XXI
Il sole che filtrava dalle finestre le illuminò il viso. Isabelle si portò l'avambraccio sopra la testa per coprirsi e produsse un lieve lamento. La testa le stava letteralmente scoppiando. Passò ancora qualche secondo prima che i ricordi, inizialmente offuscati, della sera prima ritornassero al loro posto e le fornissero la consapevolezza di ciò che era accaduto. Nonostante la grande quantità di bevande buttate giù, l'adrenalina e la paura di quel momento avevano annullato tutti gli effetti dell'alcool e ricordava tutto, quasi dettagliatamente.
«Cosa credi di fare con lei?»
«Questa è la tua ragazza? Scusa, non lo sapevo, sai, stava ballando proprio come una puttana su quel cubo...»
Aprì gli occhi. Fissando il soffitto bianco della camera d'albergo, pensò a quanto fosse stata ingenua. Fidarsi così di uno sconosciuto, appartarsi con lui. Stentava a riconoscersi. E si sentì ancora peggio, pensando a cos'era accaduto dopo.
L'impatto della sua mano sul muro. Il sangue che colava. I suoi occhi infuocati, che le erano sembrati quasi neri da tanto che le sue pupille erano dilatate.
Non capiva minimamente il perché di quel gesto. Forse credeva che Tommaso l'avesse aggredita? Forse era troppo ubriaco per capire che lei era consenziente?
O forse era semplicemente geloso?
Cercò di scacciare quel pensiero dalla mente. Era stato ben chiaro con lei. Nella mente e nel cuore di George c'era solo Angelina, insieme alla confusione che provava per i suoi sentimenti per lei.
Non c'era spazio per altro. O almeno, questo quello che continuava a ripetersi da diversi mesi a questa parte.
Con la testa che le esplodeva scostò le coperte, cercando di non svegliare Sammy che dormiva beatamente accanto a lei. Andò a piedi nudi verso il bagno e una volta dentro decise di rinfrescarsi. Si sciacquò il viso, godendo del contatto dell'acqua fresca con la sua pelle. Con la mano inumidita passò anche sul collo e sulla nuca. Dopo essersi asciugata incrociò il suo sguardo allo specchio. Due borse marca Prada stazionavano sotto i suoi occhi. Si sentiva un mostro.
Cercò di darsi una sistemata con i trucchi e poi rientrò in camera. Sammy si era svegliata e stava seduta sul letto, con le gambe incrociate mentre si ispezionava con interesse le pellicine delle unghie. Quando la sentì rientrare alzò lo sguardo e le sorrise amorevolmente. Non sapeva cosa avrebbe fatto senza la sua migliore amica.
«Come stai, Bel? Come ti senti?»
«Mi scoppia la testa. Ma per il resto, a parte una serata disastrosa alle spalle e due enormi borse sotto gli occhi da fare concorrenza alla settimana della moda, tutto bene».
La bionda rispose ridendo alla sua battuta. «Bel, cerca di non pensarci, ok? Non hai fatto assolutamente niente di male. Se qualcuno si deve sentire male, quello è il ragazzo con i capelli rossi che sta probabilmente dormendo dall'altro lato del corridoio. E poi, hai fatto un lavoro magnifico con il trucco! Non si vede quasi più niente!»
La sua amica si alzò e le andò incontro. La avvolse in un abbraccio amorevole e dopo averle scompigliato i lunghi capelli neri le ordinò di prepararsi. Era ora di fare colazione e godersi le ultime ore in quella fantastica città.
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Non aveva chiuso occhio tutta la notte. Continuava a ripensare al suo comportamento scorretto e a come aveva rovinato la serata a tutti.
Era stato più forte di lui. Vederla tra le braccia di quello, vedere la passione con cui si era stretta a lui...
Avrei voluto essere al suo posto.
E, finalmente, accettò questo pensiero. Non cercò di toglierlo dalla sua mente, non cercò di dare giustificazioni o scuse. Era stanco di continuare a raccontarsi bugie.
Era completamente e assolutamente perso per Isabelle. E la scenata della sera prima ne era la prova. Ripensò alle parole della loro saggia amica Sammy.
Con la testa piena di pensieri e dopo essersi cambiato, si avviò verso la sala colazioni. Trovò già tutti i suoi amici seduti ad un tavolo tondo. Cercò di incrociare lo sguardo di Isabelle ma lei, come era successo la sera prima, non riusciva a sostenerlo. Si sedette di fronte a lei nell'unico posto disponibile e si riempì il piatto, nonostante non avesse fame.
