
«Sì, moltissimo, anche se sono ubriaca fradicia. Vedo tutto sfuocato!» esclamò ridendo.
«Beh, potrei approfittarne dopo...» rispose lui, circondandole la vita con le braccia e avvicinandola a sé per baciarla. Un bacio che, Isabelle pensò, fosse tutto tranne che casto.
«Weasley, tienitelo nei pantaloni! Ed evitate di farmi un nipotino!»
La voce possente di Lee li interruppe, facendoli staccare con i volti rossissimi. Per loro non era facile contenersi, erano come due calamite. Sempre attratti, con la voglia di assaporarsi in ogni luogo possibile, in ogni momento possibile.
«Mi dispiace interrompere questa scena d'amore, ma adesso Isabelle viene a ballare con noi in mezzo alla pista!» esclamò Sammy. La prese per mano e la trascinò con lei, iniziando a saltellare eccitata.
Isabelle si lasciò inebriare dalla musica, dall'alcool, dalle amiche. Si lasciò trasportare in una dimensione fatta di suoni ovattati, luci stroboscopiche e colori sgargianti. Le sembrò di stare a mezzo metro da terra, perché si sentiva, finalmente e completamente, felice. E niente e nessuno avrebbe potuto rovinarle quel momento. Nemmeno uno stupido incubo.
Fu messa però subito alla prova dalla presenza di quella gatta morta con le treccine, che ballava a pochi centimetri da loro, insieme a Katie e Alicia. Si strusciava a loro come la poco di buono che era, lanciando quelle che ad Isabelle sembrarono occhiate di sfida.
Dovette resistere all'impulso di andarle a spaccare quel naso perfetto che si ritrovava. La odiava, e in quel momento, in preda ai fumi dell'alcool, ancora di più.
Fortunatamente aveva smesso di provarci in modo palese con George, ma si accorgeva senza alcuna difficoltà degli sguardi languidi che gli lanciava, del modo odioso in cui rideva quando lui faceva uno scherzo o una battuta, nelle poche, per fortuna, occasioni in cui si erano dovuti ritrovare tutti insieme alla Tana. Pensò, infatti, che il contenuto del suo sogno non fosse del tutto così scollegato dalla realtà. Era lecito avere paura, se qualcuno cercava in ogni modo di rubarti il fidanzato.
Vide con la coda dell'occhio un gruppo di ragazzi avvicinarsi alle tre amiche. Iniziarono a parlare e ridere, e dopo qualche minuto uno di loro prese per mano Angelina e la portò via dalla pista.
Isabelle sospirò, sollevata. Non avrebbe più dovuto preoccuparsi della sua presenza, almeno per quella sera. Girò lo testa verso George al bar per invitarlo a ballare con lei in pista, ma ciò che vide le fece raggelare il sangue.
La sensazione della notte precedente, di quell'incubo terribile, si fece di nuovo strada dentro di lei. La paura che attanaglia lo stomaco, il cuore che batte fuori dal petto. Il respiro che si ferma.
Perché George aveva cambiato espressione. Il suo sguardo era spaesato, continuava a spostarsi dalla pista al punto in cui aveva visto sparire Angelina e il misterioso ragazzo babbano.
Che sta succedendo?
Il sudore scorre lungo la schiena. Le mani iniziano a tremare.
Non pensare subito male, cerca di stare tranquilla. Ci sarà sicuramente una spiegazione razionale a tutto questo.
Ma non riusciva a trovarla. Perché, anche se da lontano e al buio, conosceva ogni millimetro del volto di George. Ogni sua espressione, ogni suo sguardo.
E quello sguardo le sembrava lo stesso con cui aveva guardato lei, quella sera a Firenze. Quella sera in cui aveva baciato un altro. Cercò di pensare, in quei pochi secondi, che fosse uno scherzo della sua mente. Che fosse il frutto della sua gelosia, della sua paura di perderlo.
Ma ebbe la conferma che così non fosse quando lo vide iniziare a camminare, seguito a ruota da Lee, verso la parte posteriore del locale.
Sta seguendo lei. Sta davvero seguendo lei.
Le sue gambe tremanti iniziarono a muoversi ancora prima che lei le comandasse. Non disse niente a Sammy, semplicemente si fece trasportare, ignara di ciò che avrebbe visto.
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Era stato più forte di lui.
