XXIII
Ho ascoltato il vostro parere e pubblico subito il capitolo 23!
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Buona lettura!
Con il lenzuolo calcato fin sopra la testa nonostante le temperature bollenti di agosto, Isabelle aveva freddo. Forti brividi la stavano scuotendo dalla sera prima, da quando aveva deciso di provare a dormire per cercare di calmare le mille sensazioni che stava provando, i mille pensieri che le vorticavano in testa.
Doveva essere mattina presto, ma sentiva già Sammy trafficare con il suo zaino. Presto il treno che li avrebbe portati a Praga sarebbe partito. Ma lei avrebbe solo voluto sprofondare nel terreno e non pensare più a niente.
Sentì bussare alla porta. Sammy aprì e la sentì borbottare con qualcuno di cui non riusciva a riconoscere la voce.
«Forse è meglio che torni in camera, George. Ora non è il momento giusto...»
«Per favore, le voglio solo parlare. Ti prego, fammi entrare...»
«Davvero, non credo che sia la scelta giusta. È a pezzi e la sto lasciando riposare.»
«Come sta?»
«Come vuoi che stia? Ieri sera era distrutta, piangeva a dirotto, ma non mi ha voluto raccontare niente. Che hai combinato, George? Non mi hai ascoltato? Non ero stata abbastanza chiara con te?»
«Io... non so cosa ho sbagliato, sinceramente. Ieri sera le ho dato il mio regalo, quello che mi hai accompagnato a scegliere, e dopo...» sentì la sua voce, flebile, esitare.
«Dopo cosa?»
«L'ho baciata. Sammy. Credevo di fare la cosa giusta, ma lei è scappata improvvisamente...»
«Ti ha detto qualcosa?»
«Sì, mi ha detto che era tutto sbagliato, mi ha chiesto perché lo avevo fatto... Sammy, ti prego, cerca di aiutarmi a capire, perché sto davvero male. Il pensiero di averla fatta piangere, soffrire... mi sta uccidendo. Non ho chiuso occhio stanotte. E non ho fatto dormire nemmeno Charlie. È incazzato nero con me...»
Sammy sospirò.
«George, devi capire una cosa. Tu credi di conoscere Isabelle, ma in realtà non è così. Ha avuto una vita terribile. Non so cosa abbia fatto di male in una vita precedente, ma deve essere davvero stato qualcosa di grave perché...» la sentì sospirare di nuovo. «Ad ogni modo, Isabelle ha sofferto moltissimo. Ogni giorno della sua vita, in ogni relazione che ha vissuto. E ha una paura incredibile di soffrire di nuovo. Voglio dire, chi non l'avrebbe? L'unica cosa bella che la vita le aveva donato le è stata portata via bruscamente, povera piccola... è terrorizzata.»
«Cosa posso fare? Ti prego, dimmelo perché sono davvero confuso...»
«Devi darle tempo. Lascia che sia lei a farsi avanti.»
«Va bene...» disse lui, anche se il suo tono non sembrava convinto. «Ma non so se riuscirò a starle lontano. Non ci riesco più, ormai.»
«Provaci. Adesso vai a prepararti, tra un ora abbiamo il treno. Io finisco di sistemare anche le sue cose e cerco di farla alzare. Ci vediamo giù, ok?»
Non sentì risposta e immaginò che George avesse solo annuito. Dopo poco, sentì la porta chiudersi e l'aria già calda della mattina estiva sferzarle il viso. Sammy aveva infatti spostato il lenzuolo che la copriva.
Guardandosi intorno, vide che la sua amica le stava preparando lo zaino con tutte le sue cose e che aveva aperto la finestra della stanza. I piccoli raggi del sole le scaldarono il viso.
«Bel, è tempo di alzarsi. Altrimenti perderemo il treno.»
Rispose con un lamento.
«Forza, Isabelle. Non voglio rimanere a Parigi con te in questo stato. Andiamo» il suo tono si era fatto più duro.
