Isabelle
Dedico questo capitolo a D22ria e Aalicemorosi che mi hanno consigliato le canzoni migliori ❤✨
Però lei sa la verità
Non è per tutti andare avanti
Con il cuore che è diviso in due metà
È freddo già
È una bambina però sente come un peso e prima o poi si spezzerà
E la gente dirà
Non vale niente non riesce neanche a uscire da una misera porta
Ma un giorno una volta lei ci riuscirà
Tutto il suo mondo le era appena crollato addosso. Un pesante macigno che gravava sulle sue esili spalle già consumate dalla vita e dalle ingiustizie.
Prima Stella, e il dolore immenso e straziante che le aveva pervaso l'animo.
Poi, una possibilità di redenzione. Una possibilità per essere di nuovo serena, di provare la tanto agognata felicità.
Ma il destino non era probabilmente dalla sua parte. Forse, non lo era mai stato.
Le aveva tolto tutto, e anche di più. Oramai di Isabelle non restavano che cenere e macerie, un involucro vuoto. Da fuori, poteva sembrare anche la stessa. Cercava di sorridere, di rispondere alle domande che le venivano poste, di trascinarsi avanti.
Ma dentro di lei non c'era più niente.
Solo i residui di un organo ormai polverizzato. Un cuore che non batteva più.
«Mi dispiace molto, Isabelle... Deve essere stata dura, per te».
La voce della dottoressa Fain la scosse dal suo intorpidimento. «Come?»
«Stavo cercando di immaginarmi quanto sia stata dura per te... Quanto lo sia ancora. Ti va di parlarne più approfonditamente?»
Da dietro gli occhiali dalla montatura spessa, vide uno sguardo comprensivo, accogliente. Lo sguardo che l'aveva accompagnata durante tutti quei mesi, durante lo svelamento di emozioni e affetti che non credeva più possibile provare. Si sentì, ancora una volta, libera di lasciarsi andare. Libera di poterlo fare senza cadere in frantumi. Si fidava della dottoressa, non avrebbe mai lasciato la sua mano.
«Non credevo possibile una cosa del genere. Pensavo che la vita mi avesse già presentato il suo conto salato... E invece ancora chiede, pretende... Mi sento prosciugata di ogni energia vitale. Lui le ha assorbite tutte. Ha preso tutto, anche la mia felicità» disse con lo sguardo rivolto a terra. Non riusciva ancora a pronunciare il suo nome, forse non ne sarebbe mai più stata in grado.
«Ciò che George ha fatto...»
Isabelle sussultò alla sua menzione. Non credeva che le avrebbe fatto questo effetto, non se pronunciato da altri. Ma era ancora fragile, era ancora pelle viva. E il suo nome e il solo pensare a lui gettava sale sulle sue ferite ancora aperte. Sentì il tumulto emotivo crescere nel suo petto e le lacrime presentarsi agli angoli degli occhi. Fece un respiro profondo, cercando di ritrovare la calma. Esternare quello che provava non sarebbe servito a niente, inoltre preferiva tenere per sé certe sensazioni. Sperava che, in questo modo, potessero perdere di intensità.
Ecco l'ennesima bugia che ti stai raccontando
La dottoressa si schiarì la gola, prima di continuare. «Ciò che lui ha fatto... È davvero orribile. Il tradimento può avere varie ragioni alla base, e io non lo conosco personalmente per poter dare un opinione sulle sue scelte e le sue modalità di funzionare. Ma conosco te, so come reagisci a queste situazioni. Per questo, voglio proporti di iniziare a lavorarci da subito. Hai subito tanto dolore, tanto male, Isabelle. Non vorrei che tu ti chiudessi di nuovo, che tu seguissi di nuovo tuoi schemi personali e interpersonali, ritornando indietro su progressi già ottenuti in tutto questi mesi di lavoro e soprattutto nelle ultime settimane. Che ne pensi?» terminò lei, con un grande sorriso sul volto.
Un forte senso di colpa si fece strada nel suo petto. Quel giorno era andata alla seduta con l'intento di comunicare la sua partenza e l'arresto della sua terapia. La dottoressa era sempre stata un porto sicuro per lei, e doverle dare quella notizia le spezzava il cuore.
Ma doveva farlo. Doveva dirle la verità.
«In realtà, Dottoressa... Non credo che questo sarà possibile».
Sul volto della donna comparve un'espressione incuriosita. «Cosa intendi?»
Isabelle sospirò. Era arrivato il momento di vuotare il sacco. Ci era riuscita con Sammy, con Pam. E doveva tirare fuori ancora una volta il suo coraggio.
