XXII

Buonasera. Eccomi di nuovo su questi schermi. Avevo detto che mi sarei presa una pausa di qualche giorno ma il richiamo è stato più forte del bisogno di riposo e le idee erano tante, quindi pubblico oggi, nella speranza di fare cosa gradita!

Devo però fare un piccolo appunto. Non voglio inserire disclaimer di alcun tipo per non spoilerare: Nonostante le scene descritte alla fine del capitolo siano davvero molto leggere vi prego di smettere la lettura se in qualche modo possono infastidirvi.

Adesso basta parlare, lascio spazio al racconto. Buona lettura!

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Il treno sfrecciava veloce sui binari. Fuori, completo buio. Isabelle osservò la sagoma scura degli alberi e delle case che le passavano davanti. All'interno dello scompartimento una luce soffusa illuminava i volti dei suoi compagni di viaggio.

Dormivano tutti. Ma lei non ci riusciva. Ci aveva provato per una buona mezz'ora prima di rinunciare. Troppi pensieri affollavano la sua testa e non riusciva a mettervi ordine. Iniziò a mangiucchiarsi le unghie con fare nervoso mentre continuava ad osservare fuori dal finestrino.

«Ehi, che succede? Perché non dormi?»

Spostò lo sguardò e vide che Sammy si era svegliata. Sorrise vedendo la posizione in cui la coppia si era addormentata, lei appoggiata con la testa al sedile e Charlie con la testa abbandonata completamente sulle sue gambe. Il ragazzo stava russando lievemente.

«Ehi, scusami. Ti ho svegliato io?» disse in un sussurro di voce.

La sua amica scosse piano la testa. «No, è che non sto molto bene in questa posizione» disse accarezzando i rossi capelli ricci del suo ragazzo. «Che succede, Bel? Che ti passa per la testa?»

Isabelle sorrise. Non poteva nascondere niente a Sammy. Per lei, era come un libro aperto.

«Niente, solo che...» si interruppe, guardando alla sua destra e osservando George che dormiva beatamente con la testa abbandonata di lato e la bocca semi-aperta. «Non parliamone adesso. Non vorrei svegliare gli altri.»

«Che dici, ci facciamo un giro? Tanto ormai non dormo più» le rispose la sua amica. Isabelle annuì e si alzò, uscendo dallo scompartimento. Vide Sammy che provava delicatamente a spostare la testa di Charlie e quando ci riuscì e si alzò, lui neanche se ne accorse.

Cercando di non svegliare Lee e Pam che dormivano abbracciati in una delle cuccette, si incamminarono insieme nello stretto corridoio del treno che li stava portando a Parigi, la seconda tappa del loro viaggio. Erano partiti all'incirca da tre ore e ancora ne avevano almeno dodici di fronte a loro.

«Che succede Bel?»

Lei sospirò. «Niente...» disse, prima di incrociare lo sguardo torvo della sua amica. «Ok, ok... è che ho la testa piena di pensieri. Sai, ho scritto una cosa sulla nota che dovevo lasciare per Stella...»

«Cosa, esattamente?»

Le sue guance si accesero di un lieve rossore. «Ho scritto che... mi sono innamorata.» Incrociò ansiosa lo sguardo di Sammy, mentre senza accorgersene aveva ricominciato a tormentarsi le unghie con i denti. Ma lei, stranamente, non sembrava per niente sorpresa.

«Beh, alla buon'ora! Quanto ti ci è voluto per rendertene conto? Quattro mesi? Cinque?»

«In che senso?» le rispose senza capire.

Sammy mise le mani sulle  sue spalle e la guardò dritta negli occhi. «Isabelle Banks, sei una delle persone più intelligenti e sveglie che conosco, ma ultimamente stai davvero dormendo in piedi. Credi che non ci siamo accorte di come ti comporti quando sei con lui? Degli sguardi che gli lanci di sottecchi quando pensi che lui non ti stia guardando?»

«Ma io...»

«Dai, Bel. Ti conosco da tanto di quel tempo... e so riconoscere i tuoi comportamenti. So come agisci quando ti piace qualcuno o quando sei innamorata. C'ero anche io i primi tempi in cui uscivi con Eric, ricordi?»

Lei abbassò lo sguardo. Non sapeva cosa dire. Se tutti si erano accorti dei suoi sentimenti, forse se ne era accorto anche George?

Sammy sembrò leggerle nel pensiero. «Bel, stai tranquilla. Non so per quale strano motivo, ma quel ragazzo è tanto gentile quanto tonto. Sono sicura che non si è reso conto di niente. Fidati di me!»

