I THINK I LOVE YOU; PARTE QUATTRO (GRACEY)


"Non posso continuare a vederti in queste condizioni, Gracey. Quell'uomo non merita la tua sofferenza. Devi reagire, dimenticarlo, cancellarlo completamente dalla tua testa! Sai che cosa facciamo? Questa sera, appena ho finito il turno, ci prepariamo e andiamo in discoteca. Sono sicura che una serata di totale divertimento ti aiuterà a lasciarti alle spalle questa brutta storia. E poi, chissà, se siamo abbastanza fortunate potremo fare qualche piacevole incontro"

"Non ho voglia di uscire, ne tantomeno d'incontrare un ragazzo" mormoro, osservando con aria assente la tazza davanti ai miei occhi; sospiro e l'allontano da me, perché sento un nodo all'altezza dello stomaco che m'impedisce di mangiare e bere da quasi una settimana "in realtà, non sono intenzionata a mettere un solo piede fuori dall'appartamento"

"E cosa vuoi fare? Rimanere segregata qui dentro per il resto dei tuoi giorni? Vuoi trasformarti in una zitella eremita? Vuoi gettare nel cesso gli anni più belli della tua vita? Vuoi rifiutarti di mangiare fino a quando non sarai costretta a subire un ricovero ospedaliero? Sono molto preoccupata per te, Gracey, perché stai facendo proprio ciò che una persona non dovrebbe mai fare in un caso simile: non serve a nulla chiuderti in te stessa e scappare dal mondo, devi subito buttarti a capofitto in un progetto, in modo da tenere la mente sempre e costantemente occupata, almeno durante il giorno" Ashley si batte il palmo destro sulla fronte, colta da un'illuminazione improvvisa "il book fotografico, ma certo! Adesso che hai finalmente il book fotografico puoi chiamare l'organizzatrice che ti ha lasciato il biglietto da visita ed organizzare il provino"

"Tu per prima eri titubante riguardo a questa presunta seconda opportunità, hai cambiato idea? Chi mi assicura che quella donna non mi abbia dato il biglietto per liberarsi di me?"

"Finché non farai un tentativo non potrai mai saperlo. Gracey, andiamo, stai così male per quell'uomo che vuoi rinunciare ad inseguire il tuo sogno? Questa potrebbe essere davvero l'occasione della tua vita e potrebbe non presentarsi una seconda volta" tenta di persuadermi la mia migliore amica; si dilegua dalla cucina per qualche minuto e quando torna, sedendosi di fronte a me, mi mostra il biglietto da visita, leggermente stropicciato "allora? Sei davvero sicura di non voler fare neppure un tentativo? Non eri tu quella a non essere intenzionata a tornare nel Kansas a mani vuote?".

Le parole di Ashley hanno un potere benefico sui miei nervi e riescono a farmi uscire dal torpore in cui sono caduta.

Il rifiuto di Theodore mi ha scossa così profondamente che mi ha fatto quasi dimenticare il motivo che c'era dietro al book fotografico ed il piccolo foglietto di carta; strappo dalle mani della mia coinquilina il biglietto da visita e mi chiudo in camera per telefonare: digito più volte il numero di cellulare, arrivando perfino ad impararlo a memoria, ed attendo con il cuore in gola di ricevere una risposta, che arriva solo sottoforma di segreteria telefonica al termine dei numerosi squilli a vuoto.

Non so quanti tentativi faccio, e quando capisco che è inutile continuare decido di passare direttamente al piano B, anziché gettare la spugna ed arrendermi.

"Può essere che sia impegnata" dico ad Ashley, e contemporaneamente mi preparo ad uscire "forse non risponde al telefono per questo motivo, o forse mi ha dato il numero del suo Studio e la segretaria si sta occupando di svolgere un compito che non le permette di rispondere alle chiamate... Dopotutto non conosce il mio numero di telefono, non può sapere che sono io, ma se mi presento di persona sono sicura che mi accoglierà subito. Guarda, qui sotto c'è anche scritto l'indirizzo. Non potrà rifiutarsi di ricevermi"

"Se sarai così risoluta non potrà proprio farlo".

Nonostante la delusione ancora cocente, riesco a sorridere alla battuta, e quando esco di casa, con il book fotografico stretto contro il petto, ho quasi la certezza assoluta di essere ad un solo passo dal realizzare concretamente il mio sogno: dopo le lunghe discussioni con mia madre e Zack, dopo i turni massacranti al ristorante e dopo il rapporto naufragato con Theodore, è arrivata finalmente l'ora della mia rivincita.