«Dio che mal di testa, non potete capire! Non mi sbronzavo così da secoli!" disse Pam mentre masticava una fetta di pane tostato. «A proposito, dove siete finiti tutti ieri sera? La serata è stata divertentissima, ad un certo punto hanno iniziato a sparare anche la schiuma al centro della pista, è stato bellissimo! Vero, amore?» chiese a Lee, seduto accanto a lei e intento a mangiare della frutta fresca. Lui annuì semplicemente.
Di fronte alla domanda di Pam, calò un silenzio imbarazzato tra di loro. George dopo qualche secondo decise di farsi coraggio e parlare. Si sentiva mortificato.
«Ragazze, mi dispiace molto per ieri sera. Non so cosa mi sia preso, sul serio... spero che mi potrete perdonare».
Isabelle finalmente alzò lo sguardo e incrociò gli occhi di George, spalancati e pieni di speranza.
Stava per aprire bocca quando Sammy la precedette sul tempo. «Va tutto bene, stai tranquillo. Basta che non succeda più» disse con la faccia seria.
Isabelle al suo fianco decise di non parlare. Anche perché si rese conto che avrebbe saputo cosa dire. Non era arrabbiata con George ma era confusa. Non capiva il suo comportamento avventato e aggressivo e che aveva buttato giù il suo umore.
«Perché, che è successo?» chiese Pam incuriosita.
«Poi ti spiego» le rispose sua sorella, liquidandola in fretta.
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Per il gruppo era l'ultimo giorno a Firenze. Il loro treno per Parigi sarebbe partito in tarda serata e, nonostante l'umore fosse un po' a terra, decisero di mantenere la loro tabella di marcia. Oggi avrebbero dovuto visitare la chiesa di Santa Maria Novella, il Giardino di Boboli e si sarebbero lasciati un po' di spazio per comprare qualche souvenir.
George durante la mattina provò diverse volte a parlare con Isabelle, ma lei rispondeva a monosillabi oppure non rispondeva proprio, sorridendo timidamente e allontanandosi da lui. Il ragazzo cercò comunque in ogni modo di provare a godersi la giornata, ma non era per niente semplice. Vederla così lo faceva soffrire.
Davanti alla prima tappa, la chiesa di Santa Maria Novella, trovarono un'antica colonna enorme, alla cui metà si trovavano quattro piccole tartarughe, una per ogni angolo e che davano l'effetto di sostenere la parte superiore. Vedendole, gli balenò in testa un'idea per cercare di stemperare la tensione del gruppo.
Dando una gomitata a Lee, gli bisbigliò qualcosa nell'orecchio e gli fece cenno di avvicinarsi insieme a lui ad un gruppo di turisti che dall'accento capì essere americani. Erano tutte persone di una certa età.
«Buongiorno, signori! Noto con piacere che siete turisti, proprio come noi! Da che parte del mondo venite?» chiese con un sorriso sornione.
Una delle donne, una signora sulla sessantina con i capelli bianchi e con indosso dei bermuda color kaki, rispose tutta entusiasta. «Sì, è proprio così! Siamo americani, più precisamente del Wisconsin! E voi, cari ragazzi?»
«Noi veniamo da Londra, Signora. Vi sta piacendo la città?» chiese Lee, cercando di nascondere una risata. Charlie, Isabelle, Sammy e Pam, che erano rimasti più indietro a scattare qualche foto con una macchina fotografica usa e getta, si avvicinarono, ascoltando incuriositi lo scambio di battute.
«Moltissimo, è così piena di arte, per non parlare del buon cibo!» rispose un signore più anziano, probabilmente il marito della donna che aveva parlato.
«A proposito di arte, siamo appena venuti a conoscenza di un fatto artistico magnifico e abbiamo pensato che dovevamo condividerlo con ogni amante della cultura! E secondo me voi lo siete...» disse George, facendo l'occhiolino ad una delle altre signore del gruppo, che lo stava ascoltando.
«Esatto! Sono sicuro che ne rimarrete estasiati!» continuò Lee, reggendo il gioco al suo amico.
«Vi prego, diteci di più! Cosa avete scoperto di così interessante?» disse la prima signora.
«Vedete quella colonna, al centro della piazza?» rispose George, voltandosi e indicando con il dito puntato la struttura imponente dietro di lui. Il gruppo di turisti americani annuì in silenzio. Pendevano dalle sue labbra.
