XXVIII

Ma chi me lo ha fatto fare.

La mente di Isabelle era piena di pensieri. Questo, tra gli altri, predominava.

Forse sono ancora in tempo per dirgli di no.

Scosse la testa. No, adesso non era proprio il momento di fare la codarda. George teneva molto a presentarla alla sua famiglia, e non voleva certo deluderlo. Il sorriso che le aveva rivolto quando aveva accettato la sua proposta le bastava per dissipare ogni dubbio, ogni incertezza.

Quel sorriso così spontaneo, così dolce.

Il suo sorriso. Quello che in un secondo le spazzava via ogni malessere, ogni dolore. Quello con le fossette. Quello di cui si era innamorata perdutamente.

Sorrise, mentre si trovava di fronte allo specchio in bagno. Prese qualche secondo per osservare il leggero trucco che Pam si era proposta di farle prima di uscire per andare a lavoro. Poteva ritenersi soddisfatta del risultato ma, nonostante questo, dentro di sé sentiva crescere una profonda inquietudine.

Non sapeva davvero cosa aspettarsi, e aveva una paura incredibile di deludere George. Di deludere la sua famiglia. Cosa avrebbero detto, cosa avrebbero pensato di lei? In fondo, per loro, sarebbe stata solo una stupida, insulsa babbana, Una persona senza magia. E aveva paura che ai loro occhi sarebbe apparsa troppo normale. In fondo, cosa la rendeva speciale?

Il suono del campanello la riscosse dai suoi pensieri. Si avviò alla porta e aprendola, il suo cuore si scaldò. Quegli inconfondibili occhi color nocciola la stavano guardando in un modo che le faceva tremare le ginocchia. Le guardavano dentro, le scrutavano l'anima tutte le volte che si posavano su ogni centimetro del suo corpo.

«Sei bellissima, amore» disse lui, avvicinandosi per posarle un lieve bacio sulle labbra.

«Stai attento George, Pam potrebbe ucciderti se mi rovini il trucco. Mi ha detto di avvisarti!» esclamò lei ridendo.

Lui in tutta risposta si limitò ad alzare gli occhi al cielo e ad entrare nell'appartamento. «Sei pronta? Ci stanno aspettando».

Isabelle deglutì rumorosamente. Il momento era finalmente arrivato. Si rese conto di essere entrata in apnea quando George la guardò con occhi preoccupati e ansiosi.

«Che succede, Bel?»

Lei scosse la testa con forza. «Niente, niente. Tranquillo Georgie, va tutto alla grande».

Cercò di riprendere a respirare regolarmente e si sforzò di fare uno dei suoi sorrisi più sinceri. Uno di quelli che, a detta di George, gli rendevano la giornata migliore.

«Bene. Allora, adesso arriva la parte un po' difficile. Il mezzo di trasporto...»

Lei lo guardò con uno sguardo interrogativo. Si era chiesta diverse volte come avrebbero raggiunto la casa di famiglia di George, ma non era mai riuscita a darsi una risposta. Il mondo magico e i suoi segreti erano ancora un mistero per lei.

Isabelle vide che il rosso di fronte a lei stava frugando nelle tasche dei pantaloni. Dopo qualche secondo, con uno sguardo concentrato, tirò fuori la sua bacchetta.

«Isabelle, oggi ti smaterializzerai insieme a me. Detto sinceramente, non è il mezzo di trasporto più legale e sicuro che ci sia... ma è quello che uso più spesso».

Lei rise. «George, non avevo dubbi. Quando mai hai fatto qualcosa di legale?» disse ripensando a tutte le storie che lui le aveva raccontato sulle marachelle fatte con suo fratello, a scuola e fuori. Gli scompigliò i capelli e lui fece una smorfia.