«Io non voglio venire. Rimango qua. Voi andate, poi trovo il modo di tornare a Londra...»
«Isabelle Banks, ma che cazzo stai dicendo?»
Aprì completamente gli occhi e osservò il volto furente della sua amica. Sammy non si arrabbiava mai. Ma quando lo faceva, era meglio nascondersi. La pelle bianca del suo viso era completamente rossa e nei suoi occhi ardeva un fuoco che aveva visto poche volte.
«Posso capire tutto, ma non questo. Mi dispiace. Non ci farai perdere il treno per questo comportamento infantile! Forza!»
Le scostò con forza le lenzuola dal resto del corpo e la costrinse ad alzarsi, prendendola per un gomito. In modo non proprio delicato la portò in bagno e la obbligò a darsi una sistemata. Mentre lei si buttava un po' di acqua fredda in viso e cercava di togliere i residui di trucco, la sua amica le portò un paio di jeans lunghi e una maglia rosa con la stampa dei Bon Jovi sopra, ricordo dell'unico concerto a cui fosse mai andata in tutta la sua vita.
«Muoviti» le disse, prima di sparire di nuovo nella stanza e trafficare con gli ultimi oggetti da inserire nei bagagli.
Dopo essersi vestita, Sammy la fece sedere sul letto e con un pettine le sciolse in modo amorevole i nodi che si erano formati durante la notte. Le fece una coda di cavallo alta e poi si piazzò davanti a lei, in ginocchio, guardandola dritta negli occhi.
«Adesso sei perfetta, andiamo. Gli altri ci stanno aspettando» le disse sorridendo. Non sembrava più arrabbiata.
L'affermazione della sua amica la fece agitare. Deglutì rumorosamente, pensando al faccia a faccia che avrebbe dovuto avere con George da lì a poco.
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Ma il confronto non arrivò mai. Ci fu l'indifferenza, e quella le trafisse il cuore in un modo che non credeva possibile. Credeva che si sarebbe arrabbiato, offeso, che le avrebbe gridato contro. Ed era pronta. Ma non era pronta alla freddezza con cui l'aveva accolta. Non aveva incrociato il suo sguardo quasi mai. E quando lo aveva fatto, le sembrava che fosse carico di odio.
Forse è meglio così.
Ma era davvero meglio così? Era davvero questo che voleva? Allontanarlo? Isabelle non ne era così convinta. Le uniche cose di cui era convinta erano il suo amore per lui e la paura di soffrire di nuovo.
Ed erano due cose completamente incompatibili.
Seduta sul treno, in una delle cuccette insieme a Pam e Sammy, chiuse gli occhi. Voleva solo dormire, possibilmente fino alla fine dei suoi giorni.
«Ma scusa, perché non facciamo a cambio? Per un paio di giorni potresti stare con Charlie in camera...»
«Non importa, Pam, davvero. Non mi pesa.»
Isabelle ritornò ad ascoltare le sue amiche. Il senso di colpa si fece strada nel suo petto. Oltre ad aver rovinato, probabilmente per sempre, il suo rapporto con George, stava anche rovinando la loro vacanza. E sicuramente stava rovinando l'intimità di una di loro.
«Sam, va bene. Non ti preoccupare. Appena arriviamo all'albergo cerco di farmi dare una camera in più, anche se devo pagare la differenza... non mi va più che vi dobbiate sacrificare per me».
Dopo aver detto questo, appoggiò la schiena alla struttura in ferro della cuccetta e mise le cuffiette nelle orecchie. Chiuse gli occhi e si lasciò trasportare dalla musica, sperando che la portasse lontano con la mente, mentre le sue amiche si scambiavano delle occhiate preoccupate.
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Anche se cercava di nasconderlo sotto uno strato di indifferenza, George stava soffrendo particolarmente.
