Again
Quel bigliettino, quelle semplici parole, fecero gelare immediatamente il sangue al minore. Che significava? Era andato via? Perché? Non riusciva a credere a quello che i suoi occhi vedevano. Rilesse varie volte quel pezzo di carta che stringeva fra le mani, stringendo la presa, come se lo stringerlo più forte potesse dargli le risposte che cercava. Velocemente voltò la testa, per poi scoprire che la borsa del maggiore non si trovasse nel posto in cui doveva essere. La porta del camerino si aprì, rivelando i due manager che, ignari di tutto, scherzavano fra loro. Ma, a loro, bastò semplicemente mettere piede in quelle quattro mura, così silenziose, e incrociare lo sguardo con quello vuoto e inespressivo del biondo per capire che qualcosa non andasse. Si scambiarono uno sguardo veloce prima di avvicinarsi al ragazzo e chiedere cosa non andasse. Quest'ultimo, ancora confuso e perso non rispose, si limitò ad allungare il biglietto nelle loro mani. Yeonsuk, confuso, lo prese e già al toccarlo provò una strana sensazione, come se quella carta, così sottile e leggera, portasse con sé un peso molto più pesante. Lo portò sotto al suo sguardo e a quello di Jiwoon, che nel frattempo si era avvicinato a lui, e lesse quelle parole che lo colpirono con un pugnale in pieno petto. Sgranò gli occhi e innaspò un respirò. Jiwoon, subito dopo aver letto il contenuto del biglietto corse in direzione dei bagni, nei quali cominciò a urlare il nome del corvino, nella speranza di vederlo uscire da una delle cabine presenti, ma fu tutto inutile. I bagni non erano lontani dal camerino, perciò i due riuscirono a sentire chiaramente i continui richiami dell'uomo, e percependo la sua insistenza capirono che quel messaggio non fosse un pessimo scherzo, ma la pura e crudele realtà. L'uomo afferrò il suo cellulare e compose il numero del corvino, ma subito dopo aver avviato la chiamata a rispondere fu la voce della segreteria. Il biondo, che fino a quel momento era rimasto in silenzio a fissare tutto ciò che lo circondasse come uno spettatore disinteressato, troppo occupato e pensare a cosa potesse essere successo per far scaturire un tale comportamento da parte del maggiore, scattò in piedi afferrando l'uomo di fronte a se per la camicia.
<<Cos'è successo Hyung? Dove è andato? Perché?>> e fra le sue urla non si rese conto che dai suoi occhi lacrime salate cominciarono a sgorgare come avessero vita propria. Ma non gli importò, non aveva bisogno di dimostrare il suo orgoglio, Leo era più importante di qualsiasi altra cosa. Ce l'aveva messa tutta per riuscire, seppur pian piano e collezionando una batosta dopo l'altra, un insulto dopo l'altro, a far breccia nel suo cuore. Ed ora che c'era finalmente riuscito, ora che finalmente poteva averlo e renderlo felice, dandogli tutto ciò che si meritasse, doveva perderlo. Cominciò ad odiare il destino che, egoista, ti invita ad intraprendere un cammino costernato di luci ma che proprio nel momento in cui compi il primo passo lo rendo buio e sconnesso.
<<Non lo so, ma sono sicuro ci sia qualcosa sotto>> rispose, non curandosi di nascondere la sua preoccupazione. Lo aveva sempre rassicurato, gli aveva sempre detto che sarebbe rimasto al suo fianco, gli aveva offerto la sua protezione, aveva promesso, e non era nemmeno stato in grado di accorgersi che qualcosa non andasse. In fondo, doveva saperlo, Leo era fatto così, pensava prima agli altri che a se stesso, ed era sicuro che anche in quel caso la sua scomparsa fosse legata a loro. Dovevano fare qualcosa, qualsiasi cosa, era sicuro che c'entrasse quell'uomo, non aveva alcuna prova per dimostrarlo, ma ne era sicuro. Nel frattempo Jiwoon tornò, e vedendo l'uomo con gli occhi lucidi cercò di prendere in mano la situazione, anche lui era legato a Leo, ma rispetto agli due, emotivamente più compromessi, cercò di mantenere la sua lucidità.
