32-𝓢𝓪𝓻à 𝓵'𝓾𝓵𝓽𝓲𝓶𝓸 𝓹𝓸𝓼𝓽𝓸 𝓬𝓱𝓮 𝓿𝓮𝓭𝓻𝓪𝓲...
Durante il mio riposino ristoratore, sognai.
Mi capitava di rado di ricordare i sogni, ma quello mi rimase impresso, perché era qualcosa che avevo già vissuto.
Killian e Raith, insieme. Quel giorno c'era anche Malakay.
Ricordavo perfettamente quando Killian arrivò per accompagnare fuori dalla sua dimora il Drasoul.
In quel momento riuscii a collegare i pezzi. La stupida battuta sull'abbigliamento che sarebbe stato stretto a Malakay, quel sorrisino di consapevolezza che sfoggiò quando vide che c'erano entrambi.
Chi aveva preso le sembianze del Killiuk quel giorno?
La mia curiosità ebbe la meglio sul sonno, mi alzai da quel comodo letto con lenzuola di seta soffici e profumate di pulito. Mi guardai intorno, incantata dallo splendore di quella camera che Malakay aveva fatto preparare per me. Non mi conosceva, eppure, era come se avesse colto ogni sfaccettatura della mia personalità e l'avesse impressa nei colori di quella stanza. Le pareti, di un tenue lilla, erano arricchite da strisce bianche verticali. Su alcune di esse spiccava il disegno in rilievo di peonie dalle sfumature del rosa e del viola. Una porta del colore del latte, nascondeva una stanza colma di vestiti e accessori di ogni genere, bastava mettere un piede lì dentro, per far sì che si illuminasse. Un paio poltrone da lettura che parevano essere soffici nuvole, posizionate ai lati del finestrone che affacciava su quella deliziosa veranda riuscivano a farmi sospirare, sognante.
Immaginavo di leggere le meravigliose favole raccontate nei libri che possedevo ad Airsa.
Avevo avuto una libreria sotto il naso tutto il tempo, a casa di Killian, ma mi era stato vietato l'accesso.
Avrei potuto passare il mio tempo a fare ciò che più amavo: immergermi nelle storie d'amore senza tempo. E invece...
Quel Killiuk aveva preferito prendermi in giro, riempirmi di menzogne senza senso, assumere l'aria di un uomo con un cuore di pietra, avvicinarsi alla mia anima con le sembianze di una bestia, per poi ferirmi ogni qualvolta ero io a compiere un passo verso "l'umano".
Bugie, bugie, talmente tante da non distinguere più cosa fosse reale.
Non ero solo delusa, ero arrabbiata, come mai nella mia vita.
Sentivo un peso nel petto che cercava di uscire, per liberare il respiro. Aveva detto di avermi trovata, di aver trovato la sua metà, ma il dubbio di non sapere se anche io avessi visto quel legame lo aveva bloccato. Questo, però, non lo giustificava, perché la verità era che aveva peccato di codardia. Un codardo, un vero e proprio codardo che piuttosto di affrontare i suoi sentimenti aveva preferito allontanarmi, come fossi una delle sue amanti ossessionate dal suo corpo.
Io quel legame lo avevo sentito e il mio cuore aveva continuato a farlo, anche sotto mille incantesimi.
Cercavo, ancora, troppe risposte che solo Malakay avrebbe potuto darmi, forse.
Uscii nel giardino, dopo essermi messa addosso il primo vestito trovato in quella camera. Era un abitino leggero, bianco, con dei piccoli fiorellini del colore del mare ricamati sulla parte della gonna che scendeva morbida, ma non misi le scarpe. Mi piaceva camminare scalza e sentire i fili di erba solleticarmi le dita.
Passai il pontile, m'incantai a osservare il laghetto sottostante. Sulla superficie galleggivano delle splendide ninfee e piccoli ranocchietti saltavano da una foglia all'altra, come se stessero giocando a rincorrersi. Un maestoso cigno nero ne beccava un altro, candido come neve...