Vederla in quello stato gli stava spezzando il cuore in due. Per tutto il viaggio in treno era rimasta seduta nella cuccetta con le cuffiette, la musica a palla e gli occhi chiusi. A volte aveva aperto leggermente la bocca, segno che si era addormentata. Dovette resistere in diverse occasioni all'impulso di andare da lei e abbracciarla, stringerla a sé. Era quello di cui lui aveva bisogno ma forse non era ciò che le sarebbe servito. In alcune occasioni l'aveva beccata ad osservarlo. Il suo sguardo spento, una volta resasi conto che lui la stava guardando, si era immediatamente spostato a terra.
Non riusciva a capire cosa avesse combinato. Cosa aveva fatto di così male, tanto da ridurla in quello stato?
Ripensò al momento della sera prima. I suoi occhi che brillavano di fronte al regalo che aveva scelto, di fronte alle sue parole. Il suo sguardo farsi confuso quando si era avvicinato e le aveva preso le mani, la sua voce tremante che pronunciava il suo nome.
«George...»
Sentì i brividi percorrergli la schiena, fino alla base del collo.
Le sue labbra morbide, il suo sapore di fragola. I suoi respiri pesanti, la sua pelle fresca.
Il suo piccolo ansimare dentro la sua bocca. Il suo seno pieno.
George chiuse gli occhi e cercò di recuperare la concentrazione. Da sotto, e più precisamente dai suoi pantaloni, qualcosa fece capolino. Fu grato di essere a sedere e che le ragazze non fossero sedute con loro nello scompartimento.
«George, tutto bene?» gli chiese Lee, seduto di fronte a lui con la testa appoggiata al sedile. Charlie, ancora arrabbiato, stava dormendo in una posizione alquanto scomoda per cercare di recuperare le ore perse durante la notte.
«Lee, cosa vuoi che ti dica... no, non va per niente bene.»
«Stai ancora pensando a ieri sera?»
Annuì. Lee era stato la seconda persona a cui aveva fatto visita quella mattina. Aveva bussato alla porta della loro camera e dopo aver aspettato che finisse di preparare i suoi bagagli, gli aveva raccontato tutto.
«George, secondo me dovresti seguire il consiglio di Sam. Lasciale il suo tempo, magari ha davvero bisogno di pensare...»
«Ma non riesco a capire cosa ho combinato! Cosa ho fatto per farla soffrire?» chiese con lo sguardo confuso.
«Vuoi sapere cosa hai fatto, George?»
Alzò lo sguardo verso la porta dello scompartimento e vide Pam in piedi.
Senza aspettare risposta, continuò, con il tono abbassato per non svegliare la ragazza che stava ancora dormendo nella cuccetta a fianco. «C'è che ti sei confidato un po' troppo con Isabelle. E hai detto certe cose che adesso la stanno trattenendo dal lasciarsi andare. Mettici anche la sua paura fottuta di star male di nuovo... e il gioco è fatto.»
«Ma di cosa parli?» chiese lui, confuso.
Pam sospirò, poi entrò nello scompartimento e si chiuse la porta alle spalle. Non voleva farsi sentire. Si mise a sedere accanto a lui e gli posò una mano sulla spalla.
«Se ti dico Angelina? Ti è più chiaro così?»
Improvvisamente, come un flash, alcuni momenti dei mesi precedenti si presentarono alla sua mente.
Il bacio con Angelina a Piccadilly Circus. Le parole di Lee riecheggiarono nell'aria. «C'è rimasta tanto male George, non se l'aspettava».
Quel giorno al parco. «Sono sempre stato innamorato di lei.»
«Ho risposto a quei baci, mi sono piaciuti.»
Il suo sguardo velato di tristezza mentre cercava di dargli consigli sulla sua vita amorosa, quando in realtà stava soffrendo per lui. Per i suoi sentimenti, che credeva non corrisposti.
Che coglione che era stato. Adesso capiva il perché del suo allontanamento. Il perché dei suoi gesti. Il perché della sua paura.