«Beh, in ogni caso, anche se si fosse accorto di qualcosa, non è un problema. Ha messo in chiaro fin da subito con me che il suo cuore è già abbastanza confuso e occupato. Quindi devo solo farmela passare. Quanto ci potrà mai volere?»

Sammy la guardò in modo confuso. «Ma di che parli?»

«Di Angelina. Non ti ricordi? Ti ho raccontato cosa mi ha detto quel giorno al parco. Quindi... devo abbandonare le speranze. Tanto, alla fine, mi farei solo male.»

«Io non ne sarei così sicura, Isabelle. Va bene che ti ha detto quelle cose, ma c'è da notare che non la vede o non la sente da mesi, giusto?» disse la sua amica scuotendo la testa.

Isabelle non poté ribattere perché vennero interrotte da Pam. Arrivò sbadigliando e si posizionò davanti a loro. «Che succede? Perché siamo qui riunite? C'è qualcosa che devo sapere?»

Isabelle e Sammy alzarono gli occhi al cielo quasi nello stesso momento. «Niente, Pam, nulla di importante. Stavamo cercando il bagno» le rispose sua sorella.

"Pam, stavo confessando una cosa a Sammy..." rispose invece Isabelle prendendo coraggio. Nonostante fosse un po' pettegola, la bionda era pur sempre sua amica e voleva coinvolgere anche lei in quella situazione. Un parere in più non avrebbe certo guastato.

«Ha finalmente ammesso di essere cotta di George?» rispose lei, rivolgendosi alla sorella.

Isabelle rimase senza parole. Sammy rise vedendo l'espressione dipinta sul suo volto. «Te l'avevo detto che se ne sono accorti tutti! Tranne lui, per chissà quale assurdo motivo.»

«Vedrai che presto toglierà il prosciutto dagli occhi anche lui! Non ti preoccupare, amica» le rispose Pam, scompigliandole i capelli e superandola per raggiungere il bagno qualche metro più avanti.

Isabelle sospirò. Tutti lo sapevano. Presto se ne sarebbe accorto anche lui.

Sono completamente fottuta.

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Arrivarono a Parigi dopo altre tredici ore di viaggio, stanchissimi e con le schiene a pezzi. Forse usare solo il treno come mezzo di trasporto non era stata una buona idea.

Dopo aver lasciato i bagagli nell'albergo da loro prenotato, George e Isabelle decisero di separarsi dal gruppo per portare subito a termine il compito assegnato da Laura. Aver fatto tutto all'ultimo minuto a Firenze gli aveva quasi fatto perdere il treno e questo aveva suscitato diverse proteste da parte degli altri.

«Allora, che posto possiamo scegliere?» chiese la ragazza, mentre cercava di orientarsi su una delle cartine presa alla reception dell'albergo. Non riusciva a capirci niente, troppe strade e arrondissment.

«Forse ci capiresti qualcosa in più se tu la tenessi dal verso giusto» rispose George, mentre prendeva la cartina con entrambe le mani e la girava di 360 gradi. Rise vedendo l'espressione imbarazzata di Isabelle.

«Scusami, sono veramente impedita con queste cose. Si vede proprio che non ho viaggiato molto, vero?»

«No, dai, nemmeno troppo. Di sicuro hai viaggiato più di me! Comunque, fammi dare un'occhiata. Potremmo scegliere... Montmartre? Non so, il nome mi ispira! Controlliamo sulla guida...» disse aprendo una delle guide in lingua inglese che avevano comprato prima della partenza. Sfogliò qualche pagina con l'espressione concentrata. La punta della sua lingua spuntò ad un lato della bocca e Isabelle si ritrovò a fissarlo. Come poteva un così semplice gesto farle correre i brividi lungo la schiena? Cercò di riscuotersi dallo stato di trance. Non voleva che lui si accorgesse di niente. Meno sapeva, meno imbarazzo ci sarebbe stato e meglio sarebbe stato.

«Ecco qua! Montmartre! Vediamo, qua dice...collina nella zona nord di Parigi, di cui rappresenta il punto più alto, all'interno del XVIII arrondissement, sulla rive droite, molto nota per la Basilica del Sacro Cuore posta sulla sua sommità e per essere stata il centro della vita dei bohémien durante la Belle Époque, rappresentando lo stile di vita non convenzionale di artisti, scrittori, musicisti e attori...»

«Sembra molto interessante! Direi che la approvo!» disse lei sorridendo.

