XVII

Che giornata di merda.

Era l'unica cosa che riusciva a pensare. Un mantra che attraversava la sua mente da circa mezz'ora, da quando aveva chiuso le grandi porte dei Tiri Vispi Weasley.

C'era stato il pienone, non si erano mai fermati. George ne era rimasto contento, anche perché pensava che questo gli avrebbe permesso di non pensare a suo fratello. Ma si sbagliava di grosso. Infatti, non sapeva come, ma la stragrande maggioranza dei clienti passati in negozio quel giorno sapeva che era il suo, anzi il loro compleanno.

Tanti auguri signor Weasley! E mi dispiace davvero tanto, posso solo immaginare come si senta oggi...

Auguri di buon compleanno! Si faccia forza eh...

Lui la osserva da lassù, sa? E di sicuro sta festeggiando anche lui in questo momento!

Questa la top tre dei discorsi peggiori che aveva dovuto sentire. Ma ce ne erano stati mille in più. E ognuno di essi gli aveva trafitto il cuore in modi diversi, tutti dolorosissimi.

Ma la cosa peggiore era stato lo sguardo con cui Percy l'aveva guardato per tutto il giorno. Lo guardava di sottecchi, pallido come un cencio, per poi distogliere lo sguardo quando lui si accorgeva che lo stava fissando. Aveva provato, in un paio di momenti di pausa, a parlarci ma ogni volta che provava ad aprire bocca, lui trovava qualcosa da fare: un cliente da servire, uno scaffale da rifornire, un pacchetto regalo da preparare. Alla fine, si era stufato e aveva lasciato perdere.

Si trovava adesso seduto al tavolo insieme alla sua famiglia. Bill e Fleur erano appena arrivati. Restò affascinato dall'enorme pancia della ragazza. Era a sei mesi di gravidanza ma si portava dietro un bagaglio non indifferente.

«Mamma, sono le otto, che ne dici di iniziare a servire la cena?» disse Ron rivolto alla madre, mentre il suo stomaco brontolava.

«Ancora un po' di pazienza Ronald, manca ancora qualcuno!» disse lei, ridendo sotto i baffi e andando verso la porta di casa.

Si girarono tutti a guardarla aprire la porta. Videro comparire un grande paio di occhi azzurri e riccioli rossi.

«Charlie!» urlò sua sorella. Corse incontro al fratello buttandogli le braccia al collo.

George rimase piacevolmente sorpreso. Non si aspettava di vederlo, quella sera. In una lettera di qualche giorno prima gli aveva spiegato che non poteva lasciare il lavoro, aveva infatti un nuovo uovo di drago da accudire.

«Me l'hai fatta, Charlie» gli disse, andandogli incontro e salutandolo con una pacca sulla spalla.

«Non te lo aspettavi, vero?» rispose lui, scompigliando i capelli al fratello minore. «Tanti auguri, Georgie».

Lui rispose annuendo in silenzio e sorrise. Era felice di vedere suo fratello. Negli ultimi mesi lo aveva visto più che negli ultimi anni. Da quando aveva conosciuto Sammy ogni fine settimana si smaterializzava alla Tana e la raggiungeva a Londra per passare più tempo possibile insieme. Era veramente cotto di lei. Non aveva ancora trovato il coraggio di confessare la sua natura e le sue doti magiche. Aveva paura di spaventarla, di perderla e George lo capiva, era comprensibile. Tante volte si era chiesto come sarebbe stato sganciare quella bomba ad Isabelle, e ogni previsione che aveva fatto si concludeva con un allontanamento da parte di lei.

Isabelle.

Il suo cuore si strinse. Il gelo che era sceso tra loro negli ultimi mesi lo faceva soffrire. Lee gli aveva raccontato di quello che era successo a Piccadilly Circus, e lui non riusciva a capacitarsi della cosa. Non credeva che la ragazza sarebbe rimasta così male del bacio che si era scambiato con Angelina. Erano molto vicini, sì, avevano vissuto momenti che avevano lasciato entrambi senza parole. Non poteva nascondere la sensazione di calore che gli invadeva il petto ogni volta che incrociava il suo sguardo, il senso di protezione che sentiva verso di lei. Ma non avrebbe mai pensato che in qualche modo la ragazza ricambiasse.

Da quel giorno la loro relazione era stata solo di amicizia. Aveva notato il distacco da parte di lei e, troppo imbarazzato per affrontare l'argomento, si era semplicemente adattato. Si erano ritrovati spesso distanti anche al gruppo di ascolto e lui non aveva fatto niente per riavvicinarla. Questa situazione di stallo, però, per lui stava iniziando a diventare opprimente. Faceva fatica a nascondere le sensazioni e le emozioni che provava in sua presenza, ma sembrava l'unica cosa possibile da fare al momento.