«Uomini!» dissi a me stessa.
Quell'uccellaccio dispettoso non poteva che essere un maschio.
«Se ti riferisci a Naï, no, devo deluderti, è una femmina.»
La voce di Malakay mi fece perdere un battito per lo spavento.
Portai la mano al petto, senza voltarmi.
«Naï? Hai dato un nome ai tuoi cigni?» Non volevo dargli la soddisfazione di fargli capire che avevo rischiato un colpo al cuore.
«Non avrei dovuto farlo?» chiese, grattandosi la testa.
Tutto mi fece pensare che fosse in imbarazzo.
«Sì, certo ma, da uno come te, non me lo sarei aspettato.»
«Nami è con me da prima che diventassi un Drasoul. Non avrei dato un nome a una bestia, altrimenti.» disse, mentre accorciava la distanza che ci separava.
Si appoggio alla staccionata in legno che affacciava sulle acque limpide, al mio fianco.
«Perchè?» domandai di getto.
«Perchè non ha senso, Fiorellino.» rispose, poggiando lo sguardo sul vestito che indossavo. Mi parve di vedere un sorriso compiaciuto sul suo volto, solo per un attimo. «Infatti, lui ne è privo.»
Mostrò il povero cigno bianco che continuava ad allontanarsi per non essere beccato ancora.
«È ingiusto! Anche lui ha diritto ad avere un nome.» dissi in un broncio di offesa.
«Daglielo tu...» Lo guardai, felice di avere la possibilità di scegliere. Abbassò la testa e si guardò i piedi. Lo seguii con lo sguardo e notai che anche lui era scalzo.
Lo avevo notato anche durante la nostra cena, ma feci finta di nulla.
Si schiarì la voce, non era poi così male quel suono.
«Posso farti una domanda, Malakay?»
«Me la farai lo stesso, vero?» Annuii, sbattendo velocemente le ciglia. «Che me lo chiedi a fare, allora?»
«Riguarda Killian.» roteò gli occhi, infastidito nell'udire quel nome, ma mi fece cenno di continuare. «Come ha fatto a farmi credere che quel giorno, nel giardino, ci fossero sia lui che Raith?»
«Te lo sei immaginato, ragazzina.» rispose in un sorriso malizioso.
«No, non mi sono immaginata niente. C'erano sia il Killiuk che Killian in quel maledetto giardino, non farmi passare per pazza.» Cercai di mantenere la calma, ma dentro avrei voluto esplodere.
Non volevo sentire altre menzogne.
«Aledis...» disse in tono serio. «Non sto dicendo che sei pazza. Te lo sei immaginato, perché noi abbiamo il potere di creare illusioni.» Confessò, in segno di resa. «Era Ester, in realtà. All'inizio non avevo capito neanche io, perché possiamo agire sulla mente di una sola persona. Tutti gli altri, non vedevamo Killian, ma la sua domestica.»
Mi tornarono in mente tutti i loro sguardi d'intesa, tutte le volte che mi presero in giro, le parole che non potevo comprendere... tutto.
Il senso di soffocamento diventò sempre più forte. Esplodeva, rimbombava, si faceva spazio nei meandri più oscuri di testa e cuore. Spingeva, faceva male, ma rimaneva intrappolato nei miei pensieri e nell'emozioni che non potevano esprimersi, a causa di quei maledetti bracciali che stringevano i polsi. Mi sentivo come quei bambini che ancora non sanno parlare e si ritrovano, per la prima volta, a ridere, ma non riconoscono quella nuova sensazione e non possono fare altro che spaventarsi e iniziare a piangere a dirotto, a causa del turbinio che non riescono a controllare. Io ero una bambina che non riconosceva più la sua stessa pelle e, quelle sensazioni che sentivo di voler provare, ma che si accumulavano dentro, mi stavano portando a implodere.
