Capitolo 16

Owen

27 giugno, Will's house.

"Cosa stiamo cercando per la precisione?"

Alexia è in piedi accanto a me, sta scorrendo i vari titoli dei volumi che compongono la libreria di Will; deve sembrarle strano trovare libri sulla 'lettura del pensiero' o sui 'metodi per difendersi da un demone superiore'.

Alla fine ha detto che mi avrebbe aiutato, non so cosa le abbia fatto prendere quella decisione, però ne sono felice: anche se mi duole ammetterlo, avevo un estremo bisogno di qualcuno che mi stesse accanto in questo momento.
Certo, non è la migliore delle compagnie, è fredda, scorbutica e a volte tende a perdere la pazienza, ma so che non si arrenderà prima di aver portato a termine la missione.

"In primo luogo, un volume sui legami tra sogni, o qualcosa di simile; in secondo luogo, qualunque titolo che riporti la parola vampiro o succhiasangue"

Gavriel mi ha raccontato che ha fatto una cosa del genere con Pandora, quindi io conto di riuscire nello stesso intento.

La mia attenzione ricade su di un libro dalla spessa copertina indaco, il suo titolo recita 'comunicare con altre dimensioni'.
"Bingo!" Esclamo.
Alexia abbandona la sua ricerca e si avvicina al volume che ora sto stringendo tra le mani.
"Cosa aspetti? Aprilo!" Dice picchettandomi sul braccio.

Mi siedo su uno dei pouf celesti e con un movimento delle dita faccio fluttuare il secondo accanto al mio.
Quando mi accorgo che Alexia non si è mossa di un passo alzo lo sguardo verso di lei: è bloccata sul posto e ha gli occhi spalancati.
Solo allora capisco quello che ho appena fatto, ormai usare la magia per me è diventata la normalità ma credo che per lei questo sia un bello shock.

"Uh, mi dispiace... deve essere strano per te vedere eventi del genere dal vivo" mi scuso.
La rossa si posa una ciocca di capelli dietro l'orecchio e viene a sedersi accanto a me sorridendo imbarazzata.
"Non preoccuparti, quando ho accettato di lavorare con te sapevo a cosa andavo incontro. Dammi solo del tempo per abituarmi"
Le prendo una mano accarezzandole le nocche delle dita, al mio tocco la sento irrigidirsi e noto un lieve rossore sulle sue gote.

Si schiarisce la voce.
"Dovremmo cominciare a cercare, questo libro contiene come minimo ottocento pagine"
Annuisco e apro il libro in una pagina qualsiasi.
"Non dovresti andare all'indice...?" Domanda.
Le faccio segno di fare silenzio e poso entrambi i palmi sulle pagine sottili, focalizzo l'informazione che mi serve.
Sventolo la mano davanti al volume e le pagine cominciano a girare vorticosamente, fino a che non si fermano su un capitolo in particolare.

'Come mettersi in contatto con qualcuno presente in un altra dimensione'

Sfoglio le prime pagine saltando le voci 'Inferno', 'Paradiso' e 'Regno dei Morti', per poi trovarmi di fronte a quello che cercavo: la scritta 'Limbo' troneggia sull'apice del foglio.

In tutto questo Alexia è rimasta immobile a fissarmi; solo quando ho finito si decide a riaprire bocca.
"Ecco cosa mi servirebbe quando sono costretta a scavare tra i migliaia di fascicoli riguardanti i casi risolti per trovare quello che mi serve"
Le mie labbra si piegano in un sorriso, ha appena fatto una battuta, non mi aspettavo accettasse tutto così in fretta.

"Ora dovrei spiegarti cos'è il Limbo, chi è in realtà Gavriel e perché si trova là..." comincio a dire ma lei mi interrompe colpendomi la gamba con il ginocchio.
"Abbiamo fatto un patto: le domande sono rinviate a quando risolveremo questo casino"
All'inizio credevo che collaborare con lei sarebbe stata un'impresa difficile, a volte però i caratteri opposti tendono a capirsi al volo più di quanto farebbero due gocce d'acqua.

"Prima di iniziare a leggere vorrei farti io una domanda"
Sul suo viso compare un'espressione interrogativa.
"Dovrei risponderti di no, perché il patto vale per entrambi, ma uno dei miei difetti è la curiosità e, visto che sto già resistendo alla tentazione di riempirti di domande, non posso resistere anche a questo"

Le sorrido.

