BEHIND THE EYES; PARTE DUE (THEODORE)
"Theodore? Theodore, riesci a sentirmi?".
Con uno sforzo enorme apro gli occhi, sbattendo più volte le palpebre, e nel mio campo visivo appare un volto femminile, dai lineamenti dolci e delicati, incorniciato da una lunga chioma di capelli castani ed ondulati.
"Mamma?" domando, con voce impastata, riuscendo finalmente a mettere a fuoco la sconosciuta china su di me, che mi ha strappato dall'oblio nero in cui ero caduto "Nicole?"
"Sì, Theodore, sono io. Sono qui" conferma lei, annuendo con il capo, con l'angolo sinistro della bocca piegato leggermente all'insù.
D'istinto, senza pensarci, allungo la mano destra, appoggiandogliela sulla nuca, l'attiro a me e poso le labbra sulle sue, in un bacio casto; mi allontano dopo qualche secondo, senza riuscire a trattenere una mezza risata.
"Cavolo" mormoro, scuotendo la testa, incredulo "se avessi saputo prima che questo è l'inferno, mi sarei fatto sparare contro molto tempo fa"
"Non sei all'inferno. E non sei neppure in paradiso. In realtà, ci troviamo entrambi a Chicago, in ospedale".
Le parole di Nickie mi fanno aprire gli occhi e corrucciare le sopracciglia, ma soprattutto spezzano l'incantesimo riportandomi alla realtà: vengo aggredito dall'odore di sterilizzante, tipico delle strutture ospedaliere, e da un dolore sordo all'altezza del petto che mi toglie quasi il respiro; tento di alzarmi, ma Nicole me lo impedisce, dicendomi che non devo compiere sforzi perché sono ancora debole e necessito di molto riposo.
Ed in tono pacato mi spiega che sono stato molto fortunato, perché il proiettile che mi ha colpito si è fermato a pochi millimetri di distanza dal mio cuore.
"Ohh, sì, sono stato davvero fortunato" commento, con un sospiro, appoggiando nuovamente la testa sul cuscino; i ricordi mi colpiscono all'improvviso, come una pugnalata, e giro di scatto il viso in direzione di Nickie, seduta sul bordo del letto "Ben! Dov'è nostro figlio? Dove sono gli altri? David? Gracey?"
"Puoi stare tranquillo, Theodore, perché stanno tutti bene. Poco fa ho parlato con Whip al telefono e mi ha raccontato dell'aggressione che lui e Gracey hanno subito da parte di quella donna. Per loro fortuna hanno rimediato solo un paio di punti in testa ed un braccio rotto, tutte ferite che guariranno in un paio di settimane e resteranno solo un brutto ricordo. Anche quella puttana, proprio come Poseidone, non è più un problema" confessa Nickie, abbassando il tono di voce, con gli occhi che brillano ancora di quella luce inquietante "le ho spezzato l'osso del collo con le mie stesse mani. Nessuno deve permettersi di minacciare mio figlio con una pistola, o di sparare a suo padre".
Deglutisco a vuoto, perché ancora non ho fatto l'abitudine al lato sanguinario e violento della mia ex compagna e moglie, e prendo un veloce appunto mentale: mai farla incazzare, per nessuna ragione al mondo.
"Sono contento di sapere che stanno entrambi bene. Quando ho visto Ben, dentro quel magazzino, ho temuto che quella donna avesse ucciso entrambi" mormoro, con un sospiro, chiudendo gli occhi; nonostante la stanchezza li riapro quasi subito, perché ci sono diverse domande che voglio porgerle "come siete riusciti a sconfiggere Poseidone? Credevo fossimo spacciati"
"Lo credeva anche lui, ed è stato proprio il peccato di presunzione a tradirlo. Ricordi il motel in cui ci siamo fermati per qualche minuto?"
"Sì, quando io ti ho aspettato in macchina. Non mi hai mai detto che cosa sei andata a fare dentro quella stanza"
"Ho incontrato un nostro contatto. Un tipo piuttosto bizzarro, con una passione quasi maniacale per il modellismo. Michael gli ha chiesto di riprodurre fedelmente, nei più piccoli particolari, il luogo in cui lui e Jacob avevano incontrato il vicepresidente della CIA"
"L'uomo che Jacob ha ucciso?"
"In quell'occasione lui aveva fatto in modo di cancellare dalle telecamere di sorveglianza tutte le immagini che riprendevano il momento esatto dell'omicidio, lasciando solo quelle di Michael che spostava il corpo, scaricando su di lui tutta la responsabilità... Quando quella puttana ti ha sparato al petto, io sono rimasta con te, ma Jacob ha condotto Mike fuori dal magazzino. E Mike lo ha portato dentro il container che era stato allestito come la scena del crimine. Quando quell'idiota gli ha sparato alle spalle, ignorava completamente che indossasse un giubbotto antiproiettile, e non appena Michael è caduto a terra ha azionato il telecomando di una telecamera che era stata posizionata in alto, su una delle quattro pareti. E lui si è incastrato con le sue stesse mani"
"Aspetta, stai dicendo che..."
