27-𝓣𝓻𝓪 𝓽𝓮𝓼𝓽𝓪 𝓮 𝓬𝓾𝓸𝓻𝓮
Il salone, addobbato ad arte per la festa, era irriconoscibile. Era la stessa enorme stanza nella quale avevo visto Clelia per la prima volta, ma le miriadi di luci calde che l'adornavano rendevano l'atmosfera fiabesca. Gli immensi lampadari che scendevano con le loro gemme preziose, giocavano con i riflessi, producevano centinaia di piccole lucette che parevano stelle del colore dell'arcobaleno.
Una piccola orchestra, suonava della musica dolce che riecheggiava, calma, tra le mura, rilassando gli animi.
Le tavole, coperte da un tovagliato dorato, erano imbandite, piene di ogni leccornia possibile. La maggior parte dei mini cibi presenti, non avevo neanche idea di cosa fossero. Minuscole fette di pane bianco, con sopra creme spumose di ogni tipo, mi facevano venire voglia di intingerci il dito, se non fosse stata cattiva educazione farlo. Uomini, vestiti di bianco, con uno strano cappello in testa, cucinavano carni per tutti i palati, creando uno spettacolo senza eguali, con le fiamme.
Bicchieri sempre colmi di un liquido pieno di bollicine, tintinnavano tra gli invitati, prima di colare nelle loro bocche affamate. Sfarzo ed eleganza regnavano in quella maestosa sala. Nessun pizzo, nessun merletto, presenti in quelle favole senza tempo che tanto amavo, ma non mancava la classe, in veste diversa.
«Champagne, madame?»
Un ragazzo, abbigliato come tanti altri, mi porse un vassoio con sopra quei calici dalle bollicine invitanti.
Guardai Ares, al mio fianco, per capire se potessi osare prenderne uno.
«Sì, lo vuole» rispose al mio posto. «Assicurati che abbia il bicchiere sempre pieno» continuò, lasciandomi interdetta.
«Sì, grazie.» Presi il calice tra le dita e lo poggiai alle labbra. Un odore acidulo, ma delicato mi rasserenò nell'immediato, mentre le bollicine mi pizzicarono il naso. Feci un sorso, cauta, non sapevo cosa stessi ingerendo, ma ne rimasi estasiata. Il sapore di quella bevanda frizzantina, mi solleticò la lingua e scese nella gola, come la più fresca e goduriosa acqua mai provata.
«Resta qui, Bocconcino. Vado ad assicurarmi che tutto proceda per il meglio.»
Ares si allontanò per raggiungere Clelia.
Feci un sussulto quando mi accorsi che, accanto a quell'arpia, teso come un palo ben vestito, c'era lui. Quell'essere biondo che minacciava i miei pensieri sconci da un po' di tempo.
Malakay stava parlando con quella donna e, mentre lei sorrideva malevola, lui cercava di assumere un aspetto convincente. Non avevo idea di cosa si stessero dicendo, ma di una cosa ero sicura: quel tipo sapeva essere persuasivo, in maniera estrema.
Nell'aria, i profumi di cibo, mi distraevano. Erano giorni che rifiutavo di mangiare. Non riuscivo a rimanere concentrata sull'inquietante teatrino davanti ai miei occhi.
«Tartina, madame?»
Un altro di quegli uomini con i vassoi in mano mi offrì una di quelle soffici mini razioni di pane con una deliziosa crema rosa a guarnirla.
«Come l'hai chiamata, scusa?» chiesi curiosa.
«Questa è una tartina con mousse di salmone, madame. Ne gradisce una?»
«Dai qua, grazie.» Afferrai tutto il vassoio e mi voltai per andare a cercare un tavolo libero sul quale poggiarlo. «Una? Follia, sto morendo di fame.»
Avvistai un tavolino vuoto posizionato vicino, ma non troppo, alle scale che portavano al trono, dove i due, con la super visione di Ares, stavano ancora discutendo.
