XXV

«Non sono stato del tutto sincero con te, Isabelle. C'è qualcosa che devi sapere sul mio conto... e ho paura che non ti piacerà.»

«Cioè? Cosa vuoi dire?» rispose lei aggrottando le sopracciglia.

Vide George guardarla negli occhi, spaesato. Il suo colorito si era fatto improvvisamente più pallido e le mani tremavano leggermente. Le avvolse nelle sue, cercando in qualche modo di confortarlo.

«George, a meno che tu non abbia saccheggiato una banca o compiuto un omicidio, non c'è niente di cui avere paura. Puoi dirmi tutto, lo sai» disse lei, cercando di incoraggiarlo con un cenno lieve della testa, gli occhi fissi su di lui.

Lo vide deglutire rumorosamente. «Forse è meglio che te lo mostri... a parole probabilmente non mi crederesti, o mi prenderesti per pazzo» disse, prima di alzarsi dal letto spostando il lenzuolo che lo copriva.

Isabelle fu felice di vedere nuovamente davanti a lei il corpo nudo del ragazzo. Si prese qualche secondo per osservarlo, ripensando alla nottata appena passata e sentì il calore ricomparire in mezzo alle gambe. Arrossendo, si sistemò a sedere, con la schiena appoggiata alla testata e cercò di calmarsi.

Vide George avvicinarsi ai loro vestiti sparsi per terra. Prese tra le mani i suoi pantaloni e iniziò a frugare nelle grandi tasche laterali. Lentamente, tirò fuori un oggetto che lei non riuscì a identificare subito. Da quello che poteva vedere, le sembrava un oggetto affusolato, di legno, abbastanza massiccio.

George si voltò piano, guardandola negli occhi. «Ecco... oh, per Merlino. Non so davvero da dove iniziare.»

«Per Merlino? Cos'è, un nuovo modo di imprecare di moda tra i giovani? Lo dice anche Beth?» rispose lei, ridendo. Ma quando vide che sul volto di George non c'era la minima traccia di sorriso, si fece più seria. Rimase in silenzio, aspettando che lui continuasse.

«Vedi, Isabelle... ho alcune... potremmo chiamarle... capacità, sì, direi proprio così. Capacità di cui non ti ho parlato...»

Lei lo osservò con la confusione negli occhi.

Ma di che diavolo sta parlando?

«Ma di che diavolo stai parlando?» chiese dando voce ai suoi pensieri.

George si rimise a sedere sul letto, questa volta però, dal suo lato. Si avvicinò a lei, posandole una mano sulla gamba, mentre con l'altra continuava a reggere lo strano oggetto.

«Isabelle, questa è una... bacchetta. Una bacchetta magica».

Lei rimase in silenzio per qualche secondo, non sapendo bene cosa rispondere. Cos'era, una presa in giro?

«E io sono... un mago» disse in un sospiro. Per lei fu difficile captare l'ultima parola, ma la vicinanza a lui glielo permise.

Sul suo volto dapprima comparve un lieve sorriso, che piano piano si trasformò in una forte risata. La ragazza rise, scossa dai sussulti e tenendosi la pancia con le mani.

«Stai scherzando, vero George? Cos'è, una Candid Camera? Adesso spunteranno Lee e Charlie da dietro la porta e mi prenderete per il culo da qui fino all'anno prossimo?» disse, continuando a ridere senza freni. Le lacrime uscivano senza sosta dai suoi occhi e avvicinò un dito per asciugarle velocemente. «Ragazzi, potete uscire! E scommetto che questa l'hai presa dal tuo negozio di scherzi, probabilmente sarà anche di gomma!» continuò, indicando l'oggetto che il ragazzo teneva tra le mani.

Presto, però, si rese conto che George continuava a non ridere. Anzi, sembrava mortalmente serio.

«Forse è davvero meglio se te lo mostro» disse, prima di alzarsi in piedi e puntare quella che aveva definito bacchetta magica verso il pavimento. Isabelle si rese conto che la stava indirizzando contro alcuni dei suoi oggetti personali, quelli che aveva gettato velocemente a terra la sera prima per farsi spazio.

Vide il volto del ragazzo farsi sempre più concentrato. Con un gesto veloce della mano, fece fare un piccolo movimento all'oggetto e pronunciò due delle parole più strane che avesse mai sentito.

«Wingardium Leviosa».

Improvvisamente, il suo beauty per i trucchi iniziò a sollevarsi da terra. Isabelle pensò inizialmente di stare sognando, ma dopo essersi stropicciata gli occhi lo vide ancora lì, a mezz'aria. George spostava la bacchetta a destra e sinistra e, proprio come per magia, l'oggetto andava dietro ai suoi movimenti.

«Come... come è possibile?» sussurrò lei senza parole.

