Capitolo 10
Gavriel
11 giugno, college.
Ero un romantico senza speranza.
E sono ancora un romantico senza speranza.
Ero solito credere che l'amore fosse il valore più importante.
E credo ancora che l'amore sia il valore più importante.
Non mi aspetto di essere felice. Non ho mai immaginato che avrei trovato l'amore, qualunque cosa significhi, o che se l'avessi fatto, mi avrebbe reso felice.
Non penso all'amore come risposta o soluzione. Penso all'amore come a una forza della natura - forte come il sole, come necessario, impersonale, gigantesco, impossibile, tanto ardente quanto caldo, tanto portatore di sofferenze quanto di vita.
E so che quando inizia a bruciare non c'è nulla che possa placarlo.
Pandora è sparita ormai da una settimana, e più ci penso, più sento che avrei potuto fare di più.
Sono il figlio di Lucifero, ho delle stupide ali nere e a quanto pare, oltre che parlare con le anime, posso usare la magia.
Dopo l'ultima visita di mio padre, quella in cui è riuscito a mettere a nudo i miei sentimenti, lui non si è fatto più sentire. Nessuna parola, nessun consiglio, nessun ordine, niente.
Mi ha messo di fronte ad una realtà ancora più scomoda di quella in cui già vivevo e poi mi ha abbandonato di nuovo, come in attesa del momento giusto in cui sfruttarmi ancora.
Owen, dal suo canto, non è più tornato a scuola, sperduto in chissà quale posto.
Ricordo ancora le sue parole: '...devi solo lasciarti aiutare, alla fine troverai anche tu il tuo posto e noi ti aiuteremo a cercarlo'. Alla fine, da due amici quali erano, uno è stato telettasportato non so dove e l'altro è sparito senza neanche un messaggio.
Capisco che Owen possa avercela con me per come mi sono comportato - devo ammettere che, nei suoi panni, avrei provato lo stesso - ma non è stato affatto giusto lasciarmi qui da solo.
"Gavriel Morningstar!"
Anche il mio cognome sembra meno strano ora.
Alzo la testa in direzione del professore di meccanica applicata, mi sta guardando terribilmente male.
"Non hai risposto alla domanda" mi rimprovera.
"Mi scusi, non stavo ascoltando"
Afferro imbarazzato il ciondolo della mia collana: dalla sera in cui ho scoperto la mia vera identità ho ricominciato ad indossarlo, anche se non sono ancora sicuro del motivo.
"Di cosa si occupa la progettazione funzionale?"
Il professore mi ripropone la stessa domanda con un sospiro; fortuna che è una delle poche persone che non mi odiano o ignorano in questa città.
Spalanco leggermente gli occhi: è un argomento trattato in una delle lezioni che ho saltato, e che io avrei dovuto recuperare.
Stringo ancora più forte i ciondoli a forma di ali, fino a che non li sento incidere la pelle del mio palmo.
In quel momento, non so come, sento la voce di Gilbert, il secchione della classe, sussurrare la risposta. Ma la cosa più strana è che non vedo le sue labbra muoversi.
Preso alla sprovvista, senza rifletterci, ripeto le stesse parole al professore.
"È lo studio della forma da dare ai membri di un meccanismo affinché realizzino una certa traiettoria dettata dalle esigenze di funzionamento, affinché permettano il tracciamento di curve e funzioni"
Vedo diverse facce voltarsi stupite nella mia direzione, compresa quella del professore.
"Molto bene, vedo che hai deciso di mettere la testa a posto"
Faccio un piccolo sorriso quando noto l'espressione sconvolta di Gilbert: eh si bello, questa volta ho vinto io.
A quanto pare devo aggiungere la voce 'lettura del pensiero' all'elenco delle cose strane che riesco a fare.
Il suono della campanella mi distoglie ancora dai miei pensieri, prendo lo zaino ed esco in cortile per pranzare.
𖠄 *ೃ
Owen
11 giugno, my dad's house.
"È da una settimana che mi alleno, quando sarò pronto?" Chiedo per l'ennesima volta a mio padre, mentre con le mani cerco di far incendiare la legna nel camino.
"Quando riuscirai a compiere con successo tutti gli incantesimi di base, tra cui quello di accedere un fuoco usando l'ossigeno circostante"
Mi risponde indicando con enfasi il mucchietto di tronchi posato davanti ai miei piedi.