Tentai di stare ferma sul posto, non scappare, urlare e piangere, perché, per quanto lo volessi, non ne sarei stata capace, in quel momento. Uscì un sospiro rassegnato, senza desideri nascosti. La resa di un istante che avrebbe potuto prolungarsi in infiniti attimi scanditi da un tempo che non sarebbe tornato più indietro.
Lo stesso che Killian mi aveva sottratto per puro egoismo.
«Malakay...» Pronuncia il suo nome in un sussurro.
«Non la smetterai più di fare domande e so di non sbagliarmi, quindi, dimmi, prima che mi penta di essere venuto a prendere una boccata d'aria.»
«Io penso di ricambiare i sentimenti di Killian.» ammisi d'un fiato. «Cioè, ora non ne sono più tanto sicura, ma sono sempre stata attratta da lui e riesco a spiegarmi perché lo fossi anche di Raith.»
Sbuffò con aria infastidita. Lo faceva sempre quando qualcuno nominava il Killiuk.
«Ragazzina, non hai capito niente. Eppure, mi sembrava te lo avesse spiegato per bene.»
«Tu che ne sai di cosa mi ha spiegato Killian?» Sorrise roteando gli occhi, come se stesse parlando con una completa imbecille. «Aspetta un momento... tu eri lì? Tu eri in quella biblioteca ieri, prima ancora di palesarti!»
«Esatto!» confessò con fare orgoglioso, mentre risultava essere solo uno squilibrato.
«Perchè?» chiesi confusa.
«Beh, che domande, ragazzina. Ero già arrivato, per quale motivo avrei dovuto perdermi quello spettacolo?» Domandò retorico, allargando il suo sorriso demoniaco.
Tutto era bloccato in me, ogni sensazione avrebbe dovuto essere sotto controllo, ma quell'uomo, quel dannatissimo Drasoul, aveva il potere di istigarmi a compiere un omicidio: il suo.
Fu proprio per non strangolarlo che decisi di voltargli le spalle, come una ragazzetta in piena crisi esistenziale, e andarmene a passo svelto in direzione della piccola casetta in fondo al pontile.
«È normale.» Urlò quando fui abbastanza distante da lui. «Sei la sua metà e, anche se lui non fosse la tua, sarebbe normale sentire il legame, perché qualcosa vi unirebbe comunque, non si può spezzare.» continuò, mentre io procedevo a passo spedito verso la porta d'entrata. «A meno che...»
Avrei voluto dirgli di completare la frase per sapere di cosa stesse parlando, ma l'unica cosa che feci fu quella di perseguire la mia strada da ragazzina offesa e sbattergli la porta in faccia, o quasi.
🌘🌗🌖🌕🌔🌓🌒🌑
Due giorni, rimasi due lunghissimi giorni dentro quella casa, per non incontrarlo neanche per sbaglio.
Magda si preoccupava di farmi avere tutto ciò che desideravo. Ogni tipo di prelibatezza passò in quel piccolo rifugio, ma io non avevo appetito. Quello che sentivo dentro mi stava logorando anche lo stomaco. Era un peso così grande di emozioni che avrei voluto gridare al vento, per farle portare via. Per sfogarmi con chi voleva ascoltarmi.
Madre!
Parlare con lei e le mie sorelle sarebbe stato d'aiuto, ma non sapevo come avrei potuto contattarle.
In fondo, però, avevo un modo per parlare con un amico.
Il ciondolo!
Lo avevo tolto durante il viaggio, dovevo proteggerlo da chiunque volesse farmi del male. Era l'unica arma efficace che avevo contro gli incantesimi di Clelia e Malakay lo sapeva benissimo. Dovevo proteggerlo anche da lui.
Non persi tempo, lo presi da una scatola che si trovava all'interno della camera dei vestiti e lo indossai.
«Lantus!»
Lo chiamai solo un paio di volte.