È arrivato finalmente, per me, il momento di dire 'sì, è stata dura, ma ne è valsa la pena'.

Continuo a ripetermi mentalmente queste parole per tutto il tragitto, per infondermi coraggio e sicurezza, ma ogni buono proposito si sgretola, velocemente, come argilla nel momento stesso in cui varco la porta a vetri dello Studio che corrisponde all'indirizzo stampato su carta: prima sono costretta a fronteggiare una segretaria, in completo scuro e con i capelli raccolti, che non ha la minima intenzione di farmi incontrare la donna per cui lavora e poi, dopo un'accesa discussione, quando finalmente riesco a trovarmi faccia a faccia con l'organizzatrice che mi riceve nel suo ufficio personale con riluttanza, devo sorbirmi lo spettacolo di vederla sfogliare appena il book fotografico, con aria di sufficienza, prima di essere liquidata con poche parole.

"Tutto qui?" domando, stupefatta, rifiutandomi di uscire dall'ufficio senza aver ricevuto ulteriori spiegazioni "sono queste le sue ultime parole? 'Le faremo sapere'?"

"Che cosa si aspettava, signorina..."

"Hollander. Gracey Hollander. Le ho detto il mio nome il giorno in cui ci siamo incontrate, lo stesso in cui mi ha dato il suo biglietto da visita e mi ha detto di contattarla non appena avessi avuto tra le mani un book fotografico! Ed è stato proprio quello che ho fatto!"

"Mi lasci spiegarle alcune cose molto importanti, signorina Hollander" inizia la donna, togliendosi gli occhiali da vista, alternando lo sguardo da me alle pagine che continua a sfogliare in modo svogliato "la maggior parte delle ragazzine sognano di diventare, un giorno, delle famose modelle e di cavalcare le migliori passerelle nelle capitali europee, ma solo una piccola cerchia ristretta riesce a raggiungere quell'obiettivo. Non basta desiderarlo e sognarlo per anni, non basta partecipare ad una quantità infinita di provini su provini. Bisogna avere i requisiti giusti, la cosiddetta 'marcia in più' che ti fa spiccare tra centinaia e centinaia di ragazze, ed io ho l'arduo compito di scoprire queste gemme preziose e di non farmele sfuggire. Lei non rientra in questa categoria, non è neppure da considerare un diamante grezzo da lavorare"

"Per quale motivo?" insisto, incassando il colpo, ma senza riuscire a non arrossire dalla rabbia "ha solo visto delle foto, non mi ha neppure chiesto di sfilare"

"Perché non ce n'è bisogno, signorina Hollander, le foto che mi ha portato parlano già in modo chiaro e diretto" risponde lei, con semplicità, girando il book verso di me "non c'è portamento. Non c'è espressione. Senza considerare il fatto che dovrebbe perdere diverso peso e che i tratti del suo viso non corrispondono ai canoni estetici che stiamo cercando. Senta, faccio questo lavoro da quasi trent'anni ed ogni giorno incontro tante ragazzine, come lei, che provengono da piccole ed insignificanti città del sud in cerca di fortuna; dia retta al consiglio che sto per darle: lasci perdere, perché non otterrà altro che una lunga serie di porte sbattute in faccia e di 'le faremo sapere'. Se davvero in lei ci fossero stati i requisiti giusti, sarebbe stata ingaggiata già da tempo. E con questo le auguro una buona giornata".

Preferisco non rispondere, anche perché l'umiliazione appena subita brucia così forte che mi ha tolto l'uso della parola; mi limito a prendere in mano il book fotografico e ad uscire dallo Studio senza rivolgere un cenno di saluto né all'organizzatrice né alla sua odiosa segretaria.

Continuo a camminare, a passo veloce, stringendo la cartellina rigida contro il mio petto, con la mente completamente svuotata, ma non ritorno a casa, bensì mi rifugio al parco pubblico e mi lascio cadere su una panchina in ferro; la prima ondata di rabbia arriva all'improvviso, cogliendomi del tutto impreparata, e vengo invasa dal desiderio di lanciare il book fotografico contro il tronco di un albero e di strappare più e più volte ogni singola, e maledetta, foto ma poi il mio lato razionale prende il sopravvento e m'impedisce di commettere una cavolata.

