Capitolo 11
Owen
18 giugno, graveyard.
"Ciao mamma, non so se lo sai,
ma da quando non ci sei tu non sono piú lo stesso, ho seguito i tuoi passi per così tanto tempo e non sono in grado in questo momento
di farne altri senza te affianco. Lo so che sono passati ormai più di due anni dalla tua scomparsa, però a questo punto ho capito che la frase 'il tempo guarisce ogni cosa' non racconta affatto la verità. Perché il mio dolore non si è affievolito neanche per un attimo, neanche quando ho scoperto che tu non eri la mia madre biologica.
Sai a volte mi chiedo se mi vedi,
forse da lassù anche se un po' lontano riesci lo stesso; amavo quando mi ccarezzavi la guancia se ti facevo domande senza senso, in fin dei conti usavo sempre aprire discorsi assurdi pur di avere la tua attenzione.
Ho sempre provato ad indossare i tuoi panni da supereroina ma credo che, nonostante i poteri magici che ho scoperto di avere, non sono lontanamente vicino ad avere la forza che ti contraddistingueva.
Voglio dirti che se anche adesso non ci sei, nella mia testa ci sei ancora rimasta e sono certo che le persone non muoiono mai veramente se c'è qualcuno che le ricorda."
Osservo la lapide di mia madre - Hannah Brooks - con sopra incisa un'epigrafe che ho scelto io stesso.
'L'ultimo nemico che sarà sconfitto è la morte.'
È la stessa frase scritta sulla tomba di Lily e James Potter e, da grande fan quale sono, ho deciso di dedicarla a lei; d'altronde è stata proprio Hannah a farmi conoscere quel libro e a farmene innamorare. Ci divertivamo ad imparare le citazioni più belle e a dedicarcele nei momenti che secondo noi le rispecchiavano meglio.
È da tempo che non venivo a farle visita - da prima dell'incidente - quindi avevo tante cose da raccontarle: dalla nuova vita di Pandora alla nuova amicizia con Gavriel, dal legame ritrovato con mio padre alla scoperta dei miei poteri.
A proposito di poteri, in quest'ultima settimana io e mio padre abbiamo adottato il metodo che ho proposto e gli allenamenti sono andati a gonfie vele.
Chiudo gli occhi, concentrandomi sul sentimento di amore e dolcezza che mi trasmette mia madre, e con il palmo della mano teso in avanti faccio sbocciare una corona di fiori bianchi sulla terra smossa della tomba.
"Ora devo andare a trovare un amico, grazie di tutto"
𖠄 *ೃ
Dopo due settimane ritornare al college mi sembra quasi come risvegliarmi da un sogno.
Le aule, gli armadietti, i corridoi pieni di studenti mi sembrano così familiari sebbene allo stesso tempo distanti.
Non ho idea di dove Gavriel abiti, conosco il luogo dove 'lavora' ma non la sua casa - cosa che mi fa sentire come se non mi fossi interessato abbastanza. Lui si è offerto di aiutarmi a controllare i miei nuovi poteri, mentre io, pur sapendo che cosa stava passando, sono restato nascosto a casa di mio padre.
È l'ora di pranzo e l'aria del parco è pregna di un odore di erba appena innaffiata e fiori ricolmi di polline.
I quattro alberi sotto i quali Gavriel è solito sedersi sono pieni di frutti multicolore: mele, limoni e persino piccoli mandarini ancora acerbi.
Il ragazzo è seduto nello stesso posto che Pandora mi aveva indicato.
Con un movimento della mano simile ad un arco faccio piegare i rami degli alberi verso terra a creare un piccolo igloo verdeggiante; Gavriel sobbalza per la sorpresa ma subito capisce chi è la causa di quel fenomeno insolito.
Ormai utilizzare la magia è diventato semplice come respirare; riesco a sentire perfettamente l'aria che si muove intorno a me, la vita che scorre nelle piante, il lento cullare della terra e il gorgogliare di una sorgente sotterranea.
I miei poteri mi hanno fatto capire che tutto ciò che ci circonda non si limita a stare, ma ad essere.
Raggiungo Gavriel e mi siedo a gambe incrociate sul telo a scacchi che ha posato sull'erba bassa.
"Ti facevo più originale" commento.
Un sorriso triste si apre sul volto pallido del ragazzo - non mi ero accorto di quanto appaia sciupato dall'ultima volta che l'ho visto.