"Ogni volta dici la stessa cosa e ogni volta ti inventi un incantesimo nuovo"
Inizio a pensare che voglia soltanto rimandare il momento in cui farò veramente qualcosa.
Siamo partiti dalla telecinesi, che sfrutta la densità molecolare degli oggetti, poi siamo passati alla magia dell'acqua e dell'aria, poi alla lettura del pensiero, di cui fa parte quel trucchetto di memorizzazione veloce dei libri, ed ora manca il fuoco.
"Io non invento un bel niente!"
Si difende Will piccato, dirigendosi verso il divano e sedendosi a braccia incrociate.
"Quando avrò imparato questo che cosa mi insegnerai? Il teletrasporto?!"
"Ci vorrà tempo per quel tipo di magia, è una delle più complicate" brontola quasi sottovoce.
Ho perso una settimana di lezioni, ho abbandonato Gavriel - ce l'ho ancora con lui, ma si merita una spiegazione; poi devo parlargli della questione 'figlio di Lucifero' - e non ho fatto ancora nulla per aiutare Pandora.
Frustrato sbatto con foga un piede sul pavimento, nello stesso momento un ciuffo di fumo si alza dai ciocchi di legna, seguito poi da una piccola fiamma che nel giro di pochi secondi riesce a rianimare l'intero camino.
Il mio sguardo si illumina, guardo felice mio padre che invece non ricambia la mia gioia.
"Devi imparare a controllarti!" Sbotta furioso, alzandosi di scatto dal divano. "Ti ho insegnato la meditazione, ti ho parlato dei pericoli di farti travolgere dalle emozioni e ne hai avuto persino la prova a quanto mi hai raccontato; ma tu ti ostini a non volermi ascoltare!" Will ha mosso un passo verso di me ad ogni parola, ed ora mi guarda con i suoi occhi verdi colmi di rimprovero.
"Non hai il diritto di rimproverarmi! Hai passato tutti questi anni a mentirmi e in questi giorni non ti ho visto fare nemmeno una magia, hai passato il tempo a criticarmi e a svalutare ogni mio singolo progresso. Ora vuoi spiegarmi cosa vuoi da me?"
Alla fine ho cominciato ad urlare anche io.
Mio padre alza di scatto una mano e i miei piedi si ritrovano contemporaneamente ad un metro sopra il pavimento, poi con un movimento di polso, simile a quello che si compie lanciando una pallina da baseball, mi ritrovo scaraventato qualche metro più in là.
Mi alzo barcollando. "Ma sei impazzito per caso!?"
"Io voglio solo il meglio per te, Owen" il suo tono è tornato calmo "E con il meglio intendo farti diventare uno stregone migliore di quello che io sono mai stato"
Mio padre si avvia verso le scale, con le spalle ricurve e il peso delle sue sconfitte che gli grava addosso.
"Chiamami quando avrai deciso cosa fare" In quelle parole c'era qualcosa di implicito, qualcosa che assomigliava ad un: 'alla fine ti fiderei di me?'.
Rimango da solo nel salone, sentendomi tre volte più in colpa. Ho deluso Pandora e Gavriel, ed ora persino mio padre.
𖠄 *ೃ
Gavriel
Il prato è fresco sotto le mie dita nonostante il sole estivo che comincia a farsi sentire sulla pelle.
Sono seduto nello stesso punto in cui mi rifugio sempre per pranzare - una piccola radura ombreggiata da quattro alberi bassi - ma percepisco come un vuoto accanto a me.
Mi ritornano in mente la faccia di Pandora quando ha assaggiato il pranzo che avevo preparato per lei, la sua testa sulla mia spalla, la nostra discussione e poi la mia mano intorno al suo polso marchiato.
"Torna da me, ti prego"
Appoggio la schiena contro il tronco sotto cui mi sono accomodato e chiudo gli occhi. Sono più stanco di quello che voglio ammettere, ultimamente non sto riuscendo a dormire bene perché la mia mente continua a vagare tra i ricordi passati e i piani futuri.
Però la cosa che mi tiene maggiormente sveglio è quella stupida profezia.
"...quando il cuore del Figlio cederà ai suoi istinti"
Non posso permettere a mio padre di frantumare il delicato equilibrio che mantiene separato questo mondo da quello delle anime, ma non posso nemmeno negare ciò che provo per lei.