Che senso avrebbe prendersela con un oggetto? Non è colpa sua se ho ricevuto l'ennesimo rifiuto, non è neppure colpa della diffidenza di Ashley e non è neppure colpa di mia madre e di mio fratello che non mi hanno mai supportata: la colpa è solo ed esclusivamente mia, perché mi sono rifiutata di guardare in faccia la realtà tempo prima e mi sono ostinata a seguire il sogno, impossibile, di una ragazzina.

Ed ora ne pago le amare conseguenze.

Perdo velocemente la cognizione del tempo: quando vedo le luci dei lampioni accendersi mi rendo conto che ormai è sera, e che sono trascorse ore dal momento in cui mi sono lasciata cadere sulla panchina di ferro; come se il mio umore non fosse già abbastanza guasto, nello stesso momento in cui decido di alzarmi il rombo di un tuono annuncia l'arrivo di un forte acquazzone, e quando raggiungo il marciapiede i miei vestiti sono già completamente zuppi d'acqua.

Eppure non faccio ritorno all'appartamento: i miei piedi mi spingono a percorrere una strada diversa, che mi porta a suonare il campanello di un'elegante villetta a due piani; ed anche se sento un tuffo al cuore quando la porta d'ingresso si apre, so che in questo momento non vorrei essere da nessun'altra parte perché sento il bisogno di parlare solo con lui.

Anche se mi ha rifiutata.

"Gracey?" la voce incredula di Theodore mi provoca un altro tuffo al cuore "che cosa ti è successo?"

"Posso entrare?" chiedo, accennando un sorriso, lui si sposta prontamente per farmi riparare dalla pioggia ed io mi stringo nella giacca, tremando a causa del freddo.

"Che cosa ti è successo?" mi domanda una seconda volta, mentre vedo Benjamin affacciarsi dalla cucina, e sono proprio le sue parole a evitarmi di dare spiegazioni in sua presenza.

"Theodore, forse Gracey ha bisogno di indossare dei vestiti caldi e puliti. I suoi sono completamente bagnati"

"Tuo figlio ha ragione... In effetti avrei bisogno d'indossare qualcosa di caldo e asciutto" mormoro, continuando a tremare, e quando abbasso lo sguardo noto che nella morbida moquette si è già formata una piccola pozzanghera d'acqua "scusami, sto rovinando completamente il pavimento del salotto. Forse è meglio se torno a casa... Ho sbagliato a venire qui, scusami...".

Cerco di defilarmi, balbettando parole a bassa voce, ma Theodore non mi permette di raggiungere la porta d'ingresso perché, a suo parere, non sarebbe affatto saggio camminare per strada nel bel mezzo di un acquazzone, e Benjamin ricompare dal primo piano con una felpa ed un paio di pantaloni da ginnastica, invitandomi a cambiarmi in un'altra stanza per essere più a mio agio; mi strizza l'occhio destro, senza essere visto dal padre, e ne capisco il perché dopo essermi chiusa in bagno: i vestiti appartengono all'ex compagno di mia madre e, ovviamente, sono intrisi del profumo della sua pelle.

Mi libero velocemente degli indumenti ancora zuppi d'acqua, indosso la felpa, i pantaloni e raccolgo i capelli in un nodo in cima alla testa, in un vano tentativo di darmi un aspetto presentabile, ma non appena poso lo sguardo sullo specchio, mi rendo subito conto che ogni mio tentativo è inutile; quando torno in salotto trovo solo Theodore impegnato ad accendere il camino.

Di Benjamin non c'è alcuna traccia.

"L'ho mandato a letto" si affretta a spiegarmi lui, spegnendo con un soffio la fiammella di un fiammifero "domani ha scuola e tu stessa hai visto che non è semplice svegliarlo, vestirlo e convincerlo a fare colazione. Ti ho preparato una coperta sopra al divano, immagino sarai ancora infreddolita. E se non è abbastanza, posso andare in cucina e prenderti qualcosa di caldo... Magari del latte al cioccolato"

"Preferirei qualcosa di forte. Molto forte" commento, lasciandomi cadere sui morbidi cuscini del sofà, prendo in mano la coperta rossa e me l'avvolgo attorno alle spalle, sentendomi subito meglio; Theodore mi guarda e sorride, a causa di ciò che ho appena detto.

"Qualcosa di molto forte? Stai parlando di alcolici? Non dirmi che bevi quelle schifezze"

"Ti prego, stai provando di nuovo a farmi la predica? Proprio tu che bevi whisky e consumi un intero pacchetto di sigarette al giorno?"