"Pandora ha detto la stessa cosa. Come si dice: Dio li fa e poi li accoppia"
Dopo questo breve, brevissimo, scambio di battute il silenzio cala di nuovo incombente tra di noi.
Non so davvero da dove cominciare, anche se credo che delle scuse sarebbero perfette; ultimamente mi sto scusando un po' troppo, sono abituato a trattare con persone di cui non mi importa molto - esclusa la mia migliore amica o Logan.
Mi passo una mano dietro la nuca, lui sta osservando imperterrito un filo d'erba cercando di ignorarmi il più possibile o pensando ad una frase intelligente da dire, alla fine decido di anticiparlo.
"Mi dispiace, per tutto"
Gavriel alza di scatto la testa, un piccolo sorriso compare sul suo viso.
"Avrei detto lo stesso, amico"
Rimango imbambolato per un attimo, poi mi riscuoto dicendo "Non ce l'ho con te per quello che è successo con lei, non potevi fare niente per impedirlo. Io invece sono sparito"
Le sue spalle si rilassano come se si fosse sollevato un peso da esse.
"Ti stavi allenando, poi tuo padre era la persona più adatta per quel compito"
Aggrotto le sopracciglia. "Come fai a sapere che sono stato da lui? Io non ti ho detto niente"
Mi spiega sinteticamente ciò che è accaduto nelle mie due settimane di assenza, compresa la sua nuova scoperta: sa leggere nel pensiero.
"Quindi tu sai che io so quello che hai saputo?" Chiedo.
Nella mia testa suonava meglio.
Annuisce ridacchiando, poi si alza e in un attimo un paio di ali nere si aprono sulla sua schiena.
"Wow" riesco a dire soltanto.
Gavriel si risiede accanto a me. Sono felice che io non abbia bisogno di raccontargli da capo tutto ciò che ho fatto.
"Quindi non mi odi?" Chiedo ancora per conferma.
"Inizialmente ero abbastanza irritato dal tuo comportamento, poi però ho fatto un 'viaggetto' tra i tuoi pensieri e ho sentito il senso di colpa che provavi. Ti ho risparmiato una bella fatica, eh"
Avrei dovuto rispondergli, però nel frattempo il mio sguardo è caduto sul suo zaino aperto e sul panino intatto che è posato al suo interno, riconoscendolo come uno di quelli che distribuiscono nel college.
"Non dicevi di odiare il cibo della mensa?" Domando a bruciapelo.
Il suo sguardo si incupisce mentre si affretta a richiudere lo zaino.
"Ultimamente non ho molta voglia di cucinare..."
"...e di mangiare, a quanto vedo" concludo al posto suo, indicando il suo corpo sciupato con un movimento del capo.
"Owen, devo dirti una cosa"
𖠄 *ೃ
Gavriel
Ci ho riflettuto a lungo, ma credo che sia giusto raccontargli tutto - tanto prima o poi verrà a saperlo.
Sono stato contento che alla fine Owen si sia ricordato di me; i miei poteri ora mi permettono di conoscere i pensieri e le emozioni dei vivi oltre che quelli dei frammenti d'anima, cosa che mi ha reso più facile perdonarlo.
Lui, dalla sua parte, ha deciso di sorvolare sul mio non-intervento durante la scomparsa di Pandora.
"Owen, devo dirti una cosa" esclamo con un tono di voce un po' troppo basso. Devo raccontargli della profezia.
"Mi stai spaventando... è successo qualcosa con tuo padre?"
Sussulto nel sentire quell'ultima parola, non credo di averlo ancora accettato del tutto.
"No, cioè... in parte"
Faccio un respiro profondo e racconto ad Owen ciò che ho detto a Pandora, aggiungendo però la parte che tratta della profezia e il sogno in cui l'ho vista, nel quale mi ha spiegato dove si trova.
"Quindi sta bene?" È la prima domanda che mi pone.
"Si e sa tutto, comprese le mie origini"
Cala un nuovo silenzio tra di noi, ma questa volta non è imbarazzato, perché entrambi siamo immersi nei nostri pensieri.
"La seconda parte della profezia... quella che parla della Morte e del figlio di Lucifero, Lui vuole riportare indietro sua moglie - la tua vera madre - ma quando dice il confine verrà distrutto, intende che tutto il mondo diventerà come il Limbo e nessuno più potrà nascere o morire?"
Come un orologio rotto che segna sempre la stessa ora, in un'attesa immobile che precederà il giorno dell'Apocalisse.
