XX
Disclaimer: presenza di linguaggio scurrile
«Dove pensi di andare con quella cosa orrenda?»
Pam aveva un tono di voce per metà disgustato e per metà infuriato. Isabelle si trovava dietro di lei, seduta sul divano intenta a piegare dei vestiti da inserire nel bagaglio, ma nonostante la sua amica fosse girata di spalle riusciva a immaginarsi il disprezzo dipinto sul suo volto.
Di fronte alla ragazza bionda si trovava Lee. Era appena entrato nel loro appartamento e stava tenendo qualcosa in mano, ma che Isabelle non riusciva a vedere. Si sporse dalla posizione in cui si trovava allungando il collo e vide che il suo amico stava reggendo con entrambe le mani uno zaino da escursionismo. Era abbastanza grande, di colore verde e composto da diversi scompartimenti sia sul davanti che sui lati. Cercando di focalizzare, Isabelle si rese conto che effettivamente era parecchio consunto e liso. Le cinghie che avrebbero dovuto chiuderlo sul davanti erano tutte rovinate.
«Ma di che parli? È lo zaino che mi hai chiesto di portarti!» rispose lui.
«Ti ho chiesto di portarmi uno zaino, non un vecchio straccio! Ma dove lo hai trovato? Va bene la comodità per il viaggio, ma io quello schifo non lo porto! Stai scherzando? Ma nemmeno per sogno! Figurati se mi farei vedere in giro con una cosa del genere sulle spalle...» disse Pam borbottando, mentre si avviava verso la camera da letto, lasciando il suo fidanzato impalato in mezzo al salotto.
«Giuro che non ti capirò mai, donna!»
Esasperato, appoggiò lo zaino in terra e la seguì nella sua stanza. Isabelle, rimasta sempre nella sua posizione in silenzio, rise sotto i baffi. Pam si trovava in questo stato di delirio pre-partenza all'incirca da una settimana. Quando i ragazzi le avevano detto che partire per un Interrail significava rinunciare ad alcune delle comodità, tra cui anche lo spazio per i vestiti e gli oggetti personali che un trolley poteva fornire, lei era andata nel panico. Aveva ordinato, senza possibilità di replica, a Lee di andarle a cercare uno zaino abbastanza spazioso per la miriade di cose che voleva portarsi dietro, ma che fosse anche comodo e stiloso. Un'impresa da niente, considerando il caratterino e i gusti della ragazza.
Isabelle e Sammy, invece, si erano dimostrate subito accomodanti rispetto a questo cambiamento. D'altronde, non erano molto abituate a viaggiare e non pesava loro rinunciare di portare qualcosa se questo voleva dire muoversi più liberamente e divertirsi di più.
«Ti ho detto che quella cosa io non la porto! Senti Izzie se la vuole, io mi rifiuto!»
Sentì la voce stridula di Pam urlare quella frase dalla porta chiusa della camera e alzò gli occhi al cielo. Questi preparativi sarebbero stati davvero impegnativi.
La porta della camera di Pam sbatté e vide Lee rientrare in salotto con uno sguardo mesto.
«Ti sta facendo dannare?» chiese lei. «Benvenuto nel club, amico mio».
Lee sospirò e poi fece un largo sorriso alla ragazza. «Sai come è fatta, vorrebbe portarsi dietro tutto l'armadio, sto cercando di farla ragionare però sembra un impresa titanica». Il ragazzo portò la mano destra alla testa, cercando di lisciare i suoi, ormai non più, lunghi dread e poi, guardando Isabelle negli occhi, scoppiò in una risata.
Lee infatti da due settimane, sia per la calura che per comodità, aveva deciso di fare un cambio drastico al suo look e aveva completamente rasato tutta la testa. Il risultato era fenomenale, stava davvero bene. Sembrava molto più giovane con questo look fresco e pulito che aveva scelto.
«Devo sempre farci l'abitudine sai... George mi prende in giro da quando sono tornato dal parrucchiere! Dice che sembro una palla di vetro per la Divinazione!» disse ridendo, prima di farsi serio. Sembrava preoccupato.
«Tutto bene, Lee? Ti sei ammutolito improvvisamente...» chiese Isabelle, guardandolo con curiosità. Mentre lo osservava, si ritrovò a pensare a quanto aveva appena detto.