"In questo mi ricordi così tanto Pandora, la mia migliore amica"
"Deve essere una tipa tosta allora"
Un senso di tristezza prende il sopravvento per un attimo.
"Non puoi immaginarlo... e in effetti la domanda riguarda anche lei" confesso.
"Spara"

Faccio un respiro profondo e incastono i miei occhi nelle sue iridi d'ambra.
"Tu pensi che un amore possa essere impossibile? Cioè intendo, se due persone si amano possono fare a meno di farlo sbocciare questo amore?"
Non so perché lo sto chiedendo proprio a lei, ma sono certo che mi risponderà sinceramente.

"No, la risposta è assolutamente no.
Fa male. Fa tanto male.
Ma la cosa più bella che ti possa capitare credo che sia amare e ad essere amati dalla stessa persona. Essere ricambiati con la stessa intensitá. Essere desiderati. Coincidere con un'altra persona a tal punto da mettere la sua felicità prima della propria.
Lo so.
É un inferno volere quella persona accanto, addosso sempre, e non poter averla, perché non si puó.
Sono a pochi metri di distanza, ma non si possono toccare, amare, mai piú.
È assurdo come la vita ti faccia incontrare certe persone che si incastrano cosí perfettamente tra le fessure della tua vita solo quando non durerà.
Che ironia del destino.
Però non puoi rinunciarci, perché l'amore non è qualcosa che nasce, che sboccia, esiste da sempre incastrato sotto la nostra pelle, nelle nostre ossa. Quindi l'amore non può essere impossibile, al limite può essere doloroso, ma si trova sempre un modo, una via.
Si trova sempre il modo per ritrovarsi."

Rimango a fissarla a bocca aperta, non mi aspettavo una risposta del genere da una tipa realistica come lei.
"Cosa c'è? È quello che ci insegna quasi ogni libro, ogni film, ogni canzone che ascoltiamo" dice sorridendo.
"La penso esattamente come te, ma ora torniamo a lavoro"

Concludo così la conversazione, con una speranza in più a brillare nel mio petto.

𖠄 *ೃ

Osservo il pentacolo disegnato a terra con del gesso, su ognuna delle cinque punte vi è posta una bassa candela accesa, mente negli spazi lasciati liberi dalla stella inscritta nel cerchio sono disegnati strani simboli, alcuni più tondeggianti e altri dalle punte affilate.

Abbiamo deciso di compiere l'incantesimo nella sala di meditazione visto che è l'unica stanza protetta da una barriera magica.

"Ho ricontrollato il disegno del libro ed è perfettamente identico a questo"
Alexia è china sul pavimento con il libro aperto fra le mani; non indossa più l'uniforme ma una semplice maglietta bianca infilata in un paio di jeans strappati.
"Bene" dico arrotolando le maniche della camicia rossa e entrando nel centro del disegno, cerco di non calpestare i bordi di gesso.

"Sei sicuro che funzionerà?" Mi chiede la rossa con una punta di apprensione nella voce.
Sorrido istintivamente.
"Per caso sei preoccupata per me?"
Lei scrolla le spalle e afferma "Non voglio un morto sulla fedina il secondo giorno di lavoro e poi domani hai in programma una cena con i miei, non saprei che scusa trovare se tu non ti presentassi"

"Come scusa?" Chiedo aggrottando le sopracciglia.
"Le domande a dopo, ricordi?"
Ed ecco tornata la sua versione stronza menefreghista, sbuffo e congiungo le mani per prepararmi a dire la formula.
La litania esce lenta dalle mie labbra, è una lingua che non conosco ma il suo significato sembra impresso nella mia mente.

'O luogo che accogli tutte le anime, garantisci l'accesso a un povero mortale, lascia che la sua essenza varchi il tuo confine e che la sua mente ritorni intatta'

Apro gli occhi di scatto, le rune disegnate sono diventate incandescenti e i contorni del pentacolo hanno preso fuoco.
Le fiamme si alzano fino a raggiungere la mia vita, sento il loro calore incendiarmi i vestiti e ustionarmi la pelle; un urlo straziante esce dalle mie labbra, ma è questione di un secondo prima che tutto diventi sfocato, che tutto il dolore sparisca.

Qualcosa mi trascina via, l'unica cosa che sento è la voce di Alexia che urla il mio nome ancora vibrante nelle orecchie.

Cado in ginocchio su una superficie compatta, pietra forse, un trono si erge dinnanzi a me al limite della stanza; mi alzo in piedi e mi guardo le braccia: non c'è alcun segno di bruciatura sulla pelle.