«Adesso che ci siamo tutti, possiamo iniziare! A tavola, ragazzi!» disse sua madre sorridendo felice.

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Poco dopo la fine della cena fu il momento dei regali. Stavolta i suoi genitori si erano superati. Gli avevano infatti regalato un nuovo completo, giacca e pantalone di colore marrone chiaro, per lavorare al negozio. Ginny ed Harry gli avevano comprato una nuova valigetta per i prodotti dei Tiri Vispi oltre a una loro foto in movimento al matrimonio di Bill e Fleur, incorniciata. Hermione, Ron, Percy e Joyce, che quella sera non era presente, avevano regalato un libro dal titolo "Mille pozioni d'amore innovative" e un puzzle da mille pezzi della città di Londra. Bill e Fleur, infine, gli avevano portato una maglietta a mezze maniche con su scritto "il migliore zio del mondo" e una mazza da battitore firmata dall'intera squadra irlandese di Quidditch.

Ancora incredulo per i bellissimi regali, mentre ringraziava la sua famiglia il suo telefono squillò. Guardando l'ora dal suo orologio da polso vide che erano le dieci e mezzo di sera. Chi poteva essere a cercarlo a quell'ora?

Tirando fuori l'apparecchio dalla tasca dei pantaloni, vide che era Lee.

«Oi, amico» rispose lui.

«George, scusa se ti disturbo...» rispose Lee. «ma ho bisogno di chiederti un favore...»

Il tono di voce di Lee lo preoccupò. Era triste.

«Certo, dimmi tutto. Che succede?»

«Ho appena litigato con Pam e... se ne è andata. Ha fatto la valigia e si è portata via tutto... ho paura che sia davvero finita... potresti... potresti venire qua da me? Non voglio stare... solo.»

«Va bene, Lee, arrivo subito» disse preoccupato. Voleva essere presente per il suo migliore amico.

Riagganciò e si rivolse a Charlie. «C'è un emergenza con Lee, devo andare.»

«Posso venire con te?» gli chiese il fratello maggiore.

George annuì. Fece per alzarsi e andare verso la porta, quando fu fermato dalla madre.

«George Fabian Weasley, dove pensi di andare? Stasera si sta in famiglia!» esclamò con la sua solita postura, con la schiena dritta e le mani sui fianchi. Negli occhi, lo sguardo che i suoi figli conoscevano bene.

«Mamma, Lee ha bisogno di noi, dobbiamo proprio andare, non possiamo lasciarlo solo!» disse lui cercando di convincerla.

«Mm, va bene. Ma solo se portate dietro questi avanzi di carne e verdure! Se sta male, povero caro, dovrà pur mangiare!» rispose lei, iniziando ad impacchettare il cibo. George e Charlie si guardarono, scuotendo la testa. Quando si parlava di Lee, Harry o Hermione, la madre si addolciva. Li considerava infatti come figli suoi.

Dopo aver salutato gli altri membri della famiglia e con i pacchetti sottobraccio, entrambi i fratelli uscirono dalla porta e si smaterializzarono.

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Salirono le rampe di scale che separavano l'ingresso dall'appartamento di Lee. Arrivati di fronte alla porta, Charlie bussò e insieme attesero che l'amico venisse ad aprire. Ma quando la porta si aprì, ciò che George vide fu completo buio. Mosse un passo all'interno, cercando di orientarsi nell'oscurità e fu quasi tentato di prendere la sua bacchetta dai pantaloni e con un incantesimo fare luce, quando fu interrotto.

«Sorpresa!»

Improvvisamente la luce si accese e George si guardò intorno confuso. Vide davanti a sé Lee, abbracciato a Pam. Sammy, di fronte al divano, che applaudiva con un sorriso enorme sul volto. Vide Isabelle, appoggiata al ripiano della cucina, con accanto Beth che gli strizzò l'occhiolino. Infine, vide vicino alla porta la persona che non avrebbe voluto rivedere. Angelina, insieme ad Alicia e questa volta anche Katie Bell.

«Tanti auguri George!» disse Lee, avvicinandosi e abbracciandolo. «Non te lo aspettavi, vero?»

George scosse la testa, sorridendo imbarazzato. «Assolutamente no... hai organizzato tutto tu?»

«Ovviamente no, ho ricevuto aiuto da ognuno di loro» rispose lui indicando tutti gli altri presenti nella stanza, compreso Charlie.

