Become a demon, Kyojuro (I)
Storia scritta per il 16° Italian P0rn Fest
Fandom: Kimetsu no Yaiba/Demon Slayer
Personaggi: Akaza/Kyojuro Rengoku
Prompt: Hairpulling
Kyojuro si sentiva debole, pesante, come se un grosso macigno lo stesse schiacciando contro il pavimento ruvido, costringendolo nella posizione scomoda in cui si trovava in quell'esatto momento: in ginocchio, il corpo nudo rannicchiato su sé stesso e le braccia bloccate saldamente dietro la schiena. Il buio dell'ambiente circostante ingoiava tutto come un immenso buco nero; a niente serviva sbattere le palpebre per cercare di abituarsi all'oscurità. L'assenza di anche un solo spiraglio di luce rendeva impossibile capire i contorni di quel luogo in cui il Pilastro era stato imprigionato. L'unica cosa che arrivava ai suoi sensi – oltre al freddo e alla durezza del pavimento – era un aroma che prima di allora aveva trovato ripugnante, segnale di morte e orrore. L'odore penetrante del sangue raggiungeva le sue narici, le invadeva con la sua essenza corposa e ferrosa, facendolo respirare pesantemente, con la gola in fiamme e una strana fame che gli attanagliava con insistenza le viscere.
Non sapeva esattamente quanto tempo fosse passato da quando Akaza lo aveva portato via dal loro campo di battaglia, morente e con il ventre dilaniato. Né per quanti giorni fosse rimasto lì, preda dei dolori che la sua trasformazione in demone aveva portato con sé. Sapeva solo di avere dannatamente fame e l'odore inebriante del sangue – che lo raggiungeva da chissà dove – lo stava facendo impazzire. Aveva voglia di affondare i canini nel collo di qualche povero malcapitato, e per questo suo desiderio si odiava con tutto sé stesso. Lui non era quello, non avrebbe mai voluto essere quello. Avrebbe preferito di gran lunga morire, anziché diventare uno di quegli esseri immondi che aveva ucciso con dedizione sin da quando era diventato un ammazza demoni di prim'ordine.
I minuti si dilatavano all'infinito, in quel buio opprimente, e i pensieri avevano preso ad accavallarsi l'uno all'altro senza un un filo di senso logico. La sua fame lo confondeva, gli arti dolevano e quella sensazione di debolezza lo faceva sentire ancora più pesante. Ricordava vagamente che Akaza gli aveva detto che, se l'avesse seguito e fosse diventato un demone, la sua forza si sarebbe triplicata, quadruplicata, ma in quel momento gli sembrava di essersi trasformato in un pupazzo di pezza senza il minimo accenno di energia in corpo. Era così per tutti? Se lo chiedeva sempre più spesso, soprattutto quando sentiva lo stomaco contorcersi dolorosamente e la sua volontà vacillare come se fosse in bilico su di una fune sospesa centinaia di metri sopra un burrone senza fondo.
Mentre continuava a combattere tra la sua parte affamata e quella razionale ormai sempre meno presente, una porta si aprì e un fascio di luce lo travolse facendogli sbattere le palpebre più volte, nel vano tentativo di abituarsi a quel bagliore improvviso. Una figura si stagliò in controluce per alcuni attimi, imperiosa, poi varcò la soglia e si richiuse la pesante e cigolante anta alle spalle. L'oscurità inghiottì nuovamente l'ambiente, ma solo per pochi secondi: il barlume soffuso di una lampada rischiarò quella che Kyojuro riconobbe come una cella senza finestre. Il suo sguardo vagò per quello spazio chiuso, soffermandosi prima sul viso di Akaza che lo guardava con un largo sorriso sulle labbra, poi sui rivoli rossi che scendevano lungo le pareti, densi, invitanti. Adesso capiva perché sentiva costantemente l'odore acre del sangue: questo colava lento da dei fori presenti sui muri, raggiungeva il terreno e spariva in piccole grate di scarico. La bocca gli si riempì di saliva e un ringhio si levò basso e gutturale direttamente dall'interno della cassa toracica.