All'improvviso sento dei passi provenire dall'ingresso posto dall'altra parte della sala, mi volto di scatto e cerco di creare un'arma dalla pietra che mi circonda ma tutto senza successo: a quanto pare la mia essenza non possiede la magia.

Allora mi metto in posizione d'attacco, con i pugni serrati davanti alla faccia.
Sento i passi farsi sempre più vicini fino a che una figura non fa scattare la serratura e varca la porta; non appena riconosco chi mi sta venendo incontro posso finalmente rilassare il mio corpo.

"Owen?!"

𖠄 *ೃ

Gavriel

In no time, somewhere.

Cammino a passo veloce lungo i cunicoli di pietra, non so dove sto andando e la cosa, a dire il vero, non mi importa più di tanto; voglio solo mettere più distanza possibile fra me e Pandora.

Ha ragione ad avercela con me e, come se non bastasse, il pensiero della profezia mi vortica incessantemente nella testa.
Perché se l'ho baciata non è successo niente?
Avrei dovuto parlargliene, avrei dovuto darle la possibilità di scegliere, ma le sue labbra erano un richiamo troppo forte.

Magari siamo come il sole e la luna, cerchiamo disperatamente di afferrarci l'un l'altro mentre il mondo aspetta solo la nostra collisione.

Mi resta soltanto una persona a cui chiedere, non che la cosa mi faccia piacere, però è l'unica possibilità che mi rimane.
'Padre?'
Penso disperatamente.
'Padre!'
Stringo tra le dita il ciondolo appeso al mio collo, due ali, il simbolo di Lucifero e il simbolo della vita.

Quando ormai sento la speranza abbandonarmi, una voce, anzi un sussurro, raggiunge le mie orecchie.
"L'hai baciata, vero?"
Annuisco lentamente fermando i miei passi, anche se non voglio ammetterlo, mi sento sollevato nel sentire la sua voce.
"Dove sei ora?"
"Nel Limbo" rispondo ad alta voce.

Sento una risata roca rimbombarmi nel cranio.
"Sei proprio mio figlio, alla fine hai trovato una scappatoia"
"Di che parli?" non capisco.
"La profezia non può avverarsi in un posto dove il tempo non esiste"
Un senso di sollievo mi pervade il petto, ma questo dura fin troppo poco.
"Ma prima o poi dovrai abbandonare quel posto insieme alla tua amata, e tu sai, figlio, che la pazienza è una delle mie virtù"

Detto questo la voce scompare, non mi spreco neanche a richiamarla, tanto so che Lucifero non sprecherebbe un secondo di più con me. In secondo luogo, delle voci in avvicinamento mi distraggono da ciò che è appena accaduto.

Vedo due donne comparire dalla svolta del cunicolo, una ha la pelle scura come il caffè mentre l'altra ha una mezzaluna sulla fronte.
Non appena notano la mia presenza mi sorridono e vengono nella mia direzione.
"Gavriel, giusto?" Mi chiede la donna dagli inquietanti occhi luminosi, alzo un sopracciglio.
"Dipende da chi lo vuole sapere"
Lei fa una risata, interrotta dalla mora che fa un passo avanti.
"Io sono Gea, lei Waira" dice secca.

Ed ecco le altre due Guardiane, spero siano più simpatiche di Nefisi.

"Dove sei diretto? Non credo che tu conosca questo posto"
Waira ha appena colpito nel segno.
"In effetti..." comincio a dire ma lei mi interrompe "o meglio - vedo una specie di ghigno apparire sulle sue labbra - da chi stai scappando?"
Contraggo il viso in un'espressione infastidita.

"È logico che abbia litigato con Mirin, percepisco la sua frustrazione e il suo senso di colpa" commenta Gea.
"Ha scelto di nasconderle qualcosa" continuò l'altra Guardiana.
Mi schiarisco la gola come per dire 'io sono ancora qui'; Nefisi mi ha parlato dei loro poteri, però non pensavo potessero essere così fastidiosi.

"Potreste evitare di psicanalizzarmi?" Ringhio con i pugni serrati.
Mi ritornano in mente gli anni in cui gli altri ragazzi dell'orfanotrofio si divertivano a parlar male di me in mia presenza, come se non esistessi.

"Gavriel..." il tono della mora si è fatto più gentile, la guardo negli occhi, ha l'espressione tipica delle sorelle maggiori che danno consigli ai fratelli più piccoli "tu sei forte, hai una volontà di ferro e fai di tutto pur di non affogare nell'oscurità che senti dentro di te. Ma non fare l'errore di cui ti pentirai sicuramente, non puoi portare quel peso da solo, hai bisogno di qualcuno che ti ami, qualcuno come Pandora, con cui condividerlo"

Fa una lunga pausa, Waira la guarda come quando si aspetta la battuta finale di uno spettacolo, sa che lei ha sempre la cosa giusta da dire.