«Sapevi tutto anche tu?» chiese George a suo fratello maggiore. Lui, che aveva raggiunto Sammy per salutarla, si girò alzando le spalle e sorrise. «Cosa posso dire George, ti abbiamo fregato!»

Quando si era svegliato, quella mattina, George avrebbe solo voluto che la giornata passasse velocemente, per potersi lasciare il dolore alle spalle. Ma era rimasto piacevolmente sorpreso dall'idea avuta dai suoi amici. A turno tutti si avvicinarono per fargli gli auguri.

Angelina fu la prima. Si avvicinò di nuovo al suo orecchio e con fare sensuale disse: «Tanti auguri, Georgie...». Stavolta però il ragazzo era assolutamente sobrio e provò fastidio per il suo atteggiamento. Infatti, la staccò da sé e le rispose solo con un freddo grazie prima di salutare Alicia e Katie. Angelina rimase visibilmente ferita ma non disse niente, si limitò ad indietreggiare e ad osservarlo.

Poi fu il turno di Lee, Pam, Sammy e poi Beth. Infine, rimase solo Isabelle.

Si avvicinò lentamente, quasi come se avesse paura di disturbare. Si contorceva le mani e teneva lo sguardo fisso a terra. Dopo qualche secondo, forse prendendo coraggio, incrociò gli occhi di George e con voce timida gli augurò buon compleanno. Il viso del ragazzo si addolcì e dopo un semplice «grazie» si avvicinò a lei e la abbracciò stretta. Lei ricambio.

Dio, quanto mi era mancata.

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«Quindi non avete litigato davvero? È tutto a posto tra voi?»

Pam rise scuotendo la testa.

«No, era tutta una scusa per farti venire qua! E ci sei cascato in pieno!» rispose Lee.

Si trovavano tutti in salotto, chi seduto sul divano e chi sul grande tappeto color oro e rosso. George aveva appena spento ventuno candeline su una buonissima torta al cioccolato, la sua preferita. Si sentiva davvero felice. La sensazione di vuoto e malessere che lo aveva accompagnata per tutto il giorno si era fatta meno forte, adesso che si trovava con le persone a lui più care.

«Non pensate che sia arrivato il momento dei regali?» chiese Angelina. Senza attendere risposta, si alzò e si avviò in camera di Lee. Torno dopo qualche secondo, con un piccolo pacchetto avvolto da carta verde scuro.

Si mise a sedere prepotentemente tra George e Beth, che fu costretta a spostarsi di lato per non essere schiacciata. A George non piaceva il suo atteggiamento. E non le piaceva che si comportasse in questo modo. Era sempre stata una ragazza determinata, certo, ma mai arrogante e scontrosa come da qualche mese a questa parte.

«Forza, apri!» disse lei porgendoli il pacchetto. «Questo è da parte mia».

George iniziò a scartare. Si sentiva addosso gli occhi di tutti, ed era sceso un silenzio imbarazzante. E c'erano un paio di occhi in particolare che lo stavano osservando in modo penetrante.

Togliendo l'involucro, il ragazzo si trovò davanti una scatola bianca. Aprendola, rimase senza parole.

All'interno si trovava un orologio da polso, con il quadrante in acciaio e oro, l'ora indicata da numeri romani e con piccoli diamanti incastonati sopra ogni numero, oltre al cinturino in pelle nera. All'interno, tra le lancette, campeggiava la scritta Rolex.

Le ragazze, che si stavano sporgendo dal loro posto per osservare, rimasero di stucco.

«Un Rolex? Wow!» disse Beth, con un'aria assolutamente sorpresa. «George, fai bene attenzione a non perderlo! Questi orologi costano una fortuna!»

Il ragazzo, che non aveva assolutamente idea dei brand e dei prezzi di certi oggetti babbani, si girò verso Angelina, confuso. «Angie, non dovevi... è davvero troppo!»

Lei sorrise, scuotendo la testa. «Non dire sciocchezze. Un piccolo pensiero per una persona così speciale!» Si avvicinò, dandogli un bacio sulla guancia.

Indossò l'orologio e poi continuò a scartare i regali. Katie e Alicia gli avevano regalato un album di foto di loro, Fred e Lee durante il periodo della scuola, con le foto opportunamente modificate per evitare ogni traccia di magia. George si commosse un po' sfogliando le pagine, i ricordi infatti riaffiorarono e un'ondata di dolore attraversò il suo petto. Asciugandosi le poche lacrime con le maniche della maglia che indossava si affrettò a ringraziarle abbracciandole entrambe.