Doveva assolutamente parlare con Isabelle. Perché la ragazza non doveva avere più paura di niente. Il suo cuore, ormai, era completamente, infinitamente suo. E doveva fare di tutto per dimostrarglielo.
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Praga
Il giorno dopo
«Avanti, Bel, solo un'altra foto! Per favore!»
Isabelle alzò gli occhi al cielo, ma poi si aprì in un enorme sorriso. Lei e Pam si trovavano nel bel mezzo di Ponte Carlo, uno dei più antichi della città di Praga, e da cui si godeva di una vista meravigliosa. Era primo pomeriggio e nonostante fosse agosto, la città non sembrava ribollire come le precedenti tappe del loro viaggio.
«Dai, solo un'altra! Sono convinta che adesso verrà bene! Il mio profilo migliore è quello destro!» disse lei mettendosi in posa.
«Ci sei?»
«Sì!» urlò Pam per farsi sentire. Isabelle si allontanò un pochino per poter catturare nell'immagine anche il bellissimo panorama dietro di loro.
Fece qualche scatto con la sua nuova macchina fotografica. Doveva ancora prenderci l'abitudine ma la trovava leggera e maneggevole. Era perfetta. Il regalo perfetto.
A quel pensiero, pensò al bellissimo braccialetto di George. Di nuovo, pensare a lui le provocava una fitta allo stomaco.
Non si parlavano da quella sera. Non si erano scambiati nemmeno una singola parola da quando erano arrivati a Praga. O meglio, lui ci aveva provato, ma lei si era sempre allontanata di fronte ad ogni suo tentativo. E così, adesso, sembravano due sconosciuti.
Ed era per quello che, a malincuore, quella mattina aveva chiesto a Pam di accompagnarla a trovare un posto speciale in cui poter scrivere la nota per Stella. Sammy si era proposta ma lei aveva rifiutato categoricamente. Si era già presa cura di lei abbastanza e non voleva toglierli altro tempo da passare con Charlie. Non lo vedeva mai a causa del suo lavoro e non se la sentiva di farle sprecare momenti preziosi da godersi con lui.
Inoltre, non poteva chiederlo a George. Credeva che fosse immensamente arrabbiato e deluso da lei e non se la sentiva di affrontarlo. Non ancora.
Forse mai.
Fu scossa dai suoi pensieri da Pam. «Posso sentire il motorino del tuo cervello che va all'impazzata!» disse mettendole in modo giocoso il palmo della mano sulla testa. «Vuoi darti tregua, Isabelle?»
Annuì, anche se poco convinta. Si era ripromessa di non rovinare più la vacanza ai suoi amici, lo aveva fatto anche troppo. Si trattava solo di sopravvivere per altri cinque giorni.
«Abbiamo un compito da svolgere, o sbaglio?» le chiese la sua amica bionda.
«Esatto! Ma devo ancora capire quale può essere il posto speciale in cui lasciare la nota...»
«Che ne dici se facciamo un giro? Magari ci avviciniamo al centro. Qualcosa troveremo!»le propose entusiasta la sua amica che, finalmente, era felice di essere inclusa in qualcosa.
Si avviarono con calma, seguendo il flusso di turisti che passeggiavano in quella città magnifica che le stava trasmettendo un senso di pace, di tranquillità, Ne aveva davvero bisogno.
Dopo una mezz'ora si ritrovarono nella piazza della Città Vecchia. Era gremita di gente e le ragazze notarono che si stavano tutti radunando sotto l'unica torre, che si ergeva maestosa sul lato destro della piazza.
«Quello dovrebbe essere l'orologio astronomico! Avevo letto sulla guida che allo scoccare di ogni ora escono delle figure e fanno l'inchino, mi sembra di ricordare che fossero le statue degli Apostoli!» disse Pam.