"Non lo faccio sempre, solo quando ho bisogno di schiarirmi le idee" prova a giustificarsi, allontanandosi dal camino; va in cucina e poi torna non con due tazze di cioccolata calda e fumante, ma bensì con due calici pieni di vino rosso e corposo "so che non dovrei assecondare il tuo desiderio, ma hai un'aria così sconvolta che dubito seriamente che una cioccolata calda possa aiutarti a riprenderti. Possiamo fare un piccolo accordo: io ti permetto di bere uno di questi due calici di vino, ma in cambio devi raccontarmi che cosa è successo"

"Potrei considerare questo piccolo accordo come un velato ricatto"

"Se fosse un ricatto, io sarei l'unico a trarre dei vantaggi, in questo caso invece siamo entrambi ad avere dei vantaggi personali: tu bevi un calice di vino ed io conosco il motivo che ti ha spinta ad uscire con questo temporale ed a venire qui. Vedi? Questo non è un ricatto, ma un accordo"

"Ne parli come se fossi un esperto"

"Ti posso assicurare che sono tutt'altro che un esperto in fatto di accordi e ricatti. Per me si tratta di una vera e propria materia oscura" risponde l'ex compagno di mia madre, prendendo posto a mio fianco sul divano; mi porge un bicchiere ed appoggia il viso sul palmo della mano destra "allora, Gracey? Siamo soli, Ben sta dormendo nella sua cameretta, vuoi raccontarmi che cosa è successo?"

"Nulla. A parte il fatto che sono una stupida" mormoro, mandando giù un lungo sorso della bevanda alcolica e dolce; traggo un beneficio momentaneo dal vino che scivola lungo la mia gola, ma come ogni cosa effimera il suo effetto dura qualche breve istante, appena il tempo di un battito di ciglia, ed un peso opprimente ritorna a riversarsi sulle mie spalle, insieme ad un nodo allo stomaco "è tutto così imbarazzante che non so neppure da dove iniziare"

"Prova dall'inizio, in genere funziona"

"Ricordi l'organizzatrice che dovevo contattare? Ho provato a chiamarla più volte, ma non ha mai risposto a nessuna delle mie telefonate. Nel biglietto da visita che mi aveva lasciato c'era scritto l'indirizzo del suo Studio e così mi sono recata là, e dopo aver discusso con la sua segretaria sono riuscita ad ottenere l'appuntamento che lei stessa mi aveva promesso... Ma non è andata molto bene"

"Il provino è stato un disastro?"

"Provino? Non c'è stato nessun provino. Non mi ha neppure chiesto di simulare una sfilata in passerella. Ha sfogliato qualche pagina del book fotografico e mi ha liquidata con il classico 'le faremo sapere'. Ma la parte peggiore è arrivata quando le ho chiesto delle spiegazioni" mormoro, svuotando quello che rimane del vino prima di affrontare la parte peggiore dell'intero pomeriggio "mi ha umiliata. Letteralmente umiliata. Ha detto che sono orribile, grassa e che in me non c'è quella 'marcia in più' che cercano. Ha anche detto che ogni giorno vede tantissime ragazze di campagna come me e che, proprio per questo, farei meglio a rinunciare al mio sogno prima di ricevere altre porte in faccia"

"Ha detto davvero questo?"

"Parola per parola" confermo, annuendo "e se adesso vuoi prendertela con me e dirmi 'te l'avevo detto' non posso che darti ragione, perché è così. Tu, Ashley, mia madre, mio fratello avete provato ad avvisarmi su quello che mi aspettava, ma io non ho voluto ascoltarvi"

"Che stronza!" esclama lui, appoggiando il suo calice sopra ad un tavolino e facendo lo stesso con il mio "non devi credere neppure per un secondo alle parole che ha detto quella donna, Gracey, né tantomeno rimuginarci sopra. Sai perché? Perché è solo una grandissima stronza. Tu non né grassa né orribile. Sei una ragazza bellissima, capace di far girare la testa a qualunque ragazzo, e secondo me hai anche una 'marcia in più' che tante altre non hanno"

"Non è vero. Io non sono speciale, altrimenti sarei stata scelta. Scommetto che se ci fosse stata Ashley al mio posto, sarebbe stata subito ingaggiata perché è perfetta. È bionda, ha gli occhi azzurri e un corpo da urlo. È lei quella in grado di far perdere la testa a chiunque" ribadisco, con amarezza, avvolgendo le braccia attorno alle ginocchia, che stringo contro il petto, e concentro il mio sguardo corrucciato sulla moquette pelosa; sento gli occhi pizzicarmi a causa delle lacrime e compio un enorme sforzo per ricacciarle indietro, perché non voglio piangere ancora in presenza di Theodore.