«Simpatica. Il fatto è che non ho mai preso la licenza quindi... in teoria non potrei farlo. Comunque, adesso cerca di concentrarti. Quello che ti spiegherò adesso lo devi imprimere bene nella tua mente. Altrimenti i risultati potrebbero essere... pericolosi» le rispose, guardandola dritto negli occhi. «Ci sono tre elementi fondamentali da ricordare per una smaterializzazione di successo. Questi sono Destinazione, Determinazione, Decisione.»

«Parli proprio come un libro stampato!» esclamò, non potendo fare a meno di ridacchiare sotto i baffi.

Lui le diede una piccola spinta scherzosa. «Non prendermi in giro. In realtà per spiegarti tutte queste cose sono andato davvero a leggermi un libro... cioè, sono andato a riprendere uno di quelli che a scuola non ho mai aperto... Voglio che sia tutto perfetto, e non posso permettere che tu ti faccia male».

Lei sorrise. Si ritrovò a pensare a quanto fosse bello quando si preoccupava per lei.

«Ad ogni modo. La prima: Destinazione. Adesso ti farò vedere una foto...» esclamò, prendendo dalla tasca dei pantaloni una piccola fotografia. Isabelle la avvicinò al volto e vide una struttura davvero molto strana. Sembrava essere a più piani e si estendeva verso il cielo per molti metri di altezza, anche se non avrebbe saputo dire di preciso quanti. Si accorse che pendeva da un lato e sembrava sul punto di cadere da un momento all'altro. Il fumo usciva da tre o quattro comignoli posti sulla cima della struttura. Nella foto, essendo animata, Isabelle vide nel cortile anteriore due figure muoversi. Riconobbe Charlie che salutava con la mano e una ragazza dai fieri capelli rossi che non conosceva. Alzò lo sguardo sorpresa verso George, e pensò che tutta questa faccenda della magia fosse una figata assurda.

«Questa è la Tana, la mia casa. Devi imprimere questa foto nella tua mente, e pensarci per tutto il tempo, fino a che non arriviamo. Ok?»

Lei si limitò ad annuire con decisione.

«La seconda, Determinazione e infine la terza, Decisione. Voglio che pensi che vuoi davvero raggiungere questo posto, e devi esserne convinta veramente, dentro di te. Altrimenti la magia non funziona, o peggio... potrebbe farti molto male a livello fisico. Hai capito tutto?»

Si sentì completamente spaesata. Nel giro di due minuti le aveva spiegato i principi per smaterializzarsi con la magia, e stava iniziando a sentir girare la testa. Aveva paura di non riuscire a tenere a mente tutto quello che George le aveva detto. Ma era intenzionata a provarci con tutte le sue forze.

«Adesso stringiti forte a me e non lasciare mai la mia presa».

Le si avvicinò e la avvolse in un abbraccio stretto. Questo, però, era diverso dagli altri. Isabelle sentiva che quella vicinanza era carica di preoccupazione, di tensione. Lui le prese delicatamente una mano ma la strinse poi in modo deciso.

«George, ho la sensazione che andrà tutto bene. Stai tranquillo...» disse lei, appoggiando la testa al suo petto, come era solita fare.

Lo sentì ridere. «Dovrei essere io a tranquillizzarti... sei speciale Bel, lo sai?»

Mentre le accarezzava i capelli, continuò a parlare: «Prima che mi dimentichi... la prima volta che ci si smaterializza potrebbe capitare di avere qualche problemino di... stomaco».

Sospirò, senza dire niente. 

Ci manca solo di vomitare di fronte a casa loro.

«Pronta?»

«Oh, aspetta! Mi sto dimenticando una cosa!» esclamò Isabelle, mentre si scioglieva dall'abbraccio. Si avviò verso la camera e ritornò dopo qualche secondo con un piccolo sacchetto di tela bianco in mano. George la guardava con sguardo interrogativo e lei rispose con una semplice alzata di spalle. «Non ti dico niente tanto! È una sorpresa!» disse poi, mentre ritornava a stringersi a lui. Chiuse gli occhi, cercando di concentrarsi di nuovo su quella casa un po' sbilenca ma che, già da una semplice foto, emanava calore, amore e felicità. Quello che lei non aveva mai sperimentato nel corso della sua infanzia.

