How long will i love you? as long as the stars are above you

Consiglio di ascoltare la canzone suggerita al punto indicato con una freccia.

How long will i love you

As long as the Stars are above you

Or longer if i can


«Che ci facciamo qua?»

Si erano materializzati di fronte alla Tana. Isabelle non sapeva bene per quale motivo si trovassero lì, ma la cosa la infastidì molto. Quel giorno voleva dedicarlo soltanto al suo dolore, e al ricordo di Stella. Non voleva nessuno intorno, e aveva paura che le venissero rivolti sguardi di pena e compassione. Non li avrebbe sopportati.

«George, non vorrei essere scortese ma non mi va proprio di passare la serata con la tua famiglia. Con tutto il rispetto, ma ho solo voglia di stare sola... riportami subito a casa» disse guardandolo fisso negli occhi. Non avrebbe accettato un no come risposta. Iniziò poi ad incamminarsi verso il recinto intorno alla casa, quando George la prese per un polso, fermandola.

«Aspetta e vedrai.»

Ciò che la convinse fu il suo sguardo. Quel suo sguardo dolce che riusciva a scioglierla, ogni singola volta. Si fidava ciecamente di lui, gli avrebbe affidato la sua stessa vita. E decise di farlo anche quella sera, nonostante non se la sentisse, nonostante tutto.

L'ingresso era al buio, e l'unica illuminazione era data da una piccola luce blu che si intravedeva dalla cucina. Entrando nella stanza, trovarono Harry seduto ad un capo del tavolo e Arthur dall'altro. Parlottavano sommessamente, come se non volessero farsi sentire.

«Siete arrivati... buonasera Isabelle» le disse Arthur con il suo solito enorme sorriso contagioso. Adorava quell'uomo. Lo considerava come il padre che non aveva mai avuto. Anche Harry la salutò calorosamente.

«Potete spiegarmi che succede? Che ci facciamo qua?» chiese lei, ormai incuriosita dalla situazione.

George si schiarì la gola, mentre contorceva con fare nervoso le mani. «Bel, so quanto questa giornata sia importante e straziante allo stesso tempo, per te... Non posso sapere cosa significhi perdere un figlio, ma penso di poterlo immaginare, visto il dolore che condividiamo... e non potevo pensare di lasciarti sola con questo enorme vuoto dentro al petto. Dovevo, volevo fare qualcosa di importante per te. Per farti superare questa giornata, non solo con la sofferenza nel cuore ma anche con gioia, con felicità. Ci penso già da qualche giorno e, alla fine, ho chiesto consiglio a mio padre... che mi ha dato un idea a cui sinceramente non avevo pensato» disse indicando Arthur, che annuiva. «Ci siamo consultati con Harry, che ha gentilmente fatto da tramite.»

«Da tramite con chi, esattamente? E di cosa stai parlando? Non ci sto capendo niente!» esclamò lei, osservandoli con uno sguardo confuso.

«Forse è meglio che ti lasci la parola, Harry...» disse George.

«Isabelle, devi sapere che nel mondo magico esistono alcuni oggetti magici parecchio rari e, tra questi, c'è anche quello che noi chiamiamo Pensatoio. Ne sono venuto a conoscenza durante il mio quarto anno a scuola, quando ho visto i ricordi di Silente... ma questa è una storia per un'altra occasione. Comunque, questo oggetto permette di vedere i ricordi di una persona. E quando George e Arthur sono venuti a chiedermi consiglio, ho subito capito che avrebbe fatto proprio al caso vostro.»

«Quindi, sono andato di nuovo a scuola, dove uno dei pochi Pensatoi disponibili viene tenuto ben nascosto dalla Preside McGranitt... e sappiamo che ha un debole per me, quindi non è stato per niente difficile chiederglielo in prestito per un giorno» disse il ragazzo occhialuto, mentre iniziava a trafficare con la sua bacchetta. Fece alcuni movimenti particolari e all'improvviso ad un angolo della cucina comparve uno strano oggetto di grandi dimensioni.