«A quanto pare siamo affamati. Ma lo capisco, Kyojuro. In fondo ti ho tenuto qui, a digiuno, per diverso tempo.» Disse Akaza poggiando il lume su di una rientranza della parete, la testa piegata lievemente di lato, gli occhi fissi sull'uomo rannicchiato contro il pavimento e il sorriso sempre fisso sulle labbra sottili. «Devo proprio ammettere che l'essere demone ti dona parecchio. Non che prima fossi un umano brutto e insignificante, anzi. Ma adesso direi che sei davvero affascinante.» Continuò il demone, per poi avvicinarsi lentamente al corpo di Rengoku e iniziare a girargli attorno come un predatore che punta la sua preda, intento a studiarlo nei minimi dettagli.
Kyojuro lo seguì con lo sguardo, attento a ogni minimo movimento, i sensi – ora più sviluppati – concentrati tutti sulla figura di Akaza che si era portata alle sue spalle e lo sovrastava, incombente. Prima che potesse capire quali intenzioni avesse, e cercare così di anticipare in qualche modo le sue mosse, il demone si accovacciò su di lui e gli afferro con fermezza i capelli, tirandoli all'indietro per far sì che potesse guardarlo dritto negli occhi.
«Sai, pensavo di aver agito troppo tardi, che saresti morto, invece sono davvero felice di vedere che sei sopravvissuto anche alla tua trasformazione. Il sangue del Nobile Muzan non è per tutti, ma tu sei riuscito a farlo tuo in maniera eccezionale. Questo, però, mi ha fatto pensare a una cosa: non sei stato sincero con me, Kyojuro. Sei attaccato alla vita più di quanto andavi blaterando durante il nostro scontro. Non va bene.» Disse Akaza senza mai perdere il sorriso mellifluo dalle labbra, lo sguardo sempre fisso in quello di Rengoku che lo guardava con una smorfia contrariata dipinta sul viso, il collo piegato all'indietro in quella posizione scomoda e innaturale.
Kyojuro non rispose al monologo di Akaza, né alle allusioni sul suo attuale aspetto. Era rimasto in silenzio per un tempo immemore e la sua voce faceva fatica a risalirgli su per la gola, come se le corde vocali si fossero atrofizzate e lui avesse dimenticato l'uso della parola. Avrebbe voluto dirgli che non era vero, che avrebbe preferito l'oblio del sonno eterno di fronte a una vita fatta di violenza e sangue, eppure dentro di sé qualcosa gli diceva che l'altro aveva maledettamente ragione. Se si era trasformato in una di quelle orride creature, se non era morto a causa delle ferite pressoché mortali riportate durante il loro ultimo scontro o del sangue demoniaco di Muzan, era solo perché il suo attaccamento alla vita era stato più forte di tutto il resto. Aveva trovato, nella sua mutazione in demone, un appiglio al quale ancorarsi saldamente, noncurante del fatto che da quel momento in poi avrebbe vissuto a spese degli altri. L'aveva voluto lui, l'aveva desiderato con tutto sé stesso. Quella consapevolezza lo trapassò come la lama affilata di una Nichirin e lo fece rantolare come un animale ferito.
«Suvvia, Kyojuro, non fare così. Vedrai che non sarà male, vivere l'eternità al mio fianco, come uno dei demoni più forti.» Disse Akaza con tono canzonatorio, palesemente divertito dalla situazione. «Adesso ti sembrerà di essere la creatura più debole sulla faccia della terra, avrai fame e ho come l'impressione che dentro di te si sia accesa una battaglia tra quel poco di razionalità umana che ti è rimasta e la tua natura da demone ormai sempre più prevalente. Ma vedrai che diventerai invincibile e capirai che questo è sempre stato ciò che il destino aveva in serbo per te. Sarò io stesso ad addestrarti; e quando avrò finito con te, ti renderai conto di non potere più fare a meno di me e di questa vita.»
