Capitolo 6

Owen

4 giugno, college.

La biblioteca è uno dei luoghi che mi piace frequentare di più in assoluto.

Devo ammettere che non sembro affatto un ragazzo che ama leggere: giocatore di basket straricco e dal fisico da paura, infatti, sono caratteristiche che non vanno molto d'accordo con la definizione di 'nerd amante dei libri'.
Ma che ci posso fare, sono un ragazzo pieno di soprese.

La biblioteca del mio college è abbastanza grande, affaccia su un giardino interno in cui, con la bella stagione, ci si può fermare a leggere, e possiede una dotazione di libri tale da soddisfare i gusti e le necessità di studio e approfondimento di chiunque.

Potrei benissimo prendere in prestito un libro per poi andarlo a leggere nel mio alloggio, ma di questo posto amo troppe cose per poterlo lasciare così presto: la quiete, la concentrazione nella lettura di chi la frequenta, i migliaia di volumi che occhieggiano dagli scaffali e che chiedono di essere letti.

Anche Pandora ama leggere, peccato non apprezzi il mio genere di libri preferiti; lei è più tipa da thriller, horror e paranormale, io al contrario preferisco un semplice romanzo d'avventura o un fantasy.

Mi sistemo meglio sulla poltrona di pelle rossiccia; ho scelto quella più lontana dai tavoli in legno scuro su cui studiano di solito gli altri studenti del college, anche perché quello che ho fra le mani non è un libro scolastico, ma uno di quelli che ho già letto non so quante volte: Harry Potter and Philosopher's Stone.

Amo quella storia, specialmente perché mi rivedo perfettamente nel protagonista; sono il giocatore più importante della squadra della mia scuola, infrango sempre le regole, studiare mi annoia un tantino e ho due migliori amici: Pandora, che però non ha niente di Hermione, se non la sua abitudine di ridire su qualunque cosa, e Logan, il mio compagno di stanza.

"Non ci credo, ti avrò visto leggere quel libro almeno una decina di volte. Non l'hai ancora imparato a memoria?"

Parli del diavolo...

"Tredicesima e no, non lo so ancora a memoria" Alzo gli occhi dal libro. Mi sa che per oggi è finito il mio momento di 'evasione'.

Logan mi guarda con un mezzo sorriso stampato in faccia.
"Come mai da queste parti, forestiero?" Lo prendo in giro, visto che lui e qualunque cosa abbia più di tre parole messe in fila non vanno d'accordo.
Ridacchia "Mmh, ti senti simpatico oggi?" Mi toglie il libro dalle mani e se lo rigira fra le dita, poi continua "In realtà non ero qua per te..."

Si passa una mano tra i lisci capelli rossi e si morde il labbro imbarazzato.
Credo di aver capito chi sta cercando.

"Pandora?" Domando divertito, anche se so già la risposta.
I suoi occhi color del miele vagano sugli scaffali pieni di libri per qualche secondo, poi si decide a rispondermi.
"Ovviamente. Per chi altro secondo te metterei piede in questo posto deprimente?" Si gratta il naso lentigginoso e mi ridà indietro il libro.

Mi trattengo dal mandarlo a quel paese: primo, perché mi ha fatto perdere il segno del libro e secondo, perché ha definito il mio regno di pace deprimente.

Logan ha una cotta segreta per Pandora da mesi, più precisamente da quando gliel'ho presentata a una festa; peccato che lei è troppo presa dalla sua vita per accorgersi di chi ha intorno. Questo fortunatamente non vale per me e pochi altri, tra cui i ragazzi della sua band.

"Ho una buona notizia per te, amico. Oggi non sono qui soltanto per leggere, ho un appuntamento tra mezz'ora con la tua cara Pandora. Dobbiamo fare una ricerca insieme dopo scuola. Io sono arrivato prima perché ho saltato l'ultima ora visto che il professore si è ammalato e oggi non ha tenuto la sua solita lezione"

Il suo sguardo si illumina e un sorrisetto si allarga sul suo viso. "Credo che non ti libererai di me per la prossima mezz'ora" E così dicendo si accomoda sulla poltrona accanto alla mia.