Facendo atterrare l'oggetto, George si girò verso di lei e notò che era diventata pallida. Ritornò a sedere sul bordo del letto e, poggiando la bacchetta accanto a lui, prese il volto della ragazza tra le mani.

«Isabelle, ti prego... non spaventarti. So che è una cosa nuova e difficile da accettare ma... sono sempre io...» le disse, con la disperazione negli occhi.

«Io... non so cosa... ma è reale? Sto sempre sognando?»

George scosse la testa. «Aspetta, ti faccio vedere qualcos'altro».

Si alzò, andando in giro per la stanza cercando qualcosa. Si avvicinò alla porta del bagno e la aprì, entrando dentro. Ritornò dopo pochi minuti con in mano la boccetta del suo profumo preferito. Era una boccettina di vetro circolare, con il tappo a forma di fiocco di colore rosa.

La ragazza sussultò quando all'improvviso lui la gettò a terra con tutta la forza che aveva.

«Ma sei impazzito? George, era il mio profumo preferito!» disse piagnucolando.

Lui le fece cenno con una mano di aspettare. Agitò di nuovo lievemente la bacchetta e, puntandola verso i frammenti di vetro sparsi sul pavimento, pronunciò un'altra parola che a lei sembrò incomprensibile.

«Reparo».

Le sembrò di sognare. Vide i piccoli pezzetti di vetro riavvicinarsi piano piano. Li vide vorticare uno intorno all'altro, mentre il liquido che in precedenza si trovava all'interno stava allo stesso modo risalendo dal pavimento, dove era colato. L'oggetto si stava ricomponendo. Lentamente riprese la sua forma originaria e ritornò tra le mani di George, che nel frattempo si era fermato a fissarla con un'espressione ansiosa sul volto.

«Adesso ci credi?»

Isabelle deglutì rumorosamente. Non riusciva a dare una spiegazione razionale a ciò che aveva appena osservato.

«Uno zellino per i tuoi pensieri...»

Si girò di scatto verso George, che si era nuovamente seduto accanto a lei. Non si era accorta di essersi imbambolata.

«George, io non so davvero cosa dire... sembra tutto così surreale...»

Lui prese le piccole mani della ragazza tra le sue. Erano calde e lei si sentì subito meglio al contatto.

«Ti prego, Bel... dammi modo di spiegare. Presto tutto sarà più chiaro... o almeno lo spero».

Lei lo guardò negli occhi, annuendo.

«Ne hai di cose da raccontare, Weasley. Ti conviene cominciare a parlare.»

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«Quindi anche Lee è un mago? E anche Charlie?»

George annuì. Si trovavano ancora seduti sul letto. Si erano rivestiti e si erano accoccolati l'uno contro l'altro, mentre lui proseguiva nella sua confessione. Sentiva di essersi tolto un macigno di dosso ed era felice che Isabelle non avesse reagito arrabbiandosi, o peggio, scappando da lui. Lo osservò con i suoi grandi occhioni di colore verde scuro, e lui ci si perse per un secondo dentro.

Non gli sembrava vero di averla finalmente fatta sua. Si sentiva scoppiare il cuore di gioia, come non accadeva da tanto tempo. Isabelle lo rendeva felice.

«Sammy non sa ancora niente?» chiese lei.

«A quanto so, Charlie non ha ancora trovato il coraggio di parlarle. Non so quando lo farà...»

«Aspetta un secondo... quindi che tipo di lavoro fa in Romania? Ci ha detto che si occupa di specie esotiche ma-»

«Draghi. Charlie si occupa di draghi. Sono sempre stati la sua passione, fin da piccolo, e in Romania ha la possibilità di occuparsi di loro».

Isabelle assunse un espressione sconvolta, con la bocca leggermente aperta.

«Non posso crederci... mi sembra ancora di sognare. Draghi! Ho sempre pensato che esistessero solo nelle fiabe!» esclamò ridendo.

«Bel, sei sicura che va tutto bene? Non so, mi sarei aspettato una reazione leggermente più... esplosiva» chiese lui preoccupato. La strinse ancora più a sé e le diede un lieve bacio sulla fronte.

Lei si allontanò di qualche centimetro da lui e lo osservò negli occhi. «George, è sicuramente tanto da digerire ma... cosa dovrei fare? Non ho intenzione di allontanarmi di nuovo da te, non ora che ci siamo ritrovati...» disse stringendo le braccia intorno alla vita del ragazzo e accostandosi al suo petto.

«Hai ragione, non voglio pensarci nemmeno io... non adesso che finalmente siamo insieme.»

«Quindi anche tutta la tua famiglia ha le stesse capacità?» chiese lei dopo qualche minuto di silenzio.