Beth gli aveva regalato due paia di jeans della Angel e Devil, una marca che, gli spiegò lei, andava molto di moda e un cappellino con la visiera nera e blu. Rise, pensando al contrasto di colori, che gli ricordava la casa di Corvonero.

«Bene! Adesso il nostro!» disse Pam, prendendo dalla borsa una piccola busta di colore arancione. «Da parte mia, di Lee, Charlie, Sammy e Isabelle» continuò porgendogliela.

Lui con mani tremanti aprì. Dentro, un semplice foglio di carta intestata:

Agenzia di viaggi Blue Lagoon

Buono intestato a nome George Weasley per:

-trasporto in treno per tutta la durata del viaggio

-Pernottamento in Hotel a 3 stelle per le tappe del viaggio: Firenze/Parigi/Amsterdam/Praga

- Tessera nominativa InterRail Europa

George rilesse il foglio diverse volte, senza comprendere cosa fosse l'interRail.

«Io... non capisco» disse, guardando i suoi amici.

Lee vedendo lo sguardo interrogativo del suo amico, si affrettò a spiegare. «Sei pronto a partire, George? Ti abbiamo regalato un viaggio! O meglio, ce lo siamo regalato!» esclamò lui sorridendo.

«Un viaggio? Ma siete impazziti?»

Era senza parole. Non si sarebbe mai aspettato una cosa del genere. Non era mai stato abituato a certi tipi di regali. Nella sua famiglia i regali costosi non erano all'ordine del giorno, e lui e i suoi fratelli si erano sempre accontentati di cose semplici.

«Partiamo ad agosto! Per dieci giorni! Sei felice?» gli chiese Sammy.

Rimase senza parole. Non aveva mai ricevuto un regalo così bello.

«Ragazzi io... non so cosa dire... siete fantastici!» rispose, finalmente ridendo.

«Non devi dire niente Georgie! Solo preparare le valigie!» disse Charlie, mentre stappava un'altra bottiglia di spumante.

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Uscì fuori sul balcone dell'appartamento per prendere un po' d'aria. Dentro, i suoi amici continuavano a bere, e presto sarebbero stati tutti parecchio ubriachi. Lui invece, non se l'era sentita. C'era ancora una cosa che doveva fare prima che quella giornata finisse, e voleva essere completamente sobrio.

Appoggiato con i gomiti sul davanzale del terrazzo e con il naso all'insù ad osservare il cielo stellato, George non si accorse che non era più solo.

«Georgie, ciao...»

Chiuse gli occhi rassegnato, riconoscendo quella voce. Angelina continuava a stargli addosso, a stare appiccicata, quando lui aveva solo bisogno di tempo per pensare, per metabolizzare. Probabilmente non aveva recepito i suoi segnali durante questi mesi, da quel bacio la notte di Capodanno. O forse, era solo troppo ostinata e testarda.

«Ehi.»

«Cosa ci fai qui fuori tutto solo?»

«Avevo bisogno di pensare...» rispose lui, mantenendo la testa rivolta al cielo, senza incontrare il suo sguardo.

«Immagino come debba essere per te oggi... sai, mi manca ogni giorno» rispose lei.

A George scappò una risatina. Come poteva dire una cosa del genere? Se davvero Fred gli mancava così tanto, non capiva perché cercasse in tutti i modi di ottenere le sue attenzioni.

Angelina si accorse della sua risata e gli rispose infastidita. «Cosa c'è di così divertente, George?»

Lui abbassò lo sguardo, e lo inchiodò su di lei. Sentì la rabbia montare nel petto.

«Cosa c'è che non va, Angelina? Mi chiedi anche cosa non va? Non va che ci stai provando con me da mesi. Mi hai baciato due volte alla sprovvista! Ogni uscita che organizzo con loro» disse, puntando il dito ad indicare il suo gruppo di amici all'interno «sei sempre presente, non mi lasci in pace! E poi, stasera ti sei presentata con un regalo da chissà quante sterline, e per cosa? Solo per venire poi a dirmi che ti manca Fred? Io non credo che ti manchi. Non ti manca per niente. Perché se ti mancasse davvero onoreresti la sua memoria in un giorno del genere, parleresti di lui. E invece non ti ho mai sentito dire il suo nome, nemmeno oggi».

Lei rimase a bocca aperta ad osservarlo, con uno sguardo ferito e gli occhi lucidi.