<<Ravi, prendi la tua borsa, Andiamo>> lo staccò dall'altro, accertandosi che facesse quanto detto <<Yeonsuk, so quello che stai passando, ma non abbandonarmi ora, abbiamo bisogno di te se vogliamo ritrovarlo, sei quello che lo conosce meglio>> lo scosse. Non poteva poi dire altro, sapeva che ogni tipo di consolazione non sarebbe stata altro che vento leggero che attraversasse l'aria senza lasciare la propria impronta << E voi, vi voglio tutti in agenzia, nella stanza riunioni fra un quarto d'ora>> ordinò poi all'intero staff. Raggiunse velocemente la sua auto, assicurandosi che l'altro manager e il ragazzo lo stessero seguendo, aspetto di essere sicuro che entrambi fossero sul mezzo prima di partire incurante di superare il limite di velocità nel centro abitato. Percorse velocemente il tratto di strada che li separasse da casa del corvino, impiegandoci la metà del tempo che avrebbe impiegato normalmente e abbandonando l'auto velocemente nel viale raggiunsero l'appartamento. Yeonsuk inserì il codice di sicurezza e tutti e tre si lanciarono in quello spazio vuoto e silenzioso. Avevano seriamente sperato di trovarlo lì, una futile speranza, ma ci credettero fino alla fine. Controllarono attentamente tutte le stanze, sperando che fosse passato di lì prima di sparire chissà dove. Ravi raggiunse la camera da letto, e velocemente aprì tutti i cassetti e l'armadio, sperando di trovare tutti i suoi indumenti al suo posto, e così fu. Pensò che ciò volesse dire che il maggiore non avesse intenzione di lasciare quel posto e che prima o poi sarebbe dovuto tornare, e per un momento pensò seriamente di appostarsi in casa ad aspettarlo, ma dall'altra parte la sua scomparsa così improvvisa e il non saperne nemmeno il motivo lo facevano preoccupare, e non poteva rimanere fermo ad aspettare. Lanciò un'ultima occhiata alla stanza e notò, proprio al centro del letto, una busta. Urlò per richiamare i due manager che velocemente lo raggiunsero e poi l'indicò. Yeonsuk l'afferrò, rigirandola fra le mani, per poi leggere chiaramente il nome del minore, lo guardò e glie la porse. Questo guardò varie volte quella busta, aveva paura, paura che all'interno ci fosse qualcosa che avrebbe per sempre spezzato il suo legame con l'altro. La speranza che al suo interno ci fosse però anche un minimo indizio su dove potesse essere vinse sulle sue paura. Afferrò la busta e l'aprì, facendo scivolare fuori, non del tutto, i fogli contenuti. Il contenuto provocò emozioni contrastanti nel biondo, tutte lottarono fra di loro per uscire vincitrici, ma il risultato non fu altro che un groviglio di sentimenti troppo intricato per riuscire ad essere veramente sentito. Era uno spartito, gli aveva scritto una canzone, e nonostante qualsiasi altro cantante sarebbe stato felice al suo posto, lui non poteva esserlo. Sentiva che quei fogli, così taglienti, potessero tagliare quel nastro ancora così debole che lì legava, non poteva accettarlo, non ora che finalmente era riuscito a vedere in sincero sorriso sul viso del corvino. Doveva trovarlo. Rimise i fogli nella busta e, stringendola al petto, corse fuori dall'appartamento, seguito dai due uomini. Ancora una volta attraversarono la città scorrazzando infrangendo varie, se non tutte, le regole della guida. Avrebbero potuto anche confiscargli la patente, a Jiwoon non importava, si sarebbe consegnato volontariamente alla polizia e pagare le innumerevoli multe che era sicuro di ricevere, l'importante, per tutti loro, era trovare Leo. Arrivati in agenzia si rifiutarono di aspettare che l'ascensore arrivasse a destinazione, preferendo correre su per le scale pur di non sprecare un singolo momento, invadendo come uragani nella sala riunioni, dove oltre allo staff trovarono anche il PD dell'agenzia.
<<Si può sapere che sta succedendo? Cos'è tutto questo tranbusto>> domandò l'uomo, non riuscendo a capire la situazione.
<<Leo è sparito>> rispose ansimante il manager del biondo.
<<Che vuol dire che Leo è sparito?>> replicò allarmato l'uomo.
***
Erano anni che non metteva piede in quel posto, mille e più volte aveva provato a dimenticarlo, ma invano. Ogni singolo ricordo, ogni dettaglio di quel posto era impresso nella sua mente come un tatuaggio sulla pelle. Aveva giurato a se stesso che non avrebbe mai più messo piede lì, eppure in quel momento, era immobile, in piedi in quel salone che per tanti anni aveva accolto e custodito i suoi pianti silenziosi. Sentì il freddo e forti brividi impadronirsi del suo corpo, e sicuramente non a causa della bassa temperatura invernale. Era quel posto, quelle mura, e tutti i ricordi contenutivi a provocarlo. Riportò la sua mente alla nottata passata fra le braccia del biondo, alla sensazione sicurezza che provò, ai suoi sorrisi spontanei, e una lacrima solcò il suo viso. Per un momento, per una volta in tutta la sua vita, aveva ceduto alla possibilità di essere felice, alla convinzione di poter avere qualcuno al suo fianco, all'illusione di poter vivere una vita normale. Bugie, tutte bugie. Lui non avrebbe mai potuto essere come tutti gli altri. Lui non avrebbe mai potuto amare ed essere amato. Il suo destino, la sua unica via era la sofferenza. L'arresa. Gli bastò aprire quella porta e compiere un solo passo per poter sentire nuovamente il suono delle catene che lo stringevano.
<<Hai fatto la scelta giusta>>
La voce arrivò fredda e compiaciuta dalle sue spalle. Era davvero così assorto fra i suoi pensieri da non aver sentito alcun avvicinamento? Rimase immobile per qualche secondo, quando la voce tornò.
<<Guardami>>
Leo cominciò a tremare, si voltò, ma non riuscì ad alzare il suo sguardo. Quella sensazione di terrore già provato in passato tornò a paralizzare il suo corpo.
<<Ho detto guardami>> urlò categorico.
Provò lentamente ad alzare il viso, ma i suoi occhi non arrivarono mai ad incrociarsi con quelli dell'uomo perché venne colpito così forte da perdere l'equilibrio e finire rovinosamente a terra. Non ebbe il tempo di rialzarsi che vari calci vennero violentemente scagliati sul suo corpo, e a lui non restò altro se non raggomitolarsi su se stesso sperando che finisse presto, lasciandosi andare, ancora una volta ad un pianto silenzioso. I colpi continuarono e continuarono, il sapore ferroso del sangue si mischio alle sue lacrime salate, sentì le forze abbandonarlo lentamente, provò a resistere, poi pensò che se fosse svenuto avrebbe potuto non sentire dolore, e si abbandonò fino a che il suo corpo stanco non riuscì a sopportarli più. Ma prima che il nero occupasse tutto intorno a sé, una frase, arrivò ovattata alle sue orecchie.
<<Ti avevo detto di non avvicinarti a nessuno, ora ne pagherai le conseguenze>>
Ancora una volta, il viso del minore comparse davanti a lui, sorrise amaramente prima di chiudere gli occhi, era nuovamente in gabbia, e poi, il nulla.
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