«Beh, io e il mio amico qua, abbiamo scoperto che quelle piccole tartarughe che sorreggono la colonna sono niente poco di meno che un omaggio alle tartarughe ninja, che hanno finalmente fatto conoscere i quattro grandi artisti fiorentini e che, purtroppo, nel mondo non si stava filando nessuno! Fino ad ora!» disse lui. Negli ultimi tempi, e nei suoi giorni liberi dal negozio, si era trovato molto divertito nel vedere i cartoni animati babbani alla televisione del salotto di Lee. Uno dei suoi preferiti erano appunto le tartarughe ninja.
Un coro di "Oh" e di "Ah" si levò dal gruppo di turisti. A bocca aperta e occhi sgranati si avvicinarono alla colonna, armati di macchine fotografiche e telecamere.
«Signori e signori, vi presentiamo Raffaello, Michelangelo, Leonardo e Donatello!» disse Lee in modo trionfante, cercando di non scoppiare a ridere in faccia ai turisti americani, che nel frattempo avevano iniziato a scattare miriadi di foto per documentare quel fantastico reperto artistico e storico di cui non conoscevano l'esistenza.
«Chissà che invidia farò alle mie amiche del gruppo di lettura!» esclamò gioiosa una delle donne anziane.
George non riuscì più a trattenersi e scoppio letteralmente a piangere dalle risate. Anche gli altri stavano ridendo a crepapelle. Dopo qualche secondo, il ragazzo osservò il volto di Isabelle e vide che un bellissimo sorriso era comparso. Il suono della sua delicata risata risuonò piacevole al suo orecchio e lui ne fece tesoro. Dopo il disastro della sera precedente era davvero felice di averla fatta stare bene, di averla resa spensierata.
Si allontanarono cercando di non farsi notare ed entrarono nella chiesa pronti per il loro tour, tutti con il sorriso sulle labbra.
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Dopo aver visitato il bellissimo ed enorme Giardino di Boboli, decisero di fare un pranzo al sacco seduti su una delle grandi distese di erba del complesso in cui il giardino era inserito. Stesi su quel magnifico prato poterono godersi la fantastica giornata di sole.
«Bel, non so se ricordo male, ma non dovevate lasciare una specie di nota, bigliettino o quel che è, in ognuna delle città visitate in questa estate?» le chiese Charlie mentre addentava il suo panino.
La ragazza annuì, finendo il boccone. «Sì, dovremmo farlo oggi, altrimenti stasera con la partenza risulterà difficile...» spostò lo sguardo verso George, che la stava già guardando. Stanca di doversi sentire imbarazzata, gli sorrise inclinando la testa di lato. «Dove pensi che potremo lasciare la nota, Georgie?»
«Avrei in mente un posto. Che ne pensi di Ponte Vecchio? Hai visto quanto era bello di mattina? Figuriamoci al tramonto! Credo che sarebbe perfetto.»
«Oh, sì! Credo che sia la scelta migliore. Sembra un posto magico, quasi uscito da una cartolina!» disse Sammy mentre si alzava e iniziava a raccogliere le cartacce da cestinare.
«La trovo un ottima idea, ci sto!» rispose Isabelle.
Dopo un giro nei negozi di souvenir, il gruppo decise di dividersi. Dopo aver comprato un piccolo taccuino e due penne, Isabelle e George si allontanarono dal gruppo e si avviarono insieme verso Ponte Vecchio. Il sole stava iniziando a tramontare e quando arrivarono, i colori predominanti erano il rosa e l'arancione che formavano uno splendido riflesso sulla superfice azzurrina del fiume Arno.
«Wow... è davvero mozzafiato» disse Isabelle, osservando lo spettacolo della natura di fronte a lei.
«Da noi certi panorami si vedono poco... » disse, girandosi verso di lei e prendendole senza preavviso le mani, stringendole nelle sue. «Davvero, grazie Bel. Se non fosse stato per voi non avrei mai potuto godermi questo spettacolo e tutto questo divertimento. Grazie, dal profondo del mio cuore».
Isabelle lo osservò nei suoi profondi occhi color nocciola che tanto adorava. Il sole stava creando un riflesso particolare su di lui ed era come se mille pagliuzze dorate fossero sparse sulle sue iridi dal colore caldo. I suoi capelli sembravano di un colore ancora più acceso a causa del contatto con la luce e le sue lentiggini, forse a causa del sole preso durante il giorno, erano ancora più risaltate, creando una fitta trama sul suo naso e sulle sue guance.
«Non mi devi ringraziare George, è stato un piacere per noi farlo. E ne stiamo beneficiando tutti».
Dopo qualche secondo di silenzio tra loro George parlò di nuovo, appoggiandosi con gli avambracci al parapetto del ponte: «Isabelle, mi dispiace davvero tanto per ieri sera. Sono stato un coglione e non so davvero cosa mi sia preso...» mentì, sapendo invece molto bene il motivo del suo scatto d'ira. «Puoi perdonarmi?»