"Perchè, Gavriel, puoi essere forte quanto vuoi, ma se una persona a cui tenevi tanto se ne va, crolli"

I suoi occhi scuri abbandonano i miei e, senza più voltarsi, le due Guardiane continuano il loro percorso lasciandomi lì fermo a torturarmi sul significato di quelle parole.

Da quando Lucifero mi ha parlato della profezia sono sempre stato combattuto tra due decisioni opposte: continuare a nascondere la verità o parlarne con Pandora.

Ero terrorizzato dalla convinzione che la seconda strada mi avrebbe allontanato definitivamente da lei, ma anche la prima sta portando allo stesso risultato.
Alla fine ho fatto la sbagliata, spero solo che non sia troppo tardi per rimediare.

Mi metto nuovamente in marcia e, dopo un quarto d'ora di cammino, giungo ad un'unica conclusione: mi sono perso.
Faccio un breve urlo di frustrazione e afferro il ciondolo legato al mio collo, in quel momento noto qualcosa brillare sul pavimento di pietra, sembra il contenuto di quei braccialetti fluorescenti che ti regalano alle serate in discoteca.

Lo guardo stranito per qualche secondo, non l'avevo notato prima. Muovo qualche passo verso la macchia ma, non appena sto per posarci il piede sopra, questa si sposta di qualche centimetro.
"Ma che cavolo..." faccio un passo in avanti e quella si muove di conseguenza.

Ripeto l'operazione diverse volte, fino a che non mi ritrovo a sfrecciare dietro quella strana macchia fluorescente. Svolto nei vari cunicoli senza concentrarmi sul percorso che sto seguendo, almeno fino a quando non noto il soffitto farsi più alto.

Mi fermo respirando affannosamente con le mani sulle ginocchia, sono di fronte ad una grande porta di legno scuro, delle figure sono intagliate sui due battenti. Quelle poste sulla parte superiore sembrano volare verso l'alto, dove sono raffigurate semplici nuvole, mentre quelle della parte inferiore sono trascinate verso il basso da una forza sconosciuta e hanno dipinto in volto un grido di puro terrore.

Avanzo verso la maniglia di ottone e la giro lentamente, sento la serratura scattare all'istante, spingo la porta ed entro all'interno di quella che scopro essere un'ampia caverna.

Muovo qualche passo in avanti e allora mi rendo conto di non essere solo, una figura in camicia rossa è immobile in mezzo alla stanza con i pugni alzati di fronte al volto.
Solo quando esco dall'oscurità si decide ad abbassare le braccia, ci impiego qualche secondo per mettere a fuoco il suo viso, forse perché è l'ultima persona che immaginavo di incontrare qui.

"Owen?!" Esclamo correndogli incontro.
Non appena lo raggiungo lui alza una mano e mi punta un dito al centro del petto, lo guardo con le sopracciglia aggrottate.

Cosa è successo questa volta?

"Che cazzo hai combinato con Alex Strikes?"

Alex Strikes...

Ci penso qualche secondo, poi un ricordo riaffiora nella mia mente.

Non può essere 'quell'Alex'.

"Owen, concentrati, sai descrivermi quel ragazzo?" Chiedo.
Sposta la mano dal mio petto e se la passa sul viso, sembra affaticato.
"Moro, alto, dal viso sottile..."
Socchiudo leggermente la bocca.
"Non è possibile" mormoro.
"Certo che lo è: l'ho visto proprio ieri"

Scuoto la testa.
"Owen... è morto davanti ai miei occhi, si è lanciato dalla finestra"
I dolorosi ricordi di quella sera riaffiorano nel mio petto, una delle tante volte in cui mi sono sentito un mostro.

Il biondo chiude gli occhi, sembra stare riflettendo su qualcosa in particolare.
I suoi pensieri giungono anche nella mia mente, o meglio, la voce monocorde di una donna.

'Il ragazzo, ricoverato per una ferita alla testa causata da una caduta, aveva raggiunto l'ospedale la notte tra l'uno e il due giugno...'