«Allora andiamo. Prego, Madame!» le disse lui, mentre le tendeva la mano. Lei la prese con non poco imbarazzo, pregando che lui non si rendesse conto del rossore che le aveva imporporato le guance.

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Il panorama dalla collina era mozzafiato. Essendo uno dei punti più alti, si poteva vedere l'intera città che si distendeva ai loro piedi. Una volta usciti dalla metro, mezzo a cui ancora non riusciva ad abituarsi, erano rimasti senza fiato di fronte alla vista della spettacolare Basilica del Sacro Cuore. Ma ancora più senza fiato erano rimasti alla fine dell'immensa scalinata che li aveva portati ancora più vicino alla monumentale struttura.

«E chi se li aspettava tutti questi scalini!» disse Isabelle con il fiatone.

«Dillo a me, non sono più tanto allenato. Almeno prima mi tenevo in forma con il Qui-» si fermò di scatto, rendendosi conto di ciò che stava per dire in tempo. Si maledisse internamente. Ma quando si trovava con lei, ogni cosa sembrava così naturale e spontanea che a volte anche la sua natura e il suo mondo rischiavano di venire a galla. Ma non poteva, non ancora, almeno.

«Cosa stavi dicendo? In forma con il ...?» chiese lei con fare interrogativo.

«Con il cricket. Intendevo in forma con il cricket» rispose lui diventando leggermente rosso. Lei sembrò convinta e non disse più niente.

Per stavolta è andata.

«Quindi, che posto scegliamo per le note?» continuò la ragazza.

George si guardò un po' intorno, poi vide di fronte all'ingresso della chiesa una sorta di contenitore. «Vieni, avviciniamoci. Voglio vedere una cosa».

Effettivamente la sua vista non lo aveva ingannato. Era un contenitore in vetro, con all'interno una serie di biglietti di vari materiali e colori. Sopra il contenitore si trovava un cartello con una scritta completamente in francese.

"Nous vous demandons de nous parler de votre expérience à la Basilique afin que nous puissions toujours vous offrir une meilleure expérience. Vous pouvez laisser vos conseils ici"

«Non ho studiato molto bene il francese ma credo che più o meno dica... lasciate qua la vostra esperienza per poterci aiutare a migliorare e offrire un servizio migliore. O qualcosa del genere» disse Isabelle. Si girò ad osservarlo e mise un braccio di fronte al viso per pararsi dal sole, stizzando leggermente gli occhi. Quel giorno era davvero bella, si ritrovò a pensare lui, anche con indosso i pantaloncini di jeans e una maglietta bianca con un cactus disegnato sopra.

«George? Allora che facciamo? Scriviamo e li mettiamo qua?»

Non si era reso conto che si era bloccato a fissarla. Di nuovo.

«Sì, direi che qua va benissimo, Bel. Ci sediamo su quelle panchine? Almeno ci riposiamo anche un po'»

Si sedettero su una panchina al lato della Basilica, sotto un grande albero dalle grandi fronde che fornivano una lunga lingua di ombra.

Isabelle tirò fuori dallo zainetto il taccuino e due penne e dopo aver staccato un foglio per George glielo porse. Iniziarono entrambi a scrivere concentrati.

‹‹Ciao Fred. Sono di nuovo qua, a scriverti. Devo confessarti che trovo questa modalità davvero terapeutica. Pensavo che mi sarei solo sentito uno stupido e invece riesco a scrivere tutto ciò che mi piacerebbe dirti se fossi qua con me. Oggi siamo a Parigi, di preciso a Montmartre. Abbiamo scelto questo posto insieme, io e Isabelle. Sai, credo che ti saresti innamorato di lei. È davvero bella, simpatica e dolce. A volte penso a come sarebbe stato potertela presentare. Sono sicuro che sareste andati davvero d'accordo, e sono anche certo che avresti escogitato insieme a lei qualche scherzo per prenderti gioco di me. Sei sempre stato così tu, Fred. La tua corazza da duro nascondeva un cuore tenero e pronto a tutto per noi. Sappi che io ti avevo capito, fin dal primo momento. Non ho mai dubitato un secondo del tuo amore per me. Mi hai protetto, difeso e cresciuto. E io ti sono grato per questo, Fred. Grazie. Ti amo e ti amerò per sempre. George.››

Si sentì soddisfatto e, forse davvero per la prima volta da lungo tempo, sereno nello scrivere certe parole indirizzate a suo fratello. Alzò gli occhi dal foglio e vide che Isabelle stava ancora muovendo la penna velocemente, con le sopracciglia corrucciate. Non la voleva interrompere e aspettò ancora qualche minuto. Nel frattempo, approfittò della sua concentrazione per osservarla ancora senza che lei se ne accorgesse. I suoi lunghi capelli scuri le ricadevano sul volto e sul foglio su cui stava scrivendo. Sentì in un formicolio alla mano e dovette desistere dall'avvicinarsi e spostarle i capelli dietro l'orecchio.