Isabelle si avvicinò, curiosa, mentre veniva affiancata da Harry. Il Pensatoio, come lo aveva appena definito il moro, aveva la forma di un lavabo di pietra poco profondo, con alcune incisioni particolari che la ragazza non conosceva. Sembravano delle rune celtiche, accompagnate da altri simboli altrettanto strani. All'interno di esso si trovava un liquido argenteo, di consistenza gassosa.

«E io cosa c'entro con tutto questo?» chiese Isabelle rivolgendosi a tutti, ma fissando il proprio sguardo verso George. Non capiva ancora perché l'avesse trascinata fino a lì, per un motivo che ancora faticava a comprendere.

Lui si avvicinò e le prese entrambe le mani tra le sue. «Isabelle, tutto questo è stato fatti per darti la possibilità, ancora una volta, di vedere Stella. Siamo un po' incerti del suo funzionamento con i babbani ma... ho pensato che valesse la pena di tentare».

I suoi occhi color nocciola erano pieni di speranza, ed erano lucidi. La osservava, scrutandola a fondo e scavando dentro la sua anima. Solo lui ci riusciva così bene, e Isabelle si sentì attraversare da mille sensazioni diverse.

Aveva fatto tutto questo per lei.

E nessuno si era mai spinto così oltre per lei.

Sentì le lacrime arrivare a ondate improvvise, e non poté fare niente per fermale. Scorrevano veloci sulle sue guance, andando a cadere a terra.

«Amore, perché piangi? Se non te la senti non fa niente, lasciamo perdere!» disse lui frettolosamente «Harry, riprenditi tutto, riporta tutto ad Hogwarts, ringrazia Minnie per la sua disponibilità, ma-»

«Georgie... sto piangendo di felicità. Perché mi hai appena dimostrato che persona magnifica sei. E io ti amo così tanto per questo... va bene, facciamolo. Sono curiosa di provarci... e se non dovesse andare bene, in ogni caso avrò la consapevolezza di aver fatto bene a lasciarti entrare nel mio cuore...» disse, non preoccupandosi della presenza del padre del suo ragazzo. In quel momento, non si vergognava assolutamente dei suoi sentimenti. Se avesse potuto, sarebbe andata sulla cima del monte più alto, per gridare a tutto il mondo quanto fosse pazzamente innamorata di quel ragazzo dalla chioma rossa e dal cuore d'oro.

«Ti amo anche io Isabelle...» disse in un sussurro. Tenendole ancora le mani, la fece avvicinare al Pensatoio. «Adesso devo provare ad estrarre i ricordi di Stella con la magia. Tu prova a concentrarti su di lei, sui ricordi più belli che hai con lei e che ti piacerebbe rivivere. Al resto penso tutto io...»

Lo vide voltarsi verso Harry per cercare conferma, e il ragazzo con gli occhiali annuì, deciso. Dopodiché George prese la sua bacchetta e avvicinò delicatamente la punta di essa alla tempia destra della ragazza. Inspirando, le fece un cenno del capo, e lei iniziò a pensare intensamente alla sua bambina, alla sua piccola Stella. Cercò di esplorare quelli che lei sentiva come i ricordi più belli, più felici con lei, quelli che le avevano lasciato una meravigliosa sensazione di calore e di felicità al petto. Sentì improvvisamente freddo nel punto in cui la bacchetta era poggiata, e dopo qualche secondo un flebile fascio di luce azzurrina danzò davanti ai suoi occhi, pendendo dalla punta della bacchetta magica di George. Lui, con cura, depositò il ricordo dentro il Pensatoio.

«Ecco, adesso ci siamo. Sarò sempre con te, tutto il tempo ok? Ricordati di non lasciare mai la mia mano» disse George, guardandola intensamente. «Segui i miei movimenti e ripeti tutto ciò che faccio.»

«George, noi vi lasciamo soli... passo dopo a riprendere il Pensatoio da riportare ad Hogwarts, ok?» esclamò Harry, mentre seguiva Arthur fuori dalla stanza e, presumibilmente, fuori dalla Tana.

«Ma dove sono tutti?» gli chiese Isabelle.

