Capitolo 13
Sheik
- Vuoi andare da lui, vero? - chiese Ghirahim - Io non lo farei...
Io non risposi. Ero inquietata, bloccata del tutto davanti alla figura scura del ragazzo. Cosa gli era capitato? Di chi era quel sangue?
- Voglio entrare - dissi, poggiando una mano sulle sbarre - Voglio entrare subito.
- Se proprio ci tieni... - Ghirahim mi fece camminare verso una piccola porta che stava in fondo al corridoio, per poi aprirne un'altra, piccola e bassa, che stava in un minuscolo corridoio laterale.
Mi spinse dentro bruscamente, facendomi cadere sulle ginocchia, dopodiché sentii lo scricchiolio della porta che si richiudeva dietro di me. Mi alzai in piedi, oltre il corridoio potevo vedere la luce che probabilmente veniva dal piccolo cortile interno.
Lì doveva stare Dark, e io non potevo non preoccuparmi per lui. Che cosa gli aveva fatto quel bastardo di Zant?
Mi spolverai i vestiti per poi incamminarmi verso l'uscita. L'avrei salutato e lui mi avrebbe sorriso, ed in qualche modo saremmo usciti entrambi da lì. Doveva essere così, per forza.
Quando arrivai alla fine del corridoio mi trovai a camminare su vecchi mattoni, dov'è alcune erbe spuntavano qua e là, disordinatamente. Dark Link era esattamente al centro, il sangue si stava seccando sulla sua pelle scura. Non riuscivo a vedergli gli occhi, in parte coperti dai capelli disordinati.
- Dark? - chiesi, facendo un passo in avanti - Come stai? Cosa ti è successo?
Dark restò fermo, poi fece un passo in avanti, strascicando la spada a terra. Non sorrise, non disse nulla. Un'espressione di assoluta indifferenza albergava sul suo viso.
- Dark, io...
Neanche il tempo di finire la frase che dovetti saltare all'indietro, schivando per miracolo un suo fendente.
Si scostò i capelli da davanti agli occhi, e li vidi brillare di una luce strana. Non mi riconosceva, non sembrava nemmeno capire chi io fossi.
E ciò mi fece venire un colpo al cuore. Davvero in così poco tempo lui era stato in grado di rimuovermi dalla sua mente, di tornare a considerarmi solo come una nemica da eliminare?
Schivai per miracolo un altro fendente, ma ero disarmata, mi sarebbe stato quasi impossibile riuscire a sfinirlo. E poi, cosa avrei dovuto fare?
Ricordai le parole della Dea. Se Dark mi avesse tradito io avrei dovuto ucciderlo.
Mi salii il cuore in gola. Non ci sarei mai riuscita.
- Dark! - esclamai, saltando all'indietro - Per favore...
Lui non sembrò nemmeno ascoltare le mie parole, continuando a tirare fendenti ed affondi con la sua lama nera.
Schivai un suo colpo, abbassandomi e colpendolo allo stomaco con un pugno. Dopodiché, senza che me io me lo aspettassi minimamente, sentii un forte colpo alle caviglie, che mi fece cadere sulle ginocchia.
Non feci in tempo a rialzarmi che un calcio mi arrivò dritto in volto. E poi un'altro, allo stomaco, talmente forte da farmi piegare in due dal dolore. Mi veniva da vomitare.
Sentii tanti colpi, l'uno dopo l'altro, ed iniziai a tossire rosso.
Guardai in alto, verso Dark, che era così impassibile da mettermi paura.
Non poteva essere lui, lui non mi avrebbe mai fatto qualcosa del genere. Eppure era lì, freddo come il metallo.
Tentavo di rialzarmi ogni volta, ma una scarica di calci non faceva altro che colpirmi lo stomaco, facendomi accasciare a terra e facendomi quasi chiedere di restare a terra, di non rialzarmi più.
Faceva male.
La vista si faceva offuscata, vedevo delle macchie nere danzare davanti ai miei occhi. Non avrei resistito a lungo. Dovevo sopravvivere. Restare cosciente. Ma come?
Come potevo, se ogni colpo mi faceva desiderare di essere lasciata sul pavimento, a sputare sangue, senza dover ricevere altri colpi.
- Ascoltami - sussurrai, guardando le mattonelle vecchie e sporche di rosso - Non so che cosa ti abbiano fatto, ma se sopravviverò a tutto questo... io... io ti giuro che cercherò di farti tornare in te. E se non ci riuscissi... ti spedirò nell'aldilà, come da centinaia di anni. Ma ti amerò lo stesso.
Detto questo, non sentendo altri colpi arrivare, mi alzai in piedi, trovandomi faccia a faccia con Dark. Era fermo, immobile, anche se il suo viso non tradiva nessuna espressione.
Era quasi come se stesse tornando in sé. Aveva fatto un piccolo gesto che mi aveva permesso almeno di tornare in piedi.
Quando lo vidi stringere di più l'impugnatura della spada, però, non mi ritirai dal tirargli un cazzotto sul naso.
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