XII
25 Dicembre 1998
«Forza, ragazzi! Ognuno si sieda al proprio posto e io e papà iniziamo a distribuire i regali!»
Molly era particolarmente su di giri quel giorno. L'intera famiglia era riunita alla Tana per il loro tradizionale pranzo di Natale. C'erano tutti: Bill con la moglie Fleur, Charlie di ritorno dalla Romania, Percy con la nuova fidanzata, una brunetta di nome Joyce, Ron ed Hermione, Ginny ed Harry, e infine George.
La mattinata non era iniziata nel migliore dei modi. Infatti, la madre, sovrappensiero, lo aveva chiamato Fred, e ne era seguita una situazione al limite del tragico: Molly aveva pianto tutte le sue lacrime per almeno due ore buone, senza mai fermarsi, e solo l'arrivo di Fleur e la notizia della sua prima gravidanza aveva riportato un po' di quiete nella casa. Lo sbaglio di sua madre gli aveva procurato una fitta di dolore al petto. La continua conferma, anche in quel giorno speciale, della sua perdita, della loro perdita.
«Ecco, qua, tesoro» disse la donna, rivolgendosi a lui . «L'ultimo pacchetto è il tuo. Buon Natale, caro Georgie» disse con gli occhi lucidi, ma un bel sorriso stampato sul volto.
George iniziò a scartare e dalla consistenza, poteva già indovinare di cosa si trattasse. Estrasse infatti dall'involucro un morbido maglione ricamato, di colore giallo senape, che portava l'inconfondibile firma di Molly Weasley: le lettere a caratteri cubitali sul davanti dell'indumento. George notò però una lieve differenza. Quell'anno, infatti, sul maglione non campeggiava solo una lettera ma tre, un po' più piccole rispetto al solito.
"F&G" le lettere cucite a mano, di colore marrone. Il ragazzo sollevò lo sguardo verso la madre, che lo guardava ansiosa.
«Non ti piace, non è vero? Oh, lo sapevo! Tutta colpa di tuo fratello! RONALD WEASLEY! Guarda cosa hai combinato! Stupida io a seguire i tuoi consigli! Mamma, George si mette sempre il maglione di Fred, perché non gliene fai uno nuovo con entrambe le lettere dei loro nomi?» disse, facendo il verso al figlio minore, che nel frattempo si era girato a guardarla, preoccupato. Conosceva bene quel tono e non presagiva niente di buono. «Quando imparerò a non ascoltarti? Sapevo di dover fare di testa mia, ma non preoccuparti tesoro, te ne cucirò un'altra in men che non si dica...»
«Mamma» la chiamò George.
La donna si fermò dal suo monologo, osservandolo. Il ragazzo stava passando le sue grandi mani sulla stoffa del maglione, soffermandosi sulle lettere centrali. «Lo adoro. È bellissimo e non potevo desiderare di meglio. È come se, in questo modo, lo avessi sempre con me. Grazie».
Si alzò e andò ad abbracciare la madre, che stava cercando di non piangere, e infine il fratello minore.
«Grazie Ronnie piccino, hai avuto un pensiero stupendo. Non ti facevo tipo da smancerie!» gli disse, scompigliandoli i capelli. Il ragazzo fece il suo solito sorriso sghembo e si alzò, per abbracciare il fratello.
«Di niente, Georgie. Buon Natale!»
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Dopo pranzo, George sentì il bisogno di uscire all'esterno, per fare due passi e sgranchirsi le gambe. Era abituato ai pranzi di sua madre, ma quell'anno si era davvero superata. Stava letteralmente rotolando. Decise di uscire nel giardino sul retro, e presto si ritrovò vicino alla grande quercia e le altalene, su cui lui e il fratello si divertivano a giocare da piccoli.
Si avvicinò alla tomba di Fred. Sentiva che, soprattutto in quel giorno speciale, aveva bisogno di parlare con lui. Si sedette a gambe incrociate di fronte alla lapide, e la guardò sconsolato. Il dolore, purtroppo, non se ne era andato. La consapevolezza che aveva preso sicuramente lo aiutava a vedere le cose più lucidamente, ma non c'era giorno, e soprattutto quello, in cui non sentisse la sua mancanza a livello viscerale.