Povero me.

𖠄 *ೃ

"Owen?"

La voce di Pandora interrompe la conversazione con Logan su quale fosse la squadra di basket più forte che abbiamo mai battuto.
Alla fine abbiamo concordato sulla Amber's Academy: i ragazzi di quel college sono tutti dei gorilla, quindi riescono a compensare la mancanza di tecnica con la forza bruta.

"Sono qui!" Esclamo sventolando una mano nella direzione della ragazza bionda che è appena sbucata da dietro uno scaffale; ovviamente lei conosce il mio piccolo angolo di pace.

Mi si avvicina velocemente, ha un'espressione strana in viso, come se avesse appena visto un fantasma. Si tiene il polso con il tatuaggio stretto con l'altra mano: brutto segno.
La guardo preoccupato, ma Pandora è troppo impegnata a fissare Logan con un sopracciglio alzato per accorgersi di me.

"Ciao..." sussurra il mio amico, sembra che un hot dog gli sia rimasto incastrato in gola. Ha il viso leggermente rosso, con le labbra socchiuse e gli occhi spalancati; di solito è un ragazzo molto simpatico, con cui si riesce a parlare facilmente, ma con le ragazze proprio non ci sa fare, se poi si tratta di Pandora, è ancora più impacciato.

Credo che si stia chiedendo da quando lei ha cambiato colore di capelli, ma so che non avrebbe mai il coraggio di domandarglielo.

"Liam?" Chiede lei.
Mi trattengo dal ridere, non si ricorda nemmeno il suo nome.

Tra tutte le ragazze di questo college, doveva proprio prendersi una cotta per lei? Neanche la conosce bene e non sa quanto può essere fredda e insensibile a volte. Tutto il contrario di lui, insomma.

Alla fine decido di 'buttare un salvagente' al mio amico, visto che sembra che stia per sciogliersi dall'imbarazzo.
"Lui è Logan, Pam. Ti ricordi di lui? Il mio compagno di stanza, quello che ti ho presentato alla festa di Emma?"
Lei sembra riscuotersi all'improvviso.
"Oh, ora ricordo. Sei quello che ha versato il drink sulla giacca nuova di Ryan. Per poco non ti ha rotto il naso"

Non l'aveva fatto apposta: era solo troppo impegnato a sbavare dietro i pantaloncini di pelle di Pandora per accorgersi di dove stesse andando.
La sua faccia dopo aver visto a chi aveva appena sporcato la giacca, poi, è stata impagabile; Ryan ha infatti la fama di essere il bad boy per eccellenza nel nostro college.

"Ehm... si, sono io" Logan si gratta il collo muovendosi a scatti e per poco non mi da una gomitata nell'occhio.

Tra Logan che parla a monosillabi e Pandora che non sa cosa significhi la parola empatia, sono l'unico che può salvare la situazione.
"Bene, ragazzi" dico alzandomi dalla poltrona e poggiando il mio caro libro sullo scaffale "Io e Pandora abbiamo una ricerca da fare, tu Logan hai gli allenamenti e per oggi mi sostituirai in qualità di capitano. Quindi vedi di muoverti, devi dare l'esempio e non puoi arrivare in ritardo"

La sua espressione si incupisce.

Non mi guardare così, non è colpa mia se non sai tenere una conversazione decente con lei. E io non ho tempo da perdere.

Lo guardo come a dire 'andrà meglio la prossima volta' e lo spingo verso l'uscita della biblioteca.
"Ci vediamo, Pandora. Magari un pomeriggio puoi venire ad assistere ai nostri allenamenti" Dice girandosi un'ultima volta verso di lei.

Proprio ora doveva risvegliarsi la sua intraprendenza?

"Ok" risponde lei inaspettatamente. Io mi giro sconvolto, ma, non appena scorgo la sua espressione assente, capisco che ha risposto senza neanche sentire la domanda.
Risultato: Logan esce dalla porta tutto felice mentre Pandora ancora non si è accorta di aver appena venduto un paio di ore del suo prezioso tempo.