Era sicuramente colpa dell'alcool. Ma sentiva dentro di sé il bisogno di seguirli. Sentiva il bisogno di accertarsi che andasse tutto bene, che lei stesse bene.
Voglio dire, è pur sempre una mia amica. E anche Freddie vorrebbe che la controllassi, per non farle combinare qualche guaio. Giusto?
Continuava a ripetersi queste parole nella mente, mentre si faceva largo tra la folla per cercare di raggiungerli. Una volta fuori, si guardò intorno spaesato, cercando di rintracciarli.
«George, ma che cazzo stai facendo? Torna subito dentro!»
La voce di Lee gli arrivò ovattata, concentrato com'era a guardarsi intorno.
E poi, eccoli.
La risata della ragazza arrivò invece limpida al suo orecchio, come se tutta la sua attenzione fosse focalizzata solo ed esclusivamente su quel particolare. Angelina era appoggiata al muro, con le braccia intorno al collo dello sconosciuto. Rideva felice, mentre gli sussurrava parole all'orecchio destro.
«Angie, tutto bene? Questo tizio ti sta importunando?»
Una vocina dentro la sua testa gli stava dicendo che stava facendo una cazzata, che era tutto sbagliato, che non gli sarebbe dovuto fregare niente di lei e di ciò che faceva nella sua vita privata.
Ma non era riuscito a farne a meno. Così come non era riuscito a fare a meno, ormai quasi un anno prima, di quel commento piccato alla notizia di Angelina con Oliver Wood. Anche in quel caso non era riuscito a comprendere il motivo delle sue azioni, ma presto se ne era dimenticato, dando la colpa al Whisky incendiario bevuto. Così come stava facendo anche quella sera.
L'espressione sul volto di Angelina cambiò, da sorridente a estremamente seria. Poi, un nuovo piccolo sorriso malizioso comparve ai lati della sua bocca.
«Sì Georgie, tutto bene. E tu, invece? Che succede? Mi sembri preoccupato...»
Lui deglutì, non riuscendo a capire il turbinio di emozioni che stava provando dentro di sé. Rabbia? Fastidio? Gelosia? Non riusciva a dare un nome, una definizione.
«Che cosa sta succedendo?»
Il tono di voce delicato di Isabelle lo riportò alla realtà, facendolo uscire dalla bolla ovattata in cui si trovava. Si voltò e, osservando i suoi occhi lucidi pieni di dolore, si rese conto di aver fatto una grandissima stronzata.
Sei un coglione. Ma che cazzo hai combinato?
Cercò di avvicinarsi a lei per accarezzarle il viso, come era solito fare, ma lei si scansò, guardandolo con un'espressione triste e addolorata.
Tentò di parlare, di spiegarsi, ma sapeva che era completamente inutile. Sapeva che lei aveva compreso già tutto. Era troppo intelligente, e lo conosceva fin troppo bene.
«Bel, io-»
Lei alzò la mano destra posizionandola di fronte al suo volto per bloccarlo dal parlare ancora, dal peggiorare ulteriormente le cose. Lo guardò poi con occhi freddi e glaciali, prima di voltarsi e rientrare dentro.
Dopo qualche secondo di esitazione, e dopo aver buttato di nuovo lo sguardo su Angelina e poi su Lee, che stava scuotendo la testa, la seguì dentro il locale.
Doveva trovarla. Doveva spiegarle a tutti i costi cosa era successo, sebbene lui stesso facesse fatica a comprendere i suoi gesti. Ma ci avrebbe provato, avrebbe risolto ogni cosa tra loro. Sarebbe tornato tutto apposto. Avrebbero risolto quello stupido malinteso, e sarebbero ritornati quelli di prima. I George e Isabelle di sempre.
Ma lei era sparita, senza lasciare traccia.
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Buonasera a tutti! Eccoci qua con un nuovo capitolo.
Mi state odiando? Probabilmente sì. E mi dispiace davvero molto, ma abbiate fede! Tutto accade per una ragione.
Fatemi sapere se vi è piaciuto il capitolo, lasciandomi qualche commentino qua (anche voi lettori silenti, dai palesatevi! Fatemi sapere cosa ne pensate!)
E grazie, ancora una volta ad effywriter. So che sembra ormai una tradizione, ma la qui presente autrice e amica mi è stata seriamente vicino in tantissimi momenti di incertezza e blocco e io non posso che ringraziarla, ancora una volta, di cuore!
Alla prossima, baci a tutti ❤
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