«Ehi, fratello. Buon Natale». Sorrise imbarazzato, prima di continuare: «Per me è strano stare qua, a parlare ad un pezzo di pietra con sopra il tuo nome. Mi manchi, Freddie. Mi manchi tanto». La voce gli si incrinò, dicendo quelle parole. «Sai, la mamma stamani si è confusa, come suo solito, e mi ha chiamato con il tuo nome...non puoi capire il delirio. Non è stato bello. Ha fatto dannare tutti.... Anche Ginny. Stava per rompere tutti i piatti dal nervoso, sai com'è fatta, per fortuna c'era Harry a fermarla. Fleur, Merlino la benedica, ha calmato gli animi. È incinta, sai? Stiamo per diventare zii. Il primo nipotino Weasley... o nipotina! Ancora non lo sappiamo, ma sarà uno spasso insegnarle tutti i nostri scherzi preferiti». Sorrise a quel pensiero. Una nuova vita stava nascendo e questo lo rendeva felice, orgoglioso.
Si sentiva leggermente meglio, stava iniziando a sciogliersi. Gli sembrava di averlo lì, davanti a lui. «Oggi è strano, senza di te. Mi manca far impazzire mamma e papà con i nostri scherzi, e non so se faremo la solita partita di Quidditch. Non so se tutti ne avranno voglia».
Rimase qualche secondo in silenzio, godendosi il lieve venticello gelido che gli sfiorava le guance, ormai rosse.
«Fred, ti devo confessare una cosa. Credo che tu la sappia già ma...ho baciato Angelina. So che ho sbagliato, lo so. E so anche che tu non te la saresti mai presa. Ma per me è stato uno sbaglio madornale, e voglio chiederti scusa. Non avrei dovuto mancarti di rispetto così. Sappi che non succederà più. Spero che tu possa perdonarmi... Sai, ho conosciuto una ragazza... mi piace molto. Si chiama Isabelle, ma tutti la chiamano Bel. È molto bella, sono sicuro che saresti d'accordo». Sorrise al pensiero. Fred avrebbe letteralmente adorato Isabelle. «Sai, credo che abbia una marcia in più. Ha sofferto, e soffre, come me. Forse è anche per questo che mi sembra di capirla con uno sguardo, e pensare che la conosco solo da qualche giorno. Quando la guardo sento le farfalle nello stomaco. E questa cosa è completamente nuova per me. Credevo di essere stato innamorato prima, ma mi rendo conto solo adesso che ciò che ho provato fino ad ora non si avvicina nemmeno lontanamente a questo.»
«Wow, George! Non ti avrei mai preso per un tipo così dolce! Devo assolutamente conoscere la ragazza che ti ha rapito in questo modo il cuore!»
La voce di Ginny lo interruppe. Si girò di scatto, osservando la sorella che si accomodava accanto a lui, seduta di fronte alla lapide.
Diventò tutto rosso. "Ti prego, Gin. Non lo puoi dire a nessuno. Non alla mamma o papà, non agli altri. Mi farebbero nero, lo sai».
La rossa rise di gusto. «Hai ragione, lo so. Ti farebbero impazzire. Con me il tuo segreto è al sicuro. Parola di lupetto» disse, incrociando le dita di fronte alla bocca e facendo il classico giuramento.
Entrambi si voltarono ad osservare la tomba del fratello. «Mi manca ogni giorno, sai?» disse Ginny. George annuì, rimanendo in silenzio.
«Mi piacerebbe fargli vedere tutti i miei progressi con il Quidditch. Mi sto impegnando sodo quest'anno. Tra la preparazione per gli esami di fine anno e il ruolo di capitano della squadra, non sempre è facile. Vorrei che fosse fiero di me...» gli occhi di Ginny si velarono di lacrime.
