4 - Il corvo dalle ali spezzate
«Ci vuole troppo tempo, troppo tempo...» era difficile capire chi fosse a parlare. L'interlocutore si trovava chino su un tavolo all'interno di una stanza buia, probabilmente una biblioteca, e la sua voce usciva fuori come un sussurro tra sé e sé. Il suo volto era coperto dal cappuccio di un mantello da viaggio, e nemmeno la flebile luce proveniente dalla bacchetta era in grado di illuminarlo. Era impossibile riconoscerlo. «Questa volta devo riuscire, non posso fallire di nuovo» era possibile udire un tono di frustrazione nella sua voce. Più il suo umore assumeva una forma negativa più la stanza sembrava farsi buia. Più si innervosiva, più l'aria sembrava farsi rarefatta. Si bloccò, stringendo i pugni. Sbattè di fretta il libro che stava leggendo, richiudendolo. Possibile che si fosse accorto che qualcuno lo stava osservando? Eppure era solo, non c'era nessuno nel reparto proibito della biblioteca in quel momento, nessuno a parte lui. Si guardò intorno, come se ovunque posasse il suo sguardo vi fosse presente qualcuno. «È già iniziato» un ghigno crudele si formò sulla sua bocca, e abbassò nuovamente lo sguardo.
«Nox» e tutto tornò buio.
Cirene si svegliò di soprassalto, tutta sudata. Aveva appena fatto un sogno molto strano, che sembrava reale, tanto che si chiese se non fosse in realtà stata affetta da sonnambulismo per tutto quel tempo. Nel momento in cui cercò di ricordare il sogno le sfuggì come vento tra le dita. Cercò di sforzarsi, ma ogni tentativo era inutile. Sospirò, spingendosi indietro con le braccia per mettersi a sedere. Spostò le coperte appena sotto il suo bacino, per uno strano motivo sentiva alcune parti del suo corpo più intorpidite di altre, fredde, quasi come se fossero distaccate dal resto del suo corpo.
Era appena l'alba, ma non riusciva a riprendere sonno. L'idea di quel sogno la tormentava; ogni volta che chiudeva gli occhi lo riviveva come un'esperienza dimenticata, ma quando li riapriva tutto scivolava via, fuori dalla portata della sua memoria.
Gettò il viso tra le mani, lasciandosi travolgere da quel buio rilassante. Sbadigliò. Nonostante il sonno non riusciva più ad addormentarsi. 'Non importa', si disse, avrebbe passato quel tempo a ripassare per le prossime lezioni dato che quella sarebbe stata una giornata pesante; avrebbe avuto un'ora di Pozioni, un'ora di Incantesimi, un'ora di Aritmanzia e due ore di Difesa Contro le Arti Oscure, il tutto solo quella mattina. Ma la giornata intensa non sarebbe finita lì, nonostante l'unica lezione del pomeriggio sarebbe stata Cura delle Creature Magiche avrebbe dovuto passare il resto delle ore libere a studiare.
Dato che era ancora troppo presto per andare a fare colazione e che di prendere nuovamente sonno aveva perso le speranze, decise di prendere il libro di Pozioni, dentro il quale era solita nascondere una rivista. Si trattava di una comunissima rivista babbana, con la quale si divertiva a rendere animate le immagini e le fotografie. Era un semplice passatempo, anche sciocco forse, ma era qualcosa che la riportava a casa. Era l'ultima rivista che aveva letto quell'estate, prima di rientrare ad Hogwarts, prima di agosto, e oramai la conosceva a memoria. Si poteva dire che fosse diventata importante per lei, un ottimo passatempo ma anche una via di fuga, il suo modo per sentirsi al sicuro nei momenti di malinconia. Eppure stranamente quella giornata non si sentiva legata come al solito a quel giornalino. Non trovò alcun conforto nel rileggerlo, non successe nulla. C'era qualcosa di strano. Era quasi come se una parte di lei che sentiva non le appartenesse provasse quasi del disgusto. Si ritrasse, ma fu un gesto istantaneo, involontario. Sentiva di dover contrastare con una forza estranea all'interno del suo corpo che voleva prendere il controllo. Si alzò di scatto, cercando di scacciarla via. Era insopportabile.
