27. Boom (Parte I)
«Sei sicura che questa Hannah sia affidabile, Brooklyn?» chiede di nuovo Niall.
Sono così tanto vicina a volerlo sgozzare. Da quando è tornato a casa continua a chiedermi sempre la stessa cosa. Io, nel mentre del suo futile interrogatorio, gironzolo per casa a piedi scalzi cercando invano i miei amati tronchetti neri.
«Mi stai ascoltando?» sbotta alterato.
«Niall,» sbuffo sonoramente, «Sono già uscita con lei diverse volte. Smettila. In più rimaniamo a casa a vederci un film e non mi caccerò in nessun tipo di guaio. E poi ti sto già facendo un grandissimo favore a farmi riaccompagnare da quella buon anima di Hannah, siccome hai tutta questa ansia.»
Lui si tocca la chioma bionda con fare preoccupato e chiude gli occhi per qualche secondo, cercando di elaborare il tutto.
É sempre così esagerato, santissimi numi. Però sa che non può farmi pressioni di alcun tipo, altrimenti scapperei a gambe levate da qui.
Io gli voglio bene, solo che mi sento così soffocare da questa situazione che vorrei solo andarmene via per qualche giorno, magari in un posto sperduto, per prendere aria e snebbiare la mente.
Vedo finalmente i tronchetti neri nascosti a un lato del divano e, una volta indossati, infilo il cappotto. Ci sono zero gradi questa sera ad Holmes Chapel e ho bisogno di coprirmi per bene, ultimamente sono molto cagionevole e voglio evitare di prendere un brutto raffreddore.
«Sei sicura che non vuoi che ti accompagni io?» domanda apprensivo.
«NO.» sbotto acida, «N-O, Niall, no. Grazie.»
Afferro velocemente il mio cappellino di lana e la sciarpa rossa abbinata. Prendo la borsa e ci butto dentro le chiavi di casa e un pacchetto di fazzoletti. Prima di uscire lascio un bacio veloce sulla guancia di Niall che mi guarda indispettito.
«Non riuscirai mai a comprarmi, Brook.» fa spallucce.
«Era solo un tentativo di tranquillizzarti. Tornerò per mezzanotte, mio principe.» lo schernisco. Lui non mi risponde, si limita a ridurre gli occhi in due fessure e guardarmi uscire velocemente dalla porta.
Harry è sotto che mi aspetta da qualche minuto. Mi ha già caldamente minacciata con un messaggio che se non fossi scesa immediatamente mi avrebbe lasciata lì. Minaccia non totalmente credibile, sinceramente.
Mi aspetta giusto qualche metro più avanti del mio appartamento, per evitare che quello spione di Niall si affacci dal balcone e si accorga che la mia super amichetta Hannah in realtà sia Harry.
«Alla buon'ora, Williams.» mi saluta il riccio appena entro nell'abitacolo.
«Letteralmente ho fatto due minuti di ritardo Harry, non fare lo scorbutico su.» lo incalzo alzando gli occhi al cielo.
«Non mi piace quando alzi gli occhi al cielo con me, Brooklyn.» sentenzia indispettito.
«E pensa un po', continuerò a farlo perché la tua arroganza non ha limiti.» controbatto prontamente.
«Arroganza? Se tu non l'avessi notato sono qui, di nascosto da tutti, sgattaiolando come un quindicenne sotto casa tua, per un segreto che tu mi hai chiesto, anzi, pregato di mantenere.» fa spallucce.
«Se ti turba così tanto aiutarmi potresti benissimo non farlo.» borbotto indispettita, incrociando come una bambina le braccia sotto al petto.
Lui si limita a emettere un risolino fastidioso e io di tutta risposta giro il mio viso verso il finestrino, guardando i palazzi di Holmes Chapel scorrere lungo la strada.
Non capisco perché debba sempre essere così puntiglioso e arrogante a volte. Non riesce a farne a meno. Credo che darmi fastidio lo diverta parecchio, dato che lo fa in continuazione. Gli piace provocarmi e gli piace vedere la mia reazione.