George si voltò verso di lei, accarezzandole il viso. «Tesoro, ti posso assicurare che lui è fiero di te. Io sono fiero di te. Stai diventando una donna incredibile. Forse spesso non lo dico, ma penso che tu sia straordinaria. Tutto quello che abbiamo affrontato... tu sei rimasta in piedi, nonostante tutto quello che è accaduto ad Harry, quello che è accaduto a noi. Nonostante questo, sei voluta tornare a scuola per finire gli studi. Non tutti lo avrebbero fatto, pensa ad Hermione. Gin, sei una delle persone più forti che conosca. Vorrei avere anche solo metà della tua forza».
Le lacrime ormai scivolavano senza sosta sul volto della ragazza. Abbracciò stretto il fratello maggiore, inserendosi nell'incavo della sua spalla. Rimasero così, in silenzio, a godersi la loro compagnia.
«Oi, gente! Che ne dite, partitina a Quidditch? L'anno scorso non c'eravamo, ma voglio recuperare!» Si girarono e si trovarono di fronte Ron, accompagnato da Harry e Charlie. In disparte, sedute su delle sedie di vimini, c'erano Hermione e Fleur, che chiacchieravano animatamente, e Bill e suo padre, intenti a cercare di sistemare alcune delle scope con cui avrebbero giocato. Vide la madre all'interno della casa, che puliva i piatti, e Percy intento a mostrare a Joyce i dispettosi gnomi da giardino che si muovevano sotto le siepi a lato del terreno.
Una scena familiare, che gli scaldò il cuore.
Furono tutti entusiasti di giocare, e formarono due squadre. George con Ginny e Bill, Ron con Harry e Charlie nell'altra. Il pomeriggio passò così, tra risate e insulti.
Verso sera, dopo una breve cena, furono tutti spiazzati da Hermione. La ragazza tirò fuori quelle che aveva definito "lanterne cinesi", e insieme a Ron avevano proposto di accenderne qualcuna e lasciarle librare in cielo, in memoria di Fred. Ovviamente, la proposta aveva suscitato nuovamente le lacrime della madre, e fu soltanto l'intervento di Arthur ad evitare che si ripetesse la scena della mattina.
Tutti insieme si avviarono nel giardino esterno, di fronte alla sua lapide, e accesero con cura i piccoli oggettini di carta. George teneva una lanterna insieme a Charlie e si ritrovò a sorridere al fratello maggiore, con il cuore che per metà era colmo di dolore, ma per l'altra metà era pieno di gioia. Suo fratello non sarebbe mai stato dimenticato. Avrebbe sempre avuto un posto speciale, nel cuore e nell'anima di tutti.
Vide che gli altri membri della sua famiglia avevano iniziato a lanciare le lanterne, alzando lo sguardo felici ed emozionati. Lasciò libera anche la sua e la osservò salire alta nel cielo. Il rosso della piccola fiammella dentro l'involucro di carta si rifletteva nei suoi grandi occhi nocciola, rimpicciolendosi piano piano. In quel momento, si affacciò nella sua mente l'immagine di Fred, con quel sorriso che conosceva bene, e che, promise a sé stesso, non avrebbe mai scordato.
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Isabelle aveva sempre odiato le feste, e in particolar modo il giorno di Natale. Probabilmente questo astio era dovuto al clima incredibilmente negativo che aveva vissuto per anni, fino al fatidico momento in cui, la mattina di Natale di all'incirca dieci anni prima, la madre aveva fatto irruzione nella sua camera, e invece di farle gli auguri le aveva ordinato di preparare tutte le sue cose in una valigia. Si sarebbero trasferite e i suoi genitori avrebbero divorziato. Fine della magia, fine della storia.
Aveva ritrovato un po' di spirito natalizio grazie ad Eric e Stella. Le piaceva organizzare il giorno di Babbo Natale alla perfezione per la sua piccola. Voleva che vivesse momenti magici, quelli che lei non aveva potuto avere. Addobbava insieme ad Eric tutta la casa di palline oro, rosse, verdi, di festoni pieni di brillantini e di spruzzatine di neve finta. La bambina era al settimo cielo e Isabelle era felice.