«Ho deciso di partire. Lucas, il mio capo, mi ha offerto un nuovo posto di lavoro in una filiale americana, sarò la sua assistente personale e... Inizialmente ero stata categorica nel rifiutare, ma poi dopo quello che è successo... Ho deciso di accettare. Quindi... La mia terapia termina oggi. Ero venuta per comunicarle anche questo... e salutarla».
La dottoressa sembrò spiazzata da quella affermazione. Rimase qualche secondo in silenzio, e in quel breve spazio la mente di Isabelle iniziò a fantasticare. Pensò che la donna fosse arrabbiata, delusa, schifata dalla sua scelta.
Dopo tutti i progressi che hai ottenuto, scappi così? Sei una grande delusione
«Va bene, Isabelle. Mi dispiace molto che tu interrompa, perché hai ottenuto dei risultati strabilianti e ne potresti ottenere ancora... Ma rispetto la tua decisione. Come ti ho sempre detto, dobbiamo seguire le richieste che il nostro corpo e la nostra anima ci porgono. Ed è del tutto lecito avere bisogno di ricominciare a costruire la propria vita, mattoncino dopo mattoncino. Soprattutto dopo le prove a cui sei stata sottoposta».
Una piccola e breve scarica di felicità la attraversò, per poi scomparire dopo qualche secondo. La dottoressa non era arrabbiata con lei. Questo le dava, in un certo senso, la spinta per continuare nella sua scelta. Sapere di non lasciare rancori, rapporti incrinati alle sue spalle le forniva un senso di tranquillità. Qualcosa di cui aveva disperatamente bisogno in quel momento.
Si scambiarono un abbraccio, carico di mille significati. Le parole in quel momento erano superflue, e quel contatto scaldò il cuore di Isabelle.
Forse quel povero organo distrutto non era ancora del tutto da buttare.
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«Che vuol dire che parti? E dove vai? Per quanto?»
Eric, di fronte a lei, la osservò con una smorfia di tristezza sul viso.
«Perché? Cos'è successo, Bel?» continuò lui, di fronte al silenzio della ragazza.
«Eric... Io te lo dico, ma per favore... Non voglio che ti arrabbi. Me lo prometti?»
Eric si irrigidì con tutto il corpo, contraendo la mascella. Poi annuì lievemente.
«Ok... Beh, cercherò di essere il più breve possibile. Non sto più insieme a... lui. Perché ho scoperto un suo tradimento. Quindi ho deciso di accettare un offerta di lavoro in America... Credo che mi farà bene cambiare aria per un po'».
Il volto del suo ex fidanzato si fece prima rosso, poi scuro nel giro di un millisecondo. «Che cosa ha fatto quel cazzone?» chiese con i pugni talmente stretti da far diventare le nocche completamente bianche.
«Eric... hai promesso...»
«Non mi interessa! Come si è azzardato a fare una cosa del genere?» urlò alzandosi dalla sedia. Iniziò a girare per la cucina del suo appartamento, mentre Isabelle rimase seduta, con lo sguardo basso.
«Lo ammazzo... giuro che lo ammazzo.»
«Non provare neanche a dire una cosa del genere. Non dopo quello che hai fatto a me! Tu... tu non puoi!» esplose lei, con le lacrime agli occhi.
Di fronte al suo tono di voce disperato, Eric sembrò calmarsi. Dopo ciò che si era permesso di fare, non aveva alcuna voce in capitolo. Lei si trovava lì solo per rispetto del grande amore che li aveva legati per anni, quell'amore così profondo da riuscire a regalarle la sua unica ragione di vita.
«Hai ragione, Bel. Perdonami...»
Eric si inginocchiò di fronte a lei, guardandola intensamente negli occhi. «Scusami... è che non sopporto che qualcuno ti faccia del male. Mi sento ancora una merda per ciò che ti ho fatto... e il pensiero che lui ti abbia ferito mi distrugge... eri così innamorata...»
Pronunciò quelle ultime parole mentre un lampo di tristezza e amarezza attraversava il suo sguardo. Eric non l'aveva mai dimenticata, quell'amore così grande permeava ancora il suo cuore.
«Sono ancora innamorata... da impazzire...è per questo che voglio andarmene. Non posso continuare ad abitare in questa città, con il terrore di poterlo incontrare ad ogni angolo, ad ogni occasione in cui saranno coinvolte le ragazze o il piccolo Alec...»
«E dove vai? Quanto starai via?»