Palla di vetro per la Divinazione? Che paragone strano da fare.
Lee sembrò riprendersi dal momento di riflessione e continuò, ripristinando la sua solita espressione divertita. «E tu, come stai messa con i bagagli? Tra due giorni si parte!»
«Tutto bene, sto preparando adesso le ultime cose. Non vedo l'ora, sono così emozionata! È il mio primo viaggio dopo tanti anni...»
«Bel, fidati quando ti dico che siamo tutti elettrizzati!»
⸞⸞⸞⸞⸞⸞
«Forza, ragazzi, andiamo! Altrimenti perderemo il treno!»
George sentì Lee che, in testa al gruppo, gridava a tutti loro, mentre a corsa cercavano di raggiungere l'ingresso della grande stazione di King's Cross Station. Davanti a lui, suo fratello e Sammy. Voltandosi leggermente, vide Pam e Isabelle che lo seguivano con il fiatone.
La colpa del loro ritardo era di Charlie. Quel ragazzo non sapeva davvero cosa volesse dire l'organizzazione e la puntualità. Alla fine, in mezzo a una decina di draghi, non aveva grandi tabelle di marcia da rispettare, e questo gli procurava una certa difficoltà nella vita babbana che da diversi mesi a questa parte stavano, chi più e chi meno, tutti conducendo. Quella mattina si era attardato in bagno, era rimasto all'incirca un ora ad occuparlo, fino a che George, spazientito, non aveva iniziato a dare dei forti pugni sulla porta e lo aveva costretto ad uscire. Nonostante si fossero smaterializzati di corsa all'appartamento delle ragazze avevano comunque accumulato un ritardo allucinante.
All'interno dell'atrio centrale il gruppo si fermò per osservare il grande tabellone su cui era segnato il binario e George fu il primo ad individuarlo. «Eccolo lì! Firenze! Al binario... 10»
La sua voce perse una tonalità quando pronunciò quel numero. Una marea di ricordi gli attraversarono la mente in un secondo. Il binario 9 e tre quarti, posizionato proprio tra i binari nove e dieci. Il punto di accesso per il treno che li aveva portati ad Hogwarts per sette lunghi anni.
Perso nei suoi pensieri, fu scosso dalla mano di Lee sulla spalla. «Andiamo George, ora non è il momento di percorrere il viale dei ricordi. Siamo in ritardo, te lo sei già dimenticato?»
George annuì e insieme al suo gruppo di amici si precipitò al binario.
Il treno per fortuna non era ancora partito. Il capotreno, un uomo baffuto e con la pancia, sulla cinquantina, stava aspettando sbuffando gli ultimi ritardatari.
«Forza, forza...» disse, con poco entusiasmo grattandosi l'enorme pancia.
Isabelle, la più organizzata del gruppo, si fece avanti mostrando i biglietti per tutti. Il capotreno li osservò svogliatamente e annuì, facendo cenno loro di entrare.
George, prima di salire, si voltò ad osservare la colonna di mattoni situata tra i due binari. Presto, si trovò immerso di nuovo nei ricordi.
«Fred, ora tocca a te!»
«Ma io non sono Fred, sono George! Parola mia donna, e dici di essere nostra madre? Non lo vedi che sono George?»
«Scusami, George caro!»
«Te l'ho fatta! Io sono Fred! Andiamo George, muovi quel culo!»
«Ragazzi! Linguaggio!»
Il fischio del capotreno lo riportò alla realtà. Salì con un sorriso sul volto i pochi gradini e seguì i suoi amici nello scompartimento. Il viaggio era parecchio lungo, all'incirca 10 ore, e la prenotazione che avevano fatto comprendeva dei posti in delle cuccette per riposare.
Entrò nel grande scompartimento, che prevedeva da un lato una serie di posti a sedere e dall'altro tre posti letto.
«Non so come faremo ad entrare in queste cuccette, le hanno concepite per nani?» disse Charlie, mentre posava il suo grande zaino a terra.
Sammy rise alla battuta del fidanzato e avvolse le braccia intorno alla sua vita, abbracciandolo da dietro. «Amore, sei troppo alto! Ma non credo di entrarci nemmeno io, forse riusciranno a dormirci solo Pam e Lee!»
