5. Occhi color cielo e occhiali argento
La campanella è appena suonata e i ragazzi, come sempre, sono fuggiti via alla velocità della luce.
«Signorina Williams,» la mia giornata stava andando bene. Signore perché?!?!, «Non è ora di andare?»
«Signor Styles, pensi agli affari suoi.» dico sorridendo falsamente.
«Signorina Williams,» un'altra volta che mi chiama "signorina Williams" e non Brooklyn, lo appendo per le mutande sul lampadario, «La sua insolenza mi lascia sempre di più divertito.»
«Lei è ossessionato dalla mia insolenza?» domando ironica.
«Si, ha un'insolenza interessante.» afferma entrando nella mia aula con le mani in tasca. Ha un ciuffo riccio che gli penzola dalla fronte e le vene delle mani che si intravedono tra i pochi centimetri di stoffa tra le maniche e le tasche che gli danno un'aria tremendamente sexy.
«Ne sono felice.» gli rispondo con un sorriso finto.
«Peccato che sia l'unica cosa interessante che ha.» ghigna.
«Guardi un po', lei non ha nemmeno questo.» controbatto facendogli l'occhiolino, «E poi anche per lei è ora di andare a casa, tanto per dire.»
Di colpo gli squilla il telefono e con un mezzo ghigno mi guarda e risponde.
«Ehi Hannah,» deve essere la donna dell'altro giorno, quando ho interrotto le loro fusioni, «Si, sto uscendo... Nulla di importante... Si... Si... Andiamo con la mia... Arrivo... Ciao.» conclude attaccando.
«Povera donna, perché farla aspettare?» ironizzo ridendo.
«Simpatica, signorina Williams.» dice appoggiandosi alla cattedra con entrambe le mani.
«Siccome lei non si decide ad andare e la capisco, dato che sono di bella presenza e affascinante, vado io. Niall mi starà aspettando.» annuncio alzandomi dalla cattedra.
«In realtà stavo per dirle che dovevo lasciarla.» si giustifica.
«Non mi pare proprio.» affermo uscendo dall'aula.
Mi giro dietro e vedo che non mi segue. Meglio.
Esco dall'edificio scolastico e mi avvio verso il mio abitacolo rosso. Vi entro e simultaneamente mi arriva un messaggio da Niall.
Niall: Brook devi andare a fare la spesa, in frigo non è rimasto nulla.
Brooklyn: Non puoi alzare il sedere e andarla a fare tu?
Niall: In realtà sto lavorando. Peggio per te se non hai la roba da mangiare.
Io ti ho avvisata.
Brooklyn: È giusto avvisarmi all'una, vero Niall?
«No, Niall. Merda!» mi lamento.
Ho voglia di prenderlo a schiaffi. Il frigo è vuoto e lui mi avvisa solo ora?
E per fortuna che sono ancora a scuola e non a casa, così almeno ho tempo di passare a prendere qualcosa da mangiare.
Niall: Brook non fare la rompi palle, volevo avvisarti ma sai com'è il mio lavoro. Non è mica come il tuo.
Brooklyn: Anche se non abbiamo lavori simili non vuol dire che il mio lavoro non sia impegnativo, Niall.
Niall: Okay, non mi va di discutere di queste stronzate. Starò a casa per le 17.
Brooklyn: Come ti pare.
Butto il telefono sul sedile del passeggero infastidita e metto in moto l'auto.
Lo odio quando si comporta così. A volte è totalmente menefreghista e deve capire che non esiste solo lui su questo mondo. Ma quando torna a casa facciamo i conti. Non mi sfugge.
Accendo la radio e Bob Marley irrompe con la sua canzone "Don't worry, be happy".
Ma stiamo scherzando?!
Don't worry, be happy?!
Pace all'anima di Bob ma in questo momento l'universo mi sta davvero prendendo per i fondelli!
«Fanculo.» sbotto.
Faccio per chiuderla ma la mia mano colpisce così forte il bottone di accensione che quest'ultimo si rompe e balza in avanti come una molla.
«Fanculo! Fanculo! Fanculo!» urlo contro questa maledetta radio mentre la mia mano imperterrita continua a colpirla.
«No! Cazzo, no!» piagnucolo cercando di spegnerla e continuando a picchiarla come vorrei picchiare la faccia di Niall.