Isabelle si morse il labbro, incerta. Sapeva che avrebbe procurato un grande dolore al moro di fronte a lei, ma era arrivato il momento dei saluti. E non poteva lasciare l'Inghilterra senza un ultima stretta, un ultimo abbraccio da parte del padre di sua figlia.
«Andrò in America, mi hanno proposto un lavoro in una delle filiali dell'azienda... e non ho intenzione di tornare, per ora».
Guardò di sottecchi Eric, temendo il peggio. Ma, contrariamente alle aspettative, sul suo volto non vide rabbia. Osservò solo preoccupazione, tanta tristezza e una serie di lacrime calde sulle sue guance. Le asciugò velocemente con il pollice, cercando di sorridere. Doveva essere forte, anche per lui.
«Potrò venire a trovarti?» chiese lui, con voce tremante.
«Non lo so, Eric... ho bisogno di staccare da tutto, da tutti. Mi capisci, vero?»
Lo sguardo che si scambiarono era talmente carico di significati, di amore e affetto che le parole non servirono affatto.
Il ragazzo la stritolò in una di quelli abbracci che tanto adorava, che l'avevano fatta perdutamente innamorare. Un abbraccio che le fece sentire, ancora una volta, i loro cuori vicini. Due cuori che battevano all'unisono, nonostante tutto.
«Mi accompagni da Stella? Ho voglia di farle un ultimo saluto...» sussurrò, mentre lui la teneva ancora al sicuro tra le braccia.
«Ma certo. Andiamo a salutare la nostra piccola.»
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«Ti avevo detto che non mi fidavo di lui. Te lo avevo detto!»
«Mamma...»
«No, non voglio sentire le tue scuse! Ti avevo avvisato, ma tu non mi hai voluto ascoltare! Ti sei fatta trasportare da quel fannullone, da quel buono a nulla! E guarda dove ti ha portato!»
Il volto di sua madre era contratto in una smorfia rabbiosa. Il suo respiro era accelerato e Isabelle si accorse che le sue mani, gesticolando, tremavano.
«Per favore... ascoltami. Sono venuta qua per dirti una cosa... tra qualche giorno partirò...»
«E dove vai? Pensi che una villeggiatura potrà farti stare meglio?» esclamò sua madre con tono tagliente.
«Perché non puoi soltanto consolarmi, mamma? Perché devi sempre trovare il modo di affossarmi? Cosa credi, che non soffra già abbastanza? Che non sappia già quello che tu mi stai spiattellando in faccia? So bene che sono stata una stupida, ingenua! Una stupida a poter credere di nuovo nell'amore, a poter credere di nuovo di essere importante per qualcuno. Ma ci ho voluto provare, e ci ho sbattuto la testa. Ed è proprio per questo che sono venuta a salutarti, visto che me ne vado in un altro paese, e non sarà una breve vacanza. Me ne vado, per sempre. Se rimango qua... non potrò più vivere serenamente...»
Dopo una pausa di qualche secondò, il fiume di parole continuò a scorrere: «E poi, perché continui a darmi contro? Proprio adesso, che avrei solo bisogno di un abbraccio dalla... dalla mia mamma!»
Esplose in un singhiozzo strozzato, a cui ne seguirono presto altri. Il suo corpo era scosso dal pianto e dai lamenti. Non riuscì a tenersi dentro tutto. La diga era appena crollata, e il mare di dolore che ne seguì la tranciò nuovamente in due.
Seduta in cucina, strinse le braccia intorno al petto per cercare di contenere l'ustione che il dolore le stava provocando. Ma non ci riuscì.
«Tesoro...»
Sentì la mano di sua madre accarezzarle i capelli, per poi accoglierla nella sua stretta. La ragazza si lasciò finalmente andare dopo giorni di chiusura emotiva, giorni di dolore represso. Credeva che questo le avrebbe portato beneficio, ma si sbagliava. Il dolore era sempre lì, pronto a presentare il suo conto.
«Mi dispiace tanto... ho reagito così perché... non te l'ho mai detto, ma anche tuo padre ha fatto una cosa simile. Eri molto piccola e... siamo rimasti insieme solo ed esclusivamente per il tuo bene, anche se a quanto pare abbiamo combinato solo casini... Sto male perché non volevo che questo accadesse anche a te... non dopo tutto quello che hai dovuto affrontare...»
«Mamma...» riuscì a pronunciare solo quella parola in mezzo alle lacrime.
«Shh, tesoro... la mamma è qui... e ti sosterrò, in ogni scelta. Se pensi che andare via possa aiutarti, fallo. Tu adesso devi solo essere felice».