«Aledis, piccolo uragano!» Riuscimmo a connettere le nostre menti nell'immediato.
Come loro, anche le mie emozioni riafforarono insieme a lacrime di gioia che invasero il mio volto.
«Mi manchi da morire, lupacchiotto. Ho bisogno di te e dei tuoi rari momenti di saggezza.» Insieme alle lacrime, non riuscivo a fermare quel momento di felicità e spegnere il mio sorriso.
Iniziai a camminare avanti e indietro per tutta la casa, consumai il pavimento in legno.
«Oh, Al, mi manchi tantissimo anche tu. Manchi anche a Orio... e manchi a Killian.»
«Non m'importa di lui, ho bisogno solo di te!» Mentii, in parte, perché il Killiuk mi mancava, ma non riuscivo a quantificare quanto.
Nello stesso momento in cui avevo indossato il ciondolo, tutto tornò di nuovo e iniziai a sentire l'assenza di ogni cosa.
Il buio era sceso su quei luoghi, lo osservavo dalle finestre, guardavo il riflesso della luna nello specchio d'acqua al di sotto del pontile, mentre spiegavo a Lantus come mi sentivo.
Vidi passare un paio di giovani fanciulle ben vestite e capii subito cosa ci facessero in quel posto. Erano il sollazzo del Drasoul. Non feci caso al piccolo fastidio che provai, lo lasciai correre, presa da qualcosa di più importante.
«Ho bisogno di vederti, Lantus. Di parlare con te.» dissi in un moto di malinconia.
«Piccolina, anche io ho bisogno che mi gratti nel solito posto, ho un prurito così fastidioso che tu non hai idea.» disse ironico.
La mia risata risuonò tra le mura della stanza e iniziai a sentire una piccola interferenza. Pensai che la collana stesse perdendo la sua forza.
«Lantus...»
«Dimmi, Al.»
«Sei la cosa più vicina a una famiglia!»
Lo sentivo sul serio. Era come un fratello maggiore con qualche problemino di troppo.
Sentii che tirava su con il naso. Anche il piccolo, grande Lantus mi voleva bene, ma non lo avrebbe mai ammesso.
«Buona notte, piccolo uragano. Ti prometto che non aspetterai molto.»
«In che senso?»
Non parlò. Persi il contatto subito dopo.
«Buona notte, Lantus.» Sperai che il mio augurio gli fosse arrivato ugualmente.
Non riuscivo a stare ferma. Continuavo a camminare, nervosa, nel salone che affacciava sulla veranda.
Decisi di uscire per fare una passeggiata e prendere un po' d'aria, dopo i giorni passati in clausura. Malakay aveva il suo bel da fare, non avrei rischiato d'incontrarlo.
Le lanterne che costeggiavano la stradina, emanavano una luce soffusa. La fiamma, al loro interno, stava per spegnersi. Mi avviai in un punto in cui il tenue bagliore non rischiarava l'atmosfera. Avevo voglia di osservare lo spettacolo che il cielo aveva da offrirmi. In quei luoghi capii che anche la notte poteva donarmi qualcosa.
Mi stesi sull'erba fresca e puntai lo sguardo sull'oscurità di quell' immenso stellato. La luna era sparita e la meraviglia di quei piccoli puntini luminosi, che donavano al cielo l'eleganza di una donna che brilla di luce propria, mi lasciarono senza fiato. Tornai a respirare, di nuovo.
Anche se, a volte, facevano male, non avrei mai voluto chiudere i sentimenti in una stupida scatola di cartone, per farmi cullare dal nulla, dal vuoto. Avrei voluto rimanere lì, fermare quell'istante e tenerlo stretto a me per tutto il tempo necessario. Sentirmi viva, sempre.
Chiusi gli occhi, tentai di riconnettermi con Lantus, ma non ci fu nulla da fare.