Tutti risero, anche i diretti interessati. «Vorrà dire che voi vi dovrete accontentare dei sedili!» rispose la ragazza bionda, mentre sistemava il suo zaino blu, che era andata personalmente a comprare in un negozio specializzato in questi articoli, in uno spazio apposito per i bagagli.
Sentirono il treno sotto di loro che muoveva i primi passi, percorrendo i primi metri. Si sistemarono, Pam e Lee stesi nelle cuccette e gli altri sui lunghi sedili in pelle. Sammy si sedette da un lato insieme a Charlie, appoggiandosi a lui e iniziando a guardare fuori dal finestrino. Isabelle, invece, si sedette dall'altro lato e fu presto seguita da George. Non si appoggiò a lui, anche se il ragazzo avrebbe tanto desiderato che lo facesse. Ultimamente si era ritrovato spesso a pensare a lei, o ad osservarla di sottecchi. Sicuramente avrebbe voluto che fosse più di una semplice amica, ma aveva paura di non essere ricambiato e non aveva il coraggio di esprimerle come si sentiva quando erano insieme.
Isabelle incrociò le braccia e iniziò a guardare intensamente fuori dal finestrino. George decise di prendere dalla tasca davanti del suo zaino, a cui aveva fatto precedentemente un incantesimo estensivo irriconoscibile grazie agli insegnamenti di Hermione, il walkman che Isabelle gli aveva regalato per il compleanno l'Aprile precedente. Aveva fatto creare a Lee un'altra cassetta con le migliori canzoni rock babbane. Quel genere musicale gli piaceva, lo sentiva suo. Prese delle nuove cuffiette, questa volta molto più piccole e pratiche, ne mise una dentro il suo orecchio destro e poi, senza pensarci, ne porse una ad Isabelle. Lei lo guardò con i suoi grandi occhioni verdi scuro e sorrise.
«Posso fidarmi dei tuoi gusti musicali, Weasley? Sai, sei un tipo parecchio strano...»disse lei, ridendo maliziosa.
Lui le diede una gomitata nel fianco e le fece la linguaccia. «Prendere o lasciare, Banks. Non farò un'altra offerta allettante come questa».
Lei scrollò le spalle con aria divertita e prese la cuffietta, posizionandola nel suo orecchio destro.
Le note di Basket Case dei Green Day iniziarono a espandersi dal dispositivo fino alle loro orecchie.
Il treno iniziò a prendere velocità e uscì dalla stazione. Il loro viaggio era appena cominciato.
⸞⸞⸞⸞⸞⸞
10 ore e mezzo dopo
Firenze
«Oh santo cielo, non ne potevo più di stare seduta! Finalmente!» disse Sammy, stiracchiandosi.
Si trovavano al centro della grande stazione di Santa Maria Novella a Firenze. Il viaggio era stato estenuante e stancante, ma non si erano mai annoiati. Avevano giocato a carte, discusso di musica e sport, di cui Lee era un grande esperto, e schiacciato qualche sonnellino.
A piedi raggiunsero l'albergo che distava poco dalla stazione. Era ormai sera e loro erano davvero cotti. Avrebbero cominciato la visita della città il giorno seguente.
«Buonasera, abbiamo una prenotazione a nome Weasley» disse Isabelle alla receptionist.
Dopo le fasi di check- in si divisero nelle stanze che li erano state assegnate: Pam con Lee, Sammy con Isabelle e Charlie con George. Isabelle aveva pregato Sammy di dividere la camera con lei per non essere costretta a prendere due singole, una per lei e una per George. Sarebbe stato molto imbarazzante e avrebbe sottolineato ancora di più la strana situazione tra loro due.
Dopo una doccia e una breve cena nel ristorante dell'albergo decisero all'unanimità di andare a dormire. L'indomani sarebbe stata una giornata impegnativa e volevano essere ben riposati per affrontarla al meglio.
⸞⸞⸞⸞⸞
Il giorno successivo passò davvero velocemente. Si svegliarono presto e iniziarono la loro prima giornata da turisti. Al mattino visitarono il Duomo, Ponte Vecchio e Palazzo Vecchio. Nel pomeriggio invece decisero di visitare il Corridoio Vasariano con all'interno alcune delle opere più belle degli artisti Rinascimentali.
