Prologo
2 maggio 1998
Una forte esplosione gli fece girare di scatto la testa, mentre cercava di capire da dove provenisse quel trambusto. Correndo verso la direzione di quel suono improvviso, si ritrovò a percorrere il grande ed immenso corridoio del quarto piano della scuola. Girando un angolo, poi un altro, si ritrovò infine di fronte a un ammasso di rocce e detriti. Teneva in mano salda la sua bacchetta, nel caso ne avesse avuto bisogno per difendersi dai Mangiamorte. Voltandosi verso destra, vide da dove provenivano quei rumori assordanti di poco prima. Al centro della parete c'era un enorme buco, ed era proprio da lì, a causa dell'esplosione, che si erano staccati i grandi massi del muro di roccia.
Come a rallentatore, voltò la testa verso sinistra e vide un ragazzo minuto, con dei capelli rosso fuoco, che stava cercando disperatamente di spostare i massi. Percy stava urlando, ma lui sentiva solo suoni ovattati. Riuscì a scorgere il suo volto disperato, su cui era dipinta una smorfia di dolore. La sua bocca si stava muovendo, ma George non riuscì a comprendere cosa stesse dicendo.
Mentre stava cercando di capire come muoversi, sentì qualcuno passargli accanto alla sua destra. Ricevette una spallata involontaria e sussultò a quel contatto improvviso. Mettendo a fuoco, riuscì a scorgere la stessa tonalità di colore di capelli sulla sua testa. Bill.
«George... George! Vieni qua ad aiutarci!»
Finalmente sembrò aver riacquisito l'udito. Mentre si avvicinava a passi lenti, ancora intontito dal rumore dell'esplosione, George riuscì a captare ciò che i suoi fratelli stavano dicendo.
«Cos'è successo?»
«Tutto è accaduto così in fretta, non so da dove ci abbiano attaccato, stavamo parlando e non so bene come, ma un incantesimo ha colpito il muro e io ero proprio sotto ma lui mi ha spinto di lato e... io...»disse Percy, sconvolto.
«Percy, adesso calmati. L'importante è riuscire a spostare questi massi, e in fretta» rispose Bill.
Suo fratello annuì. Aveva il volto tirato, e due paia di occhiaie che contornavano gli occhi.
«George, sistemati da un lato insieme a Percy, io dall'altro. Cerchiamo di far levitare i massi, ok?»
Entrambi fecero un cenno del capo. George si sentiva completamente spaesato, sentiva una sensazione strana alla bocca dello stomaco. Sentiva che qualcosa non andava, anche se non sapeva esattamente cosa.
«George?»
Alzò lo sguardo verso Bill, ma senza rispondere. Tutto intorno a lui sembrava muoversi a rallentatore, e sentiva i suoi arti pesanti come macigni.
«George?»
Sentire il suo nome per la seconda volta lo scosse dal torpore in cui si trovava. «Scusa Bill, certo, diamoci da fare» rispose, buttando giù il magone che sentiva pressante nella sua gola. Questo, però, non accennava a scendere. Qualcosa non andava, e George riusciva a sentirlo perfettamente dentro le viscere.
Si sistemarono come accordato. Lui e Percy dal lato sinistro, e il fratello dal lato destro. Mossero all'unisono le bacchette e iniziarono a far levitare i grandi pezzi di pietra, che erano ammassati insieme a grandi pezzi di legno.
Un attimo dopo, George sentì il suo cuore perdere un battito.
Disteso in terra sotto ai detriti, in una posizione quasi innaturale, giaceva una figura che riconobbe immediatamente. Era la persona con cui aveva condiviso, fin dal concepimento, ogni cosa. Era la persona che poteva vedere guardandosi allo specchio. Era l'unica persona al mondo di cui si fidava ciecamente. Era suo fratello.
Tutto accadde in pochi secondi. Percy iniziò ad urlare il nome di suo fratello mettendosi le mani nei capelli esasperato mentre Bill, in silenzio, si gettò verso il corpo, cercando di rianimarlo. George vide che dapprima cercò di utilizzare la sua bacchetta, provando a pronunciare alcuni incantesimi con la voce spezzata. Dopo poco la gettò a terra con rabbia e iniziò ad attuare una serie di strani movimenti. Unì le mani, una sopra l'altra, e iniziò a premerle con forza, ad un ritmo sostenuto sul petto del fratello esanime, proprio all'altezza del cuore. Provò per qualche minuto, senza mai fermarsi. A volte intervallava le spinte sul petto avvicinandosi alla bocca del fratello, cercando di soffiare aria nei suoi polmoni. Sembrava tutto inutile.
George si sentì pietrificato sul posto. Dagli occhi offuscati di lacrime, riuscì a vedere Percy accasciato a terra con le braccia strette intorno al petto, quasi come a voler contenere la diga di dolore che si era appena rotta dentro di lui. Copiose lacrime uscivano dai suoi occhi, rigando le sue guance e finendo il loro percorso gocciolando a terra.
«Non è possibile... oh santo cielo... mi ha salvato la vita...»
George sentì che dentro di sé qualcosa si era appena spezzato. Era come se qualcuno avesse messo una mano dentro al suo petto e gli avesse strappato il cuore, senza anestetico, senza pietà. Sapeva cosa significava la scena a cui stava assistendo, ancora prima che suo fratello Bill si alzasse da terra e con le lacrime che gli rigavano il volto, pronunciasse le parole che avrebbero sconvolto per sempre la vita di tutta la sua famiglia.
«Fred è morto».
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