Ritrovata la tranquillità mi avvicino alla mia migliore amica e le poso una mano sulla spalla, lei sobbalza lievemente.
"Cos'è successo a pranzo?"
Per la cronaca, ho notato la sua assenza nella mensa.
"Gavriel sa tutto" dice tutto d'un fiato.

Santa Pandora! Qualche volta il mio cuore cederà per la sua schiettezza.

"Cosa?" Quasi urlo.

Mi fa segno di abbassare la voce e comincia a raccontarmi della loro conversazione nel parco.
"Dopo avergli confessato tutto sono scappata via. Non so neanche come possa averla presa." Conclude.

Si avvicina alle poltrone in pelle e si butta a peso morto su una delle due stringendosi la testa fra le mani; sembra davvero sconvolta.

Spero di poterla aiutare in qualche modo, anche se non penso che in questa biblioteca ci sia qualcosa di utile. Per quanto ne so le uniche cose che offre sono stupide storielle dell'orrore utilizzate dagli studenti durante la notte di Halloween.
Ma vale la pena tentare.

Mi inginocchio di fronte a Pandora e le afferro i polsi con le mani, sento le sue ossa sporgere contro i miei palmi.
Questa volta non oppone resistenza e punta i suoi occhi nei miei: alla luce del sole che entra dalla finestra arcuata hanno assunto una tonalità simile all'indaco.

"Si sono schiariti ancora?"
Faccio un lieve cenno con la testa per risponderle; ogni secondo che passa sembra sempre più simile a un angelo caduto.

Pandora fa per abbassare di nuovo la testa, ma io, senza lasciarla andare, poggio la mia fronte sulla sua.
Il suo profumo di lavanda mi inonda le narici e i lunghi capelli candidi mi circondano il viso come una tenda, le accarezzo lentamente l'interno dei polsi e lei sembra rilassarsi.

Non riesco a credere che anche Gavriel sia coinvolto in questa storia, un ragazzo che vede fantasmi non si incontra tutti i giorni.
Spero solo che non vada in giro a combinare casini, abbiamo già abbastanza problemi da risolvere.

Gli parlerò. D'altronde frequentiamo la stessa classe di letteratura straniera; non ci siamo mai rivolti la parola fino ad ora e penso che non mi abbia nemmeno riconosciuto all'ultima festa, ma farò un tentativo. Magari lo convinco ad aiutarci.

"Ti va se ti racconto una storia?" Le chiedo mettendomi in piedi.
Pandora annuisce e si stringe al lato della poltrona per farmi spazio. Mi accomodo accanto a lei e le passo un braccio intorno alle spalle.

Il polso con il tatuaggio è abbandonato sulla sua gamba, la croce è in bella vista, così come il suo colore: è leggermente più rossastra dell'ultima volta. Chissà cosa è successo quando Gavriel le ha toccato la pelle tatuata.

Poggio il mento sulla sua testolina chiara, che lei ha posato sulla mia spalla, e comincio a raccontare.

"Sulle pendici di Longs Peak, nel Colorado, giacciono i resti di un albero gigantesco.
Era li da oltre quattro secoli.
Era un arboscello quando Colombo sbarcò a San Salvador e un albero alto come tutti gli altri quando i primi coloni si stabilirono a Plymouth.
Nel corso della sua lunga esistenza è stato colpito dal fulmine oltre una dozzina di volte, e le innumerevoli valanghe e tempeste di quattro secoli lo hanno scrollato incessantemente.
È sopravvissuto a tutti i cataclismi.
Ma un giorno un esercito di insetti lo ha preso d'assalto e lo ha raso al suolo. Si sono aperti una via attraverso la corteccia e gradatamente lo hanno svuotato, divorandolo a poco a poco con un lavoro incessante.
Un gigante della foresta che aveva resistito alle tempeste e al lento logorio dei secoli, è capitolato di fronte a degli insetti così piccoli che un uomo avrebbe potuto schiacciarli tra il pollice e l'indice."