Contro i sentimenti siamo disarmati, poiché esistono e basta - e sfuggono a qualunque censura. Possiamo rimproverarci un gesto, una frase, ma non un sentimento: su di esso non abbiamo alcun potere.
Rimango così, con gli occhi chiusi a riflettere, per non so quanto e alla fine, senza accorgermene, il mio respiro si fa lento e regolare, i miei muscoli si rilassano e, cullato dal lieve frusciare delle foglie al vento, mi addormento.
"Gavriel... Gavriel, svegliati. Gavriel!"
Apro gli occhi di scatto, qualcuno sta urlando il mio nome e mi sta scuotendo per le spalle. Inizialmente non riesco a mettere a fuoco la figura che mi sta guardando piegata sul mio corpo steso a terra, poi, quando la mia vista si abitua al nuovo ambiente, scorgo un paio di iridi grigio ghiaccio.
Ci metto qualche secondo a realizzare cosa sta succedendo.
"Pandora, tu sei... sei davvero tu?"
Mi alzo lentamente per evitare di farmi girare la testa; quando sono in piedi riesco a scorgere ogni tratto del suo viso.
"Sono io" sorride dolcemente "ma non abbiamo molto tempo e devo dirti delle cose importanti"
Mi prende per le spalle per poi spostare una mano sulla mia guancia sinistra.
Siamo in mezzo al buio più totale, il pavimento è nero, il soffitto è nero e persino le pareti risultano indistinguibili; solo una lieve luce bianca inonda il punto in cui sono fermi i nostri corpi.
Istintivamente poso le mani sui suoi fianchi, indossa un vestito bianco che le arriva al ginocchio fatto di velo, con una gonna leggera, uno scollo a punta e due bretelle sottili.
"Bianco, eh" scherzo, sono così felice di rivederla ma ancora non riesco a realizzare ciò che sta accadendo.
"Credo che sia opera tua..." comincia, ma poi la sua espressione torna seria "Sei il figlio di Lucifero"
Quella non era una domanda.
"Come fai a saperlo?"
"È una lunga storia... però non sono qui per questo" abbassa lo sguardo sulle mie mani e subito le scosta dal suo corpo. Devo ammettere che quel gesto mi ferisce non poco.
"È tutta colpa di tuo padre! È colpa sua se io sono diventata un mostro! Perché non mi hai detto niente?" Vedo una lacrima scivolarle lungo la guancia, vorrei tanto poterla asciugare con un dito.
"Di cosa stai parlando? È solo da una settimana che ho scoperto tutto, poi anche Owen è sparito e io sono rimasto da solo ad affrontare il peso di quella verità" mi accorgo di avere la voce rotta.
Alzo lo sguardo verso Pandora e lei lo ricambia con un espressione afflitta: mi crede.
"Allora direi di ricominciate da capo" afferma decisa.
Ci raccontiamo sinteticamente le nostre scoperte: lei parla di come è andato veramente l'incidente ed io le parlo della visita di mio padre, omettendo il particolare della profezia.
"Quando tornerai?" Le chiedo, sento che il nostro tempo sta per scadere.
"Non lo so, nel Limbo sto imparando a gestire i miei nuovi poteri e la mia nuova identità. Ma ti prometto che quando lo farò ti aiuterò a fermare tuo padre, non permetteremo che getti nel caos il nostro mondo"
Vorrei chiederle più informazioni sul luogo in cui è finita ma decido di trattenermi, prima o poi me ne parlerà.
Mi avvicino nuovamente al suo corpo e le poso un lieve bacio sulla fronte.
"Grazie" sossurro.
Pandora alza il suo viso fino a che i nostri nasi non si sfiorano.
"Mostrati a me, ti prego"
So cosa intende.
Faccio un sospiro e sento il peso familiare delle mie ali apparire sulla schiena. Ancora non ho provato ad usarle per volare, anche perché sulla terra non è che ci siano posti adibiti a 'volo di angeli'.
Lei mi guarda estasiata.
"Sei... sei bellissimo"
Gli angoli della mia bocca si piegano di loro volontà.
"Mai quanto te"
Apro gli occhi, sono di nuovo nel parco accanto al college. Pandora è sparita ancora.
Una nuova domanda ora mi frulla in testa: era solo un sogno o qualcosa di più? Io sono più incline alla seconda.
Resto con lo sguardo fisso di fronte a me, la sensazione in fondo al mio stomaco è tornata a farsi sentire non appena ho rivisto il suo viso.