Lei smise di scrivere e alzò lo sguardo, incrociando il suo. Si aprì in uno dei suoi sorrisi speciali e gli chiese: «Hai fatto?»

Lui annuì. Insieme si alzarono e dopo aver piegato i fogli li inserirono nel grande contenitore. Poi decisero che, vista la fatica che avevano fatto per raggiungere la Basilica, valeva la pena di visitarla, così pagarono il biglietto di ingresso ed entrarono.

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Le due giornate previste a Parigi passarono in un lampo. Dopo aver visitato la tour Eiffel, il Louvre, il Musée d'Orsay e la cattedrale di Notre Dame, fu presto la sera prima della partenza per Praga.

Quello era un giorno veramente speciale. Era il 17 di agosto ed era il ventiquattresimo compleanno di Isabelle.

Già da quella mattina avevano sorpreso la festeggiata a letto con la colazione su un vassoio e un mazzo di fiori. Ma i veri festeggiamenti erano previsti per la sera, con una cena in uno dei ristoranti più buoni e chic di Parigi.

«Propongo un brindisi!» disse Pam, già visibilmente ubriaca dopo tre bicchieri di vino. Intorno a lei i suoi amici si lasciarono andare a una serie di proteste e lamenti. I brindisi di Pam non finivano mai bene.

«Che c'è? Vi prometto che non faccio casini. Giuro!»

«Sì, certo. Devo ricordati il compleanno di Mark di due anni fa? Hai praticamente svelato che la sua ragazza gli metteva le corna!» disse Sammy.

«O la laurea di Claire? Hai offeso le sue scelte in termini di abbigliamento... e di uomini!» le fece coro Isabelle ridendo.

«Davvero, voglio solo dire una cosa piccola piccola. Per favore?» disse lei intervallando il discorso con dei leggeri singhiozzi.

«Va bene amore, ma cerca di contenerti ok?» le disse Lee accarezzandole la schiena, scoperta per via del vestito che portava.

«Ok! Allora, vorrei solo dire che oggi è il compleanno di una delle mie più care amiche. Una sorella! Sicuramente meglio di quella che mi è toccata!» disse scatenando le risate di tutti. «Isabelle, ti auguro solo tanta felicità e gioia. Te lo meriti. E io voglio solo vederti sorridere. Perché quando sorridi sei così bella! Rubi il cuore a tutti!»

George guardò Isabelle. Sembrò arrossire e si chiese perché.

«Quindi, un brindisi a Isabelle! E sappi che ho deciso di non chiamarti più Izzie. Ho capito quanto fastidio ti dia! Sei felice?» disse alzando il bicchiere e venendo seguita da un coro di tintinnii.

Lei alzò il bicchiere e sorrise, serena. «Moltissimo, finalmente hai capito! Grazie Pam!»

«Adesso il regalo! Forza, chiudi gli occhi Bel!» disse Sammy, mentre frugava dentro la sua grande borsa.

George la vide chiudere gli occhi, in trepidante attesa, e sentì formarsi involontariamente un sorriso sulla sua bocca.

Sammy le porse un pacchetto abbastanza voluminoso, avvolto da carta rosa. Lo mise davanti a lei sul tavolo e le ordinò di aprire gli occhi. Lei obbedì e iniziò a scartare con veemenza l'involucro. Quando vide cosa conteneva, rimase di stucco.

«Ragazzi, ma siete impazziti?»

«No, Bel! La volevi così tanto! Ti piace?» le chiese Pam.

«Stai scherzando? La adoro! Oh cielo, adesso anche io ho una Canon!» disse, tirando fuori dalla carta quella che George aveva capito essere un modello particolare di macchina fotografica.

«Abbiamo preso quella giusta, vero? EOS 650?» rispose Charlie.

«Sì! È davvero stupenda, grazie ragazzi!» rispose lei, quasi con le lacrime agli occhi. «Voglio scattare subito una foto!» disse con un enorme sorriso, che contrastava con gli occhi lucidi. Sembrò pensarci un attimo e poi appoggiò la fotocamera davanti all'occhio destro, strizzando l'altro. George si accorse che l'obbiettivo era rivolto verso di lui e abbassò lo sguardo imbarazzato.