"Si, ma la cosa peggiore è che non so come impedirlo. Owen, io non so che fare"
Vedo un lampo attraversare i suoi occhi "È da quando ti ha conosciuto che Pandora parla di uno strano legame che percepisce fra voi due, all'inizio credevo che fosse per le tue capacità. Ma ora... Gavriel, tu...?"
"Dal primo momento che l'ho vista"
𖠄 *ೃ
In no time, somewhere.
Il corpo di Aidan è caldo sopra al mio, sembra quasi di abbracciare una statua scaldata dal sole.
Le sue mani si muovono agili sul mio corpo, esplorandolo centimetro dopo centimetro e alleviando le tensioni della giornata passata con Mizu tra libri e armi, che mi ha distrutta più di qualunque allenamento possibile.
Il Ragazzo di Fuoco, come promesso, è venuto a trovarmi poco dopo il tramonto. Alla fine non sono riuscita a fare nulla per fermarlo.
In questo momento vorrei soltanto dimenticare, alienarmi da tutto e tutti, non pensare al college, ai miei amici, alla strana sensazione in fondo allo stomaco che ho provato nel vedere Gavriel con quelle splendide ali scure, bello come il diavolo ed innocente come un angelo.
Le labbra di Aidan sono voraci sul mio collo, il mio petto, il mio ventre, lasciano una scia bruciante ovunque vengano posate.
"Mirin..." mormora al mio orecchio facendomi scendere una scia di brividi lungo la schiena.
"Non mi chiamo così" lo rimprovero mentre lui posa la sua bocca sulla mia, impedendomi di continuare a parlare mentre io passo una mano fra i suoi capelli infuocati.
Continuiamo la nostra danza di seduzione per non so quanto tempo; trascinando il mio corpo con lui sempre più in fondo, fino a che la luna non prende possesso del cielo, anche se so che non potrò contemplarla per ancora molto tempo.
Mi sveglio quando il sole è ormai sorto; è mattina, almeno credo, non so quanto tempo sia passato in superficie, o a quanto corrispondano le ore che ho passato qua dentro.
Di Aidan non c'è più traccia, se ne sarà andato quando mi sono addormentata; so che è sbagliato quello che sta succedendo tra noi due, non c'è amore o affetto nel nostro rapporto, ma solo la passione più cieca.
Mi alzo dal letto stiracchiandomi, raccolgo i vestiti sparsi sul pavimento e comincio a preparare la vasca da bagno in cui ho intenzione di immergermi.
Quando l'acqua calda e profumata di talco e lavanda avvolge il mio corpo sento i muscoli contratti rilassarsi e la mente distendersi. Ripenso a tutto ciò che ho imparato durante la prima 'lezione' con Mizu.
Finalmente ho capito di cosa si occupano i Guardiani - alla fine ho trovato il modo di definire quelle creature - del Limbo: hanno un forte ascendente sul mondo dei vivi e influenzano le loro scelte circa i campi di cui si occupano, possiamo quindi semplicemente definirli come il destino.
I miei pensieri ricadono poi su Owen, chissà se avrà imparato a controllare i suoi poteri o se abbia capito come riportarmi indietro.
Spero solo che stia bene: da quando ci siamo conosciuti non c'è stato un giorno in cui non ci siamo visti e solo ora mi rendo conto di quanto si senta la sua assenza.
Gavriel poi, da quando l'ho rivisto, non riesco più a togliermelo dalla testa. C'era qualcosa di diverso nel suo sguardo, come se ci fosse qualcosa che avrebbe voluto dirmi ma per qualche strano motivo non poteva.
Esco dalla vasca quando l'acqua è ormai fredda, mi asciugo con un telo in cotone egiziano decorato con un elegante motivo dorato e mi slego i capelli che avevo raccolto in uno chignon disordinato.
Osservo per qualche secondo la mia figura allo specchio rettangolare dalla cornice di cristallo: la mia pelle è perfettamente liscia e distesa, senza traccia di imperfezioni, dalla tonalità tendente al bianco rosato. Sembro quasi fatta di porcellana, un vantaggio di non poter invecchiare, almeno credo.
Ritorno nella mia camera - spero per non troppo tempo - e quasi mi viene un colpo. Mizu è seduto sul letto con le gambe elegantemente accavallate; indossa una tunica di lino bianco dai ricami celeste ghiaccio che lascia scoperto parte del suo petto candido tramite un ampio scollo a punta.