"L'uno e il due giugno, ma non è la notte in cui...?" Comincio a chiedere.
"Dobbiamo chiamare Pandora" quell'affermazione mi prende alla sprovvista.
"P-perchè?" Balbetto.
Non ho mai balbettare in vita mia.
"Forse lei può dirci qualcosa in più. Poi, se come penso io - siccome la sfortuna non ci ha mai abbandonati in quest'ultimo periodo - la sua trasformazione c'entra qualcosa con questa faccenda lei è l'unica che può dirci di più"

Mi passo una mano fra i capelli evitando gli occhi verdi del mio amico.
"È successo qualcosa fra voi due?"
Lo guardo imbronciato.
"Non ti si può nascondere proprio niente" sbuffo "abbiamo litigato, come se fosse una novità"
"La profezia?" Tenta di indovinare.
Distolgo di nuovo lo sguardo e mi mordo il labbro.
"NON GLIEL'HAI ANCORA DETTO?!" Urla con gli occhi spalancati.

"No, non l'ho fatto"
Incrocio le braccia al petto, consapevole di essere nel torto.
"Ma è passata una settimana!" Esclama.
"Un giorno, vorrai dire" lo correggo.

Mi guarda scioccato e io gli ripeto la stessa spiegazione che Nefisi mi ha dato mentre medicava Pandora.

Quindi, comincio a riflettere, se per me sono passate a stento ventiquattr'ore mentre per Owen una settimana, aspettando qualche altro giorno per lui sarebbe stato come se lo avessimo abbandonato per mesi, o soltanto pochi secondi.

Non ci capisco niente neanche io.

"Va bene, ne parleremo un'altra volta. Ora andiamo a cercarla"
Decide troncare la conversazione, ma sono sicuro che non lascerà perdere così facilmente.
"C'è solo un problema, come facciamo a trovarla?"
Sono arrivato qua per miracolo, non voglio sfidare la sorte un'altra volta.

"Nello stesso modo in cui hai trovato me" la risposta non tarda ad arrivare.
Alzo un sopracciglio, a quanto ho capito la mia magia non ha bisogno di incantesimi o studio particolari: si manifesta e basta.
Chiudo gli occhi.

Pandora.

Basta quella semplice parola sussurrata nella mia mente e istantaneamente una scia di macchie fluorescenti appare sul pavimento.

Almeno questa volta non dovrò correre.

Percorriamo il sentiero luminoso nel più totale silenzio, ognuno immerso nelle proprie riflessioni.
Getto lo sguardo sulla chioma dorata di Owen e senza volerlo riesco a captare una parte dei suoi pensieri.

'Chissà cosa avrà pensato Alexia vedendomi scomparire in quel modo... spero di non averla spaventata'

Le mie labbra si piegano in un sorriso, o meglio, in un ghigno.
"Alexia eh..." esclamo.
Vedo il mio amico sobbalzare e subito dopo tingersi di rosso.
"Non farti strane idee, l'ho conosciuta ieri e mi sta aiutando a risolvere il casino che tu hai combinato"
"Dicono tutti così... vedi me e Pandora, litighiamo, mi viene a salvare e poi finiamo in camera da letto a..."
Faccio un gesto eloquente con le mani.

"NON LO VOGLIO SAPERE, CHIARO" mi urla contro scuotendo le braccia davanti al volto.
"Lo avrai fatto anche tu qualche volta" sghignazzo dandogli una spallata.
"Ti ricordo che stiamo parlando della mia migliore amica e, se non fossi tu, ti avrei già preso a pugni"
"Lo so lo so, ora fai il fratellone geloso"

Sta per controbattere quando mi accorgo che la scia fluorescente sul pavimento devia di colpo a destra in direzione di una porta chiara incrostata di conchiglie.

Improvvisamente sento un nodo serrarami lo stomaco e il cuore cominciare a battere più velocemente.

"A quanto pare siamo arrivati" sussurro, più a me stesso che ad Owen e lui, senza darmi il tempo di realizzare cosa stesse facendo, apre di scatto la porta.
All'interno della stanza scorgo le figure di Pandora e di un ragazzo dai capelli blu intenti a conversare, lui non riesco a vederlo bene in volto visto che la schiena del mio amico copre gran parte della visuale.

Lei si gira di scatto e, non appena riconosce il ragazzo, gli corre incontro saltandogli - letteralmente - addosso.
"Non posso credere che tu sia qui!" Esclama soffocandolo in un abbraccio, poi la sua espressione si fa seria.
"Odio il fatto che ogni volta che ci vediamo devo presupporre che sia successo qualcosa di brutto"
Pandora mette sù un broncio adorabile, beccandosi un'affettuosa scompigliata di capelli da parte di Owen.