Lui si grattò la nuca con il solito fare imbarazzato. «Potrei aver costretto tutti a lasciare casa libera, per fare questa cosa... era troppo importante, e non doveva esserci nessun altro a parte loro due, e noi due» rispose poi diventando serio.

Lo sguardo della ragazza si addolcì. «Non ho parole per descrivere ciò che provo adesso... grazie davvero, amore... solo grazie.»

«Non devi dirmi grazie, l'ho fatto per te... e l'ho fatto con piacere» rispose, scuotendo la testa. «Comunque, sei pronta?»

«Con te al tuo fianco, lo sono sempre...» disse mentre stringeva ancora di più la sua mano. Seguendo i movimenti del ragazzo, anche lei avvicinò il volto al contenuto del Pensatoio e quando entrò in contatto con quella sostanza gassosa, sentì una sensazione di bagnato e, poco dopo, improvvisamente si fece tutto buio.

--> Atlantis

«Dove siamo, George?» chiese lei, con fare preoccupato, non appena la visuale ritornò. Subito dopo, trovò la sua risposta guardandosi intorno. Riconobbe subito l'arredamento e il colore delle pareti. Erano nell'appartamento di Eric, o meglio, quello che per anni era stato anche il suo. Stavolta, però, gli oggetti intorno a lei le sembravano ovattati, come coperti da una patina bianca che li rendeva leggermente deformi. Un rumore di chiavi e la porta che si apriva la fece sussultare, e vide George accanto a lei aggrottare le sopracciglia.

«Dai Eric, metti via quell'aggeggio, non è il momento di riprendermi! Sono in uno stato pietoso...»

«Ma amore, sei sempre bellissima! E poi, sto riprendendo la mia stellina, mica te!» rispose Eric ridendo.

Isabelle ricordava benissimo quel giorno. Erano appena tornati dall'ospedale, ed Eric aveva insistito per filmare i primi momenti della bambina nella casa. Vedersi, per lei, fu davvero strano. Preoccupata, si girò verso George che sembrò capirla con uno sguardo.

«Loro non possono vederci, siamo dentro un ricordo. Stai tranquilla...»

«Io sono innamorata, Eric. Non riesco a staccarle gli occhi di dosso...» disse Isabelle, mentre faceva una lieve carezza sulla testa della piccola.

«Anche io, Bel... ci ha già conquistati!»

«Ho tanta paura amore... riusciremo ad essere dei buoni genitori? Riusciremo a proteggerla?»

«Ci proveremo con tutte le nostre forze, e faremo del nostro meglio...» rispose lui, dandole un lieve bacio sulla testa e poi dandone uno sulla fronte della bambina.

Quel semplice gesto bastò per spezzarle ancora una volta il cuore. Ma non ebbe il tempo di lasciarsi andare al dolore, perché la scena di fronte a loro sparì, in una nube di fumo bianco.

«Che succede, George?»

«Credo che stiamo passando al ricordo successivo» rispose lui, mettendole un braccio intorno alla vita e avvicinandola a sé con fare protettivo. Poi, nuove immagini si formarono di fronte a loro.

«Sei davvero bravo a darle da mangiare, Eric!» esclamò Isabelle ridendo, mentre osservava il disastro di posate, pentole, biberon e cibo sparso per tutta la cucina. Di fronte al tavolo, l'uomo che amava di più di ogni cosa al mondo che stava cercando di imboccare la bambina. Lei continuava a fare no con la testa, e lanciava dei piccoli urletti quando suo padre sospirava disperato. Si stava divertendo un mondo a farlo dannare. Era davvero una piccola peste!

«Andiamo, Bel, ti sembra il momento di infierire? Non mi sei d'aiuto così» disse, sconsolato. Si alzò per riporre il piattino nel lavello, e lei si avvicinò a Stella, che la accolse con un enorme sorriso.

«Sembra la tua fotocopia, si diverte a farmi impazzire!» disse lui, mentre si rimetteva a sedere di fronte a lei e prendeva le piccole manine tra le sue. «Ti diverti a far impazzire papà, vero amore?»

«Pa- papà!»