"Credevo che stessi ancora dormendo, vista la nottata passata con mio fratello"
Non c'era un tono accusatorio o imbarazzato nella sua voce, era solo una constatazione; ormai ho capito il suo modo di esprimersi, dice solo quello che vede o pensa ma senza giudicare.
"Non mi piace battere la fiacca, tu invece: ti sei dato allo stile arabo?" Chiedo divertita, beccandomi uno sbuffo da parte del mio 'maestro'.
"Mi piaceva il colore delle decorazioni" esclama offeso.
Evito di rispondere, per non peggiorare la situazione, e apro l'armadio scuro per cercare qualcosa da mettermi visto che i miei 'vecchi vestiti' scelti da Annabelle sono tutti sgualciti e impolverati.
Alla fine indosso un paio di stivali in velluto al ginocchio, una gonna dalla zip tonda e un top che mi lascia scoperto un lembo di pelle sopra la cintura, tutto meticolosamente nero. Poi mi lego i capelli in una coda alta e mi piazzo difronte a Mizu.
"Non stiamo andando in discoteca, Mirin"
Questa me la meritavo.
𖠄 *ೃ
"Devi tenere i talloni più divaricati o non riuscirai a mantenere l'equilibrio"
È la quinta volta che la falce mi vola di mano, non sono per niente brava a combattere.
Una volta Owen mi ha portata ad una lezione di scherma e il risultato è stato una distorsione alla caviglia e un doloroso livido sul ginocchio.
"Non capisco perché devo imparare ad usare questa cosa"
Mi lamento raccogliendo la mia arma; ha il manico in legno scuro decorato con scene di guerra e la sommità in metallo lucido plasmato a forma di teschio, da cui parte la lama affilata.
"Perché sei la Morte e devi saper sconfiggere gli spettri dell'anima per difendere i neo-morti" mi ripete pazientemente Mizu.
Gli spettri dell'anima sono degli esseri - che per me assomigliano a zombie fantasma - i quali si nutrono delle anime delle persone appena morte. Il mio compito, tra i tanti altri, è quello di ucciderli con la mia falce per evitare che raggiungano la loro preda.
"E se non riesco ad ucciderne uno?" Chiedo curiosa.
"Non lo so, non è mai successo prima di adesso"
Molto rassicurante.
"Ora basta perdere tempo" dice secco, per poi partire nuovamente all'attacco.
Questa volta non mi lascerò sconfiggere, infatti una delle cose che odio di più è perdere.
Pianto bene i piedi a terra, piego leggermente le ginocchia e afferro saldamente il manico della falce.
Io sono la Morte, io non perderò. Io sono la Morte, io non perderò.
Mi ripeto.
Mizu mena un fendente alla mia destra che io scanso con un balzo, poi cala la sua arma dall'alto. La vedo scendere ad una velocità impressionante ma, non so come, la mia falce si frappone alla sua e riesce a fermarla a mezz'aria. Il rumore dello scontro rimbomba per tutta la caverna e fin nella mia gabbia toracica.
Sento una scarica scendermi lungo le braccia, una nuova forza si fa strada nel mio corpo. Mi faccio indietro e decido di attaccare a mia volta.
Faccio roteare l'arma passandola dalla mano destra alla sinistra, poi, con uno scatto del polso, colpisco con un tondo le sue gambe. Mizu però evita il mio colpo con un salto.
Con un movimento fulmineo incastra la punta acuminata della sua falce con la mia, perdo la presa sul manico e vedo l'arma volarmi di mano oltre la mia testa.
Io non perderò!
Con un'agilità che non sapevo di possedere, mi fletto all'indietro facendo una ruota e, con una mano afferro la falce che stava per toccare terra, mentre con il piede opposto colpisco con forza il punto il cui il mio maestro stringe la sua arma, facendogli mollare l'impugnatura per la sorpresa.
Mi rimetto velocemente in piedi con la mia falce in mano e afferro al volo quella che ho appena strappato a Mizu.
Un sorriso trionfante mi si dipinge in viso.
"Io non perdo" esclamo soddisfatta.
Lui ricambia il mio sorriso e mi si avvicina; posa una mano sulla mia spalla guardandomi con i suoi occhi lattiginosi.
"Lo so"
Dopo l'allenamento Mizu mi accompagna in biblioteca, una grande sala con le pareti interamente tappezzate di libri fino al soffitto, una scala a chiocciola che permette di salire fino agli scaffali più alti e dei comodi divani scuri nel centro.