Lui non sembra accorgersi della lotta interna che sta avvenendo in me e prova ancora a consolarmi.

"Ahh, credi davvero che per noi uomini esistono solo le bionde? La tua coinquilina sarà pure perfetta fisicamente, ma non è speciale come te"

"Perché? Che cos'ho di così speciale?" domando, voltandomi di scatto verso di lui, corrucciando le sopracciglia; il rumore di un tuono squarcia la quiete della notte, provocando un blackout improvviso in tutto il quartiere, e Theodore, anziché darmi una risposta, si alza di scatto e si allontana dal divano: lo sento salire le scale, molto probabilmente per controllare che il tuono non abbia spaventato Ben.

Contemporaneamente, mentre attendo il suo ritorno al buio, il mio telefono inizia a vibrare, e quando vedo il nome della mia migliore amica sullo schermo lo spengo, senza pensare neppure per un secondo di rispondere: non voglio far preoccupare Ashley, ma in questo momento non ho voglia né di sentire la sua voce né tantomeno di dirle dove mi trovo.

"Benjamin sta dormendo, credo che non abbia neppure sentito il tuono" commenta l'ex compagno di mia madre, con una bassa risata, occupando nuovamente il posto affianco al mio "fortuna che ho acceso il camino, così non siamo completamente al buio"

"Non hai ancora risposto alla mia domanda"

"Quale domanda?"

"Che cos'ho di speciale?" chiedo ancora, e resto spiazzata vedendolo ridere "perché stai ridendo? Ho detto qualcosa di divertente?"

"Rido perché anni fa ho affrontato una conversazione simile proprio con tua madre. Tu e Zack eravate da vostra zia. E sempre durante quella settimana ci siamo ritrovati a cenare sul divano a lume di candela, nel bel mezzo di un temporale: dovevamo mangiare sotto al portico, ma siamo stati costretti a cambiare completamente il nostro programma. Ricordo ancora bene quella serata, abbiamo parlato molto..."

"Di che cosa avete parlato?"

"Un po' di me, un po' di lei... Un po' del nostro passato...".

All'improvviso sia l'orribile giornata da dimenticare sia la mia domanda ancora senza risposta passano in secondo piano, oscurate dall'irritazione provocata dalle sue vaghe parole: è sempre così, penso serrando le labbra, ogni volta che viene anche solo sfiorato l'argomento 'passato' lui si chiude sempre a riccio ed inizia a svincolare il discorso in ogni modo possibile.

"Che cosa le hai raccontato del tuo passato?"

"Nulla d'importante, si trattava di una spiacevole esperienza che ho avuto da ragazzo e che coincideva con il mio primo appuntamento" si limita a dire lui, senza aggiungere altri particolari, agitando una mano "rischierei solo di annoiarti"

"Dubito seriamente che questo potrebbe mai accadere, Theodore, e dopo la giornata da dimenticare che ho appena avuto, ho proprio bisogno di distrarmi in qualche modo. Mi piacerebbe che raccontassi anche a me la brutta esperienza che hai avuto, sai... A volte, anche se non sembra, parlare è la migliore soluzione a molti problemi"

"Quando avevo la tua età ero innamorato della ragazza più bella della scuola. È stata lei ad invitarmi ad uscire, dopo un intero pomeriggio trascorso in biblioteca a studiare, ed io non ci potevo credere. Mi sembrava un sogno, perché le ragazze come Ava non escono mai con i ragazzi... Sfigati come lo ero io. Ed alla fine ho scoperto che si trattava di un orribile scherzo architettato da un mio compagno di classe: aveva chiesto ad Ava di essere sua complice perché sapeva di piacerle, e soprattutto sapeva benissimo che io avevo una cotta per lei. Voleva farmela pagare perché il primo giorno di scuola gli avevo dato un calcio all'inguine, ed ha pensato di farlo nel peggiore dei modi"

"Mi dispiace, deve essere stato tremendo"

"Sì, ma la parte peggiore non è stata lo scherzo in sé, ma il coinvolgimento di Ava. Io e lei non avevamo mai parlato prima che Jason organizzasse la sua vendetta. Non ci eravamo mai scambiati una sola parola ed io non le avevo mai fatto nulla... Non aveva alcun motivo per essere così crudele nei miei confronti ed accettare di essere complice dello scherzo. È questo che ancora non sono riuscito a spiegarmi"

"Non riesco a capirlo neppure io" mormoro, sconvolta e incredula "purtroppo molte volte i ragazzi sanno essere davvero crudeli, soprattutto nel caso dei classici bulli da scuola: si credono dei duri, ma in realtà sono solo dei vigliacchi che se la prendono sempre con i soggetti più deboli ed indifesi. Scommetto che è stata dura riprendersi da quello che era successo, vero?"

