6-𝓟𝓮𝓬𝓬𝓪𝓽𝓲 𝓬𝓸𝓷𝓯𝓮𝓼𝓼𝓪𝓽𝓲.
Quegli occhi mi legarono a essi con una catena invisibile nello stesso istante in cui li incrociai. Familiari e sconosciuti, m'incantarono mentre li osservavo. Strinsi i miei in due fessure, per mettere a fuoco quel colore snervante. Sì, mi snervava non riuscire a capacitarmi di non riconoscerne la sfumatura. I suoi mi penetrarono come a scovarmi l'anima, percuoterla.
Continuava a fissarmi con un ghigno tra il malefico e il divertito a braccia conserte e gambe incrociate, appoggiato con la schiena allo stipite della porta. Tentai di coprirmi, invano, le forme nude, fino a quando non riuscii ad arrivare al primo telo ripiegato sullo sgabello in legno. Lo strinsi veloce sopra il seno, facendolo scivolare fino alle cosce.
«Bene, Cappuccetto. Renderti presentabile non era tra le tue priorità, vedo» disse tornando serio, con tono glaciale.
«Esci subito dal bagno!» urlai in preda alla collera non appena mi resi conto della presenza reale di quell'uomo.
Non era un sogno, era lì, per davvero. Quel ragazzo, dal viso angelico e le fossette superbe, era inquietante.
«Questa casa è mia. Tu non hai alcun potere per dirmi cosa devo o non devo fare» affermò sghignazzante. «È vero, forse non mi sono presentato a dovere. Piacere, sono Killian, il tuo Padrone» continuò, muovendo le dita nella mia direzione.
Con un solo gesto, da lontano, sistemò il bordo del telo, rimasto impigliato su se stesso. Fu come un piccolo soffio di vento che mi carezzò le gambe, lieve.
Rimasi paralizzata da quel tocco delicato, a tal punto da non accorgermi subito di ciò che aveva appena detto.
Lo scrutai per qualche secondo. Dovevo fargli proprio pena. Avrebbe potuto approfittare della situazione e far scivolare la morbida spugna, invece, mi coprì più che poté. Lo fece con aria supponente, quasi disgustata.
«Padrone?» alzai la voce agitata nel momento in cui riuscii a realizzare. «Padrone? Scordatelo! Io non sono una bestia, non sono proprietà di nessuno.»
«Tu hai tentato di uccidere Lantus, è la regola di noi Killiuk, Cappuccetto» replicò con sdegno. «Raith ti ha spiegato che se non obbedisci ne andrà di mezzo la tua famiglia, vero? Non è un gioco, non sono io che decido le regole. Se ti rifiuti di collaborare, la tua famiglia verrà eliminata. Se Lantus muore, sarai tu a pagarne le conseguenze. Quindi, credo sia meglio per te che tu ti metta l'anima in pace. Vestiti e scendi nelle stalle. Lì troverai l'infermeria con tutto il necessario.»
«La volete smettere di additarmi? Non ho ferito nessuno. Lantus di qua, Lantus di là. Sei stata tu! Questa cantilena mi ha stancata. Ok, curerò questo lupo, ma continuerò a ripetere che non è colpa mia. Uccido solo per fame e, credimi, quella era una delle rarissime sere in cui non ne avevo.»
«Vestiti e scendi, piccola bugiarda» disse, prima di sparire, letteralmente. Mancava solo una nuvola di fumo e lo spettacolo sarebbe stato eccelso.
Non mi diede neanche il tempo di replicare un'ultima volta, diamine. Dovevo avere io l'ultima parola.
Nell'armadio trovai sistemati, in ordine, una quantità di vestiti che la nostra sarta non sarebbe riuscita a cucire neanche in un paio di anni. C'era di tutto. Corsetti, camicie, pantaloni in pelle, gonne e qualche vestito strano che non avevo mai visto. Ylion doveva vantare una moda bizzarra. Erano senza corpetto, di una stoffa leggera che sembrava volesse fasciare il corpo. Qualcuno aveva una scollatura sul davanti, un po' troppo vertiginosa; altri, l'avevano dietro; altri ancora alle gambe. Pensai che fosse davvero della roba troppo particolare che, di sicuro, non avrei mai voluto indossare.
Presi e indossai degli abiti comodi prima di scendere giù alla ricerca di Raith. Era il faccione più famigliare e meno inquietante di tutti e, avevo bisogno di lamentarmi con qualcuno.
La mia sicurezza mi stava abbandonando. A poco a poco iniziavo ad avere paura.
Trovai Ester ad attendermi nell'atrio, mi indicò come raggiungere le stalle con l'entusiasmo di un topo strangolato da un boa.
Camminai sul meraviglioso sentiero che caratterizzava l'immenso giardino, stando ben attenta a non soddisfare la mia voglia di estirparne i fiori. In fondo, Raith, era l'unico di cui potessi fidarmi, almeno credevo.