«E poi, lasciami dire ancora un'altra cosa. Ti stai comportando da vera stronza. Che ne è stato della ragazza che conoscevo, di cui sono stato innamorato per anni? Sei strafottente, antipatica, saccente e ti poni in un modo terribile con le ragazze, anche con Beth. Per Merlino, Angie, è una ragazzina. E tu la tratti veramente di merda. Per non parlare di Isabelle». Ormai non riusciva più a contenersi, era un fiume in piena. «E poi, per favore, falla finita di comportarti come una disperata, bisognosa di contatto. Sembri una troia».

Appena quella parola uscì dalla sua bocca, si pentì di averla detta. Non era mai stato il tipo da offendere le donne. Sua madre gli aveva insegnato il rispetto in ogni sua forma e si reputava un ragazzo gentile, educato. Ma quella sera la rabbia aveva preso il sopravvento.

Si stupì però dello schiaffo che gli arrivò in piena faccia.

«Come ti permetti?» disse lei, con le lacrime che scorrevano sul suo viso. «Tu non sai cosa ho passato, non lo sai! Non sai quanto ho sofferto per la sua morte, era prima di tutto uno dei miei migliori amici, come te, come Lee! E sto soffrendo ancora tanto!» disse, intervallando le parole con singhiozzi strozzati. «E poi, se per te è così importante quella là» disse, riferendosi ad Isabelle «Perché non glielo vai a dire, invece di guardarla continuamente con gli occhi da cane bastonato?»

Rientrò in casa velocemente, e lui la vide prendere il cappotto e uscire, seguita da Alicia e Katie che la guardavano sorprese e sconvolte.

Lui rimase immobile, con una mano a toccare la guancia arrossita e dolorante dall'impatto.

Rientrò in casa, mentre gli altri lo osservavano a bocca aperta.

«Che è successo, George? Perché è scappata così? Cosa le hai detto?» chiese preoccupato Lee.

«Ora non mi va di parlarne, vado verso casa. Tu vieni, Charlie?» disse lui, in maniera apatica. Era stanco, e voleva solo andare a letto. Tutta la felicità di quella serata era appena scomparsa. Ma prima, doveva ancora fare una cosa.

«No George, rimango a dormire dalle ragazze» rispose lui, sul divano con Sammy seduta in collo.

George annuì. Si mise il cappotto e si apprestò ad uscire, senza salutare nessuno. Non ne aveva voglia.

«George, aspetta».

Si girò e vide dietro di lui Isabelle. Con uno dei suoi soliti bellissimi sorrisi, lo stava osservando, con un piccolo pacchetto in mano.

«Volevo darti questo. Non sapevo quando farlo ma... visto che te ne stai andando...» disse senza finire la frase. Gli porse il pacchetto e lui lo prese con fare incerto.

Guardandola negli occhi, annuì semplicemente e fece un piccolo sorriso. Poi si voltò ed uscì dall'appartamento, con direzione la Tana.

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«Tanti auguri, fratello».

Era inginocchiato di fronte alla tomba di Fred, nel giardino dietro casa. La sua bacchetta, con la piccola lucina provocata dall'incantesimo Lumos, era appoggiata alla lapide.

George rimase in silenzio per lungo tempo. Osservò semplicemente il nome di suo fratello sulla lastra di marmo. Provava emozioni contrastanti, ma sicuramente una di queste era il dolore. Suo fratello gli mancava da morire.

Prese dalla tasca interna del cappotto una foto e la appoggiò sulla tomba. Era una foto animata di loro due da piccoli, che si abbracciavano di fronte alle altalene montate dal padre. Erano tutti sporchi di fango, spettinati e sorridenti. Una lacrima solitaria scese sul suo volto mentre la osservava. 

Guardando l'orologio vide che la mezzanotte era appena passata da qualche minuto.

Finalmente la tortura è finita, Freddie.

Rovistando nelle grandi tasche esterne del cappotto trovò il pacchetto che gli aveva dato Isabelle. Incuriosito, iniziò a scartarlo. Dentro, vide un oggetto che non riconobbe subito. Era piccolo, quadrato, con una parte posteriore di colore blu scuro e nella parte anteriore un vetro. Sul lato dei piccoli pulsanti. Premendoli a caso, il vetro si aprì e George vide che dentro c'era una specie di oggettino, anch'esso quadrato, con due piccoli cerchi di uguale misura al centro. Attaccato ad esso, quelle che aveva imparato da Lee essere delle cuffiette. Dal pacchetto cadde un piccolo bigliettino che George raccolse. Sopra, la calligrafia di Isabelle.

Avrei un milione di cose da dirti, ma non dico niente. Spero che questa cassetta possa parlare al posto mio.

Buon compleanno.

Bel.

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