Forse è meglio se resta ancora per un po' lontano da me, peccato che ogni secondo senza di lei il mio cuore perde un battito.
Mi porto una mano fra i capelli, poi l'altra e alla fine mi ritrovo con la testa abbandonata sulle mie ginocchia.
Non c'è via di uscita.
𖠄 *ೃ
Somewhere, in no time.
Un profumo di vaniglia e talco mi inonda le narici, la morbidezza delle lenzuola di seta mi accarezza il corpo avvolto in una semplice vestaglia grigio perla e il rumore del silenzio mi tranquillizza la mente.
No, non sono pazza. Ho appena detto rumore del silenzio, perché per me il silenzio è un suono; non esiste l'assenza di ogni vibrazione, si percepisce sempre il lieve battito del proprio cuore, il proprio respiro, il ronzio lasciato nell'aria dell'improvvisa scomparsa dei rumori che poco prima stavamo ascoltando. E, a mio avviso, è il suono più bello di tutti, quello che riusciamo ad ascoltare più raramente.
Anche se al momento non riesco a godermelo appieno, vista la miriade di pensieri che mi affollano la mente.
Waira mi ha parlato della sua teoria circa ciò che mi è successo, la quale è stata confermata dalla revisione dei miei ricordi; risultato: Gavriel è il figlio di Lucifero ed io sono stata trasformata nella nuova Morte per colpa di suo padre.
Ancora il motivo non ci è chiaro e, come se non bastasse, non posso neanche andarmene da questo Limbo visto che 'devo prima allenarmi' e 'imparare tutto ciò che la Morte può fare', o almeno è quello che mi ha riferito Mizu.
Ho anche scoperto che ci sono altre due creature che ancora non ho conosciuto, mi pare che si chiamino Gea e Nefisi.
Mi alzo dal letto, qui il tempo scorre diversamente rispetto alla terra quindi, se da me è passato appena un giorno, da Owen e Gavriel può essere passato un minuto come un anno.
Un brivido mi percorre la schiena, non posso perdermi il resto della mia vita rinchiusa qua dentro.
Mi passo una mano fra i capelli e li annodo in una morbida treccia che mi ricade sulla schiena. Poi indosso, tra gli abiti appesi nell'armadio ai piedi del letto, un leggero vestito di velo blu notte che mi lascia le spalle scoperte e un paio di sandali ad infradito con sopra delle pietre colorate.
All'improvviso sento bussare sulla porta di legno scuro, mi avvicino alla maniglia e la abbasso titubante.
Mi ritrovo di fronte ad Aidan e la sua chioma infuocata.
"Ancora tu!?"
Un sorriso sbilenco gli appare sul viso, credo di essermi leggermente abituata al suo 'potere ammaliatore'.
"Per quanto mi piacerebbe poter restare a giocare con te, oggi sono solo un messaggero. Gea vorrebbe parlare con te." Così dicendo mi porge una mano e mi invita a seguirlo.
Finalmente conoscerò il penultimo membro del gruppo, anche se non ho ancora capito bene di cosa si occupino.
Afferro la mano di Aidan che intreccia le sue dita con le mie.
"Quindi stasera sei libera?"
"Scordatelo" Dico tutto d'un fiato, provocando una lieve risata del mio accompagnatore.
Aidan mi guida lungo i corridoi tortuosi di quello che sembra un formicaio gigante costruito sotto una montagna. L'unica differenza sono le stanze riccamente decorate e i passaggi perfettamente rettangolari.
Arriviamo di fronte ad una porta completamente fatta di legno nodoso e piccole gemme verdi e gialle.
"Buona fortuna" mi sussurra all'orecchio, per poi darmi una pacca sul sedere e sparire nell'ombra prima che possa prenderlo a schiaffi.
Deglutisco e busso decisa alla porta per una volta sola; vedo la maniglia d'oro inclinarsi e la porta spalancarsi per far spazio ad una creatura che sembra fatta di argilla e perle.
I lunghi capelli color del cioccolato sono legati all'indietro da due trecce parallele che corrono lungo tutto il suo capo. Un paio di occhi ambrati, orlati da lunghe ciglia simili alle ali corvine di una farfalla, mi guardano come intenti a studiarmi. Il naso affusolato, gli zigomi e la fronte ampia sono decorati da bianchi disegni simili a rami sottili. Anche le orecchie esageratamente a punta, le dita magre, con lunghe unghia smaltate di nero, il collo, il dorso delle mani e le spalle sono ricoperti di tatuaggi luminosi. Ma la cosa che più mi colpisce è il contrasto tra la sua pelle sicurissima e il bianco dei simboli che la ricoprono come vasi colmi di linfa.