Faccio una pausa, spero che Padora abbia capito il senso di questa storia; le poso una mano sulla pelle nuda della coscia, è stranamente fredda, traccio dei piccoli cerchi con il pollice e continuo a parlare "Quello che voglio dire è che non devi abbatterti ogni volta che qualcosa non va come vorresti. Il destino non è già scritto e noi siamo nati per affrontare ostacoli come questi, l'unico segreto è andare avanti sempre e comunque"

Mi alzo trascinandola con me "E ora che ne dici di cominciare a darci da fare? Il problema Gavriel lo affronteremo più tardi, sempre che alla fine non risulti essere qualcosa di positivo"

Mi fa un lieve sorriso, di quelli che vuoi cercare di trattenere ma alla fine non ce la fai. "Dico che hai ragione come sempre, Owen"

Si avvicina agli scaffali e comincia a leggere i vari titoli mettendosi in punta di piedi.

Oh Pandora, se solo tu riuscissi a guardarti con gli occhi di un estraneo capiresti quanto sei speciale.

𖠄 *ೃ

La giornata è finita.
Ho accompagnato Pandora a casa dopo ore di inutile ricerca, visto che alla fine non abbiamo trovato nulla di utile, e ora sono in macchina, con il tettuccio alzato e il vento fra i capelli.

Ormai è una specie di rituale: esco dal college, prendo la macchina, arrivo a casa della mia migliore amica, dove qualche volta mi fermo a studiare o sgranocchiare qualcosa davanti alla TV, torno al college, vado nella mia stanza del campus.

Pandora mi ha sempre chiesto perché mi ostino a volerle fare da tassista ogni giorno, ma la verità è che mi diverte ascoltare tutti i suoi racconti sulla mattinata che ha appena passato e lei cucina delle ottime crêpes salate.

Poi ho provato fin troppe volte a regalarle una macchina, però lei ha sempre rifiutato l'offerta: 'non mi piace approfittare della tua situazione economica' è quello che mi rifila sempre come risposta ogni volta che tento di farle un regalo.

Non ha mai avuto una macchina, né una moto, né una bici o qualunque cosa abbia delle ruote. Ha sempre preferito andare a piedi o prendere i mezzi, anche se, a quanto mi ha detto, la sua famiglia se lo potrebbe permettere. Le pagano l'affitto e la retta del college, mentre lei, con i ricavati dei concerti e le cinquecento euro mensili che le mandano, riesce a pagarsi tutto il resto e a mettersi qualcosa da parte.

Non la capirò mai.

Io invece ho subito colto l'occasione di comprare una nuova Maserati Spyder rossa decappottabile. Non sono ancora del tutto convinto del colore, ma posso sempre farla riverniciare.

Mi fermo al semaforo rosso.

Noto una moto nera dalle cromature splendenti accostare accanto a me, in sella c'è un ragazzo dal ciuffo biondo ghiaccio che gli ricade in mezzo alla fronte. Impossibile non riconoscerlo.

"Oltre alla chitarra hai anche la moto, allora" esclamo nella sua direzione.
Gavriel si gira verso di me con un'espressione truce, forse non ha gradito il mio tono scherzoso.
"Non è il momento, surfista"
Ridacchio, in effetti Pandora mi ha sempre detto che sembro un surfista californiano. Lui, invece, non sembra gradire la cosa.
"Brutta giornata?"
Mi rivolge un sorriso sarcastico.
"Credo che l'espressione 'sembra tu abbia visto la Morte in persona' calzi a pennello per descriverla"

Il semaforo si illumina di verde e Gavriel coglie l'occasione per sgommare in avanti senza aggiungere altro. Io ovviamente gli vado dietro schiacciando l'acceleratore del mio nuovo 'gioiellino'.

Non te la caverai così facilmente, Tate Langdon.

E si, alla fine Pandora mi ha fatto appassionare ad "American Horror Story" che io non volevo vedere per le scene che ritenevo 'troppo raccapriccianti'. Ora sono arrivato alla settima stagione e non c'è una sera in cui non vedo come minimo quattro episodi, gli incubi ovviamente sono inclusi nel pacchetto.

Seguo la moto di Gavriel fino a un vecchio edificio abbandonato, un orfanotrofio forse. Credo che questo avvalori ancora di più la mia tesi precedente.