Isabelle e George furono incaricati di fare la fila per i biglietti, mentre gli altri stavano seduti poco più lontano per riposare le gambe.
«Allora, ti stai divertendo?» chiese lei, per cercare di stemperare la tensione tra di loro, connotata da un imbarazzante silenzio.
George sembrò sorpreso della domanda. «Ma certo. Mi ci voleva proprio, è un regalo magnifico. Non potevo chiedere di meglio...» le rispose, guardandola fisso negli occhi.
Lei riuscì a sostenere lo sguardo del ragazzo solo per qualche secondo. Abbassò la testa. Improvvisamente la punta delle sue scarpe sembrava interessantissima.
Mentre la fila avanzava, George fece una domanda che la spiazzò. «Hai più sentito Eric?»
Lei scosse la testa. «No, per fortuna. Non si è azzardato più né a chiamarmi né a venire a casa. Credo che tu lo abbia spaventato tanto!» disse ridendo. «So che ha chiamato più volte mia madre, è anche andato a trovarla. Lei, sotto sotto, spera ancora che ci rimetteremo insieme. Ma questo ormai non è più possibile» disse con sguardo serio.
George le tirò una spallata giocosa, spostandola di qualche passo. «Sono sicuro che quando troverai la persona giusta per te lo dovrà accettare. Al cuore non si comanda, Bel, dovrà farsene una ragione, non credi?»
Il ragazzo era diventato leggermente rosso, e lei ben presto gli fece compagnia. Dicendo un "sì" strozzato, finse di cercare in modo frenetico qualcosa dentro al suo zaino. Presto la fila avanzò e fu il loro turno. Dopo aver preso i biglietti ritornarono dai loro amici, pronti per continuare il loro pomeriggio culturale.
⸞⸞⸞⸞⸞⸞
Dopo una cena in uno dei ristoranti tipici della città, dove poterono assaggiare la buonissima Bistecca alla Fiorentina e bere litri e litri di buonissimo vino rosso toscano, tutti erano effettivamente molto ubriachi.
Pam, che era quella che reggeva meno l'alcool, camminava sui sanpietrini di piazza del Duomo incespicando con i suoi tacchi vertiginosi. Lee cercava di sorreggerla, ma con scarsi risultati. Anche lui era parecchio su di giri.
«Non voglio andare a letto!» urlò Pam.
«Guarda che non importa urlare, siamo tutti qua con te!» la rimproverò sua sorella, che sembrava quella più sobria.
«Dai, ha ragione! Anche io non voglio dormire, è estate, siamo in vacanza e dobbiamo festeggiare!» disse Isabelle, ubriaca fradicia. Con non poca difficoltà salì con i tacchi che aveva indosso su una delle panchine della piazza. George si mise sotto di lei, controllando che non perdesse l'equilibrio e cascasse, anche se di equilibrio ne aveva ben poco anche lui.
«Buonasera ragazzi. Inglesi?» disse un ragazzo alto e moro avvicinandosi a loro. Era vestito con colori sgargianti e teneva in mano un piccolo blocchetto.
Charlie annuì, avvicinandosi a lui incuriosito.
«Se cercate un posto dove continuare la vostra serata, proprio qua dietro si trova la discoteca YAB! Posso lasciarvi i biglietti!»
La proposta del ragazzo suscitò le grida di approvazione di tutte le ragazze, compresa Sammy. I ragazzi, dopo essersi guardati per qualche secondo, annuirono. Dopotutto, erano pur sempre in vacanza.
Si avviarono all'ingresso del locale. Da fuori il posto sembrava un normalissimo antico edificio fiorentino, ma una volta dentro il gruppo si ritrovò a scendere delle scale a chiocciola che portavano ad un piano interrato, molto scuro e illuminato solo dalle luci stroboscopiche. Di forma quadrata, lo spazio all'interno era fornito di tutta una serie di divanetti disposti in punti strategici.
«Io vado subito a bere!» urlò Pam alle sue amiche per farsi sentire con il frastuono della musica pompata dalle casse.