«Sì, la mia famiglia è quella che alcuni definirebbero di maghi purosangue. Alle mie spalle si sono susseguite sempre e solo generazioni di maghi. Nessun babbano nel nostro albero genealogico. Voglio dire, non sarebbe certo stato un problema, non ci è mai importato di certe stupide questioni di sangue e supremazia... anzi, il contrario.»

«Babbani?»

«Sì, chiamiamo così le persone che non hanno alcun briciolo di magia nelle loro vene e che non conoscono l'esistenza del mondo magico. Proprio come te... fino ad ora» rispose ridendo.

«Non mi piace, sembra offensivo! Sembra... un nome senza qualità, piatto...»

«Non preoccuparti, non ti chiamerei mai così. Per me sei solo e soltanto Bel. Con o senza magia» disse iniziando a farle il solletico sotto le braccia. Lei iniziò a ridere forte e cercò di scappare da lui, scendendo dal letto e rifugiandosi in bagno.

Lui la raggiunse e la bloccò prima che potesse di nuovo uscire dalla porta. La spinse lievemente contro il muro e posò le mani ai lati del suo volto. Nonostante Isabelle fosse parecchio alta, torreggiava su di lei con il suo metro e novanta.

Lei sentì il suo respiro caldo posarsi sul viso e i brividi iniziarono a scorrere senza freni su tutto il suo corpo. In un gesto audace posò le mani sui suoi fianchi e iniziò ad accarezzarlo, per poi spostarsi sul davanti. Sollevò la camicia e toccò la sua pancia, seguendo la linea degli addominali lievemente scolpiti e scendendo sempre più giù.

«Signor Weasley, perché non mi fa vedere qualche altro trucchetto di magia? Sa, sono una bambina molto curiosa...» gli disse lei, con lo sguardo malizioso e mordendosi il labbro.

«Molto volentieri, signorina Banks. Che ne dice, gradirebbe qualche giochetto con l'acqua?» rispose lui, indicando con un cenno del capo la doccia del piccolo bagno.

Lei rise, buttando indietro la testa e poi annuì. Iniziando a baciarsi in modo passionale, si liberarono dei loro vestiti in meno di un minuto e si lasciarono andare, ancora una volta, al loro amore appena sbocciato.

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Dopo all'incirca un ora, Isabelle era seduta alla scrivania mentre era impegnata ad asciugarsi i capelli con il phon da viaggio. George stava seduto sul letto con le gambe piegate mentre rigirava tra le sue mani la bacchetta e ogni tanto si divertiva a far uscire delle piccole scintille rosse dalla punta. Un gesto che la stava facendo davvero sorridere.

Le sembrava tutto così surreale. Ancora stentava a credere all'esistenza della magia. Non poteva credere che il ragazzo di cui si era perdutamente innamorata fosse un mago. Ma ciò che lui le aveva mostrato andava contro ogni ragionevole dubbio. E lei, nonostante provasse un po' di paura, era allo stesso tempo elettrizzata da questa nuova scoperta.

Una volta spento il phon, entrambi sentirono bussare alla porta della camera. Prima che lei potesse anche solo alzarsi, George era già balzato in piedi e, dopo aver riposto nuovamente la bacchetta nella tasca dei suoi pantaloni, aveva aperto. Di fronte all'entrata, Pam e Sammy li stavano osservando con gli occhi spalancati.

«Allora? Sei pronta Bel? Tra due ore dobbiamo essere in stazione per prendere il treno» disse Sammy, mentre entrava nella stanza e si guardava intorno. Aveva due grandi occhiaie e un'espressione tirata sul volto. La guardò in cagnesco quando vide tutte le sue cose ancora sparse per tutta la camera e anche per terra. «E tu? Che diamine ci fai qua? Hai preparato i bagagli?» chiese in modo nervoso guardando di traverso anche George, che assunse un'espressione colpevole.

«Non preoccuparti, Sam, faccio presto. Mi metto subito a sistemare e in men che non si dica sarò pronta per partire» le rispose lei mentre iniziava a raccogliere i suoi vestiti da terra. La sua amica le sembrava arrabbiata, forse anche sconvolta. Si chiese il perché, ma arrivò alla conclusione che probabilmente il suo umore aveva a che fare con Charlie e non voleva ulteriormente aumentare il carico. Sammy non si arrabbiava mai, ma quando faceva così era meglio starle lontana, aspettare che le passasse.

Nel frattempo, Pam stava in completo silenzio, osservando la scena. Il suo sguardo si posò prima su George, poi su di lei, poi di nuovo sul ragazzo e infine ritornò al centro della stanza, mentre i suoi occhi si illuminavano e la sua bocca si apriva.

«Non posso crederci... non è possibile!» disse mentre ritornava a guardare il rosso accanto a lei. «Tu, e lei... voi... Non ci credo!»