Vedo il ragazzo sparire dietro la porta dai cardini arrugginiti e poco dopo decido di entrare in quell'edificio fatiscente.

𖠄 *ೃ

Gavriel

4 giugno, abandoned orphanage.

L'ultima cosa di cui avevo bisogno era incontrare quel pallone gonfiato di Owen. Non mi ha fatto niente di male, eppure non riesco proprio a sopportare la sua presenza.
Una vocina nella mia testa continua a urlare il motivo del mio comportamento: "Lui è tutto ciò che non sarai mai"; ma io continuo a non volerla ascoltare, nonostante so che ha perfettamente ragione.

Salgo le scale a due a due alzando fitti sbuffi di polvere, quando, raggiunta la cima, uno dei ritratti inquietanti che adornano le pareti con la carta da parati rosso bruno strappata in più punti attira la mia attenzione.

Sarah Abbott, 1692.

Fu una delle streghe di Salem che venne condannata per stregoneria.
Rimango fermo ad osservare quel dipinto per diversi secondi: era una donna veramente affascinate con i suoi lunghi capelli dorati e gli occhi di un azzurro celestiale; il suo sorriso gentile mi ricorda qualcuno, ma al momento non riesco proprio a focalizzare un volto concreto nella mia mente.

Tra le mani stringe un ciondolo aperto, al suo interno vi è da un lato una piccola foto e dall'altro una scritta incisa nella superficie dorata.
La foto ritrae un bambino dai capelli uguali a quelli della donna, però il viso non è ben distinguibile viste le piccole dimensioni del gioiello; al contrario, la frase si legge perfettamente: Owen Abbott, noble in the soul.

"Nobile nell'animo"

In effetti era proprio quello il significato del nome Owen, che deriva dal nome gallese Owen o Owain. Le antiche forme gallesi di questo nome sono Ouen e Ouein e sono state prese in prestito dal nome latino Eugenius. Questo a sua volta deriva dal nome greco Eugenios, che significa 'ben nato o nobile'.

"Non può essere... lui non può discendere da una famiglia così importante. Sarà tutta una coincidenza, deve essere così!"

Continuo a camminare cercando di non cedere ad un altro attacco di panico come quello che ho avuto dopo la festa.
Percorro l'ultimo tratto di corridoio corridoio barcollando e, una volta raggiunta la camera di Annabelle, vi entro di slancio sbattendomi la porta alle spalle.

"Quanta irruenza, Gav" mi riprende Annabelle, che sta penzolando a testa in giù dal lampadario della stanza con le lunghe trecce che oscillano ritmicamente.

Appena nota l'espressione del mio viso si rimette in piedi e mi si avvicina per studiarmi meglio.
"Che cos'è successo questa vota? Ti ha lasciato perché ha scoperto il tuo segreto? Ti hanno preso in giro di nuovo? Ti si è rotta la moto?" Cerca di indovinare.

"Non credo tu possa indovinare questa volta... hai presente Pandora, la ragazza che ho conosciuto alla festa?"
Il suo viso si illumina "Si, quella carina di cui mi dovevi raccontare ieri" dice calcando sull'ultima parola.
Alzo gli occhi al cielo, non gliene sfugge nemmeno una.
"Si, lei. Stamattina ho scoperto che non è una ragazza normale"

Annabelle inizia a saltellare in cerchio "Vuoi dire che è come te? Vede anche lei i fantasmi?!" Domanda, eccitata per la probabilità di avere una nuova amica oltre il sottoscritto.
"Non proprio, diciamo solo che lei li crea i fantasmi..."

A volte dimentico che Annabelle ha molti più anni di me e ho l'abitudine di rivolgermi a lei come se fosse una bambina piccola, cosa che la esaspera molto.
"Non dirmi che hai conosciuto la Morte!"
"Neo-Morte al limite, visto che la trasformazione è ancora in corso"
"Ma...come?"
"Da quello che so, per diventare la Morte devi prima uccidere quella precedente"

La piccola si tira una treccia pensierosa, poi annuisce con foga, come se avesse appena terminato un dibattito interiore.
"Voglio conoscerla" dice.
"Non credo che..."
Un rumore improvviso di vetri rotti mi fa sussultare: qualcuno è entrato nell'edificio.