La mia mano sta diventando rossa e inizia a fare male quindi sono costretta, per i prossimi quattro minuti, ad ascoltarla fino a quando non inizierà un'altra canzone.
Il bello è che non posso nemmeno cambiare stazione perché potevo regolare le stazioni solo girando la manovella sul tasto dell'accensione che, come si può ben notare, è andato a farsi fottere.
Questa è colpa di Harry. Quando non lo vedo ho una giornata rosa e fiori, ma quando lo incrocio la mia giornata diventa un inferno. Ironia della sorte.
Arrivo come un isterica fuori dal supermercato. Parcheggio l'auto come e dove mi capita, non mi giro nemmeno a vedere se è dritta o meno e se qualche carro attrezzi proverà a toccarmela gli bucherò prima le gomme e poi ammazzerò il conducente.
È chiaro il mio livello di esaurimento nervoso?
Entro nel supermercato e prendo uno di quei carrelli rossi da portare a mano.
A quanto ho capito Niall coglione Horan mi ha detto che il frigo è vuoto e devo comprare qualcosa almeno per i prossimi tre giorni, poi se la vedrà lui.
Mi dirigo al reparto 'frutta e verdura' e afferro velocemente due buste di insalata senza soffermarmi troppo; non ho tempo e ho troppa fame. Prendo anche qualche mela, un po' di pere e alcuni fichi.
Mi incammino verso la corsia della carne e, siccome io sono una carnivora DOC, prendo tutti i tipi di carne esposti.
Si, lo so che avevo intenzione di fare la spesa per pochi giorni, ma quando si tratta di carne è sempre meglio abbondare!
Non appena mi volto per recarmi allo scaffale dei cereali e delle merendine iper caloriche noto un ragazzo appoggiato alla parete poco prima dei vini che mi fissa.
Non appena si accorge che lo sto guardando si stacca immediatamente dalla parete per allontanarsi frettolosamente.
Aveva dei tatuaggi su tutte le parti del corpo da me visibili, ciò mi fa pensare che ne abbia altri sparsi per tutto il corpo. La cosa che più mi ha colpita di questo ragazzo è il modo in cui i suoi occhi mi scrutavano. Seguivano tutta la mia figura e i miei movimenti di poco fa.
Aveva uno stuzzicadenti che teneva saldamente tra le labbra e che faceva roteare da destra verso sinistra e viceversa.
Ho sempre avuto una strana attrazione per i ragazzi con i tatuaggi; credo che abbiano qualcosa da urlare, da raccontare e da far conoscere, ma non riescono a dirlo a parole. È per questo che li trovo così affascinanti e misteriosi.
Ora dovrei sentirmi in soggezione, effettivamente è una cosa davvero inquietante, ma non lo sono. Invece sta crescendo in me la maledetta curiosità di sapere chi diamine sia.
Scommetto lavori come tatuatore in uno di quei negozi poco conosciuti ma sicuramente ottimi.
Forse non ha una famiglia unita e non ha delle belle esperienze alle sue spalle il ché spiegherebbe il corpo pieno di tatuaggi.
Ha un cane, forse un bulldog, e non ha una fidanzata.
Si, adoro fare l'identikit delle persone, e quasi tutte le volte indovino. Forse ho ripreso il dono della cartomante-sensitiva da mia madre.
Anche lei ha avuto sempre un sesto senso per certe cose, soprattutto quando riguardano me.
«Signorina?» mi chiama una voce femminile alle mie spalle. Mi volto verso di lei e devo abbassare di un po' lo sguardo per vederle per bene il viso.
È disegnato da rughe e piccole macchie, contornato da capelli palesemente tinti di castano scuro, con le guance rosee e gli occhi color cielo evidenziati da un paio di occhiali sottili color argento.
A primo impatto non sembra anziana però, se si osserva ogni piccola sfumatura del suo viso, si intuisce che non sia più giovane di sessant'anni.
Indossa un semplice maglioncino rosso e dei pantaloni beige che sottolineano le sue esili gambe.
«Oh, si. Mi dica.» le rispondo continuando a scrutare la sua minuta figura.
«Oh, è proprio bella sa...» afferma lei appoggiando una mano sinistra sul mio braccio.