Si avvicinarono e Isabelle osservò meglio l'orologio posto al centro della torre. Aveva dei colori magnifici, sgargianti. Azzurro, blu notte, arancione pesca, oro, nero pece. Tutti insieme creavano un contrasto stupendo. Sul quadrante, oltre all'ora, erano rappresentati le posizioni del Sole e della Luna e altre informazioni astronomiche.
Le due ragazze sentirono i rintocchi dell'ora, ad indicare le tre del pomeriggio. Il corteo degli Apostoli, così era chiamato, iniziò a susseguirsi, tra gli applausi della folla sottostante. Lo spettacolo durò all'incirca cinque minuti. Dopo un altro scroscio di applausi, i turisti si dispersero in svariate direzioni.
«Sai Pam, credo proprio di aver trovato il posto dove lasciare la mia nota!» disse Isabelle.
Si avvicinò infatti alla torre e vide che tra le varie pietre che la formavano c'erano dei piccoli spazi. Un piccolo foglio di carta ci sarebbe entrato senza problemi!
«Perfetto direi! Che dici, ci sediamo ad un bar e ordiniamo qualcosa da bere mentre scrivi?» le propose Pam.
Non poté che accettare. Sentiva il bisogno di un aperitivo per affrontare la giornata e quel compito che, senza George, le sembrava davvero difficoltoso.
Una volta sedute e con due bicchieri di spritz di fronte, Isabelle iniziò a scrivere direttamente dal taccuino.
«Ciao Stella, amore mio
Siamo arrivati alla terza tappa di questo viaggio, che si sta rivelando più difficile del previsto. Sono successe tante cose, che non sto a dirti. Ma la mamma non sta molto bene. Forse tornerò a stare bene, ma non subito, non adesso.
Stella, questa città è bellissima. Ci sono tanti parchi stupendi che ti sarebbero piaciuti tanto. Prima ho visto un'altalena enorme e ti ho pensato. Quanto ti saresti divertita! E anche i monumenti sono davvero belli. Oggi ho provato ad immaginarti insieme a me mentre li visitavamo, mano nella mano. E per la prima volta da tanto tempo, oltre al dolore che c'è nel mio petto da quando non ci sei più, ho sentito calore.
Tu sarai sempre nel mio cuore, nella mia mente e nei miei sogni. Non te ne andrai mai, amore mio. E mi piace pensare che tu adesso sia un piccolo angioletto che mi sorveglia, che mi protegge da tutto.
La mamma ti ama e ti amerà fino a che vivrà. E anche dopo. All'infinito.
Un bacio, mia piccola farfalla.
La tua mamma.»
Asciugò due lacrime solitarie che erano scese, mentre Pam le accarezzava dolcemente i capelli. Era rimasta in religioso silenzio tutto il tempo in cui lei aveva scritto e le era grata per questo. Aveva rispetto il suo momento speciale.
Piegò il foglietto e si avviò verso la torre, lasciando Pam seduta al tavolo. Dopo aver infilato la nota nello spazio tra le pietre tornò al bar e si stupì di trovare la sua amica non più sola.
In compagnia di Pam, infatti, si trovavano due completi sconosciuti.
«Oh, Isabelle! Eccoti!» le disse Pam, allungando una mano per prendere la sua. «Questi ragazzi si sono così carinamente offerti di pagarci da bere! Non è magnifico?»
Isabelle non sapeva cosa dire. Si limitò a sorridere imbarazzata e ad osservare i due ragazzi. Effettivamente erano uno più bello dell'altro. L'altezza c'era, il fisico anche. Occhi azzurri penetranti, capelli oro come il grano. Notò anche che si somigliavano molto. Probabilmente erano fratelli. Forse gemelli?
«Piacere, sono Alex. E questo è mio fratello James. Tu devi essere Isabelle» disse porgendole una mano, che la ragazza strinse. Fece lo stesso con il fratello accanto a lui, che prese poi la parola. «Vi stavamo osservando da un po', ci chiedevamo se... insomma, sì, se stasera aveste qualche impegno. Ci piacerebbe portarvi fuori a cena.»