Uscì fuori dalla Sala Comune di Grifondoro e prese a camminare senza alcuna meta precisa. Sembrava che le sue gambe proprio non volessero muoversi, e più cercava di contrastare quella brutta sensazione, più uno strano mal di testa le annebbiava la vista. Tutt'ad un tratto il dolore svanì, ma la strana sensazione di qualcosa di estraneo all'interno del suo corpo persisteva, come un parassita ora immobile.
«Un po' presto per andare in giro, non trovi?» due occhi gelidi la fissarono quando voltò l'angolo. Si trovava in un corridoio lungo e stretto del terzo piano, che non ricordava di aver mai attraversato in sei anni di scuola. Aveva lasciato che fossero le scale a decidere dove mandarla, aveva lasciato che l'incanto di Hogwarts la guidasse. Cirene ricambiò lo sguardo. Non sapeva perché, ma era molto in imbarazzo. Da quando quella sera avevano avuto quella breve conversazione nel cortile della torre dell'orologio non si erano più rivolti la parola, nemmeno a lezione. Era passata circa una settimana, e durante quel periodo aveva smesso di pensare a Tom Riddle e di chiedersi perché non lo avesse mai notato, alla fine sapeva benissimo che non si trattava di nulla di vitale importanza, ed era per un tratto ritornata al suo solito modo di essere. Stava quasi ritornando in sé, nella sé prima di agosto. Eppure in quel momento sembrava che il sogno di cui non ricordava alcun dettaglio stesse per prendere vita, ora che si trovava davanti quel ragazzo che tanto impersonava l'ignoto. Uno strano silenzio si instaurò tra loro prima che Cirene potesse rispondere. Il che sembrò compiacere Tom, tanto che un sorriso vuoto e privo di espressione prese forma sul suo volto pallido.
«Dipende dai punti di vista» era strano parlare. Non sapeva perché, alla fine era una normale conversazione. Lui ghignò freddamente, ma subito dopo riassunse la sua classica serietà tetra. Guardò un punto oltre la spalla della giovane. Erano soli. Era difficile raggiungere quel corridoio, Tom era certo di essere l'unico a conoscerlo, tra studenti ed insegnanti, e lei era arrivata lì proprio per suo volere.
«Allora è un bene» tornò a guardarla negli occhi. Ghiaccio e vento gelido si scontrarono.
«Ah sì? Per cosa?» corrugò la fronte, guardandolo incuriosita. Lui sorrise, abbassando lo sguardo. Infilò una mano nella tasca dei suoi pantaloni scuri, osservando per un attimo i lacci allentati delle sue scarpe. Aveva un aspetto spaventosamente compiaciuto.
«Era da un po' che non ci parlavamo» alzò finalmente lo sguardo e le sorrise. Cirene era ancora più confusa. Si erano conosciuti pochi giorni prima, era strano che si chiedesse perché non si fossero parlati prima di quell'incontro. In effetti era imbarazzante, ma era anche curioso. Dove voleva arrivare a parare? Una strana sensazione prese vita dentro di lei, una presenza come un formicolio lungo la schiena disturbò la sua quiete. Non sapeva perché, ma strane forze stavano combattendo dentro la sua testa in quel preciso momento, e da quando Tom Riddle aveva incrociato il suo camminano erano diventate più silenziose, ma non per questo meno potenti.
«Non ti vedo molto in giro» mentì. Da quando lo aveva notato una settimana prima aveva iniziato a rendersi conto più spesso della sua presenza. In Sala Grande, nel cortile, nei corridoi, nel giardino, a lezione di Pozioni e addirittura a lezione di Difesa Contro le Arti Oscure, realizzando che frequentavano insieme anche quella materia.
«Ho sentito che hai scoperto da poco della mia esistenza» sorrise «e ho anche sentito che ti ha tormentato per un paio di giorni»
Cirene arrossì, e sperò tanto che non si notasse. Purtroppo per lei la sua pelle altrettanto chiara quanto i suoi capelli perlacei accentuava qualsiasi rossore come se dei raggi di sole diretti vi puntassero contro come riflettori.