Perché sta fotografando me?

Lei appoggiò lo strumento sul tavolo e gli sorrise con sincerità. Trovò a lato della carta il bigliettino e, leggendolo, il suo sguardo si fece confuso.

Probabilmente ha visto che non c'è il mio nome.

Dopo aver ringraziato tutti tranne lui e averlo guardato con uno sguardo un po' torvo, si alzarono e decisero di fare una passeggiata fino a Pont Neuf. Leggermente alticci e presi dalle loro conversazioni e le loro risate non si erano resi conto che mancavano solo pochi minuti alla mezzanotte e che quindi il compleanno della ragazza presto sarebbe terminato.

«Forza Isabelle, pensa ad un desiderio! Così lo esprimi prima della mezzanotte!» disse Sammy.

George la vide chiudere gli occhi. Si prese il suo tempo per osservarla, per la millesima volta quel giorno. Indossava un semplice vestito azzurro che le lasciava scoperta una spalla e lungo fin sopra il ginocchio, insieme a dei tacchi bianchi che slanciavano la sua già alta figura. Pensò che fosse bella da mozzare il fiato.

In quel momento, un'idea gli balenò in testa. Approfittò della distrazione delle ragazze e tirò fuori la bacchetta dalla tasca dei pantaloni dove la teneva sempre, posizionandosi dietro Lee per essere sicuro di non farsi vedere. Allo scoccare della mezzanotte, mentre le ragazze lanciavano gridolini eccitati, con un movimento esperto mosse la bacchetta. Improvvisamente, nel cielo comparvero dei luminosi fuochi d'artificio. Una serie di stelle blu, rosse gialle illuminarono il cielo sopra Parigi per diversi minuti.

Vide Isabelle sgranare gli occhi, voltandosi verso le sue amiche incredula. «Lo avete organizzato voi?» chiese con una gioia immensa negli occhi.

Le sue amiche scossero la testa, ma la presero sottobraccio, una per lato e si avvicinarono ancora di più al parapetto del ponte, con il naso all'insù. George si avvicinò a loro, dopo essersi scambiato cenni di intesa con suo fratello e Lee.

«Ti piacciono?»

Lei si girò di scatto, sorpresa di sentire la sua voce. E George pensò che l'espressione di gioia e felicità sul suo volto fosse una delle cose più belle che avesse mai visto al mondo. «Tantissimo! Anche se non capisco, chi ha organizzato questa-»

George la interruppe. «Bel, non ci pensare e goditi lo spettacolo. Ancora tanti auguri» le disse, avvicinandosi ancora di più a lei. Nel frattempo, le due sorelle bionde si erano fatte da parte per lasciare spazio a lui. Le cinse la vita con un braccio e appoggiò il mento sulla sua spalla.

«Che la tua vita possa essere piena di gioia e felicità. Ce le meritiamo dopotutto, non trovi?» le sussurrò all'orecchio. «Ah, e le sorprese non sono finite. Vedrai».

Lei voltò la testa e posò le iridi verde scuro sulle sue. «Grazie, Georgie».

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Si sentiva felice. Il suo cuore stava letteralmente scoppiando. La cena, le risate, il regalo. I fuochi d'artificio. Il suo respiro sul collo. I brividi che aveva sentito lungo la schiena. Le sue parole.

Nonostante lui non potesse essere suo, era felice di aver provato certe sensazioni. Non si sentiva così bene da tanto tempo e si chiese se davvero ciò che stava vivendo sarebbe durato in modo permanente. Perché ci avrebbe volentieri fatto la firma.

Rientrarono in albergo. Le loro camere si trovavano su due livelli diversi, quindi di fronte alla porta che dava sul corridoio del loro piano Isabelle e Sammy salutarono gli altri. Mentre Lee, Pam e Charlie continuavano a salire le scale, George rimase indietro e prese Isabelle per un braccio.

«Bel, puoi aspettare un attimo? Ti volevo parlare».

Lei si impietrì. Cosa aveva da dirgli di così importante e che non poteva aspettare l'indomani? Si girò verso Sammy, che le fece un occhiolino prima di scomparire nel corridoio.

Deglutì rumorosamente. Sentiva il sudore scenderle lungo la schiena e il cuore palpitare.