"Dal momento che Jacob aveva distrutto tutte le prove, non ci ha lasciato altra opzione se non quella di crearcele, giocando sporco. Il resto del lavoro lo ha fatto il sangue ritrovato all'interno del suo ufficio. Lo stesso che Whip ha recuperato in un barattolo attaccato ad una boa. Una precauzione necessaria per evitare che si seccasse. Inutile dirti che apparteneva al vicepresidente. Il regno di terrore di Poseidone è finito, a meno che non ne crei uno nuovo a Fox River, ma questa non è una faccenda che ci riguarda".
Mi lascio scappare un lungo fischio, adesso che ogni tassello del quadro generale è finalmente al suo posto.
Mai e poi mai avrei pensato di vedere Michael giocare sporco; ma quando si tratta di una giusta causa, ogni mezzo è lecito, anche quello più infido.
"Questo significa che è tutto finito?"
"Sì, è tutto finito. E questa volta per davvero"
"Bene" prendo un profondo respiro e le rivolgo un'altra domanda della massima importanza "posso vedere Benjamin?"
"No, hai bisogno di riposare adesso, ma non ti preoccupare per lui: è un bambino forte e si è già ripreso da quello che è successo. Ti somiglia tantissimo" sussurra lei, prendendomi per mano "ti prometto che non appena ti sarai ripreso, sarà la prima persona che vedrai, ma è meglio se per il momento rimandiamo questo incontro. Non vorrai che Benjamin ti veda in queste condizioni, vero?"
"Ohh, no di certo. Chissà che cosa penserebbe poi di suo padre. Ho già un figlio che mi ha affibbiato l'etichetta di 'catorcio da rottamare'. Due non riuscirei a gestirli" vedo le labbra di Nickie piegarsi in un sorriso appena accennato e rafforzo la presa sulla sua mano destra, accarezzandole con il pollice il dorso delle dita; adesso che siamo soli, e che Poseidone non è più un problema, possiamo affrontare i nostri problemi uno ad uno, senza urlarci addosso e recriminarci fatti che appartengono ad un passato lontano "Nicole..."
"Non mi hai ancora detto a che cosa si riferiva quella parte della lettera di Michael" m'interrompe lei, con un tempismo sospetto "quella che riguardava Whip. Adesso me lo puoi spiegare?"
"È accaduto molti anni fa, al termine del mio primo periodo di reclusione in un carcere. Conecuh County non è mai stata una grande cittadina, di conseguenza le voci circolano molto velocemente, soprattutto quando di mezzo ci sono questioni delicate. Mentre aiutavo mio cugino ad uscire dalla tossicodipendenza, sono giunti alle mie orecchie alcuni pettegolezzi che riguardavano una ragazza con cui avevo avuto una brevissima relazione prima del mio arresto" spiego, preferendo non raccontare come si sono svolti veramente i fatti con Ava: non voglio litigare di nuovo con Nicole, non ora che abbiamo raggiunto un equilibrio precario "aveva avuto un figlio, ma nessuno sapeva chi fosse il padre perché lei non aveva mai voluto rivelarne l'identità. Ho voluto vederlo con i miei stessi occhi, per fugare ogni possibile dubbio. È stato più semplice del previsto trovare la nuova casa di Ava, e la fortuna mi ha assistito parecchio in quell'occasione perché l'ho vista giocare in giardino con un bambino. E quel bambino era Whip. Mi è bastato uno sguardo per capire ogni cosa, ma per anni mi sono rifiutato di guardare in faccia la realtà".
Con gli occhi della mente rivivo la scena che ho appena descritto a Nickie: Ava che batte le mani, sorridente, e che incita un bambino di cinque anni, concentrato a non cadere da una bicicletta molto più grande di lui; ed il piccolo, dopo un paio di tentativi andati a vuoto, riesce a trovare il giusto equilibrio e prorompe in un grido di esultanza, sfrecciando lungo il perimetro del giardino, con i capelli ondulati mossi dal vento.
"E perché ti sei rifiutato di guardare in faccia la realtà fino ad oggi?".
La domanda della mia ex compagna spalanca le porte ai demoni del mio passato, e sono costretto a raccogliere tutto il mio coraggio per confessare, in un sussurro, ciò che ho sempre temuto di dire perfino a me stesso.
"Perché avevo paura di trasformarmi in un mostro. Proprio come mio padre".