«Hai...hai sentito, Bel?» chiese lui, con una nuova luce negli occhi. «Mi ha chiamato! Mi ha chiamato papà!» esclamò ridendo felice. Prese la bambina dal seggiolone e la fece volteggiare in aria, mentre la riempiva di baci. "«l mio amore ha detto papà! Ci credi?» chiese, rivolgendosi a lei e guardandola con gli occhi pieni di gioia.

Lei assunse una finta espressione offesa, prima di guardarli con un enorme sorriso stampato sul volto. «Non ci posso credere! Ha chiamato prima te che me! Sono gelosa!»

A quel punto, calde lacrime stavano uscendo dagli occhi della ragazza. Si stringeva forte il petto con le mani, come se il suo cuore potesse frantumarsi da un momento all'altro. Ma forse, si era già frantumato.

«Amore, ce la fai? Altrimenti possiamo smettere qua...»

Lei scosse con forza la testa, continuando a piangere. «No. Voglio andare avanti... ti prego... voglio vederla ancora».

Lui annuì, mentre di fronte a loro si prospettò un nuovo cambio di scenario.

«Vieni amore, ti faccio vedere dove mettere il dentino che hai perso!» disse Isabelle. La bambina la seguì, curiosa. «Dove, mamma?» chiese con impazienza. Eric le seguiva, sorridendo sornione.

Entrarono nella cameretta della bambina, una piccola stanza con le pareti rosa e un grande armadio bianco posto sul lato sinistro. In terra, sparsi, una miriade di giochi diversi, tra cui bambole, statuine e pupazzetti, tra cui un orso gigante. «Questo lo mettiamo sotto il cuscino, così stanotte passa la fatina dei denti a lasciarti un soldo!» disse Isabelle, mentre la aiutava a salire sul letto.

«Sì! Mi piace!» disse lei, incespicando ancora con le parole.

Prese il dentino dalle mani della mamma e lo mise con cura sotto il cuscino. Dopo, soddisfatta, disse: «Voglio dormire ora! Così arriva prima domani!»

Il suo modo buffo di parlare fece sorridere i due genitori. Isabelle le rimboccò le coperte e dopo averle dato il bacio della buonanotte, uscì dalla stanza.

«Perché ridi?» chiese lei, osservando il ghigno divertito sul volto del suo fidanzato.

«Eravate uno spasso, là dentro!» rispose Eric.

«Visto che ti diverti tanto, stanotte ti alzi tu per mettere una moneta sotto il cuscino!» disse lei, mentre gli dava una gomitata e, successivamente, un lieve bacio sulla bocca.

A quel punto Isabelle si era aggrappata completamente al braccio di George e lo stava stritolando con foga. Il suo volto era pieno di lacrime, che sembravano fondersi con la pelle.

Infine, lo scenario di fronte a loro cambiò. Si trovavano in un parco, e stavolta di fronte a loro c'erano solo Isabelle e Stella, seduta su una panchina. La ragazza si trovava di fronte a lei, inginocchiata e impegnata a controllare un taglio sul ginocchio della bambina.

Isabelle si staccò dalla presa di George, avvicinandosi ancora di più a loro, e posizionandosi proprio dietro la sé del passato.

«Mi fa tanto male, mamma...» disse la bambina, mentre piangeva e tirava su con il naso.

«Fammi vedere... non è niente, tesoro! Solo una sbucciatura, niente che un bacino non faccia passare!» esclamò lei, ridendo. Diede un lieve bacio sul punto del ginocchio in cui c'era la piccola ferita. «Hai visto, è tutto passato! Sono convinta che non faccia nemmeno più male!»

La bambina scosse la testa, mentre con un braccio si asciugava le lacrime. «Mamma, fa ancora male...»

«Va bene amore, adesso facciamo una cosa. Ti ricordi quel gelato super buono che hai mangiato l'altro giorno con papà? Beh, quella gelateria è proprio qui dietro quindi che ne dici che adesso ci andiamo a prendere un bell'antidoto per la bua, al gusto cioccolato e fragola? Un uccellino mi ha detto che sono i tuoi preferiti...»

La bambina sembrò riprendersi, diventando improvvisamente curiosa. «Chi te lo ha detto?» disse, mangiandosi un po' le parole.

