I THINK I LOVE YOU; PARTE UNO (THEODORE)


Non sono stato del tutto sincero con Gracey riguardo agli ultimi sette anni che ho trascorso a Fox River.

È vero, ho torturato ed ucciso quegli animali perché non si sono fatti scrupoli ad approfittare della debolezza, sia fisica che mentale, di Audrey; ma ciò che lei ignora è che i fatti si sono svolti in modo leggermente differente.

Non ero un uomo libero prima di questa faccenda, mi trovavo già in carcere da qualche settimana, e mi sono preso la mia piccola vendetta personale eludendo le autorità: durante un trasferimento in ospedale, per trovare una soluzione definitiva alla protesi di plastica che utilizzavo, sono scappato, ho punito i responsabili e ho salutato mia madre per l'ultima volta, prima di essere riaccompagnato nella mia cella a Fox River, giocandomi ogni altra possibilità di avere un permesso extra.

Non ho potuto raccontarle tutta la verità, altrimenti avrei dovuto spiegarle il motivo per cui ero già un detenuto, e questo mi avrebbe portato a retrocedere sempre di più nel tempo, fino ad arrivare a quando avevo appena trent'anni.

A quando ho commesso l'omicidio che ha svegliato il Mostro dell'Alabama.

Non so come sia possibile, ma Gracey, proprio come Ben, è all'oscuro di questa ingombrante parte del mio trascorso, e tutto ciò che voglio è che per entrambi non arrivi mai il momento di scoprire la verità; ci sono già passato due volte, con Susan e con Nicole, non voglio ripetere questa esperienza una terza volta, soprattutto con mio figlio, perché non potrei sopportarlo.

Non ora che il muro tra noi due si sta lentamente sgretolando.

"Ho chiamato una baby-sitter" dico, guardando il suo riflesso nello specchio del bagno "non so per quanto tempo starò fuori, di conseguenza non posso lasciarti a casa completamente da solo"

"Ma io sono in grado di cavarmela benissimo da solo" risponde Benjamin, sdraiandosi sul mio letto.

"Sì, lo so, ma se lo faccio andrei incontro ad un reato chiamato 'abbandono di minore'. E sai che cosa succede se vengo accusato di questo?"

"Tu torni in carcere ed io vengo affidato ad un'altra famiglia?"

"Bravissimo, hai capito subito il punto della questione" torno a concentrarmi sui miei capelli, finché Ben non richiama la mia attenzione "sì?"

"Ieri, mentre ero in camera, ho sentito tu e Gracey litigare. Che cosa è successo?"

"Non abbiamo litigato. Stavamo solo parlando in..."

"In modo animato?" mi precede lui, appoggiando il viso sul palmo della mano destra "voi adulti dite sempre così. Ogni volta che un bambino vi chiede se avete litigato, voi negate subito e tirate fuori la storia assurda del 'parlare in modo animato', come se fossimo degli stupidi da abbindolare. Perché stavate litigando? A causa del servizio fotografico? È per questo motivo che stai per uscire, giusto? Perché devi accompagnarla"

"E tu come fai a sapere tutti questi particolari?" domando, voltandomi, e lui si limita a scrollare le spalle, con un'espressione vaga.

"È stata lei a raccontarmi ogni cosa quando è venuta a prendermi a scuola. Mi ha detto che è a Chicago perché vuole diventare una modella e che non sapeva come dirtelo. Ma se adesso stai andando da lei, significa che ha seguito il mio consiglio"

"Il tuo... Consiglio?" domando, di nuovo, sempre più perplesso.

Ben, invece, è molto sicuro di ciò che dice, e le sue spiegazioni mi lasciano a bocca aperta.

"Sì, voleva averti a suo fianco durante il servizio fotografico, ma non sapeva come chiedertelo. Temeva di ricevere un rifiuto come risposta, e così le ho consigliato di raccontarti la verità. In questo modo tu per primo le avresti detto che non poteva presentarsi all'appuntamento da sola, e ti saresti offerto volontariamente per essere a suo fianco"

"Tu sei davvero una piccola peste" commento, esterrefatto "hai... Hai una mente diabolica, te lo ha mai detto nessuno prima d'ora? E mi ricordi terribilmente una persona che ho conosciuto sette anni fa. Anche lui ha un'intelligenza molto superiore alla media, proprio come te. Promettimi che non ricoprirai mai il tuo corpo di tatuaggi, Ben"

"Perché dovrei farlo?"