Fu quando sentii un rumore provenire da dietro una siepe che decisi di alzarmi per rientrare in casa. Un brivido mi percorse la schiena, prima di alzarmi per raggiungere, a passo spedito, la porta che mi avrebbe fatta sentire al sicuro. Qualcosa non andava. Non feci in tempo a raggiungere la strada illuminata dalle lanterne ancora accese.
«Oh, oh, oh, abbiamo il piccolo fiorellino appena sbocciato.» La voce roca del Sospiro mi terrorizzò.
Ero sola, con i poteri ancora bloccati, troppo distante dalla dimora di Malakay per riuscire a farmi sentire con un urlo. In fondo, non sapevo neanche se lo avesse fatto arrivare lui stesso.
«Cosa vuoi?» chiesi arrendevole, con l'intenzione di trovare un modo per distrarlo e scappare.
Riuscivo a vedere la sua pelle raggrinzita del colore della muffa e i pozzi oscuri che aveva al posto degli occhi, anche al buio.
«Io non voglio niente!» rispose, fluttuandomi vicino. «È la regina Clelia che vuole che ritorni da lei. È finita la tua vacanza di benessere.» Mi alitò in faccia con quel suo alito putrido che lo contraddistingueva dalle altre creature.
Ero pietrificata. Le mie gambe non si muovevano, piantate su quella stradina buia. Avrei dovuto scappare, ma la paura mi aveva paralizzata. Paura che mi scavasse dentro per nutrirsi del mio dolore. Cercai di non guardarlo, di non incastrare i miei occhi nelle sue cavità vuote, ma aveva il potere di attrarmi verso l'oscurità.
Vidi quel fumo denso partire dalle sue dita rugose e dalla bocca e il terrore s'impossessò, completamente, di me.
Sentii una forza nuova scavarmi nell'anima. La stessa che mi accese le dita in tante piccole scintille. I bracciali ai polsi cominciarono a tremare con le mie gambe, come fossi nuda sotto un manto di neve.
Le scintille divennero sempre più presenti. Si intrecciavano all'interno dei bracciali, come serpenti luminosi intorno a un ramo. Scossa dopo scossa, sentivo crescere il potere dentro di me e il terrore lasciò il posto alla consapevolezza: io ero più forte di ogni catena.
Le braccia, ormai coperte da saette, divennero anche fuoco e sciolsero il metallo che mi teneva legata al nulla. Si fuse, colando accanto ai miei piedi scalzi.
Guardai il Sospiro con aria di minaccia e vidi, nella sua forma, un brivido di paura che lo trasformò in quell'alito inconsistente che non sapevo come colpire.
Ruotò intorno, in una danza che mi fece girare la testa. Un ruota, e ancora un'altra, come vento incessante. Cercavo di seguirlo, ma persi l'equilibrio e il controllo dei poteri, inciampando sulle mie stesse gambe. Si scaraventò sul mio corpo, mi bloccò i pensieri. Riuscì a intrufolarsi nella mia mente, provocandomi un dolore che mi fece sperare di morire all'istante. Non l'avrei sopportato ancora. Quel male non ebbe il tempo d'imprimersi e portarmi via.
Mi ripresi, ma il sospiro non era più sopra di me. Riuscì a sentire la voce ovattata e lontana di Malakay, solo per un'istante, prima di perdere i sensi:
«Toccala di nuovo e l'inferno sarà l'ultima cosa che vedrai.»
💥Buonasera, piccoli cuZz.
Non mi aspettavo neanche io l'arrivo del Sospiro ma, ahimè, è arrivato a stravolgere la piccola tranquillità che si era creata. Malakay riuscirà a convincere quel mostro a levare via le tende? Sappiamo già che il Drasoul sa essere molto convincente.
Al prossimo capitolo, giuoie.
P.S. Per chi fosse interessato/a alle mie storie ho iniziato a scrivere un nuovo romanzo. Parlo di Tornless, un soft dark romance, con due protagonisti fuori di testa. Vi aspetto, se vi va... 😚
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