"Sono sorpreso dal fatto che tu ti sia arresa così facilmente" commenta indicando con un braccio il punto in cui devo sedermi.
"Che intendi?" Domando, poi mi accomodo - o meglio mi stravacco con poca eleganza - su un divanetto di pelle poggiando la gamba destra sul bracciolo e lasciando l'altro piede abbandonato sul pavimento.
"Intendo che sei rimasta qui senza fare storie e impegnandoti negli allenamenti"
Prende in mano un libro scuro dalla copertina cremisi e con il titolo scritto in flessuose lettere dorate.
"Ho soltanto fiducia nei miei amici, so che stanno lavorando per riportarmi indietro; poi credo che i nostri 'allenamenti' siano utili, finalmente ho trovato qualcuno che sa rispondere a tutte quelle domande che sulla Terra erano senza risposta"
Devo ammettere che stare sottoterra non è il massimo, mi mancano il sole, l'aria aperta e il cielo sconfinato, però gli ambienti sono confortevoli e riccamente decorati, i Guardiani sono gentili - eccetto per Aidan e Nefisi, che però ancora non ho conosciuto - e grazie a Mizu sono riuscita a conoscere meglio il mio nuovo corpo e i miei compiti da Neo-Morte.
"Ti fidi così ciecamente di Owen, lo stregone, e Gavriel, il figlio di Lucifero?" Mi chiede, mentre con una mano mi porge il libro; il titolo recita 'Demoni: dai minori ai Principi delle Tenebre'. Subito dopo si dirige dal lato opposto della sala, forse per cercare un altro volume.
"Owen è come un fratello per me, mentre Gavriel... beh lui non lo conosco ancora bene, però è come se qualcosa mi dicesse che il posto in cui deve stare è nella mia vita"
Mizu mi guarda intensamente passandomi il secondo libro, è simile al primo ma con la copertina bianca e il titolo in argento che recita: 'Angeli: dai minori agli Arcangeli'.
Mi viene spontaneo confessargli i miei pensieri e i miei dubbi, forse perché mi trasmette quel senso di tranquillità e sicurezza che mi porta a non saper tenere a freno la lingua.
"Il mezzo angelo, Gavriel, secondo me sta nascondendo qualcosa"
Sollevo di scatto la testa dal libro candido.
"A me sembrava sincero quando l'ho incontrato in sogno"
"Mentire è diverso da omettere"
E con quell'ultima frase mi fa capire che la nostra conversazione è terminata: è ora di concentrarsi sulla lettura.
𖠄 *ೃ
"Quindi oggi Mizu non ti ha distrutta?" Mi domanda Waira con un mezzo sorriso.
Io, lei e Gea siamo sedute in un giardino sotterraneo pieno di muschio profumato, funghi bioluminescenti, felci dalle foglie carnose e alberi dai tronchi sottili e dalle foglie violacee che ricoprono le pareti della grotta.
Sedute ad un tavolo ricavato da un tronco più piccolo e uno molto più grande stiamo sorseggiando una tazza di thè ai frutti rossi.
"No, è stato quasi simpatico quando ha commentato il mio outfit. Poi finalmente sono riuscita a disarmarlo" racconto stringendo tra le mani la tazza di porcellana.
"Che ha detto?" Chiede Waira ridacchiando.
E nello stesso momento Gea "Come hai fatto?"
Sorrido per le differenze delle due ragazze sedute difronte a me: una candida come la neve, l'altra scura come la terra, una allegra e gentile, l'altra composta e responsabile.
"Mi ha chiesto se dovevo andare in discoteca" rispondo alla prima domanda e subito dopo racconto del nostro combattimento.
Ho passato le successive tre ore a memorizzare i nomi di demoni e angeli, anche se non so precisamente a cosa sia servito.
L'unica cosa utile che ho imparato è che demoni e angeli minori sono per me una specie di aiutanti, ovvero si occupano dei casi di morte di persone completamente buone o cattive, mentre a me toccano i 'casi difficili', ovvero quelle persone che sarò io a giudicare.
"Ti manca la tua casa?" Mi chiede d'un tratto Gea, con il suo tono di voce profondo e pacato.
Poso la tazza sul tavolo e faccio un sospiro. "So che può sembrare strano ma, più tempo passo in questo posto, più mi sembra familiare. Anche se sento profondamente la mancanza della mia quotidianità: i viaggi nella decappottabile di Owen, i concerti con la mia band, le feste nella palestra della scuola, gli armadietti dove ci si ferma a chiacchierare, le lezioni interessanti o meno..."