«Ragazzi, sono lusingata, ma dovete sapere che ho un fidanzato in albergo che mi aspetta. Ma ehi, Isabelle, tu puoi andare!»
Chiuse gli occhi. Non l'ha detto davvero.
Come poteva anche solo pensare che potesse accettare un invito a cena da due completi sconosciuti? Da sola, per giunta.
James si fece da parte, indietreggiando un po'. Isabelle capì subito il significato di quel gesto. Alex era interessata a lei, James a Pam. E visto che lei era l'unica rimasta sulla piazza, l'accoppiata era già stabilita.
«Allora, cosa ne dici?» la incalzò Alex, guardandola con i suoi magnetici occhi azzurri.
Però, è davvero bello.
Voltandosi verso Pam, vide che le stava lanciando sguardi di incoraggiamento.
...Dopotutto, perché no? Cosa ho da perdere?
«E va bene. Ti lascio il mio cellulare così puoi contattarmi per definire meglio l'orario».
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Si era preparata con l'ansia che le divorava lo stomaco. Si trovava nella camera singola che aveva richiesto alla reception appena arrivati e Pam le stava acconciando i capelli in dei morbidi boccoli che le scendevano lungo la schiena. Indossava un vestito bianco che faceva risaltare la sua pelle olivastra, con uno scollo a cuore e con metà schiena scoperta. Il vestito scendeva lungo fino ai piedi ed era imbellito da due spacchi laterali che si aprivano ad ogni suo passo, scoprendo le gambe abbronzate. Ai piedi decise di mettere dei semplici sandali, anch'essi bianchi. Non voleva esagerare.
«Sei perfetta. Così lo stenderai!» le disse Pam, eccitata più che di lei. Infatti, Isabelle credeva di aver fatto la scelta sbagliata. Cosa avrebbe pensato George?
«Cos'è quella faccia? Adesso basta, stacca la testa e pensa ad altro! Ti ha ignorato completamente da ieri, ricordi? Ti meriti questa serata! E adesso forza, il tuo cavaliere ti aspetta!» disse incitandola ad alzarsi con dei colpetti sulla schiena.
Scese le scale dell'albergo insieme a Pam e raggiunsero l'atrio esterno. Fuori, però, si trovavano due teste rosse, una delle quali Isabelle non voleva proprio incontrare.
Perfetto.
«Ehi ragazze, che fate? Wow, Isabelle, sei uno schianto! Già pronta per la cena di stasera?» disse Charlie, guardando poi il suo orologio da polso. «Non è un po' presto, però?»
Isabelle scosse la testa e stava per replicare quando fu interrotta da Pam. «Bel non cena con noi stasera».
Si accorse che gli occhi di George erano fissi su di lei. Scansionavano ogni centimetro del suo corpo e lei sentì bruciare ogni pezzetto di pelle scoperto. Il ragazzo stava per aprire bocca quando lei si sentì chiamare.
«Isabelle?»
Si girò e vide Alex, bello come il sole. Con una camicia bianca e dei bermuda blu era una visione pazzesca.
«Ciao Alex. Andiamo?» rispose lei, cercando di acquisire un po' di sicurezza. Ma la voce le tremava. Mentre si allontanava a braccetto con lui, sentiva gli occhi di George puntati sulla sua schiena e li sentì premere pesantemente fino a che non svoltarono l'angolo della strada.
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La serata era passata in un lampo. Si era divertita davvero un mondo con Alex. Era un ragazzo dolce, affabile e divertente, oltre che bello da mozzare il fiato. Le aveva offerto anche la cena e poi si era proposto di riaccompagnarla in albergo.
Era stata davvero bene con lui. Ma, fin dai primi momenti dell'appuntamento si era resa conto che qualcosa non andava. Sentiva che le mancava qualcosa. Ma non riusciva a capire cosa.
Passeggiando sul Ponte Carlo, rientrando in albergo, si ritrovò a fissare il bellissimo contrasto creato dalla luna che si rifletteva sulle acque del Moldava.