Lui era lì, ad aspettarmi davanti all'entrata delle stalle. Un sorriso involontario mi uscì appena riconobbi la sua figura. Non poteva essere scambiato con nessun altro. La maestosità della Bestia reincarnata in un cucciolo batuffoloso di pelo morbido. Mi piaceva quando tentava di fare il duro. Non ci riusciva. Lo trovavo esilarante quando ci provava, ma non lo avrei mai ammesso, almeno... non così in fretta.
«Avresti dovuto metterti a tuo agio», disse non appena lo raggiunsi «non arrivare in pantofole. Una spazzolata ai capelli avresti potuto farla, una doccia quantomeno. Potevi renderti presentabile per Killian.»
Mi costrinsi a non inveire contro quella insolenza becera che stava dimostrando. Gli puntai il dito contro il centro della fronte, in mezzo agli occhi.
«Tu, lurida bestiaccia. Non ti permettere, sai!? Mi hai lasciata sola, contro quell'essere disgustoso, malvagio e patetico.»
Strinse il muso per nascondere il velato ghigno che, invece, notai all'istante.
«No, continua con i complimenti al nostro signore, avanti! Sarebbe felicissimo di sentirli. Vuoi che li segni per riportarglieli?» incalzò, deciso a prendermi in giro. «Sei una ragazzina, devi solo ringraziare che, suo illustrissimo, abbia convinto la regina a non farti fuori seduta stante» rivelò serio
«Uccidermi? Per aver ferito quel dannato lupo?»
«I lupi sono sacri qui, Al, non lo sai? Non ti hanno informata?» chiese osservandomi torvo.
«No, non lo sapevo!»
Qualcosa, nella mia testa, mi suggeriva il contrario. Avrei dovuto saperlo? Avevo un vago ricordo, qualcosa che tentava di venir fuori, ma che rimaneva impigliato nei meandri dei miei pensieri. Uno di essi mi suggeriva che ne ero stata informata, ma non ricordavo né quando né dove e, soprattutto, chi aveva potuto mettermi al corrente. Un ricordo vacuo, senza risposta.
«Sì, testolina. I lupi sono anime salve.»
«Volevi dire: anime salvate?»
«No, stupida capretta. Anime salve, le chiamiamo proprio così. Sono, effettivamente, state salvate da un destino che non meritavano» confessò, abbassando gli occhi sul terreno.
«Sono creature magiche quindi? Come te, come... quel Killian?» domandai esterrefatta dalla realizzazione.
«Anche, diciamo.» Era sempre molto evasivo. «Ti piace proprio ficcare il naso in fatti che non ti competono. Pensa a non fare morire Lantus invece di perdere altro tempo.»
«Devi spiegarmi perché credete tutti che sia stata io a fare del male a questo maledetto lupo. Voglio la vera verità, però. Ora basta con le accuse infondate. Chi è stato ad accusarmi?» chiesi una volta per tutte, esasperata dalle continue illazioni.
Il viso di Raith si fece cupo, voltò il profilo verso l'entrata della stalla prima di girarsi e attraversare l'uscio.
«Andiamo, non c'è più tempo da perdere, se non vuoi fare una brutta fine» continuò, ignorando la mia richiesta.
No, non mi stava più bene. Erano ormai giorni che si continuava a puntare il dito su quella ferita quasi mortale che mi tracciava come un'eventuale assassina. Quel lupo, in realtà, non era un comune animale, ma un Killiuk o qualsiasi altra creatura magica di forma umana o Bestia pensante e, a quanto mi aveva dimostrato Raith, "molto parlante". E io, non ero un'assassina senza scrupoli.
«Non mi muoverò di qui fino a quando non ti deciderai a chiarirmi le idee. Chi è stato? Chi si è divertito a raccontare fandonie sul mio conto?» dissi pestando i piedi, riuscendo a fare una fossa sul punto in cui mi trovavo.
«Sei esasperante, Aledis. Una bambina di cinque anni avrebbe atteggiamenti più maturi dei tuoi» affermò nervoso.
Mi piaceva farlo andare fuori di testa.
«Non c'è limite al peggio. Potrei fare di meglio, anche» dissi risoluta, incrociando le braccia, decisa a rispettare le mie parole.
In quel momento preciso, si accese una luce nel suo viso che portò a spegnere la mia.
«Lo hai voluto tu, capretta!» ringhiò con fare deciso prima di voltarsi e venirmi incontro, con un ghigno di minaccia.
Mi ritrovai appesa alle sue spalle, come un inutile sacco di patate vecchie, a cercare di scalciare l'aria per convincerlo a farmi scendere. Fu tutto inutile, mi rassegnai al mio misero destino. Feci il percorso, fino all'infermeria, sbuffando sulle sue enormi spalle.
«Grazie del passaggio!» lo schernii, decisa a non dargli soddisfazione, mentre le mie gambe venivano portate, salde, sul terriccio.
«Non c'è di che, capretta» sorrise beffardo, mostrandomi la barella dov'era posizionato quel dannato lupo.