Li osservavo, mentre ingurgitavo quelle tartine spettacolari e sorseggiavo dal bicchiere per pulire la bocca tra un boccone e un altro.
Qualcosa non andava, iniziai a sentirmi felice, leggera. La testa girava insieme ai presenti che avevano aperto le danze.
Ballavano, attaccati come con l'albume, si muovevano sinuosi, corpo a corpo. Non era nulla di sporco o malizioso. Era dolce, romantico, qualcosa di impalpabile aleggiava in quell'atmosfera di festa. Imbambolata e sempre più stranita da una sensazione di libertà e leggiadria, non mi accorsi del tizio che mi porgeva la mano.
«Vuole concedermi questo ballo, signorina?»
Sentii solo la voce, non feci in tempo a vedere se, anche quella persona, avrebbe potuto rubare una parte del mio cuore – c'era posto per ogni uomo, di ogni specie, a quanto pareva – che venne scacciato in un modo non proprio educato.
«Vai a chiederlo a chiunque, meno che lei, se vuoi farlo con le tue gambe, questo ballo!» Rispose un altro, senza lasciargli diritto di replica.
I battiti che perse il mio cuore al suono della sua voce non riuscii a contarli. Inghiottii un altro bicchiere di quella roba – insieme alla saliva rimasta incastrata in gola – , sembrava non finire mai, avevo dimenticato che Ares si era assicurato di farmi avere il bicchiere sempre pieno.
Il tipo non si voltò neanche a guardare da chi provenisse la minaccia, girò su se stesso e scomparve, in pochi secondi.
«Le spalle non erano male, quantomeno.» Risi della mia stessa battuta per poi tornare seria. «Ti sembra educato, Killian?» Credevo di essere riuscita a nascondere l'imbarazzo per il suo arrivo ma, in realtà, ero rossa come una di quelle fragole succose che, ogni tanto, mia madre riusciva a procurarci dai mercati limitrofi ad Airsa.
«Sono stato più che educato, Aledis.» Lui era bello, bello davvero. Talmente tanto da spezzarmi il fiato in tanti piccole boccate d'aria. Non era paragonabile a nessun incantesimo, era lui. Per la prima volta, mi resi conto che la mia testa poteva andare altrove, ma il mio cuore non aveva spazio che per quell'uomo.
Vestito con un completo grigio, una camicia nera ad accarezzargli il petto, sembrava sceso direttamente dal regno degli dei per farmi impazzire. Un altro sorso, un altro ancora e riuscii a tornare in me, più o meno.
«Ciao, Killian, dove sei stato tutto questo tempo?» Ero stata a dir poco provocante nel pronunciare quelle parole.
«Cappuccetto, un consiglio, smetti di bere quella roba, sei ubriaca.»
«Sono cosa?»
«Ubriaca, Aledis. Questa roba,» prese il calice dalle mie mani e me ne mostrò il contenuto «ti sale in testa e ti aggancia i pensieri e le azioni. Rischi di non comandare più il tuo corpo.»
«Sì, ma è davvero divertente.» Mi avvicinai, misi una mano sul suo petto possente e lo accarezzai, come faceva la sua camicia nera con tutti quei bottoni inutili che iniziai a sganciare, uno dopo l'altro, con non poca difficoltà. «Non hai risposto alla mia domanda.» Ripetei. «Dove sei stato, Killian?»
«A pensarti. Cioè... pensare di trovare un modo per portarti via di qui senza troppe conseguenze.» Deglutì il groppo che aveva in gola. «Non è il momento, Al!» Si guardò intorno, stringendo la parte alta della giacca che indossava per farmi smettere di cercare di strappargli di dosso quell'inutile stoffa.
«Cosa c'è, Signore mio padrone, ti provoco imbarazzo, in qualche modo?»
«Aledis, basta, non sei in te, come al solito. Ti hanno fatto qualcosa?»