Rengoku fissò le iridi sul volto di Akaza che si trovava a pochi centimetri di distanza dal suo e, in risposta a quelle parole, si divincolò dalla presa con il quale l'altro gli aveva afferrato i capelli, alzandosi improvvisamente in piedi, rifilandogli così una testata dritta sul naso. Quel cambio repentino di posizione – dopo esser stato accovacciato su sé stesso per chissà quanto tempo – lo fece vacillare e quasi cadere nuovamente giù. Le gambe dolevano e tremavano come se avesse sulle spalle un enorme macigno; spostare i piedi richiese uno sforzo immane e troppo tempo per farlo. Akaza gli si parò davanti in un attimo, le labbra strette in una linea sottile, le vene delle tempie pulsanti e il naso tornato come nuovo seppur ancora macchiato di sangue. Rengoku ebbe giusto il tempo di battere le ciglia per la sorpresa: un pugno lo colpì fulmineo alla mascella, scaraventandolo con forza direttamente contro una delle pareti di quella cella spoglia e angusta. Il biondo si accasciò ancora una volta contro il terreno dopo aver colpito il muro con un rumore sordo, gemendo e guardando il suo stesso sangue colare copioso dalla mascella ormai totalmente fratturata. Sapeva che, normalmente, un demone si sarebbe rigenerato all'istante, ma il denso liquido scarlatto continuava a sgorgare creando una pozza viscosa sotto la sua guancia.
«Dovresti vederti, Kyojuro. Mi fai quasi pena, debole per come sei in questo momento, ma chiuderò un occhio solo perché in queste condizioni non ci sarebbe alcun divertimento nel piegarti e farti capire qual è il tuo posto.» Disse Akaza mentre avanzava verso il demone riverso sul pavimento, il dorso della mano a pulire gli ultimi residui di sangue da una delle narici.
Gli si inginocchiò a pochi centimetri di distanza, afferrò nuovamente i lunghi e ribelli capelli biondi che si erano impregnati di sangue e li tirò con l'intento di portare il viso di Rengoku all'altezza del proprio. Lo studiò da vicino, soffermandosi con lo sguardo sulle corna rosse che spuntavano dalla fronte, sui disegni scuri che gli ricoprivano parte del volto e del petto proprio come fiamme vive, sugli occhi dalla sclera nera come la pece e le iridi scarlatte come il fuoco. La mascella si stava rigenerando molto lentamente per via della mancanza di sangue umano che avrebbe reso Rengoku forte. Ma Akaza non voleva che il suo Kyojuro diventasse forte, non ancora. Lo voleva debole, cedevole, sottomesso ai suoi voleri per poterlo forgiare a suo piacimento. Sarebbe stato più facile, in quel modo, legarlo a sé fino alla fine dei tempi.
Rimase fermo a fissare il corpo del biondo per un tempo indefinito, sfiorando con lo sguardo i muscoli tesi delle braccia bloccate saldamente dietro la schiena, del petto scolpito, delle cosce. Aspettò pazientemente che la mascella si ricostruisse, un pezzo di osso e di pelle alla volta, poi gliela afferrò saldamente e lo costrinse ad aprire la bocca. Infilò il pollice tra le labbra e passò il polpastrello dritto contro i canini sporgenti e affilati di Kyojuro, giocò sfrontatamente con la sua lingua umida, guardandolo dritto negli occhi e beandosi delle sue reazioni. Quella bocca era calda, invitante. Per un attimo, si ritrovò a immaginarla perfettamente stretta attorno al proprio sesso, mentre la possedeva senza sosta, e il pensiero lo fece eccitare oltre l'inverosimile. Era un'eccitazione diversa da quella che aveva provato battendosi con lui, ma altrettanto potente e inebriante.