Dopo avermi analizzata a lungo, si fa da parte e mi lascia entrare nella sua stanza simile all'interno del tronco di un albero. Questa infatti è perfettamente circolare, ha le pareti in legno chiaro, il pavimento adornato da cerchi concentrici e i mobili dalle forme semplici. Gli unici colori accesi presenti sono il verde e il giallo.
"Quindi saresti tu la nuova Mirin" comincia, con la sua voce invidiabile dalla migliore cantante gospel.
"Perché, ti aspettavi di meglio?" La sfido: nonostante tutto ciò che mi sta succedendo non permetterò alla mia grinta di scivolare via.
Gea fa un lieve sorriso. "Mi piace il tuo temperamento, e comunque no: ti immaginavo vecchia e rugosa"
Mi lascio sfuggire una risata.
"Non sei la prima ad averlo pensato, ne sono sicura"
"Prego, siediti" mi invita indicando il letto, anch'esso tondo e dalle lenzuola di raso verde. Faccio come dice e poco dopo anche lei si accomoda accanto a me.
"Ti dirò subito di cosa mi occupo e perché ti ho fatta chiamare"
Annuisco leggermente.
"Io controllo i sogni, le emozioni e il vero essere delle persone. È per questo che appena sei arrivata avrai avuto l'impressione di essere scannerizzata, stavo solo cercando di capire chi fossi davvero"
"Vorrei tanto saperlo anche io" dico con una lieve nota amara nella voce.
"Posso solo dirti che tendi a sottovalutati troppo e che a volte lasciare uscire le tue emozioni ti farebbe bene. Non c'è bisogno di avere il controllo su ogni cosa, la vita è bella perché la sorpresa può essere dietro l'angolo"
Non ci posso credere, in due frasi è riuscita a sintetizzare Pandora. Non credevo fosse possibile.
"Il primo punto è stato trattato, ora credo che ci sia la parte più importante, o sbaglio?" Chiedo.
"Infatti. Credo che sarebbe utile andare a parlare con il tuo angioletto"
Subito capisco a cosa si riferisce.
"Gavriel? E come faremo a portarlo qui?" Chiedo con un sopracciglio alzato.
"Non sarà lui a venire... né tu ad andartene" aggiunge velocemente notando il mio sguardo illuminarsi "vi incontrerete, ma non proprio di persona"
Odio quando la gente si dilunga nei discorsi, è così difficile dire le cose come stanno?
"Cosa stai cercando di dirmi, Gea?"
"Che vi vedrete in un sogno, o meglio, in un suo sogno"
Quasi dimenticavo i suoi poteri.
"E come faremo a farlo addormentare, ovunque o in qualunque momento egli sia?"
"Ti ricordo che sei nel Limbo, l'unico posto dove il tempo non ha importanza"
Una delle domande che mi ha sempre assillata è cos'è il tempo?
Come ha detto Sant'Agostino: "Se nessuno me lo chiede, so cos'è il tempo, ma se mi si chiede di spiegarlo, non so cosa dire"
Credo proprio che lo stesso valga per me; i realisti diranno che il tempo è lo scorrere dei secondi, dei minuti, delle ore, i sentimentalisti che è l'insieme dei momenti e delle emozioni che percorrono la nostra vita, i filosofi che è il 'divenire' delle cose.
Ma io penso che non sia nessuna di queste cose, non possiamo ridurre la parola tempo a dei semplici concetti - il tempo siamo noi, l'utilizzo che decidiamo di farne e il valore che ha per sé stessi.
Il tempo ci permette di crescere, maturare, capire l'importanza della nostra vita.
È anche vero che c'è chi dice che il tempo non esiste, che tutto è 'relativo', però allora che senso avrebbe vivere, cambiare, fare delle scelte?
Credo infine che mai nessuno, almeno per ora, possa darci una risposta sicura.
Quindi mi limiterò a pensare: non misurare il tempo, goditelo.
"Possiamo prendere un qualunque momento della giornata di Gavriel e scegliere quello opportuno" concludo il pensiero per lei.