«Ti faccio compagnia!» esclamò Isabelle, seguendola a ruota verso il bancone.
Una volta ordinati due rum e cola, le ragazze raggiunsero Sammy al centro del locale. Charlie, insieme a lei, le disse qualcosa all'orecchio e poi si dileguò tra la folla.
«Dove sono tutti?» chiese Isabelle.
«Sono andati a cercare il bagno! Charlie ha aspettato con me che tornaste. Che ne dite di andare a scatenarci in pista?» rispose la sua amica bionda.
Non ci fu bisogno di dirlo due volte. Le ragazze, con i bicchieri in mano, si lasciarono andare alla musica inebriante che le avvolgeva e non le faceva pensare a niente. Ridevano come delle pazze. Si stavano divertendo, Dio solo sa quanto ne avessero bisogno, soprattutto Isabelle e dopo un anno come quello appena trascorso.
La ragazza, in preda all'euforia, si avvicinò ad una specie di cubo al centro della pista da ballo. Ci salì sopra proprio quando dalle casse uscirono le travolgenti note di "Let's Dance" di David Bowie. La ragazza iniziò a muoversi in modo sensuale, come lei sapeva fare, ancheggiando e muovendo le braccia sopra la testa in modo ipnotico. Ai suoi piedi, le due sorelle continuavano a ballare senza pensieri.
Ad un certo punto sentì qualcuno che le tirava il vestito corto che indossava. Credendo che fosse uno dei suoi amici, si girò, pronta a fare qualche battuta. Ma di fronte a lei si trovava un bellissimo ragazzo, o almeno le sembrava a causa dei fumi dell'alcool, con lunghi capelli castani che arrivavano fino alle spalle, occhi neri penetranti e braccia possenti.
«Ehi, bellezza. Perché non vieni giù? Parliamo un po'» le disse in un inglese strascicato.
Lei annuì e prese la mano del ragazzo che la aiutò a scendere. «Io sono Tommaso, piacere. Tu come ti chiami?» chiese con il suo accento italianizzato. Lei rise, sentendo la sua pronuncia.
«Sono Isabelle, piacere! Il tuo accento mi fa molto ridere!»
«Perché non usciamo un po' fuori? Almeno possiamo parlare con più tranquillità».
Lei non ci vide niente di male. Si stava solo divertendo e decise di lasciarsi andare. Era arrivato finalmente il momento di sciogliersi un po' e vivere.
⸞⸞⸞⸞⸞⸞
«Dov'è Isabelle?» chiese George una volta ritornato dal bagno. Al centro della pista, infatti, vide solo Pam e Sammy, intente a ballare come se non ci fosse un domani. Ma della mora non c'era traccia.
«Era qui, stava ballando sul cubo...» gli rispose Pam, con un tono di voce strascicato.
«Forse è meglio che non bevi più, che ne dici tesoro?» disse Lee, circondandole la vita con un braccio.
George si guardò intorno tra la folla. Dove poteva essere? Non erano stati via tanto, quindici minuti al massimo.
«Vado a fare un giro, cerco di trovarla.»
«George, veniamo con te» disse Sammy, prendendolo per un braccio e seguendolo insieme a Charlie. Dopo aver cercato all'interno del locale senza risultati, provarono all'esterno. Forse aveva solo bisogno di una boccata d'aria.
Uscendo fuori, George si osservò intorno, sia a destra che a sinistra. Ad un certo punto il suo sguardo si posò su una scena che non avrebbe mai voluto vedere.
Di fronte al locale, appoggiata al muro, si trovava Isabelle. Stava parlando con un ragazzo alto e muscoloso, di fronte a lei. La vide e la sentì ridere ad una battuta che probabilmente lui le aveva fatto.
«George, torniamo dentro dai. Lasciamola in pace». Charlie si spostò accanto a lui e lo prese per un braccio per riportarlo dentro. George sentì un buco allo stomaco. Non riusciva a sopportare la vista della ragazza in atteggiamenti così intimi con uno sconosciuto. Ma per quello che ne sapeva, non avrebbe sopportato una tale vista di lei con nessuno in generale.