Isabelle aveva assunto la sua stessa posizione. «George, basta! Davvero. Ti ho già perdonato da stamani... e devo dirti la verità, mi è passata del tutto dopo lo scherzo che avete fatto a quei turisti americani!» rispose ricominciando a ridere. Notò che lui la stava fissando senza dire niente. Passò una mano davanti al suo viso.
«Terra chiama George?» La ragazza assunse un'espressione divertita quando lui sembrò uscire dallo stato catatonico.
«Scusami, mi ero imbambolato. Che dici, ci mettiamo all'opera?»
Si appoggiarono con carta e penna alla balaustra in pietra grigia, un po' distanti l'uno dall'altro. Dopo circa dieci minuti avevano terminato entrambi e piegarono i foglietti, decidendo di inserirli all'interno degli spazi lasciati dal motivo tondeggiante con cui erano formate le colonne che reggevano la cimasa.
Soddisfatti e con un peso in meno addosso, si incamminarono verso l'albergo. Durante la passeggiata per rientrare decisero di prendere un aperitivo e sorseggiarlo seduti in piazza del Duomo. Ridendo e scherzando, non si resero conto di quando tardi fosse e si ritrovarono a correre, prendendosi per mano, per non perdere il treno per la loro prossima destinazione.
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«Mamma, mamma! Guarda! Ci sono due bigliettini qua dentro!»
La piccola bambina con due codine bionde tirò la gonna di sua madre per attirare la sua attenzione.
«Sofia, cosa c'è?» le rispose lei.
«Guarda mamma, qualcuno invece dei soliti lucchetti ha inserito dei bigliettini!» disse, avvIcinandosi e tirandoli fuori dagli spazi in cui erano inseriti.
«Non toccare, Sofia!» disse la madre, sospirando esasperata. Cercò di togliere delicatamente dalle mani della sua bambina i due pezzi di carta.
«Ti prego, leggili per me! Sai che sono ancora troppo piccola per farlo!»
«E va bene, ma dopo li rimettiamo a posto. Non sono nostri e devi imparare a non prendere le cose che non ti appartengono.»
«Va bene mamma! Ma ora leggi!» esclamò la piccola con gli occhi illuminati.
La donna iniziò a scartare il primo bigliettino e vide una grafia piccola e ben curata.
«Cosa dice?»
Lesse ad alta voce il contenuto. «Il primo è in inglese, cerco di tradurlo. Qua dice... "Stella, mia piccola bambina. La mamma ha un segreto da confessarti. La mamma si è innamorata."»
«Oh, che bello! E invece l'altro?» continuò Sofia.
Aprendo il secondo, invece, trovò una grafia spessa e disordinata, con qualche cancellatura. Anche questo era in scritto in lingua inglese.
«Dice... "Fred, mi sono innamorato. Lei è bellissima e non riesco a toglierle gli occhi di dosso, come ora. Quanto vorrei averti qui per farmi consigliare da te."»
«Oh che bello, mamma! Quando sarò grande, voglio vivere un amore come il tuo e di papà e come quello di queste due persone!» disse la bambina sorridendo. Dopo aver rimesso i bigliettini al loro posto, si incamminò mano nella mano con la sua mamma nella calda serata fiorentina.
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Spazio autrice
Avevo detto che avrei aggiornato domenica, ma stasera mi sentivo particolarmente produttiva e da subito dopo cena mi sono messa a scrivere, terminando adesso con due occhi rossissimi ma soddisfatta!
Mi rendo conto che le cose stanno succedendo molto a rilento e che molt* di voi stanno aspettando una certa scena, ma abbiate pazienza! Tutto a suo tempo, e non rimarrete delus*, o almeno lo spero!
Adesso qualche piccolo chiarimento:
-Non so se tra voi c'è qualcuno di Firenze. Se sì, chiedo venia per la descrizione di Ponte Vecchio. Purtroppo ho dovuto adattarla alla storia e ho dovuto fare qualche piccola modifica per questo.
-Come vedete sono leggermente fissata con gli Arctic Monkeys, saranno sempre più presenti! Se non li ascoltate già, andate! Sono una bomba.
Detto questo, spero che la storia vi stia piacendo, vi dico solo che mi fate sganasciare dalle risate (termine toscano come me!) con tutti i vostri commenti, vi adoro e mi state spronando sempre di più a proseguire con la storia.
A presto! (Credo ci risentiremo la prossima settimana, dopo questa maratona di scrittura penso che mi eclisserò qualche giorno!)
Baci stellari a tutt*!
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