Quanto vorrei che ci fosse George qua con me.
Pensò questo, mentre Alex continuava a parlarle. Ormai, non lo ascoltava più. E si rese conto che aveva trovato il pezzo mancante.
Il pezzo mancante era quello stupido, tonto, dolce, premuroso George Weasley.
Nel frattempo, erano arrivati di fronte all'albergo. Alex si sporse per lasciarle un bacio sulla bocca ma lei si scansò, cercando poi di essere più chiara possibile. «Alex, ti ringrazio per questa serata. Ma non credo che ci potrà essere niente di più. Mi dispiace... questa serata mi ha fatto capire che il mio cuore è già occupato».
Lui scosse la testa con un sorriso. «Isabelle, non preoccuparti. È stato comunque piacevole conoscerti. Grazie per questa bellissima serata» disse mentre le lasciava un bacio sulla guancia.
Si voltò e rientrò in albergo. Arrivata al giusto piano, iniziò a cercare nella borsetta le chiavi della camera. Le girava un po' la testa, forse aveva bevuto troppo vino a cena. Dopo aver frugato un po' le trovò e le strinse con una mano.
Svoltò l'angolo e rimase senza fiato. Seduto davanti la porta della sua stanza infatti si trovava George, con le braccia incrociate e uno sguardo furente.
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«Alla buon'ora, Isabelle» disse lui con un tono gelido. «Andato bene l'appuntamento con il principe?»
George sentì la rabbia montare in modo esponenziale. Strinse i pugni.
«Cosa ci fai qua, George?»
«Non mi parli da due giorni e l'unica cosa che sai dirmi è cosa ci fai qua?»
La vide alzare le spalle. «Non mi parli neanche tu. Non hai risposto, comunque...»
«Non ti parlo perché se provo anche solo ad incrociare il tuo sguardo mi scansi. Comunque niente, non sapevo cosa fare e quindi ho deciso di passare la mia serata seduto su questo pavimento di merda. Forte, vero?»
Lei non rispose, si limitò ad abbassare lo sguardo. Disse qualcosa, ma il tono di voce era troppo basso e lui non riuscì a capirla.
«Non ti ho sentito, Isabelle. Devi alzare la voce. Sai, sono leggermente sordo, non so se ti ricordi» disse sprezzante, indicando con l'indice lo spazio vuoto che si trovava sul lato sinistro della sua testa.
«Puoi spostarti? Vorrei andare a dormire.»
«Oh, ma certo! Così potrai andare subito a scrivere un messaggino al tuo principe! Anzi, meglio! Potrai subito metterti a letto e sognarlo! Che idea fantastica!» disse alzandosi. La testa gli girava immensamente. Era andato a cena con gli altri ma non aveva mangiato niente e aveva bevuto quasi due bottiglie di vino da solo. Aveva bisogno di dimenticare.
«Smettila» disse lei a denti stretti.
«Di fare cosa?» chiese con un sorrisino sulle labbra.
«Di fare così. Non è il mio principe. E comunque, anche se fosse, la cosa non ti riguarda».
George era davvero troppo arrabbiato. Si sentiva sul punto di esplodere.
«La cosa non mi riguarda, dici? E perché mai non dovrebbe riguardarmi?» disse, alzando la voce di un'ottava. La vide trasalire, ma alzò finalmente lo sguardo e i suoi occhi infuocati si posarono sui suoi. «Ti ho visto prima, sai? Ho visto come lo guardavi. Biondo, occhi azzurri... devi essere soddisfatta di te, Isabelle. Hai fatto una bella conquista.»
«Che tipo di pretese pensi di avere su di me, eh? Pensi di esserti comportato bene con me?» rispose lei, mentre la sua voce tremava e con essa tremavano anche le mani, che aveva stretto in due pugni. La tensione era palpabile.
«Quindi quello che si è comportato male sarei io?»