«Ho solo mangiato questa roba e bevuto una decina di questi, tutta farina del mio sacco.» Mostrai il cibo e la deliziosa bevanda, con un sorriso che non riuscivo a spegnere, avevo l'impressione che andasse da una parte all'altra delle orecchie, ma non poteva essere.
Killian si scansò per frenare la mia eccessiva frenesia e io mi sentii cedere la terra sotto i piedi, persi l'equilibrio, solo per un attimo, perché lui mi afferrò dai fianchi per non farmi cadere.
«Vuoi ballare con me?» Si avvicinò, in un sussurro, al mio orecchio.
Gli offrii la mano, sperando non fosse l'ennesima fregatura. Con lui rischiavo di rimanere male a ogni passo che facevo. I nuovi bracciali che mi erano stati donati erano fatti di diamanti che giravano intorno al braccio per poi salire lungo l'arto e incastrarsi con eleganza al dito centrale.
«È stato Katos a farli?» chiese non appena li vide. Annuii, con un piccolo cenno del capo. «Lo avevo immaginato, Clelia ha capito quanto puoi essere pericolosa» disse pensieroso, mentre con la sua mano stringeva la mia. Una scossa, una di quelle che avevo già sentito, mi sorprese, ma lo strinsi ancora più forte, invece di spostarla.
Con un braccio mi avvolse la vita, i nostri corpi si calamitarono l'uno contro l'altro e, un groviglio di sensazioni che partivano dallo stomaco per arrivare al cuore, mi accompagnarono per tutto il tempo. Killian profumava di bosco e spezie. Un particolare odore che ricordava le bellezze di quei luoghi inesplorati. Sapeva di buono, di caffè macinato a prima mattina, anche. Qualcosa che non mi faceva smettere di stare poggiata al suo petto.
Lui non c'era mai stato per me, per salvarmi dalle mie stronzate, ma qualcosa mi portava a provare un sentimento sempre più forte. Al di sopra di ogni incantesimo, oltre ogni cosa e qualsiasi dubbio che potessi avere, di qualunque pensiero. Più tentavano di allontanarmi, più le mie emozioni per lui sovrastavano quelle che venivano generate per gli altri. Non era magia ma, allo stesso tempo, lo era.
Aveva invaso i miei sogni e i miei giorni. Andava via dalla mente, ma non riuscivo a scacciarlo dal cuore.
Mi sentii spingere e uno di quei vassoi, colmi di bicchieri di champagne, mi si schiantò sul meraviglioso vestito. Che spreco!
Per lo champagne, non per l'abito.
Fu proprio in quell'istante che tutto si fermò, compreso Killian.
Ares mi raggiunse in un secondo, accompagnato da Malakay.
«Beh, Fiorellino, direi che è arrivata l'ora di andare nella tua stanza per togliere questo straccio zuppo.» Malakay lo disse con un aria di sfida.
La regina, dall'alto del suo trono regale, non staccava gli occhi di dosso a Killian.
«È stato bello vedervi fare gli amanti, ma ora per te è arrivato il momento di parlare con la mia amata Regina, Killian.» Subito dopo, si rivolse a me. «Vieni, mia cara, ti accompagnerò da Effe, per un ripristino generale.» Mi prese dalla mano e Killian sgranò gli occhi, come non riuscisse a fermare un istinto che gli apparteneva, ma che non poteva mostrare davanti a tutti, davanti a me.
«Leva quella mano dalla sua, Ares!» disse calmo, con il sorriso più falso che potesse esibire.
Clelia, che notò subito quell'ira che cercava di tenere sotto controllo, lo guardò con aria di sfida, come a voler farlo scoppiare. Sembrava fiera di ciò che stava vedendo, ma non abbastanza.
«Non preoccuparti, con me è in ottime mani.» Affermò Ares.
«Ci sono anche io, non lo dimenticare.» Malakay, con il suo sguardo bugiardo e il sorriso malefico, diede man forte alle azioni di Ares. «Vai tranquillo, la lasceremo in mano alla sguattera.»