"Molto" mi conferma Theodore, con un mezzo sorriso "ero un ragazzino di diciassette anni con molti complessi, Gracey, ed il mio primo appuntamento è stata una vera e propria mazzata sui denti. Non volevo più andare a scuola, non volevo più uscire di casa e ho impiegato molto tempo per riprendermi da quell'esperienza. Però, Gracey, alla fine ci sono riuscito anche se all'epoca mi sembrava una cosa impossibile, e sono sicuro che lo stesso varrà anche per te: arriverà il giorno in cui ti lascerai questa brutta esperienza alle spalle".

Mi lascio scappare un sospiro, tutt'altro che contenta di ritrovarmi al centro dell'attenzione, soprattutto ora che Theodore aveva iniziato ad aprirsi con me.

"Senza offesa per quello che hai passato, ma qui non si tratta di uno scherzo di pessimo gusto, ma del mio futuro. Quella donna ha distrutto con poche e semplici parole quello che era il sogno della mia vita, ed io non posso neppure darle della bugiarda perché aveva perfettamente ragione! È da un anno che sono a Chicago e cosa sono riuscita ad ottenere? Niente! Neppure l'ombra di un piccolo ingaggio. Forse davvero in me non c'è nulla di speciale, altrimenti sarei già stata scelta".

Rivolgo il viso in direzione del camino, contemplando le fiamme che scoppiettano allegramente, finché non sento una mano sotto al mio mento che m'invita a voltarmi; fisso negli occhi l'ex compagno di mia madre e m'incanto a guardare le sue iridi scure, magnetiche, in cui le pupille quasi si confondono.

"Non devi dire mai più queste parole, Gracey, d'accordo? Te l'ho detto anche poco fa: quella donna è solo una grandissima stronza e non capisce nulla in fatto di ragazze. Prima mi hai chiesto che cosa c'è di speciale in te, e ti ho risposto che tempo fa ho avuto una conversazione simile con tua madre, quando eravamo all'inizio della nostra relazione. Non riusciva a capire che cosa trovassi di così affascinante ed unico in lei, in una madre single che doveva crescere due figli e che aveva pochissimo tempo da dedicare a sé stessa, e sai che cosa le ho detto? Le ho detto che era impossibile dare una risposta alla sua domanda, perché non si trattava di un singolo particolare, ma di una lunga serie di piccoli particolari. E lo stesso vale anche per te, Gracey" mi spiega a bassa voce, senza mai staccare gli occhi dai miei "sei una persona speciale, non permettere mai a nessuno di affermare il contrario. Ed il ragazzo che riuscirà a fare breccia nel tuo cuore sarà un essere molto fortunato".

So che il suo discorso è mirato a consolarmi e non nasconde un secondo fine, lui stesso è stato molto chiaro quando abbiamo parlato nella mia camera da letto: considera ciò che provo solo una cotta passeggera, destinata a consumarsi con la stessa rapidità della fiamma di un falò.

Eppure, dentro di me, complice anche l'atmosfera creata dal blackout, sento di essere davanti ad un'occasione unica ed irripetibile; sento che se non faccio qualcosa ora, in questo preciso momento, non ci sarà più una seconda occasione.

Sento che non ci sarà più un'altra notte trascorsa sui cuscini del divano, davanti ad un camino acceso ed a due calici di vino rosso; e così, guidata da un impulso che non riesco più a reprimere, gli butto le braccia attorno alle spalle e lo bacio, senza lasciargli il tempo di reagire.

Appoggio le mie labbra sulle sue, senza approfondire il bacio con la lingua, e lo attiro a me; lo sento irrigidire tutti i muscoli del corpo eppure, nonostante ciò, sono io la prima ad allontanarmi.

E, senza dire una sola parola, utilizzo la stessa tecnica del giorno in cui gli ho confessato ciò che provo per lui.

Scappo, per non affrontare le conseguenze delle mie azioni.

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top