"Lascia perdere, non badare alle mie parole"

"Allora... Come ti fa sentire quello che ho appena detto?"

"Che vuoi dire? Come mi dovrei sentire?" chiedo, ed apro le ante dell'armadio alla ricerca di una giacca da indossare.

"Mi riferisco al fatto che Gracey vuole te a suo fianco in un'occasione così speciale. Dopotutto è stata la sua coinquilina a procurarle questo appuntamento, avrebbe dovuto chiederlo a lei. Invece la sua scelta è ricaduta su di te, Theodore".

Per la seconda volta lo fisso con il sopracciglio destro sollevato, e non so come interpretare il suo sorriso.

"Benjamin, se c'è qualcosa che devo sapere dimmelo e basta"

"Ma non c'è bisogno che te lo dica, perché si tratta di una cosa ovvia e palese!" esclama lui "tu le piaci".

L'insinuazione di mio figlio è così assurda che scoppio in una risata divertita, e sono costretto ad asciugarmi le lacrime con il dorso della mano destra.

"Benjamin" dico, quando riesco a riprendere fiato "ti posso assicurare che sei completamente fuori strada"

"Anche Gracey mi ha detto parole simili, eppure mentre le pronunciava è arrossita"

"Hai una fantasia troppo accesa"

"Mi ha detto anche questo. Non è che vi siete messi d'accordo per far coincidere le vostre versioni?"

"No, non abbiamo fatto nulla di simile" rispondo con un'altra risata "l'ho conosciuta che era una bambina, ed ho avuto una relazione con sua madre. E, cosa più importante, io ho cinquantatre anni, mentre lei ne ha diciassette. Potrebbe essere la tua sorella maggiore, te ne rendi conto?"

"Sì, ma dicono che in amore l'età è solo un numero"

"Ben" ripeto per la terza volta il suo nome, con un sospiro "questo è un argomento molto serio e complesso per un bambino di sette anni... E poi, sbaglio o fino a qualche giorno fa volevi combinarmi un appuntamento con la mamma di Mike perché a lui non piace il suo patrigno? Hai già cambiato idea?"

"Sì, ma adesso credo che Sara non sia la persona giusta per te. Ha un carattere troppo forte"

"Ha un carattere troppo forte? Mi stai... Mi stai dando del debole, Ben?" domando, ancora esterrefatto "d'accordo, d'accordo... Fine della storia. Argomento chiuso. E mi sto riferendo sia a Sara che a Gracey. Apprezzo il fatto che ti preoccupi per me e che vorresti vedere una donna a mio fianco, ma in questo momento le mie priorità sono altre. Hai sentito? Hanno suonato il campanello, questa deve essere la baby-sitter"

"Scusami, Theodore, non volevo offendere il tuo orgoglio maschile" si scusa subito lui, con uno sguardo sinceramente dispiaciuto; si alza dal letto e si avvicina alle ante spalancate dell'armadio, indicandomi una giacca in pelle nera "potresti indossare questa per l'appuntamento. E, se posso darti un consiglio, potresti portarla fuori a cena, una volta terminato il servizio fotografico. Dopotutto ha fatto molto per te negli ultimi giorni: ha curato la ferita che avevi alla spalla senza chiamare un'ambulanza. Non so in quante persone avrebbero fatto lo stesso".



"Per essere stato il tuo primo servizio fotografico non è andata affatto male" commento, mentre usciamo dall'elegante edificio, per allentare la tensione; mi basta lanciare una sola occhiata a Gracey per capire che è ancora un fascio di nervi, ed infatti sono costretto a rincarare la dose perché la sua risposta arriva sottoforma di un mugugno incomprensibile "so che, forse, il mio parere non è così rilevante e che rischio di risultare banale, ma eri davvero splendida con quell'abito addosso, Gracey. E sono sicuro che lo saranno anche le foto, devi solo aspettare che vengano sviluppate e poi potrai portarle a quella donna"

"Parli come se avessi già affrontato la parte più difficile. Peccato che sia proprio quella che deve ancora iniziare" mormora lei, con il viso seminascosto dai lunghi capelli castani e le labbra piegate in un broncio.

È tutto il giorno che si comporta in modo strano, assente, e perfino quasi distaccato: un atteggiamento completamente opposto a quello che ci si aspetta da una ragazza vicina a realizzare le proprie aspettative.

Ed io non riesco a spiegarmi il perché.