Stava per voltarsi e tornare dentro, amareggiato, quando con la coda dell'occhio vide che il ragazzo si stava chinando verso il volto di Isabelle e che, piano piano, si stava avvicinando sempre di più alla sua bocca. Si voltò di scatto e scorse l'esatto momento in cui le loro labbra si scontrarono. Vide Isabelle avvicinare il proprio corpo a quello del ragazzo e la vide stringere con una mano i lunghi capelli di lui.
Fu troppo. Fu come se qualcuno avesse acceso un fuoco improvviso dentro di lui. Sentì le gambe muoversi ancora prima di deciderlo e a grandi passi attraversò la strada. In pochi secondi era davanti a loro. Spostò con una forza che non credeva di avere il ragazzo da Isabelle e, spingendo di lato lei per evitare che si facesse male, lo attaccò al muro. Le sue mani si strinsero intorno al suo collo.
Arrabbiato fin sopra i capelli e con una scarica di adrenalina in corpo pazzesca, continuava a tenerlo stretto nella sua presa. «Cosa credi di fare con lei?» disse con un tono gutturale. Un tono di voce che non era mai uscito dalla sua bocca.
Il ragazzo di fronte a lui fece un sorriso malizioso. «Questa è la tua ragazza? Scusa, non lo sapevo, sai, stava ballando proprio come una puttana su quel cubo...»
Di fronte a quella frase, George sentì le mani tremare. Prima che se ne rendesse conto, aveva sferrato un pugno al muro all'altezza dei suoi occhi, sfiorando di poco il viso del ragazzo. Sentì il dolore alla mano e il sangue scivolare ma non gli importava.
«Prova a ripeterlo se hai il coraggio» disse, inchiodando gli occhi sui suoi. Il ragazzo sostenne lo sguardo solo per qualche secondo prima di distoglierlo.
Sei solo un codardo.
«Come pensavo» disse a denti stretti.
I suoni intorno a lui erano completamente ovattati e iniziò a riprendere contatto con la realtà solo quando Charlie e un altro paio di uomini di fronte al locale, probabilmente buttafuori, si avvicinarono e li separarono.
«George! Ma che cazzo fai?» urlò Charlie.
Lui si girò ad osservarlo e vide che aveva gli occhi spalancati e le pupille dilatate. Stava guardando la sua mano. Vide il sangue scorrere copiosamente dalle ferite sulle nocche causate dall'impatto con il muro e inzuppare la manica della camicia bianca che indossava.
«Chi cazzo è questo, il tuo ragazzo?» urlò Tommaso, che nel frattempo si era allontanato, rivolto ad Isabelle.
Lei, che era rimasta di lato, stava piangendo, spaventata e sconvolta. «N-no, no... è un mio amico...»
«Che cazzo di amico fa queste cose? Ma andate a fare in culo tutti e due!» disse, rientrando dentro il locale.
Sammy si era avvicinata a Isabelle, che sembrava aver smesso di piangere ma tremava come una foglia. Il mascara era tutto colato e il rossetto che portava sbaffato. Le mise una mano intorno al braccio sussurrandole parole confortanti all'orecchio.
George si avvicinò a lei, noncurante dei tentativi di Charlie di fermarlo.
Allungò la mano che non sanguinava per accarezzarle il viso ma fu intercettata da Sammy, che lo bloccò. Era incazzata nera.
«Lasciala in pace. Ora non è il momento. La riporto in albergo.»
«Ma... Io... Come stai, Bel?» provò lui, con uno sguardo carico di speranza. Cercò di incrociare i suoi occhi ma lei distolse lo sguardo, impaurita.
«Come vuoi che stia? Davvero non riesci a capirlo?» disse, girandosi verso la sua amica. La prese per mano e iniziò ad incamminarsi. Poi, sembrò ripensarci e, lasciando Isabelle qualche metro più avanti, tornò verso di lui. Con uno sguardo gelido, disse le parole su cui lui avrebbe riflettuto per tutti i giorni a seguire.
«Vedi di chiarirti le idee, George. A non capire che lei ti piace siete rimasti tu e lei. Quindi, o prendi una decisione o la lasci andare, le lasci fare la sua vita. Non puoi continuare a fare il cazzone in questo modo. Ci siamo intesi?»
L'unica cosa che poté fare fu annuire. La sua amica aveva pienamente ragione.
Cazzo.
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top