10-𝓝𝓸𝓷 𝓯𝓪𝓻𝓮 𝓼𝓽𝓻𝓸𝓷𝔃𝓪𝓽𝓮!
Killian.
«Quella ragazza mi farà impazzire, Ester!»
L'incontro con Malakay non sarebbe dovuto avvenire. Quell'essere avrebbe di sicuro pianificato altro per poterla attirare a sé.
Mi domandavo cosa diavolo volesse da lei. Avevano già capito le mie intenzioni? Era tutta colpa di quel maledetto Sospiro. Loro non sanno mentire, ma perché andare a espiare i propri peccati da Malakay?
«Signor Killian, lei deve stare calmo. La ragazza ha le sue ragioni» disse con la cesta della biancheria appena lavata tra le mani.
Mi aveva visto nervoso ed era corsa in salone per disturbare la mia quiete letteraria e assicurarsi che stessi bene.
Poggiai il libro sul tavolino da tè accanto al finestrone che affacciava sul giardino. Era da lì che Ester aveva scovato la mia agitazione.
«Quali sarebbero queste ragioni, Ester? Vuole farsi ammazzare? Lei non conosce questi luoghi e quanto siano pericolosi.» Stavo per perdere la pazienza. Mi sentii crollare i nervi. «Come può essere così stupida?»
«Non mi sembra affatto stupida, invece. Per quanto io non provassi simpatia per lei, l'ho osservata in queste settimane ed è davvero una ragazza di cuore e molto astuta.» Ester prese le sue difese quando la ragazza era indifendibile per me. «Non li conoscete neanche voi questi posti, se pensate che possano offrire solo terrore. La nostra casa, i nostri paesaggi sono pervasi di meraviglie e le creature che ho conosciuto, non sono tutte orribili come il nostro re o quel Malakay!» Si permise di alzare i toni per una confidenza che, io stesso, gli avevo sempre concesso.
La donna era come una madre. Mi aveva cresciuto come fossi il suo bambino, anche se continuava a rivolgersi a me con il dovuto rispetto, quasi sempre.
«È maleducazione parlare alle spalle delle persone che non sono presenti. Non te lo hanno insegnato, sguattera?»
Malakay apparve in una coltre di fumo nero e saette. Le sue entrate in scena erano sempre esagerate.
«Che ci fai qui, chi ti ha dato il permesso di entrare?» chiesi furioso. «Devi andartene, subito!» ordinai senza alcuno sconto.
«Calmo, Killian. Ha ragione la tua serva, devi mantenere un certo decoro. Non puoi permetterti di uscire fuori di testa nella tua posizione.» Mi sbeffeggiò mantenendo un tono pacato.
«Cosa vuoi?» domandai pur conoscendo la risposta.
Desideravo andasse via il prima possibile, non poteva rimanere lì a infettare con il suo lerciume la mia dimora. Lui era sporco, marcio dentro. Era ciò che aveva sempre dimostrato: il nulla. Quel niente che puzzava di rancido, ma che si presentava in una veste elegante e allettante.
«Voglio lei, e credo tu lo sappia. Non sei mai stato un completo imbecille» rispose, spazzando via ogni più piccolo dubbio.
«No, lei non ti apparterrà mai. Lei è mia!» affermai fuori dai denti.
Ester voltò il suo sguardo nella mia direzione. Era un'occhiataccia colma di giudizio. La conoscevo bene. Non aveva gradito il mio tono possessivo nei confronti della fanciulla.
D'altronde, cosa avrei potuto fare o dire per fare capire a quell'uomo che non poteva sfiorarla?
«Credo che sia dotata di libero arbitrio. Ah, no, scherzo. È un essere umano» rise della sua stessa battuta, prima di tornare serio e trafiggermi con le sue iridi crudeli. «O mi sbaglio, Killian?»
Quell'essere, uscito direttamente dagl'inferi, dubitava di qualcosa.
«Dici bene, Malakay. È un essere umano» dissi cauto.
«Il Sospiro mi ha riferito dell'inconveniente. Ha ferito Lantus e deve scontare la sua pena. Potresti condividerla. Non ho mai avuto un giocattolo umano, sono curioso di vedere come... mh... utilizzarla.»
«Hai detto bene, caro Malakay. Ha ferito Lantus, il mio lupo. Spetta a me godere dei suoi servigi» risposi evitando ogni altro tipo di reazione.
Il biondo, in uno schiocco di dita, fù dinnanzi a me. Aveva percorso la distanza che ci separava, giusto il tempo di un battito di ali, di un respiro. Paralizzò lo sguardo nel mio e curvò un lato della bocca all'insù, prima di sputare una grande verità:
«Non dimenticare, amico. Quella sera c'ero anche io. Lantus è di entrambi. Sei stato tu ad assumerti la responsabilità dando l'ultimo colpo. Ma lo abbiamo massacrato insieme» confessò in un sussurro che Ester non poté udire.