Non aveva mai sperimentato il lato affettuoso di sua madre. Troppo arrabbiata, troppo rancorosa per un rapporto incrinato, si era allontanata emotivamente dalla figlia. Ma finalmente sembrava riaprirsi uno spiraglio di luce.
Forse non era troppo tardi per recuperare quel rapporto che, nonostante tutto, entrambe sentivano a livello viscerale.
Erano, dopotutto, pur sempre una mamma e la sua bambina.
«Sai, mamma... oggi sono stata da Stella, insieme ad Eric. Credevo che non sarei riuscita ad affrontare il dolore di staccarmi da lei, ma sono stata brava. Ho versato solo qualche lacrima... perché so che non sarà mai sola. Qua ci saranno suo papà e sua nonna che la proteggeranno... adesso e per sempre.»
«Puoi starne certa, bambina mia... puoi starne certa» le rispose sua madre, mentre le accarezzava i lunghi capelli neri ancora per un po'.
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God, I wish that you had thought this through
Before I went and fell in love with you
When she's sleeping in the bed we made
Don't you dare forget about the way
You betrayed me
Facendo forza con un ginocchio su una delle due valigie, riuscì finalmente a chiuderla. Guardandosi intorno nella sua vecchia stanza, ricontrollò per scrupolo di aver preso tutto. Aprì ogni cassetto, ogni anta per evitare di lasciare qualcosa a Londra.
Aprendo l'ultimo cassetto dell'armadio trovò la fotocamera, quella che i ragazzi le avevano regalato durante il viaggio a Parigi. La inserì con cura nel bagaglio a mano, ma poi si accorse che, sotto l'oggetto, si trovava una busta di carta ingiallita. Con mani tremanti la prese, temendo per il suo contenuto.
Dentro c'erano una serie di foto, appartenenti proprio al rullino dell'unica vacanza che avessero mai fatto tutti insieme. E anche l'ultima.
Sammy e Pam di fronte al Duomo di Firenze che sorridevano felici.
Lee e Charlie che facevano gli scemi davanti alla Tour Eiffel.
George che, seduto di fronte a lei, abbassava lo sguardo imbarazzato.
George che camminava tra le strade di Amsterdam.
George che fissava l'obbiettivo con gli occhi che brillavano.
Chiuse gli occhi, cercando di scacciare il forte dolore che stava provando. Era rimasta di nuovo incastrata in quello sguardo così profondo, così magnetico.
Si rese conto che non avrebbe mai potuto odiarlo. Nemmeno dopo tutto il dolore, nemmeno se si fosse impegnata.
Come puoi odiare una persona quando la ami così tanto da levare il fiato?
«Bel, sei pronta? Dobbiamo andare, altrimenti perderemo l'aereo».
Si voltò di scatto, cercando di nascondere dietro la schiena il plico con le foto.
«Certo Beth, arrivo subito».
Dopo che la sua amica uscì dalla stanza, rimise le foto all'interno della busta e si avviò con decisione verso il cestino. Non aveva intenzione di tenerle, non ne vedeva il motivo.
È bene fare un taglio netto, con tutto
Guardando in basso, però, si rese conto che sarebbe stato impossibile recidere ogni legame con ciò che aveva vissuto negli ultimi due anni.
Un piccolo stick bianco con due linee rosa, infatti, la stava osservando dal fondo del contenitore.
Era stata davvero sconsiderata. Non riusciva a ricordare quando e perché avesse dimenticato la pillola. Forse durante il trasloco? Forse durante i preparativi del battesimo di Alec? Aveva perso ore a fare calcoli mentali, a cercare di trovare una motivazione.
Ma ormai questo non era più importante.
Ciò che adesso importava era la nuova vita che stava nascendo dentro di lei. E che avrebbe protetto ad ogni costo.
Passando davanti allo specchio, alzò lievemente il maglione che indossava. Già da qualche giorno Isabelle aveva deciso di nascondere ciò che stava accadendo, sfoderando alcuni dei vecchi indumenti utilizzati durante i primi momenti della gravidanza di Stella. Nessuno sapeva ancora niente, soprattutto il diretto interessato. E, almeno per il momento, voleva continuare su questa linea.
Con la mano che tremava, passò delicatamente sul piccolo rigonfiamento sulla sua pancia, quasi invisibile ad occhio nudo. Ma lei riusciva a vederlo perfettamente. Un brivido le percorse la schiena e sentì gli occhi pizzicare. Rimase a fissarsi per diversi minuti, e una nuova consapevolezza la colpì.
George non le aveva fatto solo del male.
Forse il destino le stava fornendo una nuova via per essere finalmente felice.
Forse non era tutto perduto.
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