Lascio l'ultima parte in sospeso, come se avessi paura di continuare.
"Percepisco il misto di emozioni che stai provando; ansia, paura, malinconia e qualcos'altro che non riesco a focalizzare, qualcosa che stai cercando di reprimere"
Ed ecco che un altro potere della Ragazza di Bronzo viene a galla.
Sto per rispondere quando un fruscio di foglie spostate mette in allerta i miei sensi, mi alzo di scatto e mi metto in posizione di attacco; ogni ora che passa il mio istinto di combattente diventa sempre più forte.
Una figura appare dall'entrata del giardino scostando le foglie che fanno da porta. Sembra fatta di luce, i suoi passi quasi non fanno rumore, come se fluttuasse, e il suo corpo è sottile e leggiadro.
La pelle candida è circondata da un aura azzurrina, i corti capelli celesti, decorati da fiori dello stesso colore, fluttuano intorno al suo capo accarezzandole lievemente le orecchie a punta.
Il viso affilato e leggermente scavato vanta un paio di occhi dalle iridi completamente cerulee e dalla sclera blu come la notte, circondati da lunghe ciglia bianche e delle labbra perfettamente curvilinee.
Il sottile vestito bianco lascia definiti i contorni del suo corpo ma senza svelare troppo e mette in evidenza le lunghe gambe magre.
Senza che abbia bisogno di presentarsi, il suo nome mi sfiora le labbra.
"Nefisi..." sussurro, l'ultimo Guardiano.
Lei si avvicina lentamente a noi e alza i suoi occhi su Gea.
"Sorella, è chiaro come l'acqua" comincia con la sua voce angelica "Lei è innamorata"
Faccio un passo all'indietro andando a sbattere contro la sedia di legno, e allora Nefisi sposta il suo sguardo su di me.
"Controllo il bene e il male, i desideri nascosti e l'amore vero; non puoi mentirmi: tu lo ami, da quando si è catapultato in ospedale per vedere come stavi, da quando ti ha cucinato il pranzo nel giardino del college, da quando ti ha aiutata a riportare indietro Owen nonostante non lo sopportasse. Ma hai anche paura di fidarti, perché Pandora Esposito - Mirin - non da la sua fiducia a chiunque. Tu lo ami, ma non vorresti farlo perché in fondo sai che non ti sta raccontando tutta la verità"
Rimango bloccata sul posto, non sopporto chi mi legge dentro.
Soprattutto se so che ha ragione.
𖠄 *ೃ
Gavriel
18 giugno, Owen's house.
"Quando dicevi di essere ricco non scherzavi" prendo in giro Owen.
Sono felice di non dover più affrontare tutto da solo; e pensare che all'inizio non sopportavo quel ragazzo, mentre ora mi rendo conto che, nonostante tutto quello che possiede, anche la sua vita non è stata tutta rose e fiori.
"Ti ricordo che la casa non è mia" mi riprende dandomi una pacca sulla spalla.
Prende le chiavi dalla tasca dei jeans e apre la porta invitandomi ad entrare: l'interno della casa è ancora più bello dell'esterno.
Un uomo sulla cinquantina ci sta osservando dal bancone della cucina, assomiglia moltissimo ad Owen, anche se so che in realtà non è suo padre ma un suo discendente.
Ha uno sguardo strano, come se mi stesse analizzando da capo a piedi.
"Salve" dico sorridendo, spero di alleggerire la tensione che sento nell'aria.
"Piacere, Will" mi risponde avvicinandosi. Un sorriso è apparso sul suo viso, solo che non c'è un briciolo di calore in esso.
Chiudo velocemente gli occhi e una parola, una singola parola, mi attraversa la mente: intrappolare.
D'istinto faccio un passo all'indietro provando a scappare, però è troppo tardi.
Sento Will urlare una specie di formula di cui non comprendo il significato.
"Exsurgat Deus et dissipentur inimici ejus: et fugiant qui oderunt eum a facie ejus.
Sicut deficit fumus, deficiant: sicut fluit cera a facie ignis, sic pereant peccatores a facie Dei"
Un dolore lancinante mi attraversa la testa, perdo il sostegno delle gambe e mi accascio al suolo urlando.
L'ultima cosa che sento è Owen urlare "Cosa gli hai fatto!?"
Poi perdo il contatto con la realtà.
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