Le sue parole riportarono alla mente il disgusto di quella notte. La crudeltà delle mie vecchie azioni mi dilaniarono il petto. Quell'uomo, con la perfidia che contraddistingueva le parole, riuscì ad annientarmi, di nuovo.
«Ti ripeto, cosa vuoi davvero?» domandai sperando mi dicesse la verità.
«Lei, Killian. Nient'altro che lei. Non hai altra scelta se non vuoi che vada a spifferare tutto al re.»
«Oh, non lo farai. Anche il tuo culo finirebbe tra le fiamme dell'inferno con il mio» risposi accennando a un sorriso.
«Sai benissimo che quel calore non mi fa paura, Signor Killian.»
La sua aria di sfida diventò una perfetta minaccia nel momento in cui vidi sparire dal viso ogni segno di espressione.
«Tre condizioni.» Mi arresi.
«Quali, ti ascolto.»
«Uno: sarà lei a scegliere se e quando venire;
Due: non aprirai bocca sui segreti di cui sei al corrente;
Tre...» lo dissi con un ringhio di minaccia che terrorizzò anche me, «non le torcerai un solo capello. Siamo intesi?»
Il viso di Malakay s'illuminò di una luce di consapevolezza. Quella che gli avevo appena donato senza volerlo. Senza essere in grado di nasconderla.
«Sono estremamente curioso. Perché tutto questo interesse nei confronti di un essere insignificante come quello scricciolo? Non tieni a lei sul serio, vero? Non sei così idiota da innamorarti di una persona diversa da te. Non appartiene alla nostra stirpe, non fare stronzate.»
I tratti del suo volto si irrigidirono in un moto di repulsione. Continuava a non distogliere lo sguardo, come a cercare di scovare tracce di una verità che non sarebbe stata mai abbastanza per nutrire la sua fame di sapere.
«Cosa? Come ti viene in mente, idiota. Non la conosco neanche e una notte di follia non è nei miei piani.» Riuscii, finalmente, a staccarmi da quello sguardo giudicante.
Lo scansai, furibondo. Lui avrebbe trovato tracce di menzogna se avesse continuato a fissarmi ancora.
Mi guardai intorno, Ester era sparita. Lei sapeva sempre quando levare le tende, per fortuna.
Mi scaraventai sul divano e portai le mani alle tempie, massaggiandole.
«Mi stai nascondendo qualcosa, Killian. So benissimo che non me lo dirai, ma sta' sicuro che lo scoprirò da me.»
«Prima o poi qualcuno mi ucciderà» ammisi rassegnato. «Senti, ok, la vuoi? Andiamoglielo a chiedere. Sai essere convincente senza usare i poteri?»
«So essere molto persuasivo, lo sai!»
«Se lei non vorrà venire, non potrai costringerla, ci siamo capiti?»
Mi lanciò un'occhiata che lasciava intendere che sarebbe stato impossibile per lui non raggiungere il suo intento.
«Sembra che tu non mi conosca affatto...»
«Non mi fido!»
«Tu, invece, mi conosci benissimo» rise. «Sai anche che mantengo le promesse fatte. Non userò i miei poteri per convincerla a venire con me.»
«Ok, voglio crederti, per ora.» Dubitai delle mie stesse parole. «Un'ultima cosa» lo fermai prima che uscisse, «non la porterai subito via, se dovesse accettare. Mi devi dare il tempo di giustificare la mia resa.»
Annuì, prima di voltare le spalle e uscire in giardino per raggiungere Aledis.
Sapevo che stavo per fare una grossa stronzata, ma non mi aveva lasciato alcuna scelta.
Ci sono cose che non possono essere raccontate.
Devono rimanere nascoste nella mente e nell'anima, perché possono lasciare segni indelebili che renderebbero oscuro anche il cuore più puro.
Il mio era stato infettato da tempo e nessuno sarebbe più riuscito ad ascoltarlo.
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Spazio autrice.
Oggi vi lascio con un breve extra sulle motivazioni che hanno portato Killian a fare marcia indietro sulle sue stesse direttive.
Qualche segretuccio è uscito fuori anche in questo piccolo capitolo.
Ne abbiamo ancora molti da scoprire, ma una domanda me la pongo.
Ci saranno delle motivazioni che portano Killian a prendere tempo? Lo scopriremo nella prossima puntata (😝)
Buona continuazione, piccoli cuccioli di lemure.
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