«Grazie signora...» le dico con aria corrucciata; non mi ritengo di certo bella. Osservo la sua mano su di me. Noto che non ha la fede nuziale quindi o non si è mai sposata oppure è divorziata.
«Può arrivare a prendermi quei biscottini in alto?» mi chiede tirando su gli occhiali con due dita.
«Certo.» In un secondo afferro il pacco di biscotti mettendomi in punta di piedi, stando attenta a non rovesciare gli altri sul pavimento.
«Signora, ecco a le-» mi volto ma la signora non c'è più. «Signora!» cerco di chiamarla, ma niente. Si è dissolta nel nulla.
Controllo velocemente la mia borsa. Può darsi che sia una di quelle tossicodipendenti ossessive e mi abbia rubato qualcosa e se ne sia andata. D'altronde io come una deficiente ho lasciato la borsa nel carrello dietro di me, per giunta aperta. Ma no, non ha preso niente. Le mie carte ci sono tutte, anche i soldi e i documenti.
«Qualche problema?» mi chiede un dipendente del supermercato.
«No, nessuno.» rispondo confusa dall'accaduto di poco fa.
«Vuole una mano con quelli?» indica il pacco di biscotti che ho in mano.
«Ehm, si, vorrei rimetterli a posto.»
«Non c'è problema!» mi risponde cordiale.
Non so come farà ad arrivarci dato che è un bel po' più basso di me, ma con uno scatto funesto in aria riesce a riporli davanti agli altri biscotti dello stesso genere.
«Tutta esperienza.» scherza come se fosse riuscito a capire i miei pensieri.
«Grazie ancora!» dico cercando di svignarmela. Non voglio mettermi a parlare, non ora che ho una fame da lupo e sono le due e mezza.
Ho perso troppo tempo e il mio stomaco mi sta minacciando.
Afferro solo le ultime cose al volo e mi dirigo frettolosamente in cassa. Ovviamente non c'è fila perché l'unica stupida che fa la spesa ad ora di pranzo sono io.
Non appena pago prendo le mie due buste di spesa e mi dirigo fuori dal supermercato. Ormai sono quasi le tre e non ho ancora pranzato e vorrei staccare gli occhi dalle orbite di Niall e di questa Carolina.
Siccome le buste pesano troppo non posso fare altro che gettarle letteralmente nel bagagliaio. E meno male che non ho preso le uova.
Entro nell'abitacolo fissando quella maledetta radio. Sto pregando in aramaico che non si riaccenda non appena messa in moto l'auto sennò davvero tiro un calcio alla prima cosa che mi capita davanti.
Accendo delicatamente l'auto e la metto in moto. Per fortuna la radio pare non dare segnali di vita; meglio così.
Esco dal parcheggio cercando di andare il più veloce possibile verso casa.
Nel mentre sono in auto vengo trasportata dal silenzio assordante dei miei pensieri.
Perché quella signora è scomparsa? Non può mica essere un fantasma ma è stata abbastanza veloce nell'andarsene dalla corsia, lasciandomi da sola, confusa e preoccupata.
Per non parlare del ragazzo a dir poco inquietante, se solo non mi sembrasse davvero affascinante il modo in cui incrociava le braccia e i suoi muscoli guizzavano sotto i tatuaggi, il modo in cui le sue labbra carnose stringevano lo stuzzicadenti...
Brooklyn svegliati!
Non devo pensare a queste cose mentre guido; mi destabilizzano.
Non so cosa diamine voglia da me, forse mi stava solo fissando perché assorto nei suoi pensieri da macho tatuato.
Ma la signora? Ho così tanti pensieri che mi ruotano per la mente che arrivo a casa con un mal di testa non di poco conto.
Dopo aver fatto due rampe di scale con queste enormi buste in mano finalmente entro nel mio appartamento, trascinando me e la mia spesa fino in cucina.
Ora non ho proprio voglia di sistemarla, voglio solo mangiare.
Apro lo sportello dove teniamo la pasta e il pane e prendo quattro fettine di pancarrè; non scherzavo quando dicevo che avevo fame.
Frugo un po' nelle buste e finalmente trovo il mio adorato salame ed un po' di formaggio...
Et voilà! Due sandwich semplici ma ottimi.
Non appena addento il primo sandwich la porta di casa si apre e la figura di Niall si piazza davanti all'entrata.