Sento la mano destra di Nicole accarezzarmi il viso, sostituita ben presto dalle sue labbra che si posano con delicatezza sulle mie, per restituirmi il bacio che io le ho dato quasi mezz'ora prima; appoggia la fronte contro la mia ed io resto letteralmente inebriato dal profumo dei suoi capelli, così morbidi e folti che sembrano essere tanti fili di seta preziosa.
Ma quando provo a parlarne di noi due, vengo interrotto una seconda volta.
"Riposati, riprenderemo la nostra conversazione al tuo risveglio. Io sarò qui, non me ne andrò" mi sussurra, accarezzandomi la guancia sinistra, e mi ritrovo costretto a darle ragione perché sento le palpebre improvvisamente pesanti come macigni e fatico a tenerle aperte; annuisco lentamente, piego il viso verso destra e lascio che la stanchezza abbia il sopravvento su di me.
Quando mi sveglio, diverse ore più tardi, è notte e Nicole è sparita; in un primo momento penso che si sia assentata per parlare con i dottori o per prendere qualcosa alle macchinette, cambio rapidamente idea non appena i miei occhi si posano su un foglio ripiegato con cura, posato esattamente nel punto in cui lei era seduta.
Lo prendo in mano, lo apro e leggo le poche e concise frasi.
'Benjamin resterà con me durante il tuo periodo di convalescenza, e molto probabilmente quando aprirai gli occhi e leggerai questa lettera noi due saremo già molto lontani da Chicago. Mi dispiace non avertelo detto prima, ma già immaginavo quale sarebbe stata la tua reazione.
Non odiarmi, ma Benjamin è anche mio figlio e dopo i recenti avvenimenti ho tutto il diritto di trascorrere un po' di tempo con lui, e tu hai bisogno di tranquillità per sistemare un po' di faccende.
Ti prometto che quando ti sarai ripreso ed avrai chiarito la confusione che hai in testa, Ben sarà la prima persona che incontrerai. Non sei l'unico a mantenere sempre le promesse. Ma fino a quel momento, per il bene di tutti, è meglio che tu sia all'oscuro del luogo in cui ci troviamo.
Buona fortuna, Teddy'.
Accartoccio il foglio, scagliandolo contro una parete, sfogando sulla carta tutta la frustrazione che provo in questo momento.
Non dico una sola parola, non urlo e non faccio alcuna sceneggiata melodrammatica; semplicemente mi piego in avanti, mi copro il viso con le mani e scoppio in un pianto silenzioso, sentendomi preso in giro dalla donna di cui mi stavo innamorando per la seconda volta.
Il tepore del sole è così piacevole che chiudo gli occhi per godermelo più affondo, e quando li riapro mi concentro sul piccolo gruppo di persone impegnate a fare un piacevole pic-nic sull'erba del parco pubblico: due uomini, due donne ed un bambino che tiene in mano un pallone da football.
Michael, Lincoln, Sara, una bellissima ragazza dai tratti orientale, ed il piccolo Mike.
Scofield è l'unico ad accorgersi della mia presenza: si alza in piedi e mi raggiunge sotto l'ombra dell'albero che mi cela alla vista del resto della compagnia; infila le mani nelle tasche dei jeans, si guarda attorno, e solo allora mi rivolge la parola, come se fossimo amici di lunga data.
"Come stai?"
"A parte il fatto che mi sono beccato una pallottola che si è fermata a pochi millimetri di distanza dal mio cuore, che ci ho guadagnato una cicatrice che non se ne andrà mai via del tutto e che la mia ex compagna è sparita nel nulla con mio figlio, ed io non ho notizie di loro due da settimane? Magnificamente" rispondo, accennando un ghigno "scommetto che tu sapevi già ogni cosa, e sai anche dove si trovano ma non hai alcuna intenzione di dirmelo"
"Ha rischiato di perdere suo figlio ed è stata costretta a stare lontana da lui per sette anni. È normale che voglia recuperare il tempo perduto. E poi mi ha accennato a delle faccende di cui ti devi occupare prima di risolvere quelle che riguardano voi due e Benjamin"
"Ohh, sono contento di sapere che la mia vita privata sia diventata di dominio pubblico. Ed è quasi eccitante il fatto che t'interessi così tanto"
"Nicole ha fatto molto per me, di conseguenza voglio solo il meglio per lei".
Ignoro accuratamente la provocazione di Scofield, ed il modo in cui ha marcato la parola 'meglio', preferendo concentrarmi sul vero motivo per cui ho interrotto la sua piacevole riunione di famiglia.
"Sei riuscito a procurarmi quello che ti ho chiesto?" domando, e prontamente nella sua mano destra appare una piccola busta gialla; le sue labbra, invece, si distendono nel sorriso enigmatico che ormai conosco fin troppo bene, e che tante volte ho desiderato cancellare con un pugno.
O con un bacio.
Ma questi sono particolari che appartengo al passato.