Senza pensarci troppo, tolse il dito da quell'antro umido e vi si avventò famelico, intrappolando le labbra di Rengoku con le proprie e infilandovi in mezzo la lingua. Iniziò a esplorare e assaporare ogni centimetro possibile di quella bocca tentatrice, sfiorando lascivamente i canini appuntiti e soffermandosi a giocare la lingua dell'altro, finché non avvertì una fitta di dolore e il sapore del sangue invadergli il palato. Si allontanò quel tanto che bastava per vedere l'espressione furiosa sul viso di Kyojuro che lo guardava con i denti digrignati. Il suo sangue gli colava sul mento e gli imbrattava le labbra gonfie per via del trattamento che gli aveva riservato, mentre la sua lingua mozzata venne sputata in un angolo della stanza senza tante cerimonie.
«Cosa credi di fare?» La voce di Rengoku uscì gracchiante, flebile, ma ferma.
Akaza non rispose a quella domanda; si limitò semplicemente a strattonarlo dai capelli con più vigore, facendolo mugolare. Rengoku sentiva il cuoio capelluto strapparsi dal cranio, tanta era la forza con cui l'altro demone lo stava tenendo.
«Kyojuro, Kyojuro. È inutile che ti ribelli. Mi appartieni e farò di te ciò che più mi aggrada; prima lo capisci e meglio sarà per te. Sai, vorrei evitarti ulteriori inutili sofferenze.» Disse Akaza con un ghigno ben evidente sulle labbra, i canini in bella mostra e la lingua nuovamente intatta.
Con la mano libera, il demone afferrò fulmineo la mascella dell'altro prima che potesse anche solo pensare di rispondere. Affondò con decisione le dita scure nelle guance dell'ex Pilastro, procurandogli delle ferite che presero a sanguinare. Gli si avvicinò nuovamente, portandosi a pochi centimetri di distanza dalle labbra schiuse, e lo fissò intensamente negli occhi.
«Prova ancora una volta a staccarmi la lingua a morsi e giuro che ti smembro un pezzo alla volta, aspetto che la tua lenta rigenerazione faccia il suo corso e ricomincio da capo, ancora e ancora, finché non mi implorerai di mandarti all'altro mondo.» Mormorò con tono serio, cosa che andava in netto contrasto con l'espressione divertita che aveva sul volto.
«Fallo, uccidimi.» Ringhiò Rengoku.
«Oh, no, non adesso. Ti farei soltanto un favore e poi sarebbe davvero uno spreco.» Rispose Akaza per poi tornare ad impossessarsi nuovamente della bocca di Kyojuro, baciandolo con rinnovato ardore, come se non fosse successo nulla.
Prima che l'ex Pilastro della fiamma potesse anche solo pensare di rispondere al bacio con un altro morso che avrebbe reciso di netto le labbra del demone, Akaza si allontanò con un sonoro schiocco e gli lasciò andare le guance sulle quali stille di sangue avevano disegnato scie scarlatte lì dove le dita scure avevano perforato con forza la pelle.
«Sei ancora troppo umano, troppo ancorato a quegli insulsi ideali da ammazza demoni. Credevo che tenerti qui, circondato dall'odore invitante del sangue umano, ti avrebbe fatto impazzire come qualsiasi altro demone. Ma dovevo immaginare che non saresti stato come gli altri, che con te certi trucchetti non avrebbero funzionato.» Disse Akaza, alzandosi e ricominciando a girargli intorno, studiandolo con fare pensieroso. «E anche se sono particolarmente fiero della tua forza d'animo, mi sono stancato di aspettare.»
La Terza Luna Crescente si fermò alle spalle di Kyojuro, le braccia incrociate contro il petto tatuato e le iridi gialle puntate sulla folta chioma bionda e ribelle del demone inginocchiato proprio di fronte ai propri piedi nudi. Rengoku lo guardò appena da sopra la spalla, teso e in attesa di una sua mossa, lo sguardo scarlatto fiammeggiante come fuoco vivo. Senza dire una parola, Akaza si allontanò dal giovane demone che aveva davanti, si incamminò in direzione della pesante porta della cella e uscì dall'angusta stanza.
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