"Giusto! Vedo che stai cominciando a comprendere"
Gea mi sorride rialzandosi dal letto color prato, poi con la sua mano sottile ma ferma mi afferra la spalla e mi fa stendere sulle lenzuola di raso.
"Rilassati, credo davvero che lui non veda l'ora di rivederti"
Chiudo gli occhi con un sospiro.
Lo spero davvero, anche perché ho un paio di cosette da chiedergli.
𖠄 *ೃ
Owen
11 giugno, my dad's house.
Sono stato un coglione.
Ed ora, invece di continuare ad allenarmi per aiutare Pandora e Gavriel, mi ritrovo seduto al bancone della cucina a mangiare gelato al cioccolato direttamente dalla vaschetta.
Sono sempre stato una frana con le scuse ed ora, specialmente con mio padre, non ho la minima idea di cosa dire per farmi perdonare.
In questi ultimi anni, quelli che ho vissuto senza entrambi i miei genitori, mi sono convinto che mio padre fosse un mostro. Ma solo ora, dopo che finalmente ha deciso di confidarmi i suoi dubbi, le sue paure, ho capito che lui mi ha allontanato non perché non mi volesse bene, ma perché aveva paura di compiere gli stessi errori che ha compiuto con Hannah.
Lui è sempre stato un uomo forte - a volte persino freddo - ma so che in fondo è più fragile di me, il solito ragazzo 'tutto fumo e niente arrosto', travestito da giocatore di football, che invece ama i libri e si commuove per i film drammatici.
Rimetto la vaschetta di gelato in frigo, in ricordo di tutte quelle che ho finito a casa di Pandora - compreso il suo gusto preferito, burro d'arachidi - e salgo al piano di sopra.
Guardo mio padre che osserva il cielo stellato dalle vetrate della casa, chissà cosa starà pensando.
Mi schiarisco la voce e lui si volta nella mia direzione.
Sta per dire qualcosa, ma io lo blocco con un gesto della mano: se inizia a parlare lui non riuscirò mai a dire quello che vorrei.
Muovo qualche passo nella sua direzione e comincio a parlare.
"Scusa se sono così. Scusa se, non dico mai la cosa giusta, nel momento giusto. Scusa se, a volte ti rispondo male e finiamo sempre per litigare. Scusa se, me la prendo per niente. Scusa se, sono costantemente testardo e non voglio mai starti a sentire.
Ma sai, solo ora mi rendo conto che tutto ciò che hai fatto lo hai fatto per me. Nessuno possiede il cuore che possiedi tu e nessuno, ripeto nessuno, potrebbe prendersi cura di me, e dei miei poteri, come lo fai tu. E scusa, ma quando si tratta di ciò che provo, non sono per niente bravo ad esprimerlo."
Will sorride. "Non hai niente di cui scusarti. Ho reagito così solo perché avevo paura, paura che, una volta avessi attraversato la porta di casa, avrei perso anche te. Ma riflettendoci ho cercato di mettermi nei tuoi panni e ho capito quello che stai provando, lo stesso che provavo io quando tua madre, quella che ti ha cresciuto, stava male per colpa della sua malattia: la foga di andare avanti, di salvarla ad ogni costo"
Mio padre si avvicina e mi stringe in un abbraccio "Non conosco bene Pandora, l'unica cosa che so è che è la tua migliore amica e che c'è stata quando io non l'ho fatto. È la Morte, certo, ma a questo punto che importa"
"Papà io..." lo stringo più forte a me "ti voglio bene, non ho mai smesso"
Si separa dall'abbraccio e noto che i suoi occhi sono leggermente lucidi, evito di farglielo notare: una cosa che abbiamo in comune è l'odio di mostrare apertamente le nostre emozioni, come Pandora odia mostrarsi debole e perdere il controllo delle cose e Gavriel odia il fatto di non saperle imbrigliare.
All'improvviso mi viene un'illuminazione, ho sbagliato tutto.
"Papà? Stavo pensando... che magari il mio metodo di allenamento è sbagliato. Perché è quello che hai utilizzato tu, mentre io in certi aspetti sono diverso da te. Io non riesco ad isolarmi, a diventare freddo e distaccato, io vivo di emozioni - che non riesco a dimostrare adeguatamente - ma è proprio quello il problema: io non devo imparare a reprimerle, ma a liberarle"
Gli occhi verdi di mio padre si illuminano.
"Allora rimettiamoci a lavoro"
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