«Non ti conoscevo, è vero» ammise, mantenendo alto lo sguardo. «Ma non ho mai avuto motivo di tormentarmi per questo, o avrei dovuto?» era come se della rabbia fosse scaturita dal nulla. Non era una novità che le parole uscissero fuori dalla sua bocca prima di venire minimamente pensate. Eppure in quei giorni credeva di essere tornata normale, di potersi controllare. Tom sorrise.
«No. No, non vedo motivo per cui tu debba tormentarti per qualcuno appena conosciuto» continuò a sorridere. «Sarebbe un peccato altrimenti» Era diventato ormai inquietante. Il suo sorriso rimaneva instabile sul suo volto, distaccato dagli occhi vitrei, che mantenevano la loro apatia emanando freddo. Intorno a lui sembrò farsi buio, Cirene fu invasa da una strana sensazione; come gioia mista a rabbia, eccitazione mista a paura, orgoglio misto a confusione. Era difficile capire quale tra queste emozioni fosse veramente quella che stava provando. Strizzò gli occhi.
«Io so cosa stai facendo, Tom Riddle»
Il giovane la guardò sorpreso.
«Si? E che cosa?» ogni traccia del sorriso precedentemente accennato svanì nel nulla. La sua espressione tornò vuota. La mano che teneva nascosta dentro la tasca dei pantaloni si irrigidì, stretta attorno alla bacchetta.
«Stai cercando di intimidirmi» Cirene fece un passo avanti. «Tu pensi che io non abbia capito, ma invece si. Stai cercando di fare l'amico, di fare il misterioso e di mettermi paura in qualche modo. Tutto questo per quella faccenda di Pozioni» disse.
«Come scusa?» lui la guardò sbalordito, sgranando leggermente gli occhi.
«Pensi che non lo avessi capito che stavi cercando di imbrogliarmi? Lo so che non volevi aiutarmi a fare la pozione, volevi farmi sbagliare tutto il procedimento perché vuoi la gloria tutta per te, non sopporti essere il primo della classe alla pari con me. Ma tu non mi conosci, non mi faccio ingannare così» Lo fissò dritto negli occhi, minacciosa. Lui si rilassò, allentando la presa della bacchetta, e rise.
«Beh, che dire, mi hai colto con le mani nel sacco» alzò le mani in aria mimando una resa. Cirene lo guardò confusa. Era così strano, sembrava proprio che non si aspettasse che lei ci sarebbe arrivata, e non ha provato a negarlo nemmeno un po', come se fosse sollevato dalle sue parole. Deglutì. Non ne sapeva il motivo, ma non voleva passare altro tempo con quel ragazzo.
«Scusami, ma si è fatto tardi, non manca molto all'inizio delle lezioni» e si voltò prima che lui potesse dire qualcosa. Iniziò a camminare di fretta. Non sapeva che ore fossero, ma era certa che di lì a poco avrebbe trovato i suoi amici pronti ad attenderla nella Sala Grande con la colazione. L'idea di quel sogno ancora la angustiava, e qualcosa le faceva pensare che quel Tom Riddle le nascondeva qualcosa, che si fosse addentrato in quel corridoio di proposito, ma non per il motivo che credeva lei. In qualche modo sentiva che era legato con le strane sensazioni che la affliggevano dal momento in cui aveva riaperto gli occhi dopo quel sogno, e sentiva anche che era tutto in qualche modo collegato con quel sogno stesso. Nonostante ciò, non aveva alcun modo per provarlo, aveva solo presentimenti, forse semplicemente timori. Forse era il mal di testa a parlare, condizionando i suoi pensieri, rendendola incapace di ragionare come si deve.
Raggiunse la Sala Grande appena in tempo, non si era resa conto di aver camminato tanto, dopotutto si era svegliata che era appena sorto il sole. Quella mattina i suoi amici sedevano tutti al tavolo di Tassofrasso, e sembravano preoccupati. Quando si sedette di fianco a Danny non ebbe nemmeno il tempo di chiedere cosa fosse successo, che quelle parole risuonarono forti come campane ancora prima che potessero suonare.
«La ragazza Corvonero è morta ieri notte»
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