«Che ci fai qua?» gli chiedo acida alzando un sopracciglio, «Non dovevi stare a casa alle cinque?»
«Ho chiesto di tornare prima, domani mi spetta un turno extra quindi è il minimo che potessero darmi.» spiega buttandosi sul divano, «Ancora a mangiare?»
«Ancora a parlare?» sputo acida.
«Come sei acida.» mi prende in giro.
«Se continuerai a fare il coglione continuerò a fare l'acida.» gli rispondo con un falso sorriso.
«E ora che ho detto?!» borbotta non capendo.
«Che hai detto??!?! Rileggiti i messaggi e vedi che hai detto.» sbotto innervosita.
«Quanto sei esagerata! Per una cazzo di spesa, Brooklyn!» urla alzandosi dal divano.
«Esagerata? Mi avvisi all'una e mezza, sono stanca morta dopo una giornata con il tuo caro amico Harry coglione Styles e mi rispondi pure di merda nonostante la colpa sia tua. Dopo tutto questo mi si rompe la radio in auto, arrivo al supermercato e trovo un tipo che mi fissa, una signora che scompare e una cazzo di cassiera che Dio solo sa cosa avrei voluto fare con la sua testa in quel momento!» sbotto, «Abbi la premura di avvisare prima, cazzo.»
«Una signora che scompare?» chiede con fare interrogatorio ignorando completamente il mio sfogo.
«Di tutto questo ti importa solo della signora che scompare? Sai Niall, mi hai stufata. Quando hai intenzione di tornare un ragazzo di ventisei anni fammi uno squillo.» concludo prendendo quello che resta del mio sandwich e andando di sopra.
«Brooklyn!» urla lui dal piano di sotto, «Brook!»
«Cosa vuoi Niall?!» mi giro fissandolo con rabbia.
«Dimmi della signora.» asserisce abbastanza serio.
«Cioè tu mi chiedi della signora e non del tipo che mi fissava? Era più inquietante lui a dirla tutta.»
«Lui non sarebbe il primo che ti fissa, Brooklyn.» dice raggiungendomi sulle scale, «Parlami della signora.»
«Riguarda un tuo caso?» domando preoccupata. Fino a poco tempo fa ero incazzata con questa testa di fagiolo che mi sta davanti, ma ora noto la preoccupazione nei suoi occhi e forse è meglio dirgli com'è andata.
«Si, una specie. Ora parla.» mi ordina andandosi a sedere sull'ultimo scalino della rampa di scale. Io lo seguo sbuffando e appoggio la schiena alla ringhiera prima di parlare.
«Mi ha semplicemente chiesto di prenderle dei biscotti, Niall.» spiego.
«Solo? Non ti ha detto nient'altro?»
«Si, mi ha detto che ero bella.» faccio spallucce.
«E basta?» domanda insistente.
«Si, Niall. Cosa doveva dirmi? E chi è?»
«Nulla in particolare e non è nessuno di preoccupante.» spiega alzandosi.
«No, Niall. Ora posi il tuo culo sodo su queste scale e mi spieghi.» gli ordino.
«Brooklyn,» mi guarda, «È solo, ehm, una signora che è instabile mentalmente e dobbiamo tenerla d'occhio.»
«Ma prima hai detto che era un tuo caso-»
«Una specie di caso, Brook. Dobbiamo solo tenerla d'occhio.» conclude per poi scendere in cucina.
«Comunque sono ancora incazzata.» gli urlo dal piano di sopra mentre vado verso la mia camera.
«Lo so che mi ami.» mi risponde lui urlando.
«Vedi di farti perdonare.» dico entrando in camera.
«Come vuole madame!»
«Ti odio!» urlo per poi chiudere la porta della camera alle mie spalle.
Mi butto sul letto e do un morso il mio sandwich che poverino reclama di essere mangiato.
Non sopporto quando Niall fa così; sa far scomparire la mia rabbia in pochi minuti e non riesco ad arrabbiarmi con lui per più di un giorno. È frustante perché a volte vorrei proprio che capisse che non può fare sempre quello che vuole senza avere delle conseguenze.
Una volta finito il sandwich decido di riposarmi un po'. Chiudo gli occhi in un battibaleno sognando occhi neri indagatori, occhiali argenti e occhi color ghiaccio.
***
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