George arrossì, mentre un sorriso spontaneo, uno di quelli con le fossette che Isabelle tanto adorava, comparve sul suo volto.

Anche lei si sentì arrossire, mentre abbassava lo sguardo.

Beccati.

«A cosa non credi, Pam?» chiese Sammy, mentre continuava ad aggirarsi per la stanza cercando chissà cosa. «Bel, hai visto il mio top nero? Non lo trovo più e forse per sbaglio l'ho messo nel tuo zaino...» disse, mentre iniziò a rovistare tra alcuni vestiti appoggiati su una poltrona posta sotto la finestra.

«Come sono felice ragazzi! Finalmente!» disse Pam, mentre saltellava sul posto battendo le mani.

Sammy li guardò interdetta, ancora senza capire. Sua sorella, spazientita, iniziò a fare dei gesti con la mano, indicando entrambi, prima uno e poi l'altro. «Lui... lei... insieme in una stanza, il letto completamente sfatto, vestiti sparsi per terra... cosa c'è, Samantha, hai bisogno di un disegnino?»

Dopo qualche secondo, l'espressione arrabbiata sparì dal volto della sua amica bionda e un enorme sorriso comparve. «Oh mio dio! Ragazzi, finalmente! Ce ne avete messo di tempo! Ma come è possibile, ieri sera tu sei uscita con quello stoccafisso e-»

«Non me lo ricordare» rispose George dopo aver sbuffato e alzato gli occhi al cielo.

«Quindi il mio piano ha funzionato» disse Pam, mentre un espressione maliziosa comparve sul suo volto.

«Quale piano scusa?» rispose Isabelle.

«Oh, andiamo Bel! Non ti facevo così sciocca. Perché pensi che ti abbia spinto a uscire con quel biondino? Volevo far ingelosire George, e ci sono riuscita! Avresti dovuto vederlo ieri sera a cena! Aveva un diavolo per capello, non ha mangiato niente e si è scolato non so quanti litri di vino! Pensa che in un paio di occasioni ho sentito che chiedeva a Charlie sottovoce cosa ci trovassi in lui! Vero, Georgie?»

George, di fronte a lei, iniziò a grattarsi la nuca, gesto che compiva sempre quando era imbarazzato. Incrociò il suo sguardo, riuscendo a sostenerlo solo per qualche secondo.

Si rese conto che la gelosia del ragazzo non la infastidiva, anzi. In un certo senso la faceva sentire importante, la faceva sentire speciale. Speciale per qualcuno, finalmente dopo tanto tempo.

«E il resto è storia! Ragazzi, dobbiamo assolutamente festeggiare! Domani sera, quando saremo ad Amsterdam, dobbiamo per forza trovare qualche festa a cui imbucarci o qualche locale in cui andare! L'occasione lo richiede, finalmente siete una coppia anche voi!» continuò la sua amica, nel suo solito modo inopportuno.

Ancora non avevano chiarito il loro status e lei già li descriveva come coppia. Fantastico.

Sammy si accorse che il comportamento di sua sorella stava imbarazzando entrambi i diretti interessati e la spinse verso la porta, costringendola ad uscire.

«Forza, piccioncini! Preparatevi che la nostra ultima tappa ci attende. Non fateci aspettare troppo!» disse prima di chiudersi la porta alle spalle.

Un breve silenzio calò tra loro, presto interrotto da George. «Quindi... siamo una coppia?»

La domanda la spiazzò. Balbettò qualche parola confusamente, mentre cercava di riordinare i suoi pensieri. Erano una coppia? Non sapeva rispondere, era accaduto tutto così in fretta. L'unica cosa di cui era certa era il battito del suo cuore quando lui la abbracciava, la baciava, quando le sfiorava l'anima.

Era certa di non poter più fare a meno di certe sensazioni, di certe emozioni. E se questo richiedeva il diventare ufficiali, lei era disposta ad accettarlo. Era disposta a diventare, finalmente e completamente, sua.

Lui la guardò con gli occhi lucidi. Per un secondo, un lampo di paura attraversò il suo sguardo e lo vide avvicinarsi con fare incerto.

Lei accorciò nuovamente la distanza tra loro e gli butto le braccia al collo, avvicinandosi al suo orecchio destro. «Sì, voglio essere in tutto e per tutto tua. Facciamolo».

Lui la strinse a sé e affondò il viso nei suoi capelli. «Avevo una paura matta che tu dicessi di no...»

«Come potrei dire no? Ti amo, ricordi?» disse lei prendendo coraggio. Era la seconda volta che pronunciava quelle due parole e stava acquisendo sempre più sicurezza.

«Ti amo anche, io Bel» sussurrò sospirando, mentre posava un dolce bacio sul suo collo.

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