Killian divenne rigido come uno di quei pilastri presenti in sala. Lo vidi nell'attimo in cui serrò i pugni in una morsa che avrebbe potuto farlo sanguinare, ma non fece niente, oltre a prendere un grosso respiro, quando i due mi fecero allontanare dalla sala.
Nei corridoi che portavano ai piani alti, iniziai a temere che qualcosa non andasse. Ares, che non lasciava la mia mano e Malakay, subito avanti a noi, non sembravano avere l'intenzione di portarmi da Effe né, tantomeno, nella mia stanza.
Preoccupata, per quello che sarebbe potuto succedere in quella sala, in mia assenza e per ciò che poteva accadere a me, cercai di ribellarmi alle due figure inquietanti, ma servì ben poco.
«È inutile agitarsi, Bocconcino, non ti faremo niente, se non vorrai.» Lo disse con una voce roca, senza neanche guardarmi.
Sentii dei brividi sulla pelle. Erano un misto di disgusto e eccitazione.
«Esatto... se non vorrai, Fiorellino!» Ripetè il biondo avanti a noi, girandosi e strizzando l'occhio. «Ma, a quanto pare, sei già abbastanza bagnata.» Entrambi risero per quella frase che avrebbe dovuto essere una battuta, ma non la compresi.
Ero bagnata, vero, mi avevano versato una decina di bicchieri addosso, come avrei potuto non esserlo?
Il corridoio sembrava sempre più lungo e stretto. Stringeva come la morsa che avevo nel petto nel non sapere quale fosse il mio destino. Dolore e piacere, in un miscuglio afrodisiaco, riuscivano a farmi accendere, come fiamme ardenti.
Killian aveva ragione. Quella bevanda mi aveva dato alla testa per poi scendere giù, sempre più giù, fino ad arrivare alle mie parti intime.
Arrivammo davanti a una porta, diversa dalle altre. Mentre tutte erano dello stesso legno scuro, quella era verniciata di rosso, un rosso fuoco che non prometteva nulla di buono, o forse sì.
Ares infilò la chiave e la girò tre volte...
La porta si aprì mostrando un letto con lenzualola che richiamavano il colore delle ante della stessa. Le luci soffuse delle candele donavano all'ambiente un atmosfera quasi romantica.
«Bocconcino, ho qualcosa per te.» Ares si avvicinò a un tavolino dal quale prese una coppa argentea e ne versò un liquido che mi sembrò essere rosa, ma non ne ero sicura. Le luci, all'interno della stanza, giocavano a ondeggiare eleganti, non riuscivo a vedere bene cosa mi stesse servendo. «Bevi, Bocconcino.» Si avvicinò porgendomi la coppa.
«Cosa mi stai offrendo?» chiesi, restia.
«Bevi!» alzò i toni. «Non è una richiesta, è un ordine, ragazzina!» Tremai, guardandolo impaurita.
Mi sentii stringere i fianchi da dietro e mi lasciai andare a un sussulto.
«Tranquilla, Fiorellino. È lo champagne di prima.»
Malakay, mentre con una mano mi teneva ferma per il fianco, con l'atra prese il bicchiere che Ares mi stava porgendo. Si avvicinò con il viso al mio collo e disse in un sussurro caldo, portando la coppa a sfiorarmi le labbra:
«Bevi, Fiorellino, sarà molto più diverte, dopo!»
Alzò il calice, il liquido mi accarezzò la lingua e scese in gola. Mi solleticò di nuovo ma, quella volta, un sapore ferroso aveva preso il posto di quello acidulo...
Era sangue, e io... ero fregata!
💥 Buonasera, cuzzoli.
Finalmente sta arrivando uno dei capitoli rivelatori. I due ragazzi hanno legato Aledis con l'incantesimo del sangue. La porterà a fare qualche stron*ATA? Beh, stiamo parlando di Aledis...
Preparatevi, perché il prossimo capitolo sarà caldo, in tutti i sensi.💥
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top