E poi, senza preavviso, provò la sensazione di essere risucchiata.

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George aveva ragione. Ma non si sarebbe mai potuta immaginare l'orribile sensazione che stava provando.

Si sentiva come se qualcuno le avesse preso lo stomaco e lo avesse rigirato completamente, proprio come un calzino. Isabelle, una volta smaterializzati, si ripiegò in due, lasciando un segno del suo malessere sul terreno. George le tenne amorevolmente i capelli e nel mentre le accarezzava la schiena, per confortarla.

«Mi dispiace tanto Bel, sapevo che sarebbe successo... è capitato a tutti, almeno una volta...»

La aiutò a tirarsi su e le sembrò di sentirsi leggermente meglio dopo essersi liberata.

Iniziarono ad incamminarsi e finalmente Isabelle portò la sua attenzione sulla strana struttura che aveva già intravisto in foto. Adesso, si stagliava immensa davanti a lei. Riconobbe di nuovo i numerosi comignoli che buttavano fuori fumo, la forma strana della casa, che sembrava come formata da una serie fissa di piani e poi dall'aggiunta, espandendosi in alto, di altri piani accatastati. Avvicinandosi ancora di più, Isabelle scorse nel giardino di fronte all'ingresso un cartello di media grandezza con su scritto "La Tana". Vide anche una serie di galline marroni scorrazzare libere e gioiose e, di lato, alcuni oggetti particolari, come alcuni stivali e quelli che riconobbe essere dei calderoni.

Entrando nella casa, la prima cosa che Isabelle sentì fu il buonissimo odore di cibo che aleggiava. Guardandosi intorno, fu colpita dall'ammasso di oggetti e mobili stipati in uno spazio così piccolo come quello dell'ingresso in cui si trovavano. Di fronte a lei vide un grosso camino, con alcuni contenitori di ceramica posti sopra e un grande specchio appeso sulla parete. Sulla destra un lungo divano di colore marrone e due piccole poltrone. Vide che su una di esse erano riposti dei giornali e sull'altra degli attrezzi per fare la maglia. Arrivarono in cucina, una stanza un po' più grande della prima, con un piccolo cucinotto sulla destra e un grande tavolo di legno al centro. La moltitudine di sedie intorno ad esso le fece girare la testa.

In cucina non c'era nessuno, e l'unico rumore che si sentiva era quello di un grosso pentolone che borbottava sul fornello.

«Agitata?» chiese George mentre la scrutava con occhi indagatori.

Lei scosse la testa. Tutto il nervosismo di quella mattina si era dissipato. Quella casa, un po' storta e disordinata, le dava un senso di calore, di affetto. Le trasmetteva un senso di familiarità.

Avvolse le braccia intorno al suo busto e, come d'abitudine ormai, appoggiò la testa al suo petto. Dopo qualche secondo, levò lo sguardo verso di lui, che si avvicinò posandole un languido bacio sulla bocca. Iniziarono a lasciarsi trasportare da quel contatto e presto quei baci diventarono famelici, pieni di desiderio.

«Buongiorno...»

Sorpresi, si staccarono. Voltandosi vero l'origine della voce che li aveva interrotti, Isabelle vide un ragazzo di media statura, dalla carnagione rosea e con un cesto di capelli neri. Due occhi verdi la scrutavano da dietro un paio di occhiali spessi, mentre un sorriso comparve sornione sul suo volto.

George diventò tutto rosso, e iniziò a passare in modo nervoso la mano dietro la nuca. Lei rimase così, profondamente interdetta e imbarazzata.

«Da quanto tempo aspettavi questo momento, Harry?» chiese lui ridendo, mentre la tensione sembrava sciogliersi.