Quell'anno era fermamente intenzionata a rimanere a casa, sul divano con una coperta addosso a mangiare chili di gelato, deprimendosi. Non aveva nessun motivo per essere festosa, sarebbe stata una forzatura. Quel giorno aveva perso ogni significato da quando la sua piccola non c'era più e quell'anno sarebbe stato ancora peggio, soprattutto dopo ciò che era accaduto con Eric.
Ma non aveva messo in conto di avere due uragani come amiche, che l'avevano letteralmente trascinata prima in doccia per darsi una sistemata, e poi fuori dall'appartamento. Isabelle quindi si ritrovava al momento, a casa Davis, in compagnia delle ragazze, dei loro genitori e di Lee.
Barbara e Michael Davis erano due persone assolutamente squisite. L'avevano accolta da sempre come una figlia e Isabelle si trovava molto a suo agio con loro. Anche dopo la tragedia dell'anno prima, le erano sempre stati vicino. L'avevano aiutata moltissimo, soprattutto nel momento in cui sua madre, la prima che avrebbe dovuto sostenerla, le aveva voltato le spalle e si era chiusa nel suo dolore per la perdita della nipote.
«Tesoro, mangia un altro pezzo di timballo. Ne ho fatto talmente tanto!» Barbara Davis era una donna con un'altezza nella media, ma un fisico da far invidia alle più giovani nonostante l'età. I suoi capelli biondi chiaro, ben curati, e i suoi occhi azzurro ghiaccio completavano l'opera.
«Barbi, lascia stare quella povera ragazza. La stai rimpinzando di cibo!» Il signor Davis, o meglio Michael, era un uomo alto, con capelli bianchi che si stavano iniziando a diradare, occhi marrone chiaro e grandi occhiali con la montatura spessa.
«Mike, non vedi come è deperita? Ma mangi, tesoro?»
Le parole della donna provocarono uno sbuffo da parte di sua figlia minore. «Andiamo, mamma! Puoi lasciarla in pace? Hai cucinato per un intero reggimento, non mangia più perché è piena! Come tutti noi!» disse Pam, seduta accanto alla madre con Lee al suo fianco.
«E va bene. Però tesoro, se vuoi ancora un po' di carne la lascio qua! Non si sa mai!» disse prima di rivolgersi a Lee: «E tu, caro? Un po' di carne la vuoi?»
«Mamma!» esclamò Pam esasperata, mentre Lee le diceva di no sorridendole.
«E va bene, va bene...» disse lei, rimettendosi a sedere.
«Allora, Bel, cosa ci racconti di nuovo? Mi ha detto Sammy che hai iniziato a lavorare al pub. Come ti stai trovando?» le chiese Mike, guardandola con occhi pieni di dolcezza. La considerava come se fosse sua figlia, ormai.
«Devo dire che mi sto trovando molto bene. Rob è molto gentile con me, con noi insomma» disse, guardando Sammy, nel posto accanto a lei. «Devo essere sincera, vorrei trovare qualcosa di meglio. Ma per il momento, basta e avanza. E devo ringraziare Sam per questa opportunità» continuò, stringendo la mano della sua migliore amica sotto al tavolo.
«Ed è anche molto brava! Fa dei cocktail spettacolari! Dovreste sentirli!» esclamò Sammy.
«Già! Stasera lavori, Izzie?» le chiese Pam. Ancora una volta l'aveva chiamata con il soprannome che odiava di più al mondo. Come faceva a non capire? Glielo aveva detto forse un milione di volte. Cercò di mantenere la calma. Dopotutto, si trattava del giorno di Natale e lei non lo voleva rovinare con il suo malumore.
Annuì, rispondendo all'amica. «Sì, stasera c'è la festa natalizia e Rob vuole tutti in turno, anche Sam».
Sammy fece finta di avere un mancamento, e fece ridere tutti i commensali.
«Potremmo passare a trovarti stasera, che ne pensi, Isabelle?» propose Lee.