"Aspettami qua" ordino alla bambina alzando il palmo della mano nella sua direzione, poi esco dalla stanza.

I resti di un antico vaso giacciono sul pavimento; sembra che qualcuno si sia scontrato contro il tavolino che lo reggeva, visto che una delle sue gambe non è più allineata alla parete.

Subito dopo noto un'ombra muoversi dietro la statua a forma di frate che ho sempre trovato parecchio spaventosa, specialmente se ti capita di vederla in controluce.

Faccio un passo verso la sua direzione e, mentre sporgo una mano in avanti per afferrare qualunque cosa ci sia dietro di essa, l'ombra scatta in avanti.

Preso alla sprovvista, cado dolorosamente di schiena contro il pavimento, con un addosso un peso che mi schiaccia la gabbia toracica.
Il peso in questione ha un nome: Owen.

Il ragazzo è letteralmente seduto sul mio petto e, con quell'ammasso di muscoli e gel per capelli che si porta dietro, non mi permette quasi di respirare.
"Se non ti dispiace..." dico con voce strozzata indicando il suo sedere.

Owen si alza con le sopracciglia aggrottate, non sembra felice di avermi seguito fino a questo posto.
Mi alzo a fatica e porto le braccia all'indietro per stirare le costole indolenzite.
"Non fare quella faccia; io qua ci lavoro, mica ci vivo"
Sicuramente Pandora gli avrà raccontato tutto dei miei poteri, anche se nemmeno lei sa che li uso per guardarmi da vivere o che il 'pacchetto completo' consiste nel rivivere emozioni e ricordi dei frammenti d'anima. Ma prima o poi lo avrebbero scoperto, quindi tanto vale portarmi in anticipo.

"E prima di fare commenti sulla persona orribile che sono perché sfrutto il dolore delle persone per fare soldi - fama che hanno tutti i sensitivi - fammi dire soltanto che io non inganno la gente che viene alle mie sedute, al contrario, la aiuto a capire"

Sinceramente non so perché mi sto affannando tanto per fargli capire che non sono un truffatore.

"Già ti senti un mostro, se te lo dicesse anche lui non potresti sopportarlo"

Ecco la risposta.

La sua espressione sembra essersi distesa, ora mi sta guardando con un lieve sorriso sulle labbra, come per tranquillizzarmi.

Stringo i pugni: non mi ero accorto di avere le mani che tremavano.

"Non sono qui per attaccarti, Gavriel. Ho bisogno del tuo aiuto"

𖠄 *ೃ

Owen

4 giugno, Gavriel's office.

Siamo seduti in quello che dovrebbe essere il suo studio.

Non c'è nient'altro che un tavolo rotondo, delle sedie, una finestra e dei quadri come quelli appesi sulle pareti del resto della struttura.

Quando ho salito le scale ce n'è stato uno che mi è rimasto impresso, raffigurava una donna bionda dal viso grazioso, per un momento mi è quasi sembrato di riconoscerla.
Questo posto è davvero inquietante: i quadri sembrano quasi vivi. Per non parlare poi di quella stupida statua che mi ha fatto prendere un colpo, per un attimo ho creduto di trovarmi di fronte a Frankenstein in persona, o meglio in persone - si lo so, pessima battuta.

Mi dispiace per quel vaso, sembrava molto antico; in un battito di ciglia mi è parso persino di vedere un alone traslucido fuoriuscire dai suoi cocci sparsi per il pavimento: mi sono spaventato talmente tanto che a quanto pare i miei occhi hanno smesso di funzionare a dovere per un momento.

"Direi che è meglio se comincio dal principio"

Gli racconto tutta la verità, anche se dalla sua espressione sono sicuro che già sospettasse qualcosa. Poi gli espongo il motivo della mia visita.