Lui sembrava molto imbarazzato e passò qualche secondo in silenzio prima di schiarirsi la gola e iniziare a parlare. «Io ci ho pensato un po' e ... non volevo che fossimo insieme agli altri per darti il mio regalo di compleanno. Forse hai pensato che non ti avessi comprato niente, ma... volevo che fossimo soli.» Iniziò a frugare nelle tasche dei pantaloni e tirò fuori una scatolina bianca.

«Ancora tanti auguri, Bel» disse porgendogliela.

Lei la prese con mani tremanti. Tolse il coperchio e rimase senza fiato. Nella scatola si trovava un braccialetto d'argento con attaccati tre ciondoli. Si avvicinò meglio e osservò le forme.

«Come vedi i ciondoli sono un piccolo microfono, per ricordare la nostra esperienza al karaoke, un piccolo treno per il nostro viaggio e infine c'è un sole. Quello l'ho scelto perché da quando ti ho incontrato c'è sempre il sole nella mia vita».

Alzò di scatto la testa e sentì gli occhi inumidirsi. «George, io sono senza parole... è bellissimo... non so cosa dire...»

«Non dire niente...» Prese la scatola dalle sue mani e la appoggiò su uno degli scalini lì vicino.

Il suo sguardo si era fatto improvvisamente più serio. Lo vide fare qualche passo verso di lei e sentì le gambe diventare molli. Cosa stava facendo?

Le prese le mani tra le sue e la avvolse in un abbraccio.

«George...»

«Shh...» rispose lui in un sussurro. I suoi occhi sembravano ardere.

Si avvicinò piano alla sua bocca e lei d'istinto chiuse gli occhi.

Quando le loro labbra si incontrarono ad Isabelle sembrò di risentire i fuochi d'artificio, ma stavolta nel suo petto. Intorno a loro il tempo sembrò arrestare la sua corsa. Sentì il calore delle loro labbra, unite in un movimento sincrono, e le sembrò tutto così giusto. Ogni tassello, in quel momento, sembrò andare al suo posto. Passando la lingua sulle sue labbra, sentì il sapore dolce che sprigionavano. Sapore di vaniglia misto a cannella.

Piano piano George cercò di farsi spazio con la lingua, e quando lei glielo permise Isabelle sentì milioni di farfalle librarsi in volo nella sua pancia. Il profumo della sua colonia le invase le narici e le fece venire voglia di stringersi ancora di più a lui, ancora più vicino. George rispose alla stretta, mentre con una mano le accarezzava dolcemente i capelli. Le loro lingue continuava a muoversi sinuose una contro l'altra, e Isabelle iniziò a sentire caldo alla parte basse del ventre. I brividi avevano iniziato a percorrerle all'impazzata tutto il corpo, e si rese conto che il bacio stava diventando sempre più infuocato. Sentiva il cuore di lui battere forte, sembrava che ad entrambi stesse per scoppiare dal petto.

George la avvicinò al muro staccandosi per un attimo, e le fece appoggiare la schiena con delicatezza. Si fece spazio con il ginocchio tra le sue gambe, mentre la guardava con occhi famelici, desideroso di annullare di nuovo le distanze tra di loro. La sua bocca ritornò con urgenza sulla sua, mentre le mani lasciavano la testa e iniziavano ad esplorare le altre parti del suo corpo. Le accarezzò prima il volto, poi il collo e infine la clavicola lasciata scoperta dal vestito. Isabelle si sentì mancare al contatto. Era come se avesse preso la scossa e si fosse bruciata allo stesso tempo. Sentì l'impronta della mano di George fissarsi sulla sua pelle e credeva che ci sarebbe rimasta per sempre.

Quando arrivò al suo seno, Isabelle ansimò dentro il bacio, cercando di riprendere fiato. La sua mano si era avvolta perfettamente intorno alle sue forme e sentiva il desiderio che continuasse, che scendesse ancora di più. 

Ancora.

Ma come un'ombra scura, all'improvviso un pensiero si fece strada nella sua mente.

È tutto sbagliato.

Aprì gli occhi e si staccò improvvisamente da lui, che la osservò con la confusione negli occhi. Lo allontanò bruscamente, dando voce al suo pensiero. «È tutto sbagliato! Lo capisci George? Tu non puoi...Tu hai detto che...Perché lo hai fatto?» urlò, con gli occhi che si riempivano di lacrime.

Si girò e di corsa fece il corridoio per rientrare in camera. Sentì pronunciare il suo nome un paio di volte ma non si girò mai e si chiuse la porta alle spalle, accasciandosi contro la parete una volta dentro e lasciandosi scivolare a terra in preda ai singhiozzi.

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