Ma che razza di sadismo è questo?
Rifletto su quello che faremo sta sera e inizio a stare in ansia. Non so cosa aspettarmi. E se davvero la situazione fosse così grave come suppone Niall? Cosa dovrei fare?
Non voglio pensare all'idea che questa cosa possa essere vera, che qualcuno mi vuole morta. Non riesco a capacitarmi neanche del motivo per il quale mi trovo in questa situazione, non ho mai fatto del male nemmeno ad una mosca.
Mordo le pellicine che ho sul labbro inferiore mentre mi perdo irrefrenabilmente nei miei pensieri. Harry sembra notare il mio nervosismo. Percepisco il suo sguardo indagatore su di me ma non osa proferire parola.
Una volta arrivati fuori la sua villetta, parcheggia l'auto sul vialetto, senza metterla nel garage. Lo guardo accigliata come per chiedere il perché di questa decisione.
«Siccome staremo tre orette circa in casa vorrei non aprire e chiudere venti volte il garage Brooklyn.» mi spiega come se stesse leggendo i miei pensieri, «Non essere sempre così paranoica.»
Lo sto diventando davvero? Paranoica, sospettosa e diffidente?
Forse si, ha ragione. Prima non mi sarei fatta nessuna domanda, nessun dubbio, per un'azione così futile e banale, mentre ora ho le orecchie rizzate per qualsiasi mossa di qualsiasi persona. Niall mi sta contagiando con la sua ansia e preoccupazione perenne.
Harry chiude la macchina con il telecomandino e si dirige di fretta in casa, seguito da me. Apre la porta di ingresso e non appena entro sento uno strano odore pervadermi le narici. Più che strano, direi... piacevole.
«Mh...» bofonchio arricciando leggermente il naso, «Hai cucinato.» constato avviandomi in cucina.
«Pensavi che avremo riordinato un'altra volta cinese?» sorride lievemente, «Te l'ho già detto mille volte che sono bravissimo a cucinare, al contrario tuo.»
«Ehi!» mi porto le mani al petto ferita, «Non osare.» lo minaccio.
«L'unica cosa buona che sai fare è la lasagna. Finisce là la tua capacità culinaria.» fa spallucce lui aprendo le porte della cucina.
«Non è assolutamente vero, Styles.» replico scocciata, «E poi che ne sai tu eh? Non ti ho mai cucinato nulla.»
Non appena entro nella cucina noto il tavolo già apparecchiato con una tovaglia grigia. Come unico tocco di colore vi è una bottiglia di vino rosso, proprio al centro.
Meticoloso, come sempre, penso tra me e me mentre osservo la precisione maniacale con la quale Harry ha predisposto le posate e i piatti.
«Oh, fidati che lo so, e anche bene.» sentenzia velocemente, così tanto velocemente che a quelle parole mi giro di scatto fulminandolo con lo sguardo. Lui invece si dirige verso il forno, strungendo il labbro inferiore tra i denti, come se si fosse accorto di aver detto qualcosa di troppo.
«Non so cosa ti abbia detto quel finto biondo del mio migliore amico ma non gli credere. Sono una cuoca provetta.» borbotto pavoneggiandomi.
Ha ragione, sono un po' una schiappa in cucina ma lui questo non deve saperlo per forza. «Cosa stai preparando?» chiedo curiosa avvicinandomi al forno.
«Anatra all'arancia con un contorno di patate.» risponde controllandone la cottura, «Credo sia pronto.» annuncia tirando fuori la teglia.
«Wow.» ho parlato troppo ad alta voce, ma il profumo di quella pietanza mi fa venire l'acquolina in bocca.
La faccia di Harry è completamente compiaciuta dalla mia reazione. Mi fissa come per assaporare ancora per qualche secondo l'eco della mia voce riecheggiare nella stanza.
«Mi faresti il favore di aprire il vino?» mi chiede gentilmente indicando la bottiglia sul tavolo.