"Forse quello che sto per dire ti tirerà su il morale: prima di uscire di casa ho prenotato un tavolo per due persone in un ristorante poco lontano da qua. Non ci sono mai stato, ma se la memoria non m'inganna da piccola adoravi la cucina italiana"

"Ti sbagli. Adoravo i spaghetti che tu preparavi" mormora, prima di sollevare il viso e guardarmi con un'espressione accigliata "davvero hai prenotato un tavolo per noi due? Perché lo hai fatto?"

"Per festeggiare. E per ringraziarti di tutto quello che hai fatto e stai facendo per me. In realtà, è stato Ben a darmi questo curioso suggerimento, e mi sono reso conto che aveva perfettamente ragione"

"No"

"Non devi sminuirti, Gracey, ho un grosso debito nei tuoi confronti"

"No, no... Mi stavo riferendo all'invito a cena. Non me la sento di uscire, non questa sera. Mi dispiace, ma non sono dell'umore adatto".

Mi blocco sul marciapiede e faccio lo stesso con lei, appoggiandole la mano destra su un braccio; Gracey non protesta e non prova a liberarsi dalla mia presa, ma i suoi occhi scuri restano incollati all'asfalto.

"Va tutto bene?" domando "c'è qualcosa che non va? Se c'è qualcosa che non va puoi dirmelo. Guardami negli occhi, per favore. Perché continui ad evitarmi? Ho fatto qualcosa di sbagliato? Vuoi darmi una risposta? Gracey? Gracey!".

Non riesco a non reprimere un tremore nella mia voce, perché un terribile sospetto si forma nella mia mente, seguito da una serie di spiacevoli ricordi: e se, in modo del tutto casuale, avesse scoperto il mio passato?

Le sue parole, fortunatamente, smontano subito la mia teoria e mi fanno tirare un silenzioso sospiro di sollievo.

"No, tu non hai fatto nulla... Non in modo diretto, almeno. Non è neppure colpa tua, la responsabilità è solo mia"

"Io non... Continuo a non capire! Credevo fossi contenta del servizio fotografico"

"E infatti sono contenta di questo" ribatte lei, allontanandosi di qualche passo; si sistema delle ciocche di capelli dietro le orecchie e si morde il labbro inferiore, dando così sfogo al proprio nervosismo "è solo che... Noi due non possiamo più vederci"

"Che cosa? Perché?" chiedo, dando voce ad un altro sospetto "c'entrano tua madre e Zack?"

"No, loro non c'entrano nulla. È una decisione che ho preso io, e ti prego di rispettarla. Non chiedermi altro"

"Perché? Perché non vuoi spiegarmi che cosa sta succedendo?"

"È troppo complicato"

"Gracey"

"Ti prego, Theodore, non insistere"

"Gracey!" esclamo, appoggiandole entrambe le mani sulle guance, e solo ora mi rendo conto che continuava a tenere lo sguardo basso perché i suoi occhi sono lucidi di lacrime "ti prego, spiegami che cosa sta succedendo. Sono sicuro che possiamo trovare una soluzione a questo problema. Non c'è nulla di impossibile"

"Se te lo dico, poi inizierai a guardarmi in modo completamente diverso"

"Lo dubito seriamente" mormoro, esortandola a parlare.

La vedo abbassare le palpebre e prendere un profondo respiro; si allontana da me, esita, ma alla fine, con un enorme sforzo, decide di seguire il mio consiglio e confessa finalmente qual è il suo turbamento.

E quando me lo sussurra, con voce tremante, reprimendo a stento un singhiozzo, il mondo intero mi crolla addosso e mi ritrovo a pensare che, forse, sarebbe stato meglio se avesse scoperto il mio passato da detenuto.

"Ho capito di essere innamorata di te" dice in un soffio, prima di allontanarsi velocemente.

Sento l'eco dei suoi passi, ma non muovo un solo muscolo.

In realtà, non sono neppure in grado di formulare il più piccolo pensiero.

Dopo un tempo infinito mi appoggio lentamente contro la parete di un edificio e scivolo a terra, ritrovandomi seduto sull'asfalto del marciapiede deserto; frugo all'interno di una tasca della giacca, prendo in mano il pacchetto di sigarette che porto sempre con me, ne tiro fuori una, l'avvicino alle labbra e l'accendo, aspirando una profonda boccata di fumo grigio e pungente.

Ora si che sono veramente fottuto.

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