All'improvviso la vedo sussultare come se si fosse appena ricordata di una cosa importante, torna all'interno della stanza e trascina il Guardiano verso di noi; il mio sguardo cade sulle loro mani intrecciate, serro i pugni senza accorgermene.

E questo ora chi è!?

"Ti presento Mizu, il mio maestro-amico-consigliere di fiducia personale, nonché il più saggio, pacato e silenzioso dei Guardiani"
Vedo l'angolo della bocca di lui incurvarsi.
"Piacere" dice soltanto porgendo la mano affusolata al biondo, che non perde tempo a stringerla con un ampio sorriso.

Perché era in stanza con lui? Perché sembrano così intimi? Non è che Aidan non è stato il suo unico 'svago'?
Forse l'ho fatta talmente arrabbiare che ha preferito Mizu a me...

Perso nelle mie domande senza risposta non mi accorgo che Owen si è spostato dalla sua posizione, lasciandomi impalato dietro l'ingresso alla mercé dei due ragazzi all'interno.
Mi schiarisco la voce pensando velocemente a cosa dire, ma la mia mente è un foglio bianco.

Pandora mi sta fissando con un sopracciglio alzato, sembra irritata dalla mia apparizione; Mizu, invece, mi squadra da capo a piedi per poi girarsi verso la ragazza e affermare "Me lo aspettavo più carino: non penso sia alla tua altezza, Mirin"

Io spalanco leggermente la bocca e nello stesso momento sento il mio amico scoppiare in una fragorosa risata, seguito qualche attimo dopo anche da lei.
"Non hai peli sulla lingua, eh Mizu" scherza il biondo.
"In effetti no, ho solo le papille gustative"

Pandora, a questo punto, è costretta a piegarsi in due dalle risate e a tenersi la pancia.
"Ma Mizu... è un modo di dire!" Commenta fra una risata e l'altra.
Il Guardiano, offeso, incrocia le braccia al petto.
"Tsk, non lo capirò mai il vostro linguaggio umano" borbotta.

La ragazza si asciuga le lacrime agli angoli degli occhi e allarga le braccia.

"Su entrate. Vediamo in che guaio ci siamo cacciati questa volta"

𖠄 *ೃ

Mi arrotolo una ciocca di capelli candidi attorno al dito.
"Quindi - se ho capito bene - mi stai dicendo che Gavriel ha creato un vampiro?" Chiedo al mio migliore amico.

Siamo seduti tutti sul letto di Mizu, tranne il proprietario della stanza che sta camminando incessantemente avanti e indietro.

Vedo il diretto interessato sobbalzare ma, come ha fatto da quando è entrato nella stanza del Guardiano, non proferisce parola.

Sono ancora arrabbiata con lui: tra tutte le categorie di persone, i bugiardi sono quelli che odio di più.
Ho sempre sentito che c'era qualcosa che mi stava nascondendo ma, nonostante tutto, ho sperato che fosse lui a dirmela di sua spontanea volontà.

E ora, come se non bastasse, si aggiunge pure il problema del ragazzo succhiasangue.

Owen mi racconta tutta la storia, dal servizio al telegiornale, alla sua visita all'ospedale, e a quella aggiunge i particolari riferiti dall'altro ragazzo.

"Ma io che c'entro in tutto questo?" Domando infine.
Owen mi posa una mano sulla gamba, giusto sull'orlo del vestito, il mio sguardo si sposta sulle sue dita; sobbalzo quando noto che questa, a partire dalle unghia, sta lentamente svanendo.
Lo afferro dal polso e avvicino l'arto al mio viso per osservarlo meglio.
"Non credo che il tuo tempo qui sia infinito" commento.

"Pandora" mi richiama alzando il mio mento con due dita della mano libera.
"Ti ricordi a che ora è successo l'incidente?"

L'immagine del corpo steso a terra e delle mie dita sul suo collo si rifà vivida; ricordo di aver controllato l'orario.
"Le quattro, erano le quattro in punto" rispondo sicura.

Gavriel sbianca all'istante, si volta verso di me e, per la prima volta, decide di parlare.
"L'orologio a pendolo ha rintoccato per quattro volte quando Alex si è ucciso" mormora passandosi una mano sul viso.

"È più grave di quanto pensassimo" esclama Mizu, fermando il suo camminare.
La nostra attenzione viene catturata all'istante da ciò che sta per dire.

"Credo che abbiamo appena scoperto cosa accade a un corpo se non c'è nessuno a salvare la sua anima"

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