«Oh, okay.» sussurro io, cercando di mascherare il fatto che sia una completa frana nell'aprire qualsiasi tipo di bottiglia con quell'aggeggio infernale che chiamano cavatappi.
Prendo coraggio e inizio a infilarne l'estremità nel sughero. Harry mi vede palesemente in difficoltà e emette una risata divertita.
«Ti diverti mh?» chiedo scorbutica.
«Dai ti aiuto.» si propone.
«Ce la faccio.» asserisco prontamente guardandolo in cagnesco. Il mio ego non è ancora pronto per abbassarsi a questi livelli e chiedere aiuto ad Harry.
Ma quando vedo il tappo letteralmente esplodere sotto le mie mani e finire dritto nel calice di vetro rompendolo, mi rendo davvero conto che forse la prossima volta potrei chiedere una mano.
***
«Odio ammetterlo, ma era tutto ottimo.» affermo mentre mi pulisco un lato della bocca sporco di salsa col tovagliolo.
«Visto, Williams? Non sono così male come credi.» ammicca falsamente.
«Dai, questa volta ti aiuto a sistemarla la cucina.» dico ridacchiando, rimandando la mia mente al giorno in cui letteralmente gli ho imbrattato tutto il piano cottura.
«Non sei simpatica, Brooklyn.» ammette soffocando anche lui una risata.
«Invece si, molto ilare.» faccio spallucce.
Dopo aver risistemato tutta la cucina e aver pulito i piatti, Harry va in bagno e io posiziono le mie dolci terga sul suo divano enorme in pelle. Mi chiedo ancora a cosa gli serva un divano così spazioso se poi alla fine non invita mai nessuno a casa sua. Sicuramente però è proporzionato al suo ego, ecco il motivo.
Dopo pochi istanti mi raggiunge e si siede accanto a me porgendomi un foglio.
«Ho stampato da internet il codice morse oggi pomeriggio con tutte le corrispondenze.» mi spiega, «Ho trascritto anche il messaggio che abbiamo trovato sul cartone ieri.» conclude sventolandomi sotto al naso un piccolo quadernino ad anelli.
«Ti sei dato da fare vedo.» constato notando come sempre la sua meticolosità nel fare tutto nel miglior modo possibile.
«Sai che sono un tipo preciso.» ammette accavallando le gambe sul divano.
«Si, lo so.» bofonchio incrociando il suo sguardo.
Solo ora noto un velo di preoccupazione nei suoi occhi e la cosa non fa altro che buttarmi altra ansia addosso. Anche se fa di tutto per nasconderlo, è agitato, lo percepisco.
Tiro un lungo sospiro prima di afferrare il foglio con l'alfabeto morse. Harry fa lo stesso col suo quadernino e lo apre nella pagina in cui ha scritto tutto il messaggio da decodificare.
«Iniziamo.» sentenzia brevemente.
Io annuisco lentamente e sospiro. Mi sento incredibilmente nervosa e le mani iniziano a sudare. Lo guardo accigliato a comprendere la prima lettera del messaggio.
Il suo modo di ragionare è alquanto buffo. Massaggia la fronte con le sue dita affusolate, sempre adornate da svariati anelli, mentre un ciuffo castano gli scende per contornargli il viso in una maniera così delicata che definirei persino surreale. É sempre così affascinante e composto in ogni micromovimento che fa.
È magnetico per i miei occhi.
Il modo in cui si comporta con me, poi, è curioso, un po' ambiguo. É premuroso e a tratti lo definirei persino dolce a prendersi cura di me in questo modo. Sicuramente non l'avrebbe fatto nessuno: mentire agli amici e cercare in tutti i modi di conservare questo piccolo grande segreto per me.
Non l'avrei mai pensato ma è l'unica persona con cui al momento mi sento al sicuro.
«Un momento,» blocca i miei pensieri alzando l'indice, «C'è qualcosa che non va.»