«Da un po', George caro! La vendetta è un piatto che va servito freddo, lo sai...» disse il ragazzo occhialuto, ridendo di gusto.

«George!»

Entrambi volsero lo sguardo verso la porta che dava sul cortile posteriore della casa e Isabelle riconobbe la ragazza con i meravigliosi capelli rossi della foto.

«Sono così contenta che siete finalmente arrivati! Tu devi essere Bel! Piacere, io sono Ginny!» disse sorridendole con occhi luminosi. Isabelle notò il suo portamento fiero, i suoi intensi occhi castani che la stavano scrutando in profondità, oltre alla marea di lentiggini che si estendevano sulle sue guance e il naso e il suo sorriso dolce. Così simile a quello di George.

Ginny le porse una mano e lei la strinse, leggermente titubante. «Il piacere è tutto mio, Ginny.»

«George mi ha parlato tantissimo di te, ma non aveva detto che eri così bella!» rispose la rossa, mentre con una mano dava un piccolo pugno sul braccio del fratello. «Furbacchione!»

Isabelle sentì le guance imporporarsi. Voltò la testa verso George e vide che anche lui era diventato, per la seconda volta in meno di un minuto, completamente rosso in viso.

«Ginny, falla finita!» rispose, quasi balbettando.

Lei fece una risata di cuore e buttò la testa all'indietro. Isabelle si sentì da subito a suo agio con quella ragazza. Era espansiva, sì, ma in un modo piacevole.

«Non farci caso, sono ancora dei bambini. È sempre così qua!» disse Harry, mentre si spostava verso di loro, porgendo la mano ad Isabelle.

Lei rispose alla stretta con un sorriso stampato sul volto. Le stava simpatico, e si rese conto di quanto le sue previsioni sul famoso Prescelto fossero sbagliate. Harry le sembrava, in tutto e per tutto, un ragazzo normalissimo.

«Oh, miei cari! Siete arrivati finalmente!»

Isabelle vide entrare in cucina una donna con grandi occhi color nocciola, capelli biondo cenere e due fossette che le comparvero sul volto, insieme al grande sorriso che le stava rivolgendo. «Che bello conoscerti! Vieni qua, fatti abbracciare!»

Isabelle in un secondo fu avvolta in un contatto che poteva definire quasi stritolante, ma dolce allo stesso tempo.

«Buongiorno Signora Weasley, grazie del suo gentile invito...» rispose lei, mentre si allontanava dalla sua figura. La osservò e ritrovò nei suoi lineamenti la stessa dolcezza che intravedeva sul volto di suo figlio, ogni volta che lo guardava.

«Chiamami Molly, tesoro! Come è andato il viaggio?» chiese, con uno sguardo comprensivo che le scaldò il cuore. Sua madre non le aveva mai rivolto una domanda del genere. Non l'aveva mai guardata in quel modo e questo le mancava.

«Ehm, bene diciamo...»

«Isabelle fa sempre la coraggiosa, ma in realtà ha avuto qualche problemino. Ma insomma, me lo aspettavo. La prima volta è tremenda per tutti» rispose George, comparendo al suo fianco.

«Oh povera cara! Non preoccuparti, non c'è niente che una buona zuppa di zucca non possa risolvere! Forza, a tavola! Altrimenti si fredda!» disse lei mentre, con l'ausilio della sua bacchetta, faceva spostare il grande pentolone posto sopra il fuoco e lo faceva depositare sul grande tavolo e su cui, si rese conto, erano appena apparse una lunga tovaglia, posate e bicchieri. Sgranò gli occhi. Non era ancora abituata al mondo magico e alle sue stranezze.

«Facci l'abitudine, mia cara...» le sussurrò George all'orecchio, provocandole un brivido lungo la schiena.

Charlie comparve nella piccola cucina. Dopo aver salutato tutti, si avvicinò a lei in modo impetuoso.