Isabelle rise. «Certi segreti non si dicono, ma questo uccellino è stato molto gentile, così adesso so che non ti piacciono più il pistacchio e il limone!»

Anche la bambina rise, e quando Isabelle iniziò a farle il solletico sotto le braccia, iniziò a lanciare dei gridolini felici.

Isabelle sentì le mani calde di George che le accarezzavano le braccia. Chiuse gli occhi a quel contatto, e si rese conto di aver smesso di respirare per qualche secondo. Quell'ultimo ricordo l'aveva straziata in un modo che non riusciva a descrivere. Ricordava ogni singola sensazione di quel giorno in modo preciso, erano scolpite nel suo cuore e non se ne sarebbero mai andate.

Avvicinò una mano alla bambina, per accarezzarle una guancia ma la sua mano toccò l'aria.

Davanti a lei non c'era più niente, e anche l'ultimo ricordo di Stella era appena svanito. Ma ciò che non era svanito era il dolore.

Il dolore che la fece cadere a terra, una volta sollevata la testa dal Pensatoio, stringendosi le braccia al petto e singhiozzando sommessamente. George si abbassò con lei, avvicinandola a sé e accarezzandole i capelli dolcemente.

«Bel, scusami... non volevo farti soffrire così...» disse con tono amareggiato.

Lei alzò di scatto lo sguardò, posando ancora una volta le sue iridi verde scuro, piene di lacrime, su quelle nocciola di George. «Perché mi chiedi scusa? Mi hai appena fatto il regalo più bello di tutta la mia vita. Mi hai dato qualche momento in più con lei... e te ne sono immensamente grata».

Buttò le braccia al suo collo e lo strinse con foga a sé. Avvicinandosi al suo orecchio, disse in un sussurro: «Non lasciarmi mai, George...»

«Mai.»

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«Bel, sei sicura che non vuoi che ti accompagni? Penso di poter resistere a spaccargli la faccia, almeno per oggi.»

«No Georgie, grazie. Credo di poterlo gestire. Gli ho promesso che avremmo passato la serata insieme, a guardare i vecchi album di foto... glielo devo» rispose lei mentre si avvicinava a lasciarli un bacio sulla guancia.

Si erano smaterializzati di fronte alla porta dell'appartamento di Eric, dove i due avevano appuntamento. Quel giorno era straziante per entrambi, e lei doveva e voleva stare vicino al padre di sua figlia.

«Va bene amore, ci vediamo domani allora... fai attenzione che non ci provi con te!» disse George, con lo sguardo torvo e la sopracciglia corrucciate.

Lei gli diede una piccola pacca sulla spalla. «Smettila, scemo! Lo sai che puoi stare tranquillo... davvero. E, amore... grazie, per tutto. Avresti potuto usare il Pensatoio per vedere i ricordi insieme a Fred e invece lo hai usato per me.»

«Non dirlo neanche per scherzo, Bel. Questa giornata andava dedicata solo a te e Stella. Non ringraziarmi...»

Lei gettò, per la seconda volta quel giorno, le braccia al collo di lui e lo strinse a sé. «Credo di non aver mai amato nessuno come amo te. Ricordatelo sempre».

Dopo avergli detto queste parole, si girò e si avviò dentro l'appartamento, pronta a celebrare, ancora una volta, la breve vita della sua piccola farfalla.

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Buonasera a tutti! Spero che questo capitolo vi sia piaciuto. Non vi nascondo che sia mentre scrivevo, che mentre revisionavo ho pianto, e anche parecchio. Ma mi sembrava giusto celebrare un personaggio così importante e vitale per la storia come Stella.

Fatemi sapere cosa ne pensate, se vi è piaciuto e se vi siete anche solo in parte emozionat* come mi sono emozionata io.

Colgo anche l'occasione di questo spazio autrice per ringraziare  effywriter  che in questi giorni mi è stata davvero vicino. Mi ha sopportato durante i miei scleri ( non vi nascondo che ho cancellato per ben due volte tutto ciò che avevo scritto) e mi ha sempre supportato, grazie davvero amica mia! 

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