«Oh sì, che magnifica idea! Perché non chiami anche George?» rispose Pam al posto suo, alzando la voce di un'ottava. Isabelle sentì un guizzo allo stomaco. Non vedeva George da quel giorno nel loro appartamento e si sentiva profondamente in imbarazzo. Il momento che avevano vissuto era stato emozionante, magico. E lei era, in tutto e per tutto, assolutamente spaventata da ciò. Soprattutto dopo ciò che era avvenuto con Eric, aveva paura a lasciarsi andare. E se avesse sofferto, di nuovo? Ma si sentiva, allo stesso tempo, attratta come un magnete da quel ragazzo con i capelli rossi.
«Si, penso che vada bene...» disse, poco convinta.
«Bene, allora! Lo chiamo subito. Con permesso» disse Lee, alzandosi per andare sul terrazzo dell'appartamento a telefonare.
Una volta uscito fuori, Isabelle si scambiò uno sguardo disperato con Sammy, che la capì al volo.
«È solo una festa, Bel. E non significa niente. Per di più sarai impegnata dietro al bancone quindi davvero, non preoccuparti. Andrà tutto bene».
La ragazza sospirò. Sperava che la sua migliore amica avesse ragione.
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Accostò il telefono all'orecchio. Dopo qualche squillo, finalmente ricevette risposta.
«Come si usa questo aggeggio... Ron! Hermione! Venite qua!» sentì dire, seguito da rumore di passi che si avvicinavano. «Ha iniziato a suonare, ho premuto qualche tasto a caso ma non so assolutamente cosa fare adesso!»
Lee cercò di trattenere una risata. George era davvero negato con tutto ciò che riguardava la tecnologia babbana.
«Aspetta, fammi vedere... guarda, hai risposto! È Lee! Pronto?» disse una voce femminile, che il ragazzo riconobbe come quella di Hermione.
«Ciao Herm, come stai?» disse lui.
«Tutto bene Lee! Non ci vediamo da un sacco! Come te la passi? A proposito, buon Natale! Dove sei ora?"»
Lee sorrise. «Buon Natale anche a te, tesoro! Io tutto bene, sono a casa dei genitori della mia fidanzata per pranzo, voi? Come sta andando a casa Weasley?»
«Bene! Molly quest'anno ha preparato un pranzo per un esercito, credo che avremo avanzi per settimane! Aspetta un attimo... sto parlando io! Lee, devo salutarti. George si sta sbracciando da mezz'ora per parlarti. Com'è che gli hai regalato un cellulare? Sai che non sa usare niente di queste cose!» disse Hermione, ridendo.
«Storia lunga Herm! Va bene, passamelo pure. Saluta tutti! Anche quello scansafatiche di Ron! Non viene mai a trovarmi!»
«Glielo dirò! Ciao, Lee!» disse prima di passare il telefono a George.
«Lee, mi senti?»
«Sì, amico, forte e chiaro. Devi fare ancora un po' di pratica eh? Se vuoi chiamare Isabelle o scriverle messaggi, devi allenarti!» disse lui, ridendo.
Lo sentì sbuffare. «Certo, mi aiuterai tu. Comunque, cosa volevi?»
«Ti ho chiamato per invitarti ad una festa stasera, al pub dove lavora Isabelle. Vieni?»
«Ehm, si... va bene...» Non gli sembrava molto convinto.
«Che succede, Georgie?»
«Ehm, niente ma... non l'ho più vista da quel giorno a casa loro, e tantomeno sentita... non vorrei che ci fosse un po' di imbarazzo per quello che è successo. Non vorrei mai metterla a disagio, lo sai».
Lee trovava il comportamento del suo amico molto dolce. Era molto timido, riservato, ma con un grande cuore. Cuore che si stava letteralmente sciogliendo per la mora che si trovava a pochi passi da lui.
«Che imbarazzo dovrebbe esserci? Stai tranquillo. Lei stasera lavorerà e poi saremo tutti insieme, quindi non preoccuparti.»
«Senti, non è che posso far venire anche Charlie? È tornato dalla Romania per le feste e mi dispiace lasciarlo da solo a casa. Stasera le coppiette hanno deciso di guardare un film con una specie di video registra-qualcosa che ha portato Hermione. Mi dispiacerebbe lasciarlo a fare il nono incomodo».
Lee rise. «Ma certo. Più siamo, meglio è!»
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