«Bel, hai avuto modo di parlare con Sammy? Sto provando a contattarla da quando siamo tornati ma non mi risponde mai...» chiese lui, mentre passava, in modo nervoso, le mani tra i folti riccioli rossi.

Lo sguardo di Isabelle si addolcì. Povero, povero Charlie. Si poteva vedere da lontano un miglio la traccia lasciata da un cuore spezzato. Un cuore in frantumi, a causa di una cosa che lui stesso non aveva scelto, che lui stesso non aveva potuto controllare. A causa della sua natura.

«No Charlie, mi dispiace tanto... con tutta la faccenda di Beth sia io che George siamo stati davvero indaffarati e l'ho vista di sfuggita solo stamani nel corridoio, prima che uscisse per tornare a lavoro...»

I suoi occhi, azzurri e profondi, si fecero lucidi, mentre il suo labbro si increspava in una smorfia addolorata. Posando una mano sulla sua spalla, gli disse: «Ma ti prometto che le parlerò appena torno. La inchiodo alla sedia in cucina e cerco di farla ragionare. Credo che Sam abbia solo bisogno di metabolizzare la cosa... non dubitare mai del suo amore per te. Fidati».

A quelle parole il ragazzo sembrò tranquillizzarsi e quell'ombra scura parve dissiparsi dal suo volto. Sistemandosi a tavola, Isabelle prese posto accanto a George, nella sedia gentilmente ceduta da Ginny.

«Ma dove sono tutti?» chiese George.

«Ron starà sicuramente dormendo...» rispose Ginny sbuffando.

«Gin, ma è l'una di domenica mattina!» esclamò Charlie.

«Appunto!»

«RONALD BILIUS WEASLEY, scendi immediatamente! O altrimenti...» tuonò Molly, mentre il suo viso si faceva rosso.

Da sopra si sentì sbattere in modo violento una porta, seguita da passi pesanti e strascicati giù per le scale. Alla fine, sbucò una chioma di capelli rossi, con la faccia assonnata. «Mamma, posso sapere perché urli?»

«Mi chiedi anche perché? Sapevi benissimo chi sarebbe venuto oggi a pranzo» rispose a denti stretti. Isabelle vide il terrore farsi strada negli occhi del ragazzo. «Oh, miseriaccia! George, scusami! Me lo sono completamente scordato...»

Si avvicinò a lei e le strinse in modo vigoroso la mano, presentandosi. «Tu devi essere Isabella» disse mentre si accomodava su una delle sedie.

«Ron! Ma dai, non riesci nemmeno a ricordarti un nome? Si chiama Isabelle, I-S-A-B-E-L-L-E. Devo scrivertelo?» esclamò Ginny.

Lui rispose con una smorfia. «Scusa Isabelle, mi sono appena svegliato... comunque tanto piacere.»

«Mi pare che lui sia così anche di sera...» sussurrò Charlie, trattenendo una risata. «A proposito, dov'è Hermione?»

«Doveva sbrigare alcune pratiche per il lavoro, ci raggiungerà dopo pranzo. Sai come è fatta...» rispose Ron, mentre iniziava a servirsi senza problemi un piatto di zuppa.

«Tutti a tavola! Forza!» disse Molly in tono autoritario. Si affacciò alla porta che dava sulla parte posteriore della casa e a pieni polmoni urlò: «ARTHUR! Lascia stare quei tuoi stupidi oggetti babbani e vieni a mangiare! La zuppa si fredda!»

Dopo poco comparve in casa un uomo molto alto, di corporatura possente e con capelli riccioli, ovviamente il loro colore era inconfondibile. Isabelle, osservandolo, trovò anche in lui una certa somiglianza con i suoi figli, soprattutto con George e Charlie.

«Buongiorno famiglia!» esclamò con un grande sorriso. «E buongiorno signorina Isabelle! È un piacere averti oggi qui con noi!» disse mentre si sedeva a capotavola, proprio accanto a lei.