«Sì! Tu... tu mi hai ingannato! Mi hai illuso di una cosa che non esiste! Come pensi che mi faccia stare? Eh?» vide le lacrime che iniziavano a fare capolino agli angoli dei suoi occhi. George dovette resistere all'impulso di avvicinarsi e asciugarle con il pollice.
La ragazza continuò, in preda alla rabbia, ormai incontenibile. «Visto che ci siamo, tanto vale che ti dica tutta la verità. Ho accettato questo invito solo per distrarmi, per cercare di dimenticarmi... di te! Perché sei troppo impegnato a pensare ai tuoi problemi di cuore con Angelina da non accorgerti che io sono persa di te da prima di Capodanno! Già, quel famoso Capodanno in cui hai deciso di limonare con lei, proprio di fronte a me! Gran bel gesto, davvero maturo...»
«Senti, mi dispiace per quella sera, ok? Sono stato un coglione. Ma tu come fai ad essere così ottusa, Isabelle? Come fai a non capire?» chiese lui avvicinandosi.
«Cosa dovrei capire? Spiegamelo, perché davvero non ci arrivo!» urlò lei, con le lacrime che ormai le rigavano le guance, macchiandole di mascara.
«Dovresti capire che sono innamorato di te! Dovresti capire che ti amo, cazzo!» urlò, senza fiato.
Lei lo guardò con gli occhi sbarrati, diventando improvvisamente silenziosa.
«Dovresti capire che non me ne frega più un cazzo di Angelina da mesi, che ti sei fossilizzata su una cosa che non esiste più e che ti voglio! Isabelle, io ti voglio! Ti voglio con tutti i tuoi giorni no, ti voglio con tutto il tuo dolore, voglio tutto di te. Voglio renderti felice. Voglio farti svegliare la mattina con il sorriso. Voglio prendere tutti i tuoi pezzi e cercare di rimetterli insieme, voglio essere il collante della tua vita. Voglio farti stare bene. E voglio farti capire che tu con me non soffrirai, mai. Non lo permetterei».
Lei continuò a fissarlo sbigottita.
George avanzò un passo verso di lei. Le prese una mano e la portò al suo volto. La fece poggiare sulla sua guancia destra e la fissò negli occhi. «Ti prego, Bel, dimmi qualcosa»
«Io... io...»
«Cosa...?»
«Ti amo è una parola un po' forte. Non dovresti dirlo se non lo senti davvero...» rispose lei abbassando lo sguardo.
George le mise un dito sotto al mento e sollevò il suo volto, facendo incrociare di nuovo le loro iridi. Verde scuro su nocciola.
«Se te l'ho detto è perché si tratta della verità. Perché non la vuoi accettare? Io ti amo, Isabelle. E non posso più nascondere i miei sentimenti».
Ciò che poi uscì dalla bocca della ragazza gli sembrò un sogno. Ma un sogno non era. Era tutto reale, e lui era pronto per viverlo.
«Ti amo anche io...»
Annullò i pochi centimetri che separavano i loro volti e premette con forza le labbra sulle sue. Non c'era più spazio per l'indecisione o la paura. Adesso c'erano solo loro due.
Non interrompendo il bacio George spinse Isabelle contro la porta della camera. Passò le dita sulle parti lasciate scoperte dal vestito, mentre lei teneva le mani appoggiate sulle sue forti spalle. La sentì nuovamente ansimare al contatto e George sentì i brividi percorrere all'impazzata tutto il suo corpo.
Le prese le chiavi di mano e senza staccarsi dal bacio, cercò di infilarle nella serratura. Dopo tre tentativi ci riuscì e la porta della stanza si spalancò. Staccandosi dal bacio, la afferrò per le cosce e la prese in collo. Lei incrociò le gambe intorno alla sua vita e le braccia al suo collo e ritornò a baciarlo con passione.
Avanzando dentro la camera, George con un piede spinse la porta, che si chiuse con un tonfo alle loro spalle.
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