Nell'effettivo, mi resi conto, vedendolo, che era stato conciato per le feste. Il sangue ancora incrostato sul pelo candido lo macchiava di morte.
«Perché nessuno ha fatto nulla fino a ora? Capisco che pensiate sia compito mio, ma... povero piccolo! Non avete avuto alcuna pietà? Rompete le scatole a me, quando voi non avete alzato un dito, assurdo!» dissi disgustata da ciò che stavo vedendo.
«Quando diciamo che è compito di chi lo ha ferito così, non lo facciamo a caso. Lantus, come qualsiasi altro lupo ferito, non si lascerebbe toccare da altri se non dal suo assalitore. È la magia che lega la vittima al carnefice. Il suo corpo può essere toccato solo da te, qualsiasi altro, verrebbe scaraventato con violenza, il più lontano possibile. È un modo per fare assumere, a chi ha compiuto il gesto, tutte le responsabilità. Sadico? Sì, lo ammetto, ma ho sempre pensato sia la cosa più giusta.»
«E se ci fosse uno scontro e il loro aggressore rimanesse ucciso? Non potrebbe essere salvato neanche il lupo?» chiedo perplessa.
«Tutto dipende dalle motivazioni. La magia le riconosce sempre. Legittima gli intenti.» Continuo a osservarlo dubbiosa alla ricerca di altri chiarimenti. «Vedi, Al, se il lupo ha cattive intenzioni, viene riconosciuto come oppressore. Se, invece, agisse per difendersi e il suo aguzzino ne rimanesse ucciso, sarebbe la famiglia di quest'ultimo a doversene prendere cura. Se non avesse famiglia? So che stavi per chiederlo, pettegola. Il legame sarebbe spezzato e potrebbe essere curato da chiunque.»
Mentre Raith continuava a discorrere, realizzai. Avevo davanti a me la prova che non ero stata io a ferire quella povera bestiola. Finalmente avrei avuto modo di togliermi da questo impiccio. Avrei rischiato di farmi male, sì, ma dovevo dare dimostrazione della mia innocenza.
Presi un grosso respiro, come ad inalare del coraggio vaporizzato e mi avviai, decisa a palesare la mia verità. Ebbi un attimo di titubanza non appena il lupo fissò i suoi occhi nei miei, pensavo volesse saltarmi addosso, invece, guaì in un canto di sofferenza.
Mi voltai verso Raith, desideravo che il suo sguardo m'infondesse coraggio. Ne avevo bisogno. Avevo perso la mia spocchia subito dopo aver messo piede a Ylion... o subito prima, in quell'abbraccio.
Ricambiò il mio sguardo con sicurezza.
«E se mi accadesse qualcosa? Se rimanessi ferita nell'impatto? Sarebbe lui a dover curare me?»
Rise di gusto per le mie domande prima di rispondere.
«Non funziona proprio così, Aledis. Comunque, non hai nulla di cui preoccuparti, non ti accadrà niente.»
«Come fai ad esserne così sicuro? Hai imparato a conoscermi, credo. Ho dimostrato di non essere una persona che si nasconde sotto la gonnella della mamma. Ho accettato, pur essendo innocente, di venire qui, senza troppe storie...»
Grugnì, neanche troppo velatamente, schernendo la mia sicurezza.
«Adoro che tu non ti renda conto dei fatti, Aledis. Senza neanche troppe storie? Sarebbe stata una favola meravigliosa rispetto a ciò che ho dovuto subire.»
«Ah, questo perché non mi conosci. Sono capace di peggio, credimi, molto peggio» sorrisi sarcastica, in risposta.
«Non ho dubbi che tu abbia deciso di darmi solo un assaggio dei tuoi modi. Gradirei che non scoprissi tutte le carte da "ammaliatrice" che possiedi», continuò ironico, facendomi stringere gli occhi in segno di sdegno.
«Non ho voglia di scherzare Raith, potrei morire.»
«Non morirai, giuro.»
«Come puoi giurare sulle parole di un millantatore disonesto che non sa neanche cosa diamine ha visto? So che prima o poi la morte arriva per tutti, ma non pensavo di dover rischiare la vita per un bugiardo» dissi girando lo sguardo verso Lantus.
«Non è un bugiardo!» affermò perentorio.
«E tu che ne sai?» chiesi di rimando.
«Lo so perché... il "millantatore" sono io. Sono io ad aver visto tutto, capretta.»
Ciao a tutti, piccoli cuccioli di lemure.
Eccoci con un altro capitolo della nostra avventura.
Piccoli dettagli vengono già svelati, ma ci sarà tanto ancora da scoprire.
Aledis prenderà bene quest'ultima confessione?
Conoscendola, non credo. 🤣
Al prossimo capitolo, giuoie!
Spero di avervi intrattenuto fino a questo punto. Ricordate di lasciare una stellina e commenti, anche per segnalare refusi o errori vari, grazie❤️
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