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«Vediamo se ho capito bene. Si paga, si lascia la propria auto e qualcuno la lava al posto tuo?»

Lei annuì, sorridendo. «Esatto, solo che in questo caso è tutto automatico. Ci sono queste grandissime spazzole che insaponano la macchina, poi viene lavata e asciugata da un potente soffio di aria calda!»

Arthur la guardò con occhi e bocca spalancata. Da quando si era seduto a tavola l'aveva bombardata di domande sul mondo e sugli oggetti babbani, cose che a lei sembravano scontate ma a cui lui aveva reagito come un bambino. Sorrideva, sgranava gli occhi e in un paio di occasioni aveva anche battuto le mani soddisfatto.

«Questi babbani le inventano davvero tutte! Un lavaggio per macchine! Quanto vorrei poterlo vedere dal vivo!»

«Se vuoi una volta posso accompagnarti!» esclamò lei ridendo. Quell'uomo le sembrava davvero dolce e le trasmetteva un senso di calma e di pace. Per lei erano sensazioni nuove. Il rapporto con suo padre, infatti, era praticamente inesistente e anche se non lo dava a vedere, questo le causava molta sofferenza.

Lui annuì, estasiato. «E dimmi, invece per quanto riguarda i microonde... cosa sapresti dirmi? Ne abbiamo uno in ufficio, arrivato proprio ieri e-»

«Andiamo, papà! Sono ore che la tartassi, lasciala respirare!» disse Ginny sbuffando, mentre aiutava sua madre a sparecchiare. Il pranzo era finito e Isabelle stava letteralmente rotolando. George l'aveva avvertita che sua madre cucinava per interi reggimenti ma, dopo la zuppa, non si aspettava una carrellata di secondi e contorni.

L'uomo rimase un attimo senza parole e George ne approfittò per liberarla dalle grinfie di suo padre.

«Andiamo un attimo fuori?»

"Certo."

Avviandosi verso l'esterno, la voce di Molly li raggiunse. «George, ricordati che tra poco arrivano i tuoi fratelli per mangiare il dolce!»

«Dolce? Che dolce, mamma?» esclamò Ron, ancora seduto sulla sedia mentre si stiracchiava.

«Ron, non ti sopporto. Giuro. Sei una fogna!» rispose la sorella, alzando gli occhi al cielo e scatenando le risate di Harry e Charlie.

Isabelle non poté fare a meno di sorridere. Quel pranzo era stato un caos totale, ma era il tipo di caos che per tanto tempo aveva desiderato. La freddezza dei suoi legami familiari, il gelo che scendeva tra di loro ad ogni pranzo e ad ogni cena le faceva sentire, ogni volta, la voglia viscerale di scappare. Ma quel giorno, con la famiglia Weasley, si era sentita, veramente per la prima volta, a casa.

George le prese una mano e intrecciò le dita con le sue. Si incamminarono verso il limitare del giardino e dopo qualche minuto, lui si fermò. Si trovavano di fronte ad una lapide e lei capì, immediatamente.

«Isabelle, all'appello manca il membro più importante di questa pazza, scatenata famiglia. Ti presento mio fratello Fred.»

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Buonasera a tutti! O forse dovrei dire buonanotte ahah!

Scusate per il ritardo. Non mi aspettavo che questo capitolo fosse così difficile da scrivere, per me. Spero di aver fatto un buon lavoro, ma in ogni caso accetto consigli di ogni tipo.

Ci tenevo però, in modo particolare, a ringraziare una persona che ho avuto il piacere di conoscere qui su Wattpad, e che in questo capitolo mi ha sostenuto e incoraggiato, sopratutto nei momenti di blocco.

Grazie infinite effywriter

Spero di riuscire a caricare presto anche la seconda parte di questa prima visita a casa Weasley! 🌟

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