Lo vedo preoccupato mentre osserva l'alfabeto morse sul foglio stampato per poi riportare velocemente lo sguardo sul messaggio. Ripete l'operazione un paio di volte per poi avvicinarsi a me.
«Guarda,» afferma poi porgendomi il quadernino, «Sono quattro righe. Alla fine di ognuna c'è un punto. Non può essere una frase di senso compiuto.» mi spiega.
«Mh...» mormoro, «Hai ragione, è strano.»
Passo minuti che mi sembrano interminabili a scrutare il messaggio sulla pagina a quadretti davanti a me mentre Harry aspetta un mio responso in silenzio.
«É molto diverso dal primo messaggio che ho ricevuto.» constato, «Non so se ricordi ma lì era una specie di filastrocca.»
«Si, ricordo.»
«Qui anche la posizione delle lettere mi sembra sconnessa, come se fosse un cruciverba.»
«Fammi vedere.» chiede avvicinandosi ancora una volta a me.
«Vedi...» gli indico col dito le posizioni dei punti e delle lineette in modo che possa capire quello che gli sto dicendo.
«Costruiamo un quadrato intorno a queste parole e poi tracciamo delle righe a delimitare ogni singola lettera, come per formare una griglia.» ordina lui dandomi la biro nera che tratteneva tra le dita.
Io faccio quello che mi dice e notiamo come il tutto inizia ad avere un senso. Ci sorridiamo compiaciuti ma noto che i suoi occhi vitrei mi fissano insistentemente la mia bocca.
«Aspetta, hai qualcosa qui...» afferma fievolmente mentre col suo pollice accarezza delicatamente l'estremità delle mie labbra. Non appena il suo tocco entra a contatto con la mia pelle, piccole scariche elettriche iniziano a percorre tutta la mia spina dorsale per poi sfociare in un leggero brivido.
Distolgo immediatamente lo sguardo quando lui, per l'ennesima volta, si accorge del mio imbarazzo. Sono sicura che la mia reazione al suo tocco lo compiaccia alquanto e faccia crescere a dismisura il suo ego da pallone gonfiato. Mi chiedo come ancora non sia scoppiato.
Devo concentrarmi, maledizione.
«Abbiamo.» dice brevemente, indicando il foglio.
«Mh?» chiedo confusa aggrottando la fronte.
«La prima parola Brook,» spiega, «É "abbiamo".»
«Oh, okay.» sussurro fissando il foglio con un cipiglio sul volto.
Continuiamo a tradurre il foglio ma l'operazione richiede più del previsto.
Dopo circa quindici minuti però il lavoro è fatto ma io e Harry continuiamo a osservare le parole confusi. Io mi tengo la testa fra le mani e picchietto ripetutamente l'indice sulla mia tempia destra per cercare di scaricare la tensione. Butto fuori un sospiro amaro.
«Non vuol dire assolutamente niente.» esclama lui alzandosi repentinamente dal divano.
Comincia a girare in tondo per la sala, con le braccia incrociate sotto al petto. Ha la fronte corrugata e se non fossimo in questa situazione di totale agitazione lo troverei anche buffo.
«Secondo te-»
«Cosa secondo me? Eh?» sbotta lui alterato.
«Stai calmo dannazione!» urlo io.
«Calmo? Mi chiedi di stare calmo?» sputa acidamente guardandomi in cagnesco, «Tu sei completamente fuori di testa! Completamente-»
«Cazzo Harry!» sbraito alzando ancora di più la voce, «Se non l'avessi notato sono io la destinataria del biglietto, sono io quella sotto minaccia di morte! Sono io quella che ha visto la povera Stacey morta sul pavimento, io che devo sopportare i soffocamenti di Niall, io che sono all'oscuro di tutto! Sono io quella che soffre di attacchi epilettici da qualche mese a questa parte, io che sono sempre in pensiero per la mia fottuta vita! A me sta accadendo tutto ciò, dovrei essere io quella che urla e che fa la matta, ma non lo faccio!»