"Non è stato per nulla difficile, ed i miei superiori hanno acconsentito in modo unanime alla tua richiesta. Considerala un piccolo risarcimento per quello che è successo. Tutto quello che devi fare è consegnare questa busta al tuo arrivo, fare ciò che devi fare e poi andartene. Nessuno t'impedirà di farlo" spiega Michael.
Rigiro la busta tra le mani, osservandola con attenzione, socchiudendo gli occhi.
"Non si tratta di una trappola, vero? Voglio dire... Dopo i nostri precedenti..."
"Nessuna trappola. Lo vedrai tu stesso"
"Immagino che dovrò avere un po' di fede, giusto?" commento, divertito; ripongo il piccolo rettangolo di carta in una tasca della giacca perché è arrivato il momento di congedarmi da Scofield, ma lui richiama la mia attenzione, per rivolgermi delle parole che mi sorprendono.
"Ti ringrazio per tutto quello che hai fatto per Sara, sono in debito con te".
Ritorno sui miei passi, mi scompiglio i capelli con la mano destra e faccio schioccare la lingua contro il palato.
"Vuoi davvero farmi un favore? Non mettermi più in mezzo a nulla d'ora in avanti, d'accordo? Le nostre strade si separano da questo esatto momento, per sempre. Ti saluto, Michael, e porta i miei saluti anche alla madre di mio figlio" sibilo, a denti stretti, prima di allontanarmi a passo veloce senza mai voltarmi indietro.
È strano, e quasi grottesco da ammettere, ma considero Fox River come la mia vera casa.
Non so con esattezza quali siano i motivi che mi spingono a questa conclusione, forse perché da quel luogo ha avuto inizio una lunga serie di eventi che hanno stravolto totalmente la mia vita, ma dentro di me sento che è così, e niente e nessuno potrà mai farmi cambiare idea; e di conseguenza provo quasi una piacevole sensazione di calma e tranquillità quando un secondino mi scorta personalmente all'interno del Braccio A, accompagnandomi dinanzi ad una cella vuota, eppure questa volta tutto è diverso: non sono stato arrestato, non ho commesso alcun crimine, e mi trovo qui dentro per svolgere un compito ben preciso.
Mi arrampico sulla brandina superiore e mi siedo sul materasso, lasciando ondeggiare le gambe al di là del bordo, guardandomi attorno: non è cambiato nulla dall'ultima volta che sono stato qui dentro, ma è comprensibile visto che sono tornato ad essere un uomo libero appena da qualche mese.
Il suono, fin troppo familiare, di una sirena giunge alle mie orecchie, e sulle mie labbra appare un sorriso perché ciò significa solo una cosa: l'ora all'aria aperta è giunta al termine, ed i detenuti stanno per rientrare nelle loro rispettive piccole abitazioni.
Attendo il mio compagno di cella con trepidazione e dopo qualche minuto lo vedo finalmente arrivare: si tratta di un uomo alto, slanciato, con i capelli castani e l'aria di essere il padrone incontrastato di ogni singola cosa; ed è proprio la sua espressione carica di sicurezza ed arroganza a farmi capire che non ha ancora capito come funziona il mondo della prigione e che pensa davvero di uscire da qui molto presto.
Non mi degna neppure di un'occhiata, tuttavia capisco che la mia presenza non gli è sfuggita perché, dopo essersi seduto sulla brandina inferiore, inizia un lungo e noioso monologo; lo ascolto distrattamente, per qualche minuto, finché non decido di porre fine a quella vera e propria tortura per le orecchie: scendo dalla brandina con un salto e lo affronto, posizionandomi davanti a lui.
Quando gli occhi di Jacob si posano sul mio viso, e mi riconosce, le sue guance sbiancano velocemente e le iridi scure si riempiono di un terrore indescrivibile, palpabile, che accende un fuoco dentro di me.
"No, no, ti prego, no..." balbetta, supplicandomi, ma io lo ignoro e lo afferro per la maglietta della divisa, portando il mio viso a pochi centimetri di distanza dal suo.
"Ricordi che cosa mi hai detto dentro il vecchio magazzino, quando mi hai ordinato di non muovere un solo passo in più?" dico in un soffio, senza sbattere le palpebre "hai detto che se avessi trasgredito sarei stato costretto a raccogliere la materia cerebrale di mio figlio con uno strofinaccio. Vediamo quanti ne useranno i secondini per ripulire il pavimento della cella dalla tua"
"No, no, no! No!".
Ignoro di nuovo le suppliche dell'ex agente corrotto della CIA.
Stringo la mano sinistra attorno ad una ciocca dei suoi capelli e, con tutta la forza che ho in corpo, gli fracasso la testa contro le sbarre della cella, incitato dalle urla degli altri detenuti che non sono intenzionati a perdersi un solo istante della brutale esecuzione.
E, per l'ultima volta, lascio che T-Bag abbia il soppravvento su di me.
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