"Io voglio aiutare Pandora: nella biblioteca della scuola non ho trovato nulla di utile, come già sospettavo, ma speravo che tu potessi dirmi qualcos'altro a riguardo. A casa di mio padre abbiamo un'intera libreria dedicata a quell'argomento, però volevo fare un altro tentativo prima di imbattermi negli strani manuali che la mia famiglia si tramanda da secoli" spiego.

Gavriel mi sta guardando con le iridi chiare percorse da un lieve tremore.
"Che intendi con strani manuali?" Chiede allarmato.
"Magia nera, negromanzia, vecchie leggende, rituali di antiche popolazioni e robe del genere. Vorrei poterti dire che non credo a queste cose... ma quando hai una famiglia originaria di Salem e una stanza dedicata a 'manufatti magici' in casa mi sembra un'affermazione poco credibile. Poi, dopo quello che è successo a Pandora, ormai è inutile cercare di bendarsi gli occhi"

"Salem, davvero?" Chiede ancora Gavriel con una risata nervosa.
Sembra che stia per avere un attacco di panico, anche se l'espressione spiritata che sta apparendo sul suo volto è più simile a quella di una persona posseduta da qualche strano demone.
"Non ci sono mai stato di persona, almeno credo. Anche se a volte, quando vedo delle foto di quel posto, mi sembra di conoscerlo da sempre"

Si alza dalla sedia e mi raggiunge, per poi posarmi una mano sulla spalla.
Mi fissa per qualche secondo, credo che stia cercando di elaborare un modo per darmi una brutta notizia.
O almeno quella che vedo è la stessa faccia che ha fatto Pandora quando doveva confessarmi che per sbaglio aveva graffiato la mia moto nuova con la sua borsetta tempestata di borchie.

"Qualunque cosa tu abbia capito, perché so che è così, dimmela"
Lo guardo serio.
"Owen, tu potresti, e dico potresti, appartenere ad un antica famiglia di stregoni"
All'improvviso mi viene da ridere.
"Io?! Va bene che tu sei un sensitivo e Pandora la nuova Morte, ma avere un terzo membro del club con poteri sovrannaturali mi sembra troppo"

E poi mio padre me l'avrebbe detto, vero?

Gavriel mi scuote leggermente.
"Tutto coincide, non lo vedi? Sei originario di Salem, hai assistito alla nascita della nuova Morte - cosa che tra l'altro non sarebbe potuta succedere senza un catalizzatore di energia magica - e la tua famiglia ha una strana collezione di oggetti magici. Poi non dirmi che non hai notato il quadro in corridoio"

Si che l'ho notato.

"Mettiamo pure il caso che io sia uno stregone come dici tu. Allora come mai non ho mai fatto magie fino ad ora?"
Gavriel mi squadra da capo a piedi per un attimo, poi il suo sguardo cade sul braccialetto d'oro che mi circonda il polso destro.

Ce l'ho da quando sono nato, è stato il primo regalo di mia madre. Una semplice catenella dorata con sopra incisi degli strani simboli ricurvi.
"E ora cos'ha che non va il mio bracciale? È forse una bacchetta magica camuffata da gioiello?"
Lo canzono e lui alza gli occhi al cielo esasperato.

E dire che ero venuto per parlare di Pandora.

Mi afferra il polso e mi toglie il bracciale con una velocità tale da non darmi neanche il tempo di reagire. Poi si allontana fino a raggiungere la finestra, allunga la mano che stringe la catena d'oro oltre il bordo dell'edificio e la lascia dondolare tra pollice e indice.

"Non ci provare, Gavriel" dico a denti stretti "È l'ultimo ricordo che ho di mia madre"

Lui mi guarda nuovamente, leggo un lampo di comprensione attraversare i suoi occhi. Solo ora mi rendo conto di non sapere nulla della sua storia.
Chi sono i suoi genitori? Da dove viene? Vive da solo?

"Mi dispiace, ma è l'unico modo per scoprirlo" Con queste parole lascia andare il bracciale.
"No!"
Mi precipito verso la finestra e mi sporgo oltre il vetro, appena in tempo per vedere un camion passare sopra la catena d'oro e ridurla in mille pezzi.

In quel preciso istante sento ogni ricordo ritornare al proprio posto.

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