Lui si gira totalmente contrariato dal mio tono di voce ma allo stesso tempo ha un'aria malinconica, quasi dispiaciuta. Si avvicina a me vedendo i miei occhi leggermente lucidi e le mie gote rosso ciliegia.
«Harry,» dico io dopo aver preso un respiro profondo per calmarmi, «Cerca di capirmi. Sei l'unica persona di cui mi fido» concludo ammettendolo più a me stessa che a lui.
«Allora, va bene... Ritorniamo a noi.» ricapitola tornandosi a sedere sul divano, «"Abbiamo", "ginocchio", "noioso" e "semina". Se lo pensiamo come un cruciverba ci dovrebbe essere una parola nascosta. Sono messe tutte in fila, una sotto l'altra. Quindi dovremo trovarla o in obliquo o in verticale, credo.» spiega iniziando a ticchettare il piede sul pavimento per scaricare leggermente la tensione.
«Si ma, continuo a non capire. Ho provato e riprovato a trovare una parola di senso compiuto fra quelle incastrandole, ma non c'è.» borbotto ormai esausta.
«Brooklyn.» esala Harry con un filo di voce cerchiando qualcosa sul foglio, «Credo di aver capito.» deglutisce con forza prima di passarmi il quaderno.
Vedo quattro lettere contornate dal tratto marcato della biro nera di Harry. Per poco il quaderno non mi cade dalle mani mentre nella mia testa le ripeto a profusione, come per assicurarmi che effettivamente sia così.
B.
O.
O.
M.
«Cosa-?»
«Spero di non aver capito, ma se ho capito dobbiamo immediatamente tornare a casa e dirlo a Niall.» afferma Harry con freddezza.
«Tu p-ensi c-che?» balbetto. Sto perdendo totalmente le mie facoltà dialettiche mentre guardo Harry aspettando una sua risposta, che spero davvero non sia quella che credo.
«Una bomba, Williams.» risponde freddo, quasi distaccato, come se si stesse concentrando per non implodere. «Dobbiamo andare. Ora.» mi ordina alzandosi velocemente dal divano. Si dirige frettolosamente all'ingresso e indossa un paio di Nike bianche per poi afferrare le chiavi di casa e dell'auto.
«Harry...» lo chiamo per farlo calmare. Lui sembra come ignorarmi mentre ripete a mente le cose da prendere. «Harry!» urlo per farmi sentire.
«Alza il tuo culo dal divano, fai cinque minuti di silenzio e esci da questa cazzo di casa. Ora, Brooklyn.» sputa acidamente inchiodandomi col suo sguardo truce.
In qualsiasi altra occasione avrei sbraitato, l'avrei mandato a quell'altro paese e me ne sarei andata a casa da sola lasciandogli una scia di insulti, ma in questo momento sono così sconvolta dalla situazione e dai suoi toni che mi limito a fare quello che mi dice.
Usciamo di corsa da casa. Harry nella sua mano destra stringe le chiavi dell'auto che sblocca immediatamente mentre io tengo con forza tra le mani il quadernino contenente il messaggio.
«Niall si arrabbierà da morire e non mi parlerà mai più.» mi lamento forse a voce più alta del dovuto mentre apro la portiera.
«TI stai seriamente preoccupando di Niall? Non pensi che potrebbe scoppiare una bo-»
Mentre Harry si siede sul lato del guidatore sentiamo un suono strano, come se fosse stato un bip o comunque un suono di accensione o di sblocco. Harry smette di respirare per qualche secondo dopodiché gira lentamente il capo verso la mia direzione. Io chino leggermente la testa per guardarlo meglio rimanendo in piedi accanto allo sportello dell'abitacolo nero.
«Cosa è stato?» domando preoccupata.
«Brooklyn,» mi richiama sospirando, «Ora mi serve che guardi sotto il mio sedile, delicatamente. Non appoggiarti e non fare movimenti bruschi.»
«Che dovrei trovare sotto al tuo sedile?» chiedo confusa.
